Freschette: le tre vite del cibo locale e biologico a Palermo

Da dieci anni Marina e Francesca si battono per diffondere a Palermo, la loro città, la cultura del cibo sano, locale e biologico. Lo fanno nonostante le mille peripezie che le hanno costrette a chiudere e riaprire il loro locale, le Freschette, per ben tre volte. Ma sempre più motivate ed entusiaste di prima!

PalermoSicilia – Ricordate la leggenda secondo cui secondo le leggi della fisica il calabrone non potrebbe volare, eppure lui non lo sa e vola lo stesso? Questo aneddoto viene spesso usato come analogia sull’esistenza dell’impossibile e dello scientificamente inspiegabile. Ed è proprio una storia simile che vi sto per raccontare e cioè quella del primo bar/ristorante biologico con grande scelta di piatti vegetariani e vegani nato a Palermo e di tutte le sue trasformazioni per sopravvivere: Freschette. Quando Marina Scalesse e Francesca Leone decidono di aprire questo luogo assolutamente nuovo e innovativo per la Palermo del 2011 hanno appena 27 anni. Dopo aver lavorato insieme in un ristorante molto famoso – Il Fresco, poi chiuso lasciando le due con un pugno di mosche – non si scoraggiano e decidono di aprire un posto tutto loro. Marina è la chef e Francesca si occupa della gestione.

Grazie a un bando di Invitalia, nel novembre del 2011 apre in piazza Monteleone Freschetteprimo locale in città con la cucina a vista, che usa prodotti completamente biologici e siciliani e con un market all’interno. La loro cucina è da subito contraddistinta dalla ricerca di produttori incontrati e scelti personalmente dalle due fondatrici in Sicilia.

Da quella cucina, oltre ai piatti nascono mille connessioni, collaborazioni, festival, idee. Nel 2016 viene affidata loro anche la caffetteria di Palazzo Riso, sede di un museo d’arte regionale in pieno percorso Arabo Normanno dell’Unesco. Le due portano a Palazzo Riso il primo festival di illustrazioni della città – Ciciri –, il See You Sound Festival Film da Torino e una edizione straordinaria del SiciliAmbiente. Inoltre organizzano un capodanno insieme al circolo Arci Porco Rosso e Moltivolti per devolvere metà dell’incasso a Mediterranea e ospitano 22 tirocini di minori stranieri non accompagnati, ragazzi provenienti da case famiglia e detenuti. Purtroppo Palermo sa conquistare il cuore di molti con il suo fascino decadente e un attimo dopo si trasforma in degrado e inciviltà e anche la piazza dove con tanto amore era nato Freschette, come la peggiore delle metamorfosi, si trasforma, presa d’assalto dalla movida, dai locali notturni con musica a decibel da fare impallidire il concertone del primo maggio a Roma. Cocktail a pochi euro chiamano a raccolta solo giovani che hanno voglia di divertirsi e, in più, la piazzetta viene riempita di cassonetti: «Erano ben 22 quando abbiamo deciso di mollare gli ormeggi e salpare alla ricerca di un nuovo locale», racconta Francesca Leone. «Tutto quello che ci circondava strideva con la nostra ricerca, cura e attenzione».

Nel settembre del 2018, dopo aver fatto tutti i dovuti lavori di adeguamento al nuovo locale, aprono la nuova sede in via Grande Lattarini. Anche da questa viuzza nel centro storico partono mille connessioni, incontri e idee, una fra tutte è quella di fare diventare la via pedonale e in accordo con il Comune partono le prime sperimentazioni. Il festival di illustrazioni Ciciri si sposta in quella via diventata temporaneamente pedonale e per Natale si organizza un market di artigianato, aperitivi teatrali e pranzi sociali domenicali.

Poi nel marzo del 2019 arriva il Covid, con la pandemia e i lokdown. Freschette non regge la botta d’arresto e Francesca e Marina, conti alla mano e la morte nel cuore, sono costrette a chiudere i battenti per la seconda volta. Ma siccome si dice che niente nasce o muore e tutto si trasforma, grazie alla caparbietà e la voglia di farcela, seguendo le loro regole – anche se tutto il mondo sembra remare contro – le Freschette si reinventano.

«Non è resilienza e non è resistenza, è sopravvivenza, volere esserci. Alla fine siamo come un liquido che si adatta ai vari contenitori», continua Francesca. Con questo motto apre in un’altra forma – la terza – il laboratorio di Freschette in via Quintino Sella, dove si fanno asporti e consegne a domicilio solo in bici elettrica, oltre a rifornimenti al banco del fresco di Natura Sì nonché a quattro mense di scuole private. Feel rouge che accompagna ogni loro scelta è la ricerca dei prodotti: dal 2011 Francesca e Marina girano e incontrano fornitori e produttori locali, provano i prodotti e stipulano contratti annuali con queste realtà. L’olio viene dall’azienda agrigentina Carbonia di due donne, mamma e figlia; per le zucche c’è Simeti, per le patate Volo Bio Organic Farm, i formaggi sono di Invidiata Madonie. In tutto sono undici le aziende siciliane dalle quali si riforniscono e sono tassativamente escluse quelle che operano nella grande distribuzione organizzata.

«Nonostante tutto quello che ci è accaduto –- aggiunge Francesca –, nonostante i debiti, le chiusure, i traslochi, le delusioni, penso comunque di essere una persona fortunata e di dover condividere questa mia fortuna, anche se spesso in questa città mi sono sentita come un’erbaccia che cresce spontanea nonostante non la voglia nessuno. La nostra è anche una scelta di autoaffermazione».

«Palermo per adesso straripa di food, spesso di scarsa qualità – dice Marina – e la nostra scelta di esserci in questo modo è anche educativa. In tanti negli anni ci hanno detto “da quando mangio qui sto meglio”. Il nostro segreto in cucina è togliere: togliere il soffritto, togliere il burro… quando la materia prima è buona non c’è bisogno di altro. Ci fanno i complimenti per le nostre patate al forno, forse la chiave di volta è rendere le cose semplici». Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/11/freschette-locale-biologico/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Proxima: una sartoria sociale dove ricucire tessuti e vite

Persone che hanno alle spalle un vissuto difficile e doloroso, vittime di tratta e sfruttamento, si ritrovano in questo laboratorio nel cuore della Sicilia per dare nuovo senso alla propria esistenza. Grazie a Proxima si incontrano, imparano un mestiere, vengono aiutate e formate dando corpo a un futuro che sembrava irrimediabilmente compromesso. Persone ad alta vulnerabilità che hanno un vissuto di grave sfruttamento, con il dovuto sostegno maturano competenze personali importanti per il proprio percorso di autonomia, rafforzando anche l’integrazione e la collaborazione all’interno di un gruppo. Sono loro le protagoniste delle attività di Proxima, una cooperativa sociale che in Sicilia lavora ogni giorno per aiutare gli ultimi, dando loro una seconda possibilità attraverso la valorizzazione del “saper fare”, del lavoro manuale, capace di unire, far sognare e ridare speranza. La Cooperativa sociale Proxima nasce alla fine degli anni ’90 in provincia di Ragusa, gestendo un servizio per minori rivolto ai figli dei profughi Kosovari. Dal 2003 realizza progetti rivolti a vittime di tratta, offrendo un’opportunità di fuga, cambiamento, relazione, crescita personale e dando loro la possibilità di frequentare luoghi sicuri e adeguati. Due sono i progetti principali sui quali la cooperativa fonda la propria attività: una sartoria e un orto, entrambi sociali. Già, perché la socialità e la condivisione di esperienze sono una risorsa fondamentale per ricominciare a sperare. Letizia Blandino, referente del progetto, comincia a raccontarci la storia del laboratorio sartoriale.

Quali sono le attività in cui sono coinvolte le persone che seguite?

La sartoria è un luogo di formazione, produzione, apprendimento e scambio continuo di esperienze. Attraverso il riciclo tessile, con la supervisione di una sarta specializzata, i ragazzi trasformano questo hobby creativo in una competenza sempre più professionalizzante, costruendosi così un’opportunità di lavoro e riscatto personale. La tecnica maggiormente usata in laboratorio è quella del patchwork, grazie al quale si ottengono creazioni artigianali uniche che spaziano da accessori per la persona ad oggettistica per la casa, con un occhio sempre attento all’etica ed all’ecologia. Dando vita nuova a questi tessuti, con la realizzazione di oggetti unici, questi ragazzi tessono i fili per un nuovo percorso di rinascita, dove le ferite passate si trasformano in autodeterminazione.

Come nasce l’idea di un laboratorio di Sartoria Sociale all’interno della cooperativa Proxima?

L’idea di avviare un laboratorio di Sartoria Sociale è nata per assecondare un particolare interesse dimostrato nei confronti dell’attività sartoriale da parte dei beneficiari dei progetti della Cooperativa Sociale Proxima, vittime di tratta e grave sfruttamento, con il fine di offrire un opportunità di riscatto sociale, integrazione ed autonomia.

In che modo, attraverso il cucito e all’interno di un gruppo, i ragazzi accrescono la propria autonomia e proseguono lungo il loro percorso?

Il laboratorio si configura simbolicamente come mezzo per “RI-CUCIRE le ferite”. Infatti, durante l’attività, i partecipati hanno la possibilità di confrontarsi, condividere idee ed esperienze e crescere insieme attraverso un costante apprendimento e formazione sulle tecniche sartoriali utilizzate per creare manufatti artigianali che poi vengono immessi nel mercato mediante e-commerce e punto vendita.

Ci sono stati ragazzi o ragazze che, pur uscendo dai progetti della cooperativa, hanno portato avanti lavori e passioni che si avvicinano alla vostra mission?

C’è stato qualche caso di ragazzi che una volta usciti dai nostri programmi di protezione hanno deciso di acquistare in autonomia una macchina da cucire e portare avanti la propria passione creando dei prodotti tessili in proprio. Ad ogni modo, l’attività di sartoria, oltre a offrire una formazione relativa al settore sartoriale, è organizzata mediante un regolamento specifico pensato anche per fornire ai beneficiari dei nostri progetti delle linee guida da seguire nella vita di tutti i giorni ed in particolar modo in ambiente lavorativo. Pertanto, credo che i ragazzi che fuori escono dai nostri progetti hanno comunque la possibilità di mettere in pratica i nostri insegnamenti e così soddisfare a pieno la nostra mission.

Quali progetti avete in mente per il futuro?

Per il futuro, speriamo di poter ampliare la nostra attività continuando a soddisfare sempre al meglio le richieste che ci arrivano, riuscire a cambiare location creando un punto vendita in sinergia con il laboratorio e magari specializzarci anche nel settore delle riparazioni sartoriali e degli indumenti e accessori personalizzati.

Puoi raccontarci qualcosa anche dell’orto sociale?

Questo progetto nasce nel 2017 ed è una tra le più recenti attività di Proxima. È un luogo dove terre, energie, tradizioni e innovazioni si fondono dando vita a un progetto ambizioso, che si pone l’obiettivo di riqualificare un terreno in totale stato d’abbandono, dove la cittadinanza ragusana può acquistare e assaporare prodotti carichi di passione che rispettano ogni ciclo stagionale. Frutta e verdura vengono selezionate con la massima cura e le eccedenze di produzione non vengono sprecate ma trasformate in golosissime conserve.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/04/proxima-sartoria-sociale-ricucire-tessuti-vite/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Cina, il parco tematico sulla vite è made in Italy

Con 200 ettari di laghi artificiali, serre, orti e vigneti, l’International Grape Exibition Garden è il primo megaparco cinese dedicato alla viticoltura

A due passi dalla Grande Muraglia, nasce l’International Grape Exibition Garden, un grande parco tematico interamente dedicato alla vite e al vino. Il parco che attirerà i fedeli del dio Bacco sorge a Yanqing, nei pressi di Pechino, e si estende su di una superficie di 200 ettari, dove laghi artificiali, serre e orti, si alternano a centri museali e a spettacolari ponti panoramici nei quali si possono ammirare i padiglioni a forma circolare, architettonica metafora di un grappolo d’uva steso sul territorio. Con la velocità che contraddistingue le grandi opere in Cina, il parco è stato costruito in appena18 mesi ed è stato inaugurato in luglio, in occasione dell’undicesima l’undicesima Conferenza internazionale sulla coltivazione e la genetica dell’uva da vino. Il megaparco resterà aperto fino a ottobre e sarà nuovamente visitabile nella primavera 2015. Il concorso per la realizzazione dell’ International Grape Exibition Garden era stato lanciato dal governo cinese nel 2011 e prevedeva 15mila metri quadrati di edifici. A sbaragliare la concorrenza è statop il progetto di Archea Associati, uno studio che, fra le altre strutture, ha realizzato a San Casciano Val di Pesa la cantina di Antinori. L’idea dello studio guidato da Laura Andreini, Marco Casamonti, Silvia Fabi e Giovanni Polazzi ha surclassato la concorrenza fondendo “la cultura cinese e quella italiana”. Attorno agli edifici del progetto “made in Italy” ci sono vigneti provenienti da tutto il mondo che attendono i turisti interessati alla didattica e all’enoturismo. Il sistema di corsi d’acqua e di canalizzazioni fra i laghi artificiali permetterà l’irrigazione dei vigneti. Un’iniziativa che conferma come la Cina non voglia limitarsi a essere uno dei principali importatori di vini europei, ma voglia giocarsi la propria partita sul mercato globale. 167099877-586x392

 

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Gli ingredienti della cucina naturale: l’uva

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L’uva e la vite, rappresentano un vero patrimonio dell’umanità, specie per i paesi della zona Mediterranea, proprio come l’olio. Questa pianta ha moltissime proprietà benefiche, che ne giustificano l’importanza anche nelle culture antiche. La vite nasceva spontanea in Asia, e in tutta l’area del Mediterraneo, e presso i Greci aveva rilievo anche a livello religioso tale da essere simbolo del dio Bacco. Parliamo della Vitis vinifera, dalla quale derivano tutti i vitigni destinati alla produzione di uva da vino e da tavola. L’uva, che sia destinata a fare del vino o ad essere mangiata, contiene molti sali minerali, soprattutto potassio, importante per il benessere della muscolatura, ma anche manganese, rame, fosforo, magnesio, silicio (che fa particolarmente bene a pelle e capelli), cloro e ferro. Per quanto riguarda le vitamine, la A (betacarotene,cioé antiossidante), la B1 (presiede al corretto funzionamento dell’apparato digerente e del sistema nervoso), la B2 (combatte le malattie della pelle, degli occhi e serve per l’accrescimento) la C (rafforza le difese immunitarie, i capillari e favorisce lo sviluppo di denti e ossa) e la PP (importante contro la pellagra). Questi principi nutrizionali, uniti ai polifenoli (di cui uno degli elementi più importanti sono i flavonoidi), fanno sì che l’uva abbia effetto antiossidanteantitumorale e antivirale, in particolare grazie al revestratolo, e favorisce la risoluzione dei problemi legati alla circolazione sanguigna. Il revestratolo, infatti, combatte l’insufficienza venosa, la flebite e la fragilità capillare, rafforza le pareti dei vasi sanguigni, ne favorisce la contrazione e quindi la risalita del sangue dagli arti inferiori al cuore. Sul fronte del vino, va anche detto che diverse ricerche scientifiche hanno chiarito che pochi bicchieri bevuti al pasto non sono dannosi. Anzi, migliorano la stabilità del plasma e contribuiscono alla diminuzione dell’LDL (lipoproteine a bassa densità conosciute anche come colesterolo cattivo) e all’aumento dell’HDL (lipoproteine ad alta densità conosciute anche come colesterolo buono), sempre grazie ai polifenoli. A beneficiare delle virtù benefiche dell’uva è anche la circolazione dell’occhio, poiché svolge azione astringente e previene le emorragie. A livello fitoterapico l’uva è utilizzata per numerosi problemi – oltre alla flebite – per le vene varicose, le gambe pesanti, la couperose, i disturbi della menopausa e quelli emorroidali. Per la bellezza della pelle l’uva è importantissima perché i sali minerali, le vitamine ed i polifenoli che contiene, aiutano sul fronte dell’azione antinvecchiamento, contrastano i radicali liberi e la formazione delle rughe, favoriscono la produzione di collagene ed il rinnovo dell’epidermide. Non ultimo hanno un’azione depigmentante sulle macchie scure. Introdurre l’uva nei pasti quotidiani è una saggia idea, perché tra i tanti pregi è rimineralizzante, lassativa e diuretica. In settembre, poi, i nostri nonni parlavano della famosa ‘cura dell’uva’. Attenzione a non esagerare, però, se si deve tenere la bilancia sotto controllo oppure se si soffre di diabete perché è molto zuccherina. Su 100 gr di uva fresca il potere calorico è pari a 61 kcal.

Fonte: tuttogreen

Cos’è la silvoterapia, conosciuta anche come tree hugging

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È un’esperienza comune a molti quella di ricevere beneficio dallo stare all’aria aperta: con l’arrivo della bella stagione le occasioni per trascorrere del tempo in campagna o nei parchi pubblici della propria città tendono ad aumentare insieme al senso di armonia con la natura e al relax che il verde è in grado di regalarci. Anche il contatto diretto con gli alberi può essere un’occasione per sperimentare il benessere che se ne può ricavare; c’è una vera e propria terapia che si basa su questo presupposto e affonda, è il caso di dirlo, le sue radici nelle pratiche condotte dai sacerdoti celti che entravano in ‘empatia’ con gli alberi per mezzo del contatto fisico. La silvoterapia (dal latino silva che significa bosco, selva), anche nota nel mondo anglosassone come ‘tree hugging (letteralmente ‘abbracciare gli alberi‘), si basa sull’idea, sostenuta anche da evidenze scientifiche, per cui la prossimità fisica, o meglio ancora il contatto con gli alberi possa garantire una maggiore condizione di benessere psico-fisico grazie all’energia trasmessa da queste grandi piante al nostro organismo. Secondo alcuni basterà addossarsi al tronco, tenendo premuta la mano destra sullo stomaco e la sinistra sulla schiena per almeno 20 minuti per ‘catturare’ le virtù benefiche dell’albero che si è prescelto. E sarebbero soprattutto i bambini a beneficiare della vicinanza agli alberi e del ritrovarsi in spazi naturali con ripercussioni positive sul loro funzionamento cognitivo e sulla capacità di giocare creativamente. Infatti sembra provato che i piccoli che soffrono di deficit d’attenzione, si calmino e aumentino la loro soglia di concentrazione. I Celti attribuivano ai vari alberi una particolare virtù, per cui la betulla, ad esempio, simboleggiava la rinascita e la purezza. Il frassino era considerato l’albero della vita e dell’iniziazione mentre il biancospino permetteva di fare un viaggio dentro di sé e avere l’intuizione. L‘ontano invece dava il potere della conoscenza del futuro e il sorbo selvatico la magia e veniva considerato protettivo verso gli influssi negativi;  il salice simboleggiava la luna e quindi anche la donna e il nocciolo permetteva di conoscere il futuro e donava saggezza, così come la vite. L’agrifoglio poi proteggeva dai nemici ed era beneaugurante (e da qui il simbolo natalizio del bacio che porta fortuna per l’anno nuovo) mentre l’edera indicava le risorse interiori e la ricerca interiore. Infine la quercia era l’immagine della forza e della capacità di vincere e il giunco le forze esterne a cui si deve soggiacere. Provare non costa nulla, tutt’al più godremo del contatto con la Natura, che è sempre un toccasana!

Fonte: tuttogreen