È il momento di scommettere sulla bicicletta. Perché se non ora… quando?

Sono sempre più numerosi i cittadini che ogni giorno scelgono la bicicletta come mezzo sostenibile per spostarsi in città. E sono sempre più numerose le città che vedono nella ciclabilità la chiave di volta per affrontare quest’emergenza e per cambiare le nostre abitudini insostenibili. Perchè il futuro che ci aspetta pedala su due ruote. In che direzione vogliamo andare?

Ormai è chiaro, la bici potrebbe essere la regina indiscussa di quel cambiamento che abbiamo bisogno di vedere nelle nostre strade e che, nella gestione dell’emergenza da covid-19, è un indispensabile aiuto per muoversi in sicurezza durante la fase 2. Nelle nostre città, in questi due mesi di lockdown, abbiamo avuto una tregua dall’odore persistente dello smog e dal rumore assordante del traffico, come da tempo non ci ricordavamo. E ora non vogliamo rinunciare a quel miraggio che ci ha come risvegliati. Ed è questo il momento buono per avere il coraggio di modificare il nostro stile di vita, per mettere in atto quelle soluzioni che abbiamo posticipato per troppo tempo. Proprio come la mobilità sostenibile e l’utilizzo di mezzi alternativi all’auto, che rendono evidente che il futuro può andare in una sola direzione.

Partire dalla crisi per cambiare le proprie abitudini. C’è chi non crede sia possibile, chi ci spera, chi lo esige. E c’è chi in passato ci ha creduto e ne è uscito vincente, proprio come ci dimostra l’esperienza dei Paesi Bassi, che furono capaci di rialzarsi dalla crisi energetica che li colpì duramente nei primi anni ’70, quando le decisioni prese dall’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) condussero ad una impennata dei prezzi e a un’improvvisa interruzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio. In mancanza di carburante, la bicicletta è stata la soluzione su cui il Paese ha scommesso.

Ora, se guardiamo ai Paesi Bassi, rimaniamo meravigliati dalle centinaia e centinaia di biciclette che popolano le strade e le piazze. Sono il risultato positivo di un momento di difficoltà che ci mostra che cambiare si può, reagendo e sfruttando una situazione di crisi per ripensare ai propri sistemi di trasporto. Prendendo in riferimento l’esempio di Torino, città ai primi posti per inquinamento atmosferico, nei primi giorni della fase 2 i dati rilevati da 5T, azienda che gestisce la Centrale della Mobilità nell’area metropolitana torinese e del Piemonte, illustrano che le centraline hanno riportato un aumento del traffico veicolare del 35%, dovuto principalmente alla ripresa lavorativa,  mentre si denota che il traffico su piste ciclabili è aumentato di quasi 10 volte rispetto alle auto, con un aumento di 335%. Un risultato che fa ben sperare, perchè sono tante, tantissime le persone che credono fortemente in questo cambiamento.

Foto tratta da: Fiab – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta

Tra le decisioni prese dalla giunta comunale, attualmente, c’è quella di adeguare i controviali della città ad un uso prevalentemente ciclabile, dove la velocità massima consentita alle auto sarà di 20 km/h. Parliamo di un totale di 80 km che si suddividono in 27 corsi, molti dei quali sono tra i più trafficati della città. La decisione è stata presa sulla base delle precedenti richieste dei comitati e delle associazioni ambientaliste locali che vedono nella ciclabilità la chiave di volta per cambiare le nostre abitudini insostenibili, con la consapevolezza che in questa crisi non possiamo non ripartire da qui. Specialmente se parliamo di Torino, dove la cultura dell’automobile ha imperato per decenni e dove reinventarsi mettendo al primo posto la sostenibilità ambientale è una sfida ancora più grande. Intanto il governo Conte ha approvato questa mattina il “Decreto Rilancio” dopo che, in questi giorni, si è alzata la voce dei vari Movimenti Cicloattivisti che hanno ricordato che le principali Città Metropolitane stanno procedendo speditamente alla costruzione della rete ciclabile d’emergenza ed è importante che lo Stato le supportiin fatto di mobilità sostenibile. Il decreto contiene attualmente nuove misure come il bonus per l’acquisto di bici classica, a pedalata assistita o a monopattini per i comuni superiori a 50.000 abitanti, ha introdotto la figura obbligatoria del mobility manager per realtà superiori a 100 dipendenti, la definizione di “corsia ciclabile” sulle carreggiate e la “casa avanzata”, una linea di arresto posizionata davanti alle automobili per tutelare i ciclisti. Non tutti i provvedimenti attesi sono stati inclusi nel decretocome ad esempio i soldi e le indicazioni da destinare ai Comuni per la realizzazione delle ciclabili di emergenza per la Fase 2 nonostante in molte città i lavori siano già iniziati.

E’ fondamentale, in questo momento, incentivare l’uso della bici ma anche garantire la sicurezza e la salute dei cittadini e non lasciare isolate le amministrazioni locali ma promuovere una visione comune e sistemica. La cultura della bici la creiamo quando creiamo una cultura dell’uguaglianza e della convivenza. Una città dove le macchine in strada imparano a rispettare e a convivere con la sana “lentezza” delle biciclette è una città che ha imparato a dare valore al rispetto, dove i mezzi a due ruote smettono di essere un ostacolo o un ingombro ma diventano parte di uno stile di vita collettivo. Perchè il vero cambiamento lo facciamo insieme.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/05/momento-scommettere-bicicletta-perche-se-non-ora-quando/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Chiesi, il gruppo farmaceutico che ha scelto l’etica e la responsabilità

Responsabilità sociale ed ambientale. Questi sono i pilastri su cui ha scelto di fondare la propria attività la Chiesi Farmaceutici, tra le più grandi aziende farmaceutiche italiane, oggi presente in 29 paesi. Una storia di determinazione nel voler investire in Italia e nelle ricerca Italiana ai massimi livelli di qualità, ottenendo anche la certificazione BCorp.

La storia che vi raccontiamo oggi è quella di un’azienda tutta italiana che opera nel campo della farmaceutica: la Chiesi Farmaceutici, che sin dalla sua nascita si è distinta da altre società del settore per le scelte etiche che tutta la famiglia ha voluto portare avanti nel tempo. È stata fondata nel 1935 dal nonno, Giacomo Chiesi, e oggi i discendenti continuano nell’intento di dedicare molta attenzione alle persone, al territorio e alla qualità del proprio operato. Ne parliamo con la dott.ssa Maria Paola Chiesi, consigliera di amministrazione e coordinatrice dellaomonimaFondazione no profit nata nel 2005. Lo stile sobrio, prudente e determinato fanno trasparire la consapevolezza del ruolo e della responsabilità che la famiglia Chiesi si è assunta facendo scelte coraggiose. 

L’azienda ha scelto innanzitutto di rimanere in Italia, cioè di pagare le tasse in Italia, cosa per nulla scontata, anche in questo settore. In più si è scelto di investire in ricerca e sviluppo senza ricorrere alla quotazione in borsa ma investendo il proprio capitale con il massimo della trasparenza. Confrontarsi con le multinazionali ha richiesto una strategia di lunga visione: puntare sulla qualità in settori di nicchia e procedere per piccoli passi. Una strategia rivelatasi vincente, considerato che ora la Chiesi fattura due miliardi di euro l’anno. Abbiamo realizzato l’intervista presso il Centro Ricerche dell’azienda che, nato una decina anni fa, è la dimostrazione che anche in Italia si può fare ricerca. Pur essendo presente in 29 Paesi e avendo 6000 dipendenti in tutto il mondo, la Chiesi ha deciso di mantenere in Italia il principale sito di ricerca, insieme a quello produttivo.

Il Centro Ricerche

Maria Paola ci parla dell’Italia come di un paese dalle condizioni favorevoli perché l’accesso alle cure è gratuito per tutti, al contrario di paesi come gli USA dove il diritto alla salute non è garantito costituzionalmente: «Siamo privilegiati ma la ricerca assorbe molte energie finanziarie; i nostri migliori vanno all’estero. Bisognerebbe investire maggiormente sulla qualità delle cure, supportando con orgoglio la ricerca italiana; questo dovrebbe essere l’obiettivo fondamentale».

Non è un caso che tra le attività filantropiche della Fondazione Chiesi c’è anche quello di incrementare l’avvicinamento dei giovani alle materie scientifiche. Nel gruppo è molto presente la visione sistemica. Maria Paola Chiesi, infatti, continua a descrivere la società come un sistema integrato in cui ognuno deve fare la propria parte e che per migliorare la qualità delle cure è necessario ascoltare tutti i soggetti interessati, iniziando dai pazienti: i clienti. Già molte azioni sono state intraprese per capire meglio quali siano le reali esigenze della popolazione, oltre il farmaco, ad esempio quali i bisogni dei care givers, quella grande fetta di popolazione, soprattutto femminile, che si occupa quotidianamente di familiari non autosufficienti. 

«Va coinvolta anche la comunità medica ed i governi perché abbiamo abbastanza conoscenze scientifiche per poter aspirare ad una vita longeva e felice, non una mera “sopravvivenza”».

Sul lato della sostenibilità ambientale la Fondazione ha traghettato quelle che erano le attività filantropiche, ereditate negli anni, nel percorso di responsabilità sociale d’impresa che ha portato la Chiesi ad avere le più importanti certificazioni di Benefit Impact Assessment. Le BCorp (Benefit Corporation) acquisiscono indicatori di qualità lungo i 5 assi: governance, dipendenti, comunità, ambiente e clienti. «Nel piano strategico di sostenibilità abbiamo coinvolto tutte le filiali con 18 assessment contemporaneamente. Stiamo imparando a valutare le nostre politiche e vogliamo aiutare altri a fare lo stesso e ad acquisire le eccellenze da chi si muove meglio di noi».

Dal punto di vista imprenditoriale l’incontro con la Chiesi Farmaceutici ci ha fatto scoprire una bella storia italiana e di successo. Ma il mondo della farmaceutica è un mondo a sé, un mondo chiuso. È una commistione tra scienza, mercato e politiche di salute pubblica. I farmaci sono una tecnologia importantissima per far fronte a diverse situazioni critiche di salute; altro è il consumismo farmaceutico, il guadagno a qualunque costo e i tentativi di monopolio sulle modalità di cura.

Questa realtà ci fa sperare che anche in questo settore ci siano delle piccole rivoluzioni.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/02/chiesi-gruppo-farmaceutico-che-ha-scelto-etica-responsabilita/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ugo Mattei: “Il diritto segua le leggi della natura” – Meme #9

Le attuali crisi ambientali, economiche e sociali sono imputabili a un sistema giuridico lontano dalla società e dai processi naturali. Eppure, facendo propri alcuni concetti della scienza più avanzata e della visione sistemica, il diritto può divenire parte integrante del miglioramento del mondo. Ne abbiamo parlato con Ugo Mattei, giurista e scrittore, autore insieme al fisico Fritjof Capra del libro “Ecologia del diritto”. Siamo a Panta Rei, centro di sperimentazione ambientale, e intervistiamo il professor Ugo Mattei, giurista e scrittore, in occasione della presentazione del libro “Ecologia del diritto” edito da Aboca, scritto insieme al fisico Fritjof Capra divulgatore del paradigma ecologico sistemico. Scopo del libro è quello di indagare le radici comuni tra pensiero scientifico e giuridico in un momento di svolta del paradigma culturale e sociale. Mattei denuncia la separazione tra il diritto e la società, l’alienazione del diritto dai processi trasformativi culturali, politici, economici e sociali che invece dovrebbero governarlo.

Esperto di Beni Comuni, è stato uno dei promotori del referendum sull’acqua pubblica, da giurista propone che essi si costituiscano in un nuovo genere di soggetto giuridico. Una nuova configurazione proprietaria che liberi i Beni Comuni (primi fra tutti acqua, terra, scuola e informazione) dalla sovranità del privato e/o dello Stato finalizzata alle reali esigenze di chi li vive. Propone così ad esempio la costituzione di aziende dei lavoratori, la catena di produzione di cibo in mano a piccoli finanziatori, servizi di conservazione delle terre, banche di comunità e cooperative di credito. L’idea è che il diritto non deve essere subito dalla comunità ecologica ma vivere per essere rigenerativo e a garanzia dei valori della vita. Il cambiamento deve superare la logica, definita “estrattiva”, meccanicistica, predatoria neoliberista legata alla quantità verso un paradigma sistemico volto a creare una comunità giuridica a rete, ecologica capace di generare tempo comune e beni comuni per proteggere il pianeta terra e l’accesso di tutti alla disponibilità delle risorse condivise.soil-3301161_960_720

Mentre la scienza più avanzata sta percorrendo questo processo evolutivo il diritto ne è completamente avulso. Dovrebbe invece imparare dai processi naturali ritornando a rapportarsi con la vita. Costituire le diverse soggettività della comunità ecologica nel suo insieme complessivo, per operare processi trasformativi dal basso. Già molte persone in Italia stanno creando realtà legate alla qualità delle relazioni con visioni di lungo periodo ma manca ancora la visione della sovranità di questi luoghi, di una soggettività politica. Ora più che mai per contrastare il processo di finanziarizzazione e globalizzazione economica che incombe bisogna uscire dalla logica del potere della maggioranza, della legge formale, unica e gerarchica che espropria il bene comune e favorire un riconoscimento dei diritti di chi accede alle risorse, di chi le vive. Mattei propone una gestione virtuosa dei Beni Comuni attraverso competenze ecologiche legate alle comunità di riferimento e libere dall’arbitrio dei confini giurisdizionali dello Stato e degli enti territoriali consentendo l’organizzazione reale in base alle reali necessità della comunità e di tutti viventi. Un ordine dialettico e spontaneo che superi le dicotomie soggetto-oggetto, privato-pubblico e che riconosca il valore delle relazioni di qualità tra tutti i soggetti coinvolti in funzione dell’interesse comune. Insomma le leggi della natura e degli uomini e delle donne dovrebbero seguire le medesime logiche. È necessario imparare a mettere a sistema le capacità organizzative, le resistenze collettive e le competenze della scienza più evoluta per riuscire ad integrare meccanismi rigenerativi e crescere in libertà.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/08/ugo-mattei-diritto-segua-leggi-natura-meme-9/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni