Trust in Food: sette ragazzi creano una startup per supportare i produttori locali

Trust In Food è una startup nata a Pinerolo (TO) dal sogno di sette ragazzi che intendono promuovere le aziende agricole del territorio attraverso una spesa responsabile e un contatto diretto con i consumatori. Così stanno dando vita a un modello alternativo di spesa che supporta l’economia locale e permette alle persone di ottenere informazioni chiare sul cibo che porta in tavola.

Torino – “Trust in Food” significa letteralmente “credi nel cibo”: credi nella capacità degli alimenti di nutrirti e farti stare in salute, credi nella passione di agricoltori e produttori che ogni giorno raccolgono dalla terra frutta e verdura genuina, credi nel potere che ogni tuo acquisto ha nel promuovere il tuo territorio. Tutto questo non è soltanto un invito a essere più consapevoli di ciò che acquistiamo e mangiamo, ma un progetto concreto che sta mettendo in contatto le persone con i produttori, per valorizzare le risorse che il territorio ci sa offrire. A crederci sono innanzitutto sette ragazzi che vivono nel pinerolese, in provincia di Torino, da sempre appassionati di cibo, sostenibilità e innovazione. Sono Giorgio Rasetto, Kevin Cardetti, Alberto Viotto, Daniele Rasetto, Gabriele Vernetti, Lorenzo Cravero, Giacomo Baudi: tra di loro c’è chi ha competenze in campo ingegneristico chi in campo economico, chi in ambito gastronomico e chi nel mondo del design. Insieme formano un gruppo multidisciplinare che si sta impegnando a mettere a sistema diverse competenze per contribuire a un cambio di paradigma nella produzione e nel consumo alimentare.

Sette ragazzi e il loro sogno

Come racconta Daniele Rasetto, gastronomo e Co-Founder di Trust in Food – TIF «le filiere produttive sono diventate così distanti da noi consumatori e si sono inseriti nel mezzo così tanti passaggi che col tempo abbiamo smesso di farci domande e pensiamo che tanto, alla fine, un prodotto vale l’altro, non importa da dove arrivi, chi l’abbia fatto e come l’abbia prodotto. Siamo riusciti a ridurre la complessità dei valori che il cibo porta con sé a semplice commodity e merce di scambio. E io credo che non ci sia follia più grande che l’uomo abbia mai concepito. TIF nasce proprio con l’arduo obiettivo di rendere le persone consapevoli della bellezza delle piccole produzioni locali e delle storie delle persone che stanno dietro ciò che mangiamo».

Il progetto è stato avviato nel pinerolese a inizio 2021 e si sta sempre più espandendo, coinvolgendo ora anche i comuni della provincia di Torino, in cui le aziende della rete Trust In Food consegnano i loro prodotti. L’obiettivo è creare una rete di aziende agricole e alimentari da cui sia possibile informarsi sui metodi e sulla sostenibilità dei loro prodotti, e ordinare online, per poi ricevere i propri acquisti direttamente a casa.

La piattaforma di Trust in Food

Per invertire la rotta e creare filiere alimentari più trasparenti e sostenibili occorre infatti partire dalle scelte quotidiane: da questa convinzione il progetto si è strutturato in una piattaforma, una vetrina digitale dove i produttori possono vendere i propri prodotti senza dover creare un e-commerce privato e allo stesso tempo possono ricevere supporto nella comunicazione digitale. Per quanto invece riguarda i consumatori, attraverso il progetto possono reperire facilmente informazioni chiare sull’azienda e sui processi produttivi del cibo che acquistano, così da riconoscerne valori e virtù e scegliere con consapevolezza ciò che mettono nel piatto, attraverso una spesa responsabile ed etica. La piattaforma, nella sezione della mappa, raccoglie ad oggi i profili di oltre 35 produttori locali del pinerolese e del torinese che finora hanno aderito al progetto. Ortofrutta, prodotti da forno, latticini, carne, salumi, miele, confetture, olio e ancora vino e birra: nella vetrina online ciascuna impresa viene raccontata in modo trasparente e descrive la sua storia, le attività e le caratteristiche di sostenibilità ambientale e sociale, per generare fiducia nei consumatori.

Oltre a favorire la comunicazione tra domanda e offerta, Trust In Food facilita l’acquisto diretto dalle aziende locali: come riportato nella descrizione del progetto, «è sufficiente verificare le condizioni di consegna, selezionare i prodotti preferiti sul sito e aggiungerli al carrello virtuale per riceverli direttamente a casa, consegnati da ogni produttore». Nei primi mesi del 2022, inoltre, si aggiungerà la possibilità di ordinare attraverso un’App dedicata che è in fase di sviluppo per migliorare il processo di acquisto. «Oggi più che mai ci siamo accorti dell’importanza della digitalizzazione: la tecnologia è ormai parte delle nostre vite, è innegabile. Anche il comparto agricolo non può, e non deve, esimersi dal suo utilizzo. Abbiamo bisogno di contadini 2.0, che stiano al passo con le richieste del mercato e dei nuovi consumatori digitali. La tecnologia, se usata bene, è un mezzo di incredibile utilità, e Trust In Food ne è un esempio», ha aggiunto Daniele Rasetto.

I buoni di Natale per una spesa etica e locale

In occasione delle festività natalizie, Trust in Food lancia l’iniziativa “Bigliet-TIF di Natale”, buoni di diverso valore economico che potranno essere utilizzati per fare la spesa presso qualsiasi produttore della rete e che saranno validi per tutto il 2022. Un’idea che permette di donare prodotti di qualità e sostenere le aziende locali che investono nella sostenibilità e nel proprio territorio: sul sito è inoltre disponibile un’intera sezione dedicata esclusivamente alle proposte natalizie, nella quale ogni produttore propone una confezione regalo con i propri prodotti: dai panettoni agricoli, alla birra, al vino e tanto altro ancora. Il progetto di Trust in Food è pensato per essere allineato alla più ampia Strategia Europea Farm to Fork, che prevede di avvicinare i consumatori ai produttori agricoli e promuovere l’acquisto di cibi sani e sostenibili. Così facilita il raggiungimento degli obiettivi comunitari e permette di fare del bene all’economia del territorio, nonché alla nostra salute.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/12/trust-in-food-startup-produttori/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Too Good to Waste: ecco come gli “scarti” combattono lo spreco di cibo

Una giovane azienda emiliana impegnata nell’elaborare soluzioni per ridurre gli sprechi e favorire l’economia circolare ha lanciato un progetto chiamato Too Good to Waste, che attraverso l’impiego di scarti alimentari ha messo a punto una tecnologia in grado di allungare la vita dei prodotti freschi. Nel mondo si spreca molto cibo, troppo. Secondo recenti stime della FAO, ben un terzo di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato lungo la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo. E le cose stanno peggiorando: secondo autorevoli stime, lo spreco alimentare è in crescita, e nel 2030 toccherà ben il 40% del cibo prodotto a livello globale. Una situazione chiaramente insostenibile, sia in termini ambientali – produrre cibo comporta l’uso di risorse naturali, come ad esempio acqua e suolo, e provoca l’emissione di CO2 – sia economici e industriali, poiché una filiera così inefficiente genera costi a carico di aziende e consumatori. Ancora, lo spreco alimentare è inaccettabile da un punto di vista morale, considerando che nel mondo le persone denutrite sono quasi 700 milioni.

Packtin dà il suo contributo a invertire il trend, attraverso Too Good to Waste, progetto finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Packtin è una piattaforma tecno-scientifica per la valorizzazione a 360° dei sottoprodotti agroindustriali, è stata fondata da un team di ricercatori specializzati in microbiologia dell’UNIMORE e ha sede a Reggio Emilia. Packtin sta sviluppando in Emilia-Romagna un impianto-pilota per scomporre i sottoprodotti agro-industriali – cioè quelli che erroneamente vengono definiti scarti agroalimentari, come le bucce di pomodoro o il pastazzo di arancia –, rendendoli disponibili come nuove materie prime per il mercato e per la creazione di prodotti naturali di qualità da usare nell’industria alimentare.

«Spesso le bucce di pomodoro, di carota o il pastazzo di arancia vengono definiti “scarti” dai non-addetti ai lavori», spiega Andrea Quartieri, COO e co-fondatore di Packtin. «In realtà questi sottoprodotti hanno un enorme potenziale a beneficio delle persone, perché contengono vitamine, fibre e antiossidanti preziosi per la salute umana, e dai molteplici impieghi».

E uno dei campi di applicazione più interessanti per le nuove materie prime recuperate da Packtin è la creazione di rivestimenti commestibili e biodegradabili per frutta e verdura fresche allo scopo di migliorarne quella che gli addetti ai lavori chiamano shelf-life (vita di scaffale), agendo sulla maturazione o sulla protezione dalle infezioni microbiche. L’obiettivo del progetto Too Good to Waste è ottimizzare la composizione di rivestimenti per il trattamento di due prodotti d’eccellenza del settore ortofrutticolo italiano: i pomodori e le arance. Partendo dalle fibre e dagli estratti naturali ottenuti con il già citato impianto-pilota, Packtin sta sviluppando, rivestimenti biodegradabili, commestibili e facilmente lavabili che possano costituire un’alternativa ai trattamenti oggi utilizzati, come la ceratura per gli agrumi, che peraltro rende la buccia non edibile. La combinazione di fibre naturali ed estratti vegetali con funzioni antiossidanti e antimicrobiche può diminuire la percentuale di prodotti scartati rallentando la maturazione e proteggendo dagli agenti infettivi, con un ovvio calo degli sprechi a beneficio del pianeta, dei consumatori e delle aziende.

«Questi rivestimenti migliorano la vita post-raccolta degli alimenti ortofrutticoli, che di solito “durano” pochi giorni», spiega Quartieri. «Com’è noto, il settore ortofrutticolo subisce grosse perdite lungo la filiera, dal campo alla tavola. Attraverso il progetto Too Good to Waste la nostra tecnologia, “allungando la vita” a frutta e verdura, permette di migliorare la gestione del prodotto fresco in modo da ridurre gli sprechi durante le fasi di lavorazione, stoccaggio, trasporto, vendita e infine consumo».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/09/too-good-to-waste/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ogni anno in Europa si sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo

In Europa sprechiamo 88 milioni di tonnellate di cibo ogni anno in media e la parte del leone la fanno frutta e verdura. La maggior parte di questi sprechi sarebbe evitabile se solo maturassero nei cittadini coscienza civica e buone pratiche.9927-10716

Secondo le stime della FAO, un terzo del cibo prodotto a livello mondiale per il consumo umano va sprecato, nella sola Europa ogni anno se ne sprecano circa 88 milioni di tonnellate, per un costo stimato in circa 143 miliardi di euro l’anno. E a fare il punto, nello specifico, sullo spreco di frutta e verdura è uno studio curato dal Joint Research Centre della Commissione Europea (JRC), che fa il punto sul settore frutta e verdura che contribuisce a quasi il 50% degli sprechi alimentari generati dalle famiglie della UE a 28 Stati; si stima che ogni persona riduca in rifiuto 35,3 kg di frutta e verdura all’anno, 14,2 kg dei quali sarebbero evitabili. La prima differenziazione che fa lo studio è tra il non commestibile, o rifiuto inevitabile, e il commestibile, che diventa rifiuto a causa di comportamenti di acquisto e consumo sbagliati. Sono stati presi in esame 51 tipi di frutta e verdura acquistati, consumati e sprecati nel Regno Unito, Germania e Danimarca nel 2010, arrivando alla conclusione che 21,1 kg di rifiuti pro capite sarebbero inevitabili e 14,2 kg evitabili. In media, il 29% (35,3 kg per persona) di frutta e verdura fresca acquistata dalle famiglie è sprecato, e di questo il 12% (14,2 kg) potrebbe non venire gettato. Gli autori rilevano differenze a causa dei diversi livelli di comportamenti nei consumi, legati essenzialmente a fattori culturali ed economici, che influenzano direttamente la quantità di rifiuti generati. Per esempio, i dati mostrano che sebbene gli acquisti di verdure fresche siano più bassi nel Regno Unito rispetto alla Germania, la quantità di rifiuti inevitabili generati pro-capite è quasi la stessa, mentre la quantità di rifiuti evitabili è più alta nel Regno Unito.

Il problema, dunque, non è di poco conto. In proposito, la Commissione Europea sta predisponendo la seguente serie di azioni:

– elaborazione, entro marzo 2019, di una metodologia comune europea per misurare coerentemente i rifiuti alimentari, in cooperazione con gli Stati membri e le parti interessate;

– utilizzo di una piattaforma sulle perdite e gli sprechi alimentari che riunisce organizzazioni internazionali, organi dell’UE, Stati membri, attori nella catena alimentare, per contribuire a definire le misure necessarie, facilitare e sviluppare la cooperazione, analizzare l’efficacia delle iniziative di prevenzione degli sprechi alimentari, condividere le migliori pratiche e i risultati raggiunti;

– adozione di linee guida per facilitare la donazione di cibo e la valorizzazione di alimenti non più destinati al consumo umano come alimenti per animali, senza compromettere la sicurezza di alimenti e mangimi;

– esaminare i modi per migliorare l’uso della marcatura delle date di scadenza e la loro comprensione da parte dei consumatori.

Non è detto che tali misure siano destinate a funzionare, anche perché gli interventi “dall’alto” non sempre sono veloci ed efficaci e non sempre sortiscono effetti significativi. La cosa più importante sarebbe che ogni persona, ogni cittadini maturasse la consapevolezza che non è più momento per potersi permettere di sprecare nulla.

Fonte: ilcambiamento.it

Roma, arriva il banchetto che raccoglie frutta e verdura invenduta al mercato per donarla ai poveri

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«Ci vediamo tutti i sabati pomeriggio al mercato rionale dell’Alberone, raccogliamo dai banchisti frutta e verdura invenduta e lì costruiamo il nostro piccolo banchetto speciale». Ogni sabato pomeriggio, dalle 14 alle 16, un gruppo di volontari (italiani e stranieri) distribuisce gratuitamente la frutta e la verdura invenduta del mercato mattutino: «Sono oltre 100 kg al giorno. E sono tanti, soprattutto gli anziani, ad avvicinarsi. Così non si dice che non si aiutano gli italiani», sorridono.
LOTTA ALLO SPRECO – Si chiama Roma Salva Cibo, ed è il progetto nato nel settembre del 2017 all’interno del VII Municipio di Roma. I protagonisti sono Viola Piroli, attivista, Francesco Fanoli, antropologo e Yacouba Sangare, volontario originario della Guinea. «Volevamo semplicemente fare la nostra piccola lotta contro lo spreco e, allo stesso tempo, aiutare le tante persone che avevano bisogno. Spesso le vedevamo raccogliere la frutta caduta dal mercato. Molti di loro, così, si avvicinano finalmente senza più remore», racconta Viola. L’iniziativa s’inserisce in un progetto coordinato da ‘Eco dalle Città’, associazione già attiva nel campo della lotta allo spreco alimentare, che a Torino gestisce da oltre un anno un progetto simile al mercato di Porta Palazzo. Il progetto ha, tra gli altri, l’obiettivo di creare una rete solidale capace di stimolare legami sociali e coinvolgere migranti («superando il pregiudizio secondo cui costituirebbero esclusivamente un peso e un problema per la società»). Tra frutta, verdura e pane sono oltre 100 kg i prodotti distribuiti ogni sabato pomeriggio al mercato dell’Alberone.

UN AIUTO PER CRESCERE – «Ci siamo rivolti per un sostegno dalle istituzioni. Ma purtroppo, come sempre – aggiunge Viola – dopo le parole non sono arrivati i fatti». E così, non appagati, Viola, Francesco e i volontari hanno deciso di lanciare una campagna di raccolta fondi sul web. «Vorremmo estendere l’iniziativa aumentando sia il numero di mercati romani in cui essere attivi che la frequenza settimanale – spiegano – Abbiamo in programma di riorganizzare la raccolta e la distribuzione in maniera capillare e mobile, così da raggiungere anche chi ha difficoltà a recarsi presso i punti di distribuzione. E – conclude Viola – grazie agli accordi con tanti banchisti dei mercati vicini, ci sposteremo in altri punti della città, dando così assistenza a sempre più persone».

Fonte: ecodallecitta.it

Milano, arrivano le ‘Isole itineranti del gusto’ tutte eco-friendly

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Dalle centrifughe di frutta e verdura alla scoperta dei sapori autentici della tradizione italiana, tutto su mezzi poco inquinanti. Tajani: “Una nuova opportunità commerciale e occupazionale per i giovani coniugata all’utilizzo di mezzi sempre più ecologici e innovativi”

I sapori e i gusti dello street food si trovano nelle vie del centro. Sono stati presentati oggi in via Beltrami dall’Assessore alle Politiche per il Lavoro, Attività produttive e Commercio, Cristina Tajani, alcuni esempi di mezzi a basso impatto ambientale che consentiranno a milanesi e turisti di scoprire le più autentiche e gustose ricette dello street food italiano e internazionale.

Grazie a questa iniziativa abbiamo portato una nuova concezione del cibo di strada al centro del commercio itinerante, perché il cibo è sempre cultura e valorizzazione del territorio“. Così l’assessore alle Politiche per il Lavoro, Attività produttive e Commercio Cristina Tajani, che prosegue: “Oggi lo street food rappresenta una modalità di consumo ampiamente diffusa nelle capitali europee e mondiali. Come Amministrazione – conclude l’assessore – abbiamo non solo favorito la scoperta dei gusti e dei sapori della nostra e di altre tradizioni gastronomiche, ma soprattutto sostenuto la nascita di nuove opportunità commerciali e occupazionali per i giovani coniugate all’utilizzo di mezzi sempre più ecologici e innovativi“.

I 50 operatori (11 hanno partecipato alla fase di sperimentazione iniziale e 39 sono nuovi) propongono, oltre a prodotti DOP, IGP, STG e PAT, anche sapori cosmopoliti. Tra i riconfermati troviamo, ad esempio,“Mozzarella e Dintorni” che propone bruschette e quanto è tipico nel territorio salentino.“Pop Dog” reinterpreta il classico hot dog statunitense nelle varianti messicana, giapponese ecc. “Sapori in movimento” suggerisce gnocco e tigelle accompagnate dai più conosciuti e apprezzati salumi emiliani. Tra le novità presenti in via Beltrami per la presentazione “PicoBrew”, un pub itinerante ideale per chi ama le birre artigianali realizzate con materie prime del territorio milanese.“Pestofino” che ripropone sapori e profumi del Tigullio, dalla pasta fresca alle salse per condire, da quella al basilico a quella alle noci. Infine i gelati della “Gelateria Gorini”, che porterà in centro città i più tipici gusti preparati con ingredienti DOP e IGP come i pistacchi di Bronte, i limoni di Sorrento, lo zafferano de L’Aquila o le amarene brusche di Modena, oltre a “Street Juice” che propone centrifughe, frullati ed estratti derivati da frutta e verdura biologici e a chilometro zero. I mezzi utilizzati (tricicli o quadricicli) hanno tutti un’estetica compatibile con il contesto urbano e una dimensione massima in esercizio di 3,60 mt di lunghezza per 1,70 di larghezza, oltre a essere eco-friendly a trazione a pedali o assistita e a motore elettrico.I singoli mezzi possono sostare per un tempo massimo di due ore e rispettare una distanza minima di 250 metri dalla presenza di un operatore similare. Nei giorni concomitanti lo svolgimento di mercati settimanali scoperti o fiere,’attività di street food può essere svolta solo a una distanza minima di 500 metri dagli stessi. Per garantire la civile convivenza con la cittadinanza gli operatori che necessitano di utilizzare olio bollente o griglie sono dotati di apposite cappe per l’abbattimento degli odori. I cinquanta operatori sono soggetti al pagamento di un canone Cosap.

Fonte: ecodallecitta.it

Si spende più per la frutta e la verdura che per la carne

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Per la prima volta da quando vengono effettuati i rilevamenti sulla tipologia di spesa alimentare delle famiglie italiane, la quota di budget riservata a frutta e verdura ha superato quella per la carne. Secondo l’analisi compiuta da Coldiretti, sulla base dei dati Istat relativi all’ultimo quindicennio, si tratta della prima volta che questo accade dall’inizio di questo secolo. Frutta e verdura rappresentano ora il 23% del budget che le famiglie riservano all’alimentazione per un importo di 99,5 euro al mese contro i 97 euro della carne che incide per il 22% del totale e perde, per la prima volta, il primato. L’affermazione dell’ortofrutta nella dieta degli italiani ha permesso all’Italia – come ha sottolineato Coldiretti in un incontro svoltosi all’Expo – di mantenere la leadership continentale del settore con un fatturato complessivo di 13 miliardi di euro distribuito su con 236.240 aziende che producono frutta, 121.521 che producono ortaggi, 79.589 patate e 35.426 legumi secchi”. E non solo, sono sempre di più le persone che praticano il fai da te coltivando sulle proprie terrazze, negli orti privati e pubblici lattughe, pomodori, piante aromatiche, peperoncini, zucchine, melanzane, ma anche di piselli, fagioli fave e ceci da raccogliere all’occorrenza.

Fonte:  Coldiretti 

Infertilità maschile: spermatozoi dimezzati dai pesticidi

Una ricerca pubblicata su Human Reproduction evidenzia il rapporto di causalità fra esposizione ai pesticidi e infertilità maschile.

Secondo la ricerca di Hagai Levine e Shanna H. Swann pubblicata su Human Reproduction, i residui di pesticidi nella frutta e nella verdura abbassano la qualità dello sperma. Fragole, mele, pere e spinaci sono i vegetali nei quali i residui di antiparassitari sono più elevati. Lo studio ha preso in esame 155 uomini di età compresa fra 18 e 55 anni che frequentano un centro di trattamento dell’infertilità: 338 collezioni di sperma sono state analizzate fra il 2007 e il 2012.

Fino a oggi le ricerche sulla relazione fra pesticidi e infertilità si erano concentrate esclusivamente sull’esposizione di tipo professionale, questa volta, invece, la ricerca si è concentrata sugli effetti dei pesticidi sugli alimenti. Chi consuma elevati livelli di pesticidi ha – in media – un eiaculato inferiore del 49% (86 milioni contro 171 milioni). Il numero dei pesticidi contenuto negli alimenti è stato determinato dall’incrocio fra le risposte date dalle persone testate nei questionari e i dati del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. I pesticidi sono stati suddivisi in due classi: a bassa contaminazione (piselli, fagioli, pompelmi, cipolle…) e a moderata o alta contaminazione (fragole, spinaci, peperoni, mele, pere…). Dall’analisi compiuta sul campione di 155 uomini si è dedotto che

l’esposizione a pesticidi utilizzati nella produzione agricola del cibo può essere sufficiente per influenzare la spermatogenesi negli uomini.

L’esiguità del campione renderà necessari ulteriori approfondimenti, ma nel mondo accademico c’è chi sottolinea come questi risultati non debbano scoraggiare il consumo di frutta e verdura in generale che sono, anzi, fra i pilastri di una dieta che favorisce la fertilità. A essere consigliata è, piuttosto, la scelta di prodotti “bio” o una dieta che eviti i prodotti che possono contenere grandi quantità di questi pesticidi.pesticidi-620x310

Fonte:  Human Reproduction

© Foto Getty Images

Riciclo creativo: scopri come tutto ma proprio tutto in casa può essere riciclato…

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Gli appassionati di cucina sfruttano la loro creatività per dar vita a piatti sempre nuovi e sfiziosi, magari recuperando scarti ed avanzi del giorno prima. E molte donne sono grandi esperte nel ridurre gli sprechi della tavola convertendoli in piatti sfiziosi o in piccoli rimedi per la pulizia della casa, ma vediamo alcuni dei più curiosi. Gli scarti di frutta e verdura possono difatti essere riciclati per tutt’altra attività e trovare un nuovo impiego naturale ed ecologico. E’ importante però che vengano sempre accuratamente lavati, anche se provenienti da coltivazioni biologiche. Iniziamo subito dalle scorze di mele, agrumi e melograni che possono essere asciugate e disidratate, fatte a pezzetti e utilizzate come potpourri, cospargendoci sopra dell’acqua di colonia o alcune gocce di olio essenziale di arancia amara o bergamotto. Per chi ha il compost si può invece pensare di aggiungerle, insieme anche agli scarti delle verdure, nel relativo recipiente. La buccia di avocado si può riutilizzare, perché è spessa, per piantare i germogli come in un vaso e come simpatica coppetta “naturale” per servire creme e gelati in giardino. Mentre i gusci delle noci (ma vanno bene anche quelli delle uova) se disposti accanto alle piante tengono lontani lumache e parassiti. In estate si possono servire macedonie dentro ciotole ricavate anche scavando cocomeri o meloni, mentre in autunno si può sfruttare una zucca precedentemente scavata. Per lucidare le pentole in rame e ottone si strofina la superficie con la buccia di limone o del lime o di qualsiasi frutto che abbia un elevato contenuto di acido citrico. Se si aggiunge un mezzo cucchiaino di bicarbonato il risultato sarà eccellente! E lo sapevate che la buccia di banana può essere invece riutilizzata per lucidare le scarpe e le foglie delle piante d’appartamento? Durante le vacanze di Pasqua, anziché ricorrere a coloranti artificiali, si può decorare le uova facendole bollire con della buccia di cipolla per ottenere dei gusci dalle tonalità giallo ed arancione. Scorze di agrumi potranno essere aggiunti alla vodka o all’olio d’oliva per aromatizzarli in modo del tutto particolare, mentre le proprietà della buccia di limone per eliminare i cattivi odori dal frigo o dal forno sono, credo, note a tutti. Per la cura del corpo suggeriamo invece di ricorrere alle pesche, ricche di potassio e vitamina A, utili per idratare e rivitalizzare la pelle. Se si cosparge dello zucchero sulla polpa, sarà perfetto per farsi uno scrub. Per i disturbi intestinali, provate a far bollire un bastoncino di cannella con la pellicina interna bianca del melograno (avendo tolto i semi), lasciate raffreddare e bevete almeno 3 volte al giorno fin quando non avrete risolto il vostro problema. Quanti hanno problemi di capelli grigi? Per un mese ci si può risciacquare i capelli dopo lo shampoo con una lozione ricavata facendo bollire per  mezz’ora la buccia delle patate e, una volta raffreddata, filtrata con una pezza di cotone. Risultato: capelli lucidi e scuri! Per lavare via lo sporco dopo una giornata di lavoro, si può provare ad usare un sapone al pistacchio fatto in casa: frullare i gusci di pistacchio con mezzo bicchiere d’acqua e mescolare il tutto con della glicerina fusa. Lasciare raffreddare in un contenitore che farà da stampo e usare il sapone per massimo una settimana.

 

Fonte: tuttogreen

Culinary Misfits, due ragazze cucinano frutta e verdura scartata perché non ha forma perfetta

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A volte, per evitare uno spreco è possibile cominciare ispezionando il frigorifero dove, si sa, vengono consumati i maggiori sprechi alimentari. Questo accade in molte famiglie e, su scala più vasta, anche nei ristoranti e nei supermercati. A questo proposito, in Germania, due ex designerLea Emma Brumsack e Tanja Krakowski,hanno creato un progetto per combattere lo spreco alimentare. Si trattav del primo servizio catering che utilizza solo ingredienti scartati da ristoranti e supermercati e l’hanno chiamato, in modo ironico ed evocativo, Culinary Misfits, perché gioca sul doppio significato di ‘scherzo di natura’ ma anche ‘non adatto’, della parola misfit. Insomma le due ragazze si prendono cura della frutta e della verdura ‘ranocchie’ per farne delle ‘regine’ della tavola! Seguendo il motto ‘l’apparenza inganna’, le due food designer tedesche selezionano ortaggi e frutta di stagione che, per via della loro forma a volte bizzarra o della loro dimensione non standard, i supermercati ed i ristoranti della zona scartano. E’ noto infatti che la grande distribuzione e la ristorazione obbediscono a dei rigidi criteri dimensionali ed estetici che comportano quindi un enorme spreco di alimenti. Con pomodori ammaccati, pastinache e cetrioli troppo incurvati o deformati per essere esposti nei banchi alimentari, le ideatrici di questo catering tuttogreen, creano gustosi piatti da proporre ai clienti, limitando gli sprechi e cercando in loco gli ingredienti. Così si rispettano anche i criteri della distribuzione a chilometri zero. Dopo l’avvio, all’inizio del 2012, con una serie di eventi gastronomici a base di ortaggi biologici, progettati per lanciare l’attività, Culinary Misfits ha trovato una sua sede nel quartiere più trendy di Berlino, Kreuzberg, e sta cercando finanziamenti attraverso il crowfunding.

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Così, proponendo piatti speciali come una zuppa di cetrioli incurvati o un contorno di carote storte, Culinary Misfit potrebbe essere d’ispirazione per progetti anti-spreco alimentare, dimostrando che la vera bellezza sta sotto alla superficie e che basta riflettere un momento prima di cestinare quelli che potrebbero rivelarsi, invece,preziosi ingredienti da riutilizzare, anche nelle nostre cucine.

 

Fonte: tuttogreen

 

La frutta è un elisir: fa vivere tre anni in più

Una ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma, pubblicata sull’ American Journal of Clinical Nutrition, prova il rapporto di causalità fra consumo di frutta e verdura e longevità1407427431-586x369

La frutta allunga la vita. Dal Karolinska Institutet di Stoccolma alle pagine dell’American Journal of Clinical Nutrition, uno studio conferma quello che antichi proverbi già immaginavano, ma da un generico medico che si “leva di torno”, i ricercatori arrivano addirittura a fornire una cifra ben precisa: quella dei tre anni di vita in più garantita da una dieta ricca di frutta. Lo studio dell’Università svedese è stato curato da un team di ricercatori, guidato da Andrea  Bellavia dell’Istituto di Medicina Ambientale (IMM), che, per ben tredici anni, ha monitorato un campione di 71.706 volontari (38.221 uomini e 33.485 donne).

L’associazione tra consumo di frutta e verdura e mortalità è stato raramente analizzato da grandi studi. I risultati dei pochi studi disponibili sono incoerenti. L’obiettivo è stato quello di esaminare la relazione tra la dose di frutta e verdura consumata e la mortalità, sia in termini di tempo che di frequenza, in un ampio campione di uomini e donne svedesi

hanno spiegato i ricercatori nell’abstract dello studio. Nella fascia di età compresa fra i 45 e gli 83 anni, i più longevi sono risultati coloro che consumavano ingenti quantità di frutta e verdura. Anche fra chi non ne consumava proprio e chi ne consumava quantitativi minimi la differenza è risultata essere di un anno e mezzo. Fra i consumatori “forti”, quelli da 5 porzioni al giorno, e quelli a digiuno il tasso di mortalità era superiore del 53% nei secondi e la differenza nell’aspettativa di vita di 36 mesi. Per chi aveva consumato 3 porzioni al giorno il gap è stato di 32 mesi in più rispetto a chi se ne fosse privato. Lo studio ipotizza che nei momenti di maggiore stress, l’organismo richieda un quantitativo maggiore di frutta. Attualmente non ci sono dati in merito, così come lo studio non è stato in grado di chiarire se sia un salvavita più potente la frutta biologica o quella trattata, quella maturata sulla pianta o no.

Fònte:  American Journal of Clinical Nutrition