Vandana Shiva: “Fermiamo la deriva tossica del mondo”

Incarna lo spirito della guerriera, combatte contro la povertà globale e sostiene le lotte per il diritto alla salute delle persone in tutto il mondo, denunciando le multinazionali che avvelenano il cibo e rendono sterile il suolo. Ecco la nostra intervista all’attivista indiana Vandana Shiva, esperta mondiale di ecologia sociale. Incontriamo Vandana Shiva a Roma il 7 e l’8 marzo. Conoscerla di persona in questa data dedicata al femminile sembra una coincidenza interessante. Questa donna indiana, laureata in Canada in Fisica, da quasi 40 anni sta portando avanti un movimento internazionale contro la povertà globalizzata, promuovendo in tutto il mondo sistemi di ecologia sociale basati su alternative agro-ecologiche rispettose della biodiversità, della salute e della dignità dei popoli. Lo fa dirigendo diversi centri scientifici, interessandosi di bioetica, biotecnologie e ingegneria genetica e in qualità di presidente di Navdanya – il braccio operativo di Vandana in India – e di Navdanya International, la onlus che sostiene le lotte delle comunità per il diritto ad una alimentazione sana, all’autodeterminazione e alla cura del pianeta in tutto il mondo.

Alcuni stati e regioni del mondo stanno già portando avanti quest’alternativa basata sull’agricoltura biologica e sulle economie locali, capace di proteggere i territori e la biodiversità. Le comunità hanno infatti un ruolo centrale nel contrastare le lobby della chimica e dell’agro-industria, per questo è necessario che conquistino strumenti di democrazia reale. Solo sistemi agro-alimentari sani possono liberarci dalla povertà, combattere i cambiamenti climatici e promuovere la salute di tutti. L’occasione della sua presenza a Roma è quella della presentazione e partenza del “Tour di mobilitazione per un cibo e un’agricoltura senza veleni” che ha toccato varie località italiane, da Campobasso a Bassano del Grappa, Bolzano, Malles, Trento e Torino. Un viaggio e tanti eventi in occasione dei quali Vandana ha incontrato esempi concreti di buone pratiche, testimonianze di come non solo sia possibile, ma addirittura più efficiente e conveniente produrre e consumare senza ricorrere a sostanze chimiche velenose. Ma ha anche potuto constatare l’estensione e l’impatto delle monocolture intensive sulle comunità del nostro paese, incontrando i tanti cittadini che stanno facendo rete contro questa deriva tossica e contro lo sfruttamento del territorio.

Foto tratta dalla pagina Facebook di Navdanya International

Risuonano le parole che Vandana Shiva ha pronunciato al fianco di Don Ciotti nella tappa torinese: “Se siamo seri, quando diciamo di voler mettere fine alla povertà allora dobbiamo mettere fine ai sistemi che creano la povertà derubando i poveri dei loro beni comuni, dei loro stili di vita e dei loro guadagni. Prima di poter far diventare la povertà storia dobbiamo considerare correttamente la storia della povertà. Il punto non è quanto le nazioni ricche possono dare, il punto è quanto meno possono prendere”. 

In questo contesto, la Campagna internazionale di Navdanya International Per un’alimentazione e un’agricoltura libera da veleni si propone di sviluppare un movimento globale coeso per un cambiamento del paradigma produttivo. I cittadini italiani e di tutto il mondo sono pronti per una transizione basata su un modello economico che garantisca tutti un’alimentazione nutriente, sana, che non faccia esclusivamente gli interessi delle grandi multinazionali dell’agrobusiness e della grande distribuzione organizzata.

“Penso che l’Italia e l’India siano due civiltà che hanno riconosciuto che il cibo è centrale e che hanno riconosciuto che il cibo è cultura, ecologia, che il cibo è eredità e tradizione, che il cibo riguarda come gestisci la terra e il cuore di un territorio, il cibo è identità”, ci dice Vandana. “Quindi il punto di partenza, sia per l’Italia che per l’India, è molto ‘alto’, ma c’è un’aggressione globale ai sistemi alimentari e alle colture, attraverso la produzione di prodotti tossici e fraudolenti causati dall’utilizzo di pesticidi, che vede i piccoli produttori, così come le api, come nemici da sterminare. E vede inoltre le economie locali basate sulla sovranità come una minaccia. Tutto questo dovrebbe farci riflettere sul sistema alimentare globale che è stato creato, considerato che anche in Italia l’impatto economico globale è molto alto.

C’è un’economia globalizzata, distorta e disonesta, che è sotto il controllo di compagnie tossiche come Cargill, che scarica fertilizzanti tossici che distruggono la pasta italiana, oppure delle aziende che trasformano il cibo buono che cresce nei nostri campi in rifiuti tossici come la Nestlè, la Coca Cola e la Pepsi, le compagnie chimiche come Yara e le grandi multinazionali come Walmart, Amazon e Carrefour che lavorano insieme e si fanno chiamare ‘Fresh Alliance’. Loro vogliono la fine del cibo fresco. Quindi ci troviamo a fronteggiare una minaccia comune che è ormai ovunque. Ma Italia e India hanno molto da perdere perché hanno di più”. 

Vandana Shiva incarna lo spirito della guerriera, combatte contro la povertà globale, sostiene le lotte al diritto alla salute delle persone in tutto il mondo denunciando le multinazionali che avvelenano e rendono sterile il suolo. Proprio dal cibo, dal sistema agroalimentare si possono rigenerare i territori e le comunità. E nella rigenerazione del suolo, nel ritrovare la fertilità della terra, le donne possono giocare un grande ruolo: “Il primo ruolo delle donne è non mollare mai. Abbiamo un’intelligenza che solo noi conosciamo. In India è nato un grande movimento di non-cooperazione contro il sistema alimentare distruttivo, fatto dalle donne che dicono ‘noi sappiamo cos’è il buon cibo e non vi lasceremo cancellarlo e criminalizzarlo. Non permetteremo che un’economia distruttiva ci nutra con cibo spazzatura, avvelenato e tossico’.

Foto tratta dalla pagina Facebook di Navdanya International

Non solo le donne hanno una buona conoscenza del cibo, ma sanno anche che la vita è intelligente, che ogni cellula del nostro corpo è intelligente. Quando si perde l’intelligenza si perde la capacità di autoregolazione e arriva il cancro. Il cancro non è altro che una malattia derivante dal collasso del processo regolatore del nostro corpo. Stiamo uccidendo la capacità delle nostre cellule, dei nostri batteri, del nostro corpo, della terra di regolare sé stessa. Le donne hanno questa conoscenza, anche se è spesso attaccata da un sistema antiscientifico che dichiara che la natura è morta e le donne sono ignoranti, ma il sistema antiscientifico non è stato in grado di uccidere la vera conoscenza e ciò che le donne hanno appreso nel corso dei secoli e che la scienza adesso valida: che l’ecologia è la scienza della relazione e ciò che danneggia la terra danneggia il nostro corpo. Qui è dove abbiamo una connessione con la rigenerazione. La rigenerazione della salute delle donne, dei bambini, della terra è anche la liberazione delle donne, che deve andare avanti e non può essere separata dalla liberazione della terra.

La nostra intervista a Vandana Shiva presso la Casa delle Donne di Roma

Le crisi dei rifugiati, dei cambiamenti climatici, della sovranità alimentare e della salute globale dipendono dalle comunità agricole, dalle economie locali, dal sistema di produzione di cibo e dalla gestione delle sementi che ormai sono in mano a pochissimi. Infatti sono quattro gruppi industriali (Monsanto, Bayer, DuPont, Dow Chemical) che controllano il monopolio mondiale della chimica e delle sementi.  Ingegnerizzando, e quindi brevettando, semi e piante si detiene il potere sulla vita del pianeta e sulla libertà dei popoli”. 

L’esperta mondiale di ecologia sociale denuncia che queste sono battaglie di democrazia. Il principio di sussidiarietà è il diritto di poter scegliere le priorità per la tutela dei propri diritti. “Bisogna decolonizzare corpi e cervello, essere capaci di pensarsi liberi. La libertà ha a che vedere con il ristabilire le relazioni di interdipendenza tra noi, il cibo, l’agricoltura e il pianeta. Siamo cicli di una rete alimentare, si dà e si riceve. La terra va protetta, custodita e ringraziata”.

Intervista e riprese: Daniela Bartolini e Annalisa Jannone
Montaggio: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/04/vandana-shiva-fermiamo-deriva-tossica-mondo-meme-21/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Navdanya International: l’attivismo mondiale di Vandana Shiva che parte dall’Italia

È il ramo internazionale di Navdanya, l’associazione di Vandana Shiva in India, ed ha la sua stessa mission: sostenere le lotte per la transizione verso sistemi di produzione del cibo più sani per le persone e per il pianeta. Abbiamo intervistato Ruchi Shroff, direttrice di Navdanya International, che è stata fondata e ha sede a Roma. Sono in tanti a conoscere Vandana Shiva, scienziata, saggista e ambientalista indiana che da quasi 40 anni si batte per la difesa della sovranità alimentare, della biodiversità e dei diritti dei piccoli agricoltori in tutto il mondo. Alcuni conoscono l’associazione Navdanya  (letteralmente “nove semi”), il braccio operativo di Vandana Shiva in India. Ma sono certamente di meno quelli che sanno che Navdanya International – il ramo internazionale di Navdanya, che dell’associazione originaria condivide la missione – è stata fondata (nel 2011) e ha sede a Roma.

Intervistata da Italia che Cambia, Ruchi Shroff, che di Navdanya International è la direttrice, ci ha parlato delle tante attività della ONLUS, presente in maniera diretta o indiretta (ossia attraverso partnership), in più di 30 diversi Paesi: dalle campagne mondiali di sensibilizzazione alla promozione dell’agroecologia, dall’appoggio alle battaglie locali dei contadini alla formazione, fino alle pubblicazioni e all’organizzazione di incontri pubblici, attraverso i quali esperti di varie discipline vengono a contatto e lavorano insieme per trovare soluzioni alle tante crisi che le attività umane stanno generando sul pianeta e che sono tutte correlate fra loro e con i nostri sistemi di produzione, distribuzione e consumo del cibo. Quello della sensibilizzazione sul collegamento fra le crisi che viviamo – cambiamento climatico, perdita di biodiversità, diffusione di diverse malattie, deforestazione, degrado del suolo, inquinamento delle acque – e fra esse e i nostri stili alimentari, è una delle attività fondamentali dell’associazione. “Siamo tutti abituati a vedere queste crisi in maniera disgiunta; ecco perché noi lavoriamo per mostrarne le connessioni. Sia lavorando direttamente con la terra, sia nelle attività di sensibilizzazione, la nostra strategia è quella di creare reti per affrontare i problemi in maniera sistemica”, ci ribadisce più volte, perché “non riusciremo a risolvere le crisi se non facciamo rete fra i diversi attori che se ne occupano”. Non a caso, fra i membri di Navdanya, oltre a contadini, seed-saver e attivisti, ci sono agronomi, ricercatori e altri tecnici.

E i risultati di questo lavoro, sebbene non siano mai troppi, non mancano di arrivare. “Nonostante negli ultimi anni ci sono state convergenze e fusioni di lobby per aumentare il loro potere”, continua Ruchi, “si respira dappertutto una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. In India, per esempio, lo stato del Sikkim sta praticando la transizione al 100% verso il biologico. Un risultato inimmaginabile fino a pochi anni fa”. In Italia, che Ruchi considera culla della biodiversità, Navdanya lavora molto con i mercati contadini e, in generale, con l’agricoltura naturale. “Questo tipo di agricoltura è la soluzione più logica per rimediare alle crisi ambientali e anche per rigenerare le economie locali”, sottolinea. Molto forti sono, nel nostro Paese, le partnership di Navdanya con le comunità locali per progetti di conservazione della biodiversità e per l’organizzazione di eventi destinati alla sensibilizzazione e allo scambio di conoscenze. Un lavoro che, insieme a quello di altri soggetti con una missione simile, ha già dato diversi frutti in termini di consapevolezza dei consumatori italiani. In futuro, l’idea di Ruchi è quella di replicare anche in Italia la fattoria-laboratorio sperimentale attivata e gestita in India direttamente da Navdanya, attraverso la quale i contadini locali vengono formati all’agroecologia e alla conservazione, selezione, scambio e coltivazione di semi di varietà diverse di una stessa specie vegetale.

Vandana Shiva a Firenze

Navdanya International si finanzia talvolta attraverso contributi di enti pubblici europei, e soprattutto con donazioni da parte di privati, sia fondazioni che persone singole. Chiunque volesse contribuire al lavoro di Ruchi e degli altri attivisti impegnati a divulgare nel mondo il messaggio di Vandana Shiva, contribuendo così a sostenere i piccoli agricoltori e a diffondere la cultura del cibo locale basata sulla biodiversità e sul rispetto della natura, può farlo con una donazione attraverso il sito web della ONLUS.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/12/navdanya-international-attivismo-mondiale-di-vandana-shiva-io-faccio-cosi-233/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Che Expo sarebbe… senza McDonald’s!

L’Expo nutre il pianeta… a braccetto con McDonald’s. Se fino ad ora avevamo visto la faccia di Vandana Shiva, le foto delle mani sporche di terra degli agricoltori e avevamo sentito raccontare che si sensibilizzava il pianeta alla sostenibilità, ecco che Official Sponsor di Expo 2015 appare niente meno che McDonald’s Italia. La presenza nel sito espositivo è stata annunciata a Milano.vignetta_mcdonald

L’amministratore delegato di McDonald’s Italia, Roberto Masi, nell’annunciare che la catena di fast-food è official sponsor di Expo,  ne ha vantato le dimensioni: 36.000 ristoranti in 120 paesi nel mondo, 70 milioni di persone servite ogni giorno con hamburger, patatine fritte e altri menù che per anni sono stati definiti da esperti e nutrizionisti “junk food”, cioè cibo spazzatura. Eppure McDonald’s è sponsor ufficiale dell’Esposizione che si è battezzata l’Expo per nutrire il pianeta. Durante l’incontro tenutosi a Milano che annunciava la loro presenza, è stato presentato “Fattore Futuro”, un progetto con cui McDonald’s ha raccontato di voler aiutare i giovani agricoltori nello sviluppo delle loro aziende. Il progetto ha ricevuto il Patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali… ma d’altra parte non è la prima volta che zio Mac conquista l’imprimatur ministeriale. Ma come li aiuta? “Permettendo” (un privilegio?) a 20 imprenditori agricoli con meno di 40 anni di entrare a far parte dei fornitori italiani di McDonald’s per tre anni. Uno scherzo? Nient’affatto. Vediamo cosa ha da offrire McDonald’s ad Expo e al nutrimento del pianeta. Nel 2013 viene reso noto un dossier di trenta pagine in cui l’avvocatessa Michele Simon illustra le operazioni di marketing del colosso americano travestite da opere di beneficenza con l’obiettivo e la conseguenza di ottenere consenso e approvazione attraverso un messaggio distorto della carità. Sempre nel 2013 si scopre che il fast food più famoso del mondo avrebbe consigliato ai propri dipendenti di tenersi alla larga dai cibi poco salutari prodotti dalla stessa catena. E lo avrebbe fatto su un sito web,McResource Line, dedicato e aperto solo ai suoi dipendenti. Inutile, però, provare a cliccare sulla pagina web perchè è stata rimossa dopo la diffusione della notizia (c’è chi ne ha conservato le schermate però). La catena avrebbe deciso di eliminarla perchè quei consigli “fastidiosi” avrebbero iniziato a circolare troppo nella rete. Nella lista degli ingredienti e allergeni si può contare un buon numero di emulsionanti e additivi artificiali e per alcuni di essi vi riportiamo qualche informazione. Il polidimetilsilossano (E900) è un antischiuma autorizzato; l’E171 è il diossido (o biossido) di titanio, soprattutto in forma nanoparticellare è stato classificato come possibile cancerogeno; poi troviamo l’E472e, esteri dell’acido diacetiltartarico di mono- e digliceridi, si tratta di esteri di grassi sintetici; il blu brillante, l’E133, colorante sintetico derivato dal catrame del carbone, nelle linee guida inglesi non è raccomandato per l’assunzione nei bambini. La lista potrebbe ancora molto lunga. E…vi ricordate il film documentario “Super size me”? Il regista Morgan Spurlock lo ha presentato nel gennaio del 2004 al Sundance ed è stato premiato; è stato anche candidato agli Oscar. La storia è quella di un uomo (è l’esperimento cui si è sottoposto veramente il regista stesso) che per trenta giorni si nutre solo di fast-food, per lo più nella catena McDonald, ingrassando di oltre 12 chili: la sua cronaca-denuncia gastronomica, corredata di referti medici per danni al cuore, alle arterie, al sangue, ha avuto un effetto bomba in America, ma non solo.

Ora…bisogna solo capire di cosa l’Expo vuole nutrirci!

Fonte: ilcambiamento.it

Vandana Shiva risponde al New Yorker: “L’industria biotech vuole screditarmi”

L’attivista indiana, leader della lotta globale contro gli Ogm, ribatte alle accuse mossegli dal giornalista Michael Specter su New Yorker.

Vandana Shiva, leader del movimento mondiale in difesa delle semenze e contro gli organismi modificati, è stata recentemente accusata di essere una ciarlatana, priva di basi scientifiche e abile manipolatrice delle paure della gente. A muovere queste accuse, con un ampio reportage intitolato Seeds of Doubt (Semi del dubbio) è il giornalista scientificoMichael Specter, firma del New Yorker, uno dei più autorevoli magazine statunitensi. Specter ha imbastito un attacco frontale, senza esclusione di colpi, alla 62enne indiana che guida da tempo la lotta globale contro la multinazionale Monsanto e lo ha fatto citando l’ampia fazione della comunità scientifica internazionale convinta che gli Ogm siano sicuri e siano l’unico futuro per l’agricoltura. Secondo la posizione espressa da una delle specialiste intervistate dal New Yorker, “la paura degli Ogm non è veramente motivata dal pericolo di queste biotecnologie, ma dalla diffidenza verso le multinazionali che dominano l’agroindustria”. Sulla questione Ogm la comunica scientifica non è compatta e, come accade con gli scettici riguardo ai cambiamenti climatici, non mancano scienziati compiacenti e prezzolati pronti a mettere la mano sul fuoco a difesa degli interessi del potere. Ma Vandana Shiva è abituata a intimidazioni e minacce di morte e, intervistata da Federico Rampini di Repubblica ha ribattuto a tutti i “dubbi” del New Yorker, in primis l’accusa di essere guidata da un approccio irrazionale alla realtà e di non avere un’adeguata preparazione scientifica:

Specter e l’industria biotecnologica vogliono screditarmi descrivendo me e i milioni di persone contrarie agli Ogm come anti-scientifici, romantici. I miei studi sono una spina nel fianco per loro. Ho preso un Ph. D. (dottorato di ricerca) in Canada, in Filosofia della scienza con una tesi sulla Teoria quantica; e un master in Fisica. La teoria quantica mi ha insegnato alcuni principi che ispirano il mio lavoro, ma mi sono spostata da un paradigma meccanicistico a uno ecologico. Potevo continuare i miei studi quantici alla fondazione Tata o proseguire studi interdisciplinari sulle politiche della ricerca scientifica al Politecnico di Bangalore. Ho scelto la seconda strada per approfondire le relazioni tra scienza e società. Ho studiato abbastanza la fisica per impadronirmi dei suoi concetti, ma non mi sono voluta trasformare in una macchina di calcolo.

A chi sostiene che le sementi Ogm ottimizzino i raccolti di cotone, Shiva oppone le storie dei contadini suicidi perché incapaci di pagare i loro debiti. Fra le battaglie della leder indiana c’è anche quella per la sovranità alimentare:

la Pepsi Cola sta penetrando nel business delle mense scolastiche in India. Altro che alimentazione equilibrata, chilometro zero. Un colosso americano del junk-food vuole decidere cosa mangiano i bambini indiani. È in pericolo la nostra sovranità alimentare. Dietro le campagne ideologiche come questo articolo del New Yorker s’intravede un altro obiettivo. Monsanto vuole conquistare l’Africa. Perciò devono diffondere il mito che i loro Ogm hanno reso ricchi i contadini indiani.

Shiva contesta la mancanza di trasparenza di Monsanto che negli States ha trascinato in tribunale lo Stato del Vermont che ha imposto l’obbligo delle etichette trasparenti. Un rischio che, ricorda Shiva, sta correndo anche il Vecchio Continente:

dentro il nuovo trattato di libero scambio che state negoziando con gli Usa ci sono attacchi al vostro principio di precauzione.vandana-shiva-speaker-nextgengallery-vandana-shiva-in-wheat-field-eviltwinbookingdotorg

Fonte:  Repubblica

I fiancheggiatori del biotech contro Vandana Shiva: la strategia della calunnia

“Affermazioni fraudolente e il tentativo palese di distorcere la realtà, strategia della calunnia e omissioni gravi”. Così l’ambientalista indiana Vandana Shiva, laurea in fisica e ai vertici dell’associazione Navdanya International, replica al giornalista del The New Yorker, Michael Specter, su ogm e aziende biotech. Vi riportiamo le parole e le riflessioni di Vandana Shiva, che meritano di essere lette fino in fondo.vshiva-2

«Mi fa molto piacere sapere che si rifletta e si parli sul il futuro del cibo sia oggetto di pensiero e di discussione, nelle aziende agricole, dentro le case, in televisione, online e nei giornali, specialmente nei giornali rinomati come The New Yorker. Da moltissimo tempo The New Yorker ha dato molta importanza alla qualità dei propri articoli, nonché al livello dei propri lettori. La sfida di riuscire a sfamare una popolazione in perenne aumento nonostante i continui ostacoli creati dal Cambiamento Climatico è una questione di primaria importanza. Detto questo, bisogna dire che l’articolo di Specter è giornalisticamente povero. Mi domando perché un giornalista che è stato capo redattore a Mosca del New York Times e poi capo redattore a New York per il Washington Post, evidentemente con molta esperienza, abbia presentato/sottoposto un articolo così lontano dalla verità/ingannevole. O perché il New Yorker abbia permesso la sua pubblicazione come reportage, colmo com’è di affermazioni fraudolente e tentativi consapevoli di distorcere la realtà. ‘I Semi del Dubbio’ contiene così tante menzogne e imprecisioni, da quelle più insignificanti (non ci siamo mai incontrati in un bar, ma piuttosto nell’hotel dove ero appena arrivata dall’India per seguire una Tavola Rotonda di alto livello per gli obiettivi dello sviluppo sostenibile post-2015 delle Nazioni Unite) fino a gravi falsità che hanno conseguenze sulla vita delle persone. L’articolo è stato dato in pasto ai Social Media sostenitori dell’Industria Bio-Tecnologica. Possiamo forse supporre che sia un tentativo, da parte di quell’industria, di ‘accattivarsi i consumatori’? Sebbene la licenza creativa faccia parte dell’arte dello scrivere, Michael Specter molto abilmente porta questa licenza ad un livello superiore quando assume una posizione molto chiara senza, tuttavia, mai renderla esplicita. L’articolo scritto da Specter comincia, volutamente, con una disinformazione. “All’ inizio della primavera passata, l’ambientalista indiana Vandana Shiva ha condotto un pellegrinaggio particolare attraverso l’Europa meridionale. Dalla partenza, in Grecia, al Pan-Hellenic Exchange of Local Seeds Festival, che ha lo scopo di celebrare le virtù dell’agricoltura tradizionale, Shiva e i suoi seguaci hanno poi attraversato l’Adriatico ed hanno rimontato lo stivale Italico, in pullman, per arrivare a Firenze, dove ha parlato al Seed, Food and Earth Democracy Festival. Poi, dopo una breve sosta organizzativa a Genova, la carovana ha proseguito per il sud della Francia, fermandosi a Le Mas d’Azil, appena in tempo per celebrare International Days of the Seed.” Il giorno 26 Aprile, 2014, al Deutsches Theater Berlin, uno dei teatri statali Tedeschi più rinomati, ho presentato i concetti fondamentali per una conferenza sulla relazione tra democrazie e guerra in momenti di scarsità di risorse e cambiamenti climatici. Da Berlino ho raggiunto Firenze in aereo per un Festival sui Semi organizzato dalla Regione Toscana, dall’Orto Botanico di Firenze (il più antico d’Europa) dalla Banca Etica e da Navdanya. Qui sono stata raggiunta dalla Carovana dei Custodi dei Semi e insieme abbiamo continuato fino a Le Mas d’Azil dove abbiamo tenuto una conferenza di tutti i movimenti del Seme Europei.   Sarebbe molto conveniente, nel racconto che Specter tenta di tessere, di farci credere che questa iniziativa fosse una scampagnata di gente poco scientifica in “pellegrinaggio”‘. Scrivere con precisione delle posizioni dei vari governi Europei, delle università e dei movimenti non sarebbe consono all’intento di Specter, anche perché la forte resistenza (inclusa quella dei Governi) agli OGM in Europa, è basata proprio sulla scienza. Neppure il mio curriculum accademico è adatto al suo scopo: un Ph.D. sulle ‘Variabili Nascoste e la non-Località nella Teoria Quantistica’. Inoltre, fa molto comodo a Specter, ridurre il mio M.Sc. Honours in Fisica (laurea Magistrale) a un B.Sc (laurea triennale). Il Signor Specter e l’Industria Bio-Tecnologica (e per associazione The New Yorker), vorrebbero classificare i milioni di persone che si oppongono agli OGM come antiscientifici, romantici, anticonformisti. Evidentemente i miei titoli accademici gli creano imbarazzo. “Quando le ho chiesto se avesse mai lavorato come Fisico lei mi ha suggerito di cercare risposte su Google. Non ho trovato niente, e nella sua biografia non elenca tali posizioni.” Specter ha distorto le mie parole per far sembrare che io evitassi la sua domanda. Io gli avevo indicato il mio sito web ufficiale perché negli ultimi mesi questa domanda mi veniva rivolta molto spesso. La mia pagina su Wikipedia è stata manomessa per far apparire che io non avessi mai studiato la scienza. L’Industria Bio-Tecnologica avrebbe molto piacere di cancellare le mie credenziali accademiche. Non riesco a capire come possa rendermi più o meno capace nell’affrontare il mio lavoro sull’ evoluzione di un paradigma ecologico della scienza.  Ho preso coscientemente  la decisione di dedicarmi alla protezione della Terra, dei suoi Ecosistemi e delle sue comunità. La Teoria Quantistica mi ha insegnato i quattro principi che hanno poi guidato il mio lavoro: tutto è interconnesso, tutto è potenziale, tutto è indeterminato e non esiste un centro escluso. In ogni mia svolta intellettuale degli ultimi quarant’anni mi sono sempre spostata da un paradigma meccanicistico verso un paradigma ecologico. Avevo la scelta di continuare i miei studi sulle Fondazioni della Teoria Quantistica presso il Tata Institute of Fundamental Research (TIFR) oppure di diventare ricercatrice di Studi Interdisciplinari sulle Politiche Scientifiche presso l’IIM Bangalore. Ho scelto quest’ultima possibilità, cercando una comprensione maggiore della relazione tra scienza e società.

Questa è stata la mia risposta a Specter, inviata in copia all’editore del New Yorker, David Remnick:

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Da: Vandana Shiva

A: Michael Specter

Soggetto: Alcune domande che avrei voluto porre di persona

Data: Mercoledì 18 Giugno 2014  8:37 pm

Egregio Sig. Specter,

Come menzionato nella mail precedente, citata sotto, avevo l’impressione che il suo articolo dovesse parlare della ‘globalizzazione e del futuro del cibo’. Le sue domande, d’altronde, sembrano essere più interessate alle mie qualifiche accademiche di quarant’anni fa piuttosto che alla stesura di una genuina  inchiesta giornalistica riguardante la globalizzazione e il suo effetto sui poveri del mondo. Qui può trovare un link alla mia biografia, che include le mie qualifiche accademiche insieme a una lista di libri e altre pubblicazioni che trattano in modo chiaro, e referenziato, i temi di suo interesse. Se ha difficoltà a trovare il libro corretto, su Google si possono trovare i riassunti rilevanti.

Cordiali saluti,

Dr. Shiva

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Da: Michael Specter

A: Vandana Shiva

Soggetto: Articolo sul New Yorker sulla globalizzazione e Vandana Shiva

Data: 13 Marzo 2014  2:39 am IST

Gentile Dott. Shiva,

Sono un cronista per The New Yorker e mi occupo principalmente dell’ambiente. Mi sto preparando per scrivere un lungo articolo, durante i prossimi due mesi, che parlerà del futuro del cibo – e su come la globalizzazione abbia influenzato i paesi in via di sviluppo (principalmente per quanto concerne l’agricoltura e il cibo, ma anche in termini generali). Mi piacerebbe concentrare i miei sforzi su di lei e sul lavoro che svolge – che significa che anche lei dovrebbe perdere un po’ di tempo per me. La mia speranza è che io possa recarmi in India fra circa due settimane e di rimanerci per una settimana o dieci giorni. Potrei vederla e parlarle in questa occasione (e col suo permesso seguirla nei suoi spostamenti.) In realtà, se lei dovesse mai spostarsi fuori Delhi, questo renderebbe più utile il mio viaggio (ma di questo possiamo parlare prossimamente). Sono convinto che lei già conosce un poco il New Yorker; una cosa che posso prometterle è che potremmo dare molta visibilità alle sue idee, molto di più di quello che qualunque altra pubblicazione le abbia dato. Abbiamo circa un milione di abbonati, e i nostri articoli, inoltre, fanno il giro su internet. Non voglio dilungarmi. Avere la sua opinione sugli eventi sopracitati nel campo dell’agricoltura (e non solamente in India; mi interessa il mondo intero, in particolare l’Africa) sarebbe una cosa meravigliosa.

Cordiali saluti,

Michael Specter

Cronista

The New Yorker

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Dev’essere stata la mancanza di tempo a impedire a Specter di menzionare l’Africa nel suo articolo, anche se ne aveva l’intenzione, specialmente in vista del fatto che una considerevole quantità dei poveri del mondo stanno in Africa e che anche loro devono mangiare. Ma forse e’ il caso che non sia stato necessario parlare dell’Africa probabilmente perché l’Industria Bio-Tecnologica è contenta del progresso che sta facendo nella distribuzione di cotone e banane OGM in questo continente. Mentre scrivo, negli Stati Uniti si stanno svolgendo prove cliniche umane, della durata di sei settimane, sulle banane bio-fortificate. Di che cosa si tratta? Sono banane nelle quali è stato aggiunto un gene che si trova in un’altra varietà di banane che contiene elevate quantità di Beta-Carotene. Se l’intento vero fosse stato di alleviare la deficienza di Vitamina A sarebbe stato semplice fornire la banana ricca di Beta-Carotene, ma la legge del guadagno detta altrimenti. Specter mi indica come Brahmina, poco correttamente, una calunnia deliberatamente ‘pro-casta’ che insinua, falsamente, un élitismo. ‘Shiva’ non è un nome della casta dei Brahmini. I miei genitori, coerentemente col loro coinvolgimento col Movimento per l’Indipendenza dell’India che includeva anche la lotta contro il Sistema delle Caste, scelsero un nome senza connotazioni di casta. Ma questi fatti sono scomodi per la storia che Specter ci vuole raccontare. Il dono di Specter per le mezze verità si mette in tutta evidenza quando dice che:

“L’anno scorso Shiva ci ha detto che il costo dei semi di Cotone-Bt era aumentato dell’8.000% in India dal 2002. Di fatto, invece, il prezzo di questi semi modificati, regolato dal governo, continua a scendere.” “Il prezzo dei semi del Cotone-Bt in India era aumentato dell’8000% dal 2002” è un’ affermazione falsa. Io non l’ho mai pronunciata. Dopo l’approvazione del Cotone-Bt nel 2002, il costo di questo seme è aumentato in maniera esponenziale se confrontato col prezzo del seme di cotone prima che la Monsanto entrasse nel mercato nel 1998. La cifra percentuale è stata usata riferendomi a questo aumento. Ho usato una cifra conservativa quando ho detto “8000%” e non essendo abituata all’iperbole non ho massimizzato la cifra per aumentarne l’effetto. Sono grata a Specter per avermelo fatto notare; ora rifarò il calcolo. La Monsanto si è inserita nel mercato indiano nel 1998, in maniera illegale. Noi l’abbiamo portata in tribunale il 6 gennaio 1999. Prima dell’entrata della Monsanto nel mercato, il seme locale costava agli agricoltori tra 5 e 10 Rs per chilo. Dopo l’arrivo sul mercato del Cotone Bt la Monsanto ha cominciato a rafforzare il suo monopolio attraverso (i) il sistema del ‘Seed Replacement’, ossia dove la Monsanto regalava agli agricoltori i propri semi, reclamando la superiorità del loro ‘prodotto’, in cambio dei loro semi,  e (ii) degli ‘Accordi di Licenza’ con le 60 aziende che fornivano i semi al mercato Indiano in quel momento.  La Monsanto si è assicurata il monopolio dei semi del cotone in India, e così ha potuto dare il prezzo di Rs 1,600 per 450 grammi di semi (Rs 3555.55 per kg, di cui la componente delle Royalties era di Rs 1,200). Rs 3555.55 è circa 711 volte Rs 5, il prezzo pre-Bt. La percentuale di aumento corretta sarebbe del 71,111%. E’ questo drammatico aumento dei prezzi che cito in continuazione. La riduzione dei prezzi citata da Specter è avvenuta perché lo stato dell’ Andra Pradesh ed io, insieme, abbiamo portato la questione davanti alla Commissione contro i Monopoli e contro le Pratiche del Commercio Restrittivo (la corte Anti-Trust dell’India) e conseguentemente alla Monsanto è stato ordinato, dalla corte MRTP e dal Governo dell’ Andra Pradesh, di ridurre il prezzo del suo seme. La Monsanto non ha ridotto i prezzi per volontà sua, e nemmeno è stata ‘La Mano Invisibile’.  Specter cita la clausola dei Diritti degli Agricoltori della legge Indiana, proveniente dall’ Atto per i Diritti degli Agricoltori e per la Protezione delle Varietà Vegetali, deliberatamente scambiando una clausola con un atto,  ingannando chiunque volesse fare un po’ di ricerca in proprio, cosa che molti dei lettori del New Yorker fanno. “Shiva asserisce che i brevetti della Monsanto impediscono ai poveri di raccogliere e custodire i semi. Questo non è il caso dell’India. L’Atto dei Diritti degli Agricoltori del 2001 garantisce ad ogni persona il diritto di “conservare, usare, seminare, riseminare, scambiare, condividere o vendere” i propri semi. La maggior parte degli agricoltori, comunque, anche quelli che possiedono campi minuscoli, scelgono liberamente di comperare semi ‘freschi, appena riprodotti’ ogni anno, che siano OGM o no, per la semplice ragione che danno raccolti migliori e maggiori profitti.” Invece, affermo con forza che i brevetti della Monsanto impediscono alla gente povera di raccogliere e custodire i semi. Impediscono a chiunque non sia ‘Monsanto’ di raccogliere e custodire i semi, pure ai ricercatori e agli allevatori.   Questa è una verità in molte parti del mondo. Specter ci fa credere che gli agricoltori indiani siano protetti, e che siano sempre stati protetti, meramente menzionando “l’Atto sui Diritti degli Agricoltori del 2001”. Il caso ha voluto che io sia stata membro del gruppo di esperti incaricati dal Ministero dell’Agricoltura proprio per la stesura di quell’Atto. Abbiamo lavorato molto per la realizzazione di questo Atto e vado fiera del fatto che l’India abbia incorporato nelle sue leggi i Diritti degli Agricoltori. Ma gli agricoltori non sono pienamente protetti poiché la Monsanto ha trovato degli espedienti molto furbi per aggirare le leggi, tra i quali il fatto che esige le Royalties, cambiando il nome in ‘Tassa sulla Tecnologia’. Su questa questione pendono ancora diversi giudizi nei tribunali Indiani. Questa parte dell’articolo di Specter è studiata deliberatamente per rompere le connessioni oramai stabilite tra gli OGM, i Brevetti sui Semi e i Diritti di Proprietà Intellettuale (DPI) e di ingannare i suoi lettori, facendo eco al tentativo della Monsanto di nascondere le implicazioni catastrofiche del   monopolio e del fallimento del Cotone-Bt in India, proprio mentre sta tentando di conquistare i nuovi mercati Africani, proclamando a gran voce i successi ottenuti in India. Gli agricoltori Indiani non hanno scelto se comperare semi OGM oppure semi di varietà ibride. Per scegliere bisogna avere un’alternativa. La Monsanto ha sistematicamente eliminato tutte le scelte a disposizione del coltivatore di cotone. Il controllo che la Monsanto esercita sulle alternative, mais, soia e canola, è quasi altrettanto forte quanto quello sul cotone. Ogni anno, la Monsanto incassa 10 miliardi di dollari in Royalties dagli agricoltori Americani. In Brasile, gli agricoltori hanno fatto causa alla Monsanto per 2,2 miliardi di dollari perché aveva preteso le Royalties sui semi raccolti e custoditi all’interno delle aziende agricole. Il mercato dei semi non è più governato dalle forze del mercato tradizionale. Manca del tutto il fattore della scelta. Un agricoltore può scegliere solamente se ha delle opzioni. Nell’evidenza sottoposta al Comitato Permanente sull’Agricoltura, il rappresentante della Monsanto ha ammesso che una buona metà del prezzo dei semi Monsanto consiste nelle Royalties. Il mio lavoro, e il lavoro di molti movimenti Indiani, ha impedito alla Monsanto di detenere brevetti sulle risorse viventi e sui processi biologici. L’Articolo 3(J) della nostra clausola riguardante i brevetti è stato usato dall’Ufficio Brevetti Indiano per respingere la richiesta della Monsanto per un brevetto generico sui semi resistenti ai cambiamenti climatici. In altri paesi che non condividono la nostra storia, la Monsanto usa questi brevetti per fare causa agli agricoltori, per esempio a Percy Schmeiser in Canada (per la cifra di $ 200,000) ed altri 1500 agricoltori negli Stati Uniti. Nel caso Monsanto contro Bowman, la Monsanto ha fatto causa ad un agricoltore che non aveva nemmeno acquistato il loro seme. Se Specter realmente mi avesse ascoltata, avrebbe compreso quello che davvero dicevo a proposito dei monopoli del seme, anche se era in antitesi con ciò che il suo racconto cercava di sostenere. Sono sicura che, negli ultimi otto mesi che ha dedicato alla sua ricerca, si sarebbe imbattuto in questi esempi di oppressione. Se Specter fosse davvero andato in Maharashtra (sono sicura che l’ufficio Monsanto gli avrebbe potuto indicare la strada con molta precisione) avrebbe saputo dalle sue fonti di fiducia che vi è un declino nella coltivazione di Cotone-Bt a favore della coltivazione della Soia, a causa del fallimento delle colture Bt. Sarebbe venuto alla conoscenza di Datta Chauhan del villaggio di Bhamb che ha ingerito veleno il 5 novembre 2013, perchè le sue coltivazioni di Cotone-Bt non sono sopravvissute alle forti piogge nel luglio di quell’anno. Avrebbe, inoltre, sentito parlare di Shankar Raut e di Tatyaji Varlu, ambedue del villaggio di Varud, ambedue suicidi a causa del fallimento delle loro coltivazioni di Cotone-Bt; Tatyaji Varlu non ha potuto rendere le Rs 50,000, avute in credito, per pagare il seme. Come se non bastasse, avrebbe potuto parlare con la famiglia di sette persone, del villaggio di Chikni, rimaste dopo la morte di Ganesh, suicida a causa della ripetuta non riuscita del suo Cotone-Bt. A Ganesh non rimaneva altra scelta se non comperare altro Cotone-Bt e ritentare la fortuna molte volte, visto che l’unico seme disponibile sul mercato era proprio il Cotone-Bt, molto abilmente commercializzato sotto vari marchi distinti, tramite gli Accordi di Licenza che la Monsanto detiene con varie aziende Indiane. Imballaggi diversi e promesse infinite, ma il contenuto di ciascuno di quei pacchetti è sempre lo stesso; è tutto Bt ed è quindi sensibile a troppa, o troppo poca acqua, necessita di fertilizzanti e teme gli insetti infestanti e altri flagelli se non trattato con i pesticidi; tutti costi addizionali. L’agricoltore, proprietario del campo troppo piccolo per essere preso in considerazione da Specter, non sceglie il Cotone-Bt liberamente; la sua scelta è dettata dal sistema di monopolio sostenuta da Specter. Specter e i sostenitori della Bio-Tecnologia stanno ingrandendo e facendo gran-cassa sulla rete del mio “confondere una correlazione con una causa”. Permettetemi di spiegare la causa a queste persone scientifiche e razionali sperando di aiutarli a tirar fuori le loro teste dalla sabbia. Dal momento che sono state distrutte le fonti alternative del seme, come ho già spiegato, è stato sancito un monopolio. Inizialmente, per allettare gli agricoltori, sono state fatte delle promesse di maggiori raccolti e minor uso di pesticidi. In regime di monopolio, la Monsanto ha aumentato i prezzi dei semi, visto che non doveva più preoccuparsi di essere competitiva sul mercato. In India, gli agenti che vendono i semi Monsanto vendono anche  i pesticidi e i fertilizzanti, a credito. Un qualsiasi agricoltore di Cotone-Bt inizia la stagione di coltivazione con un debito, completando poi il ciclo con la vendita del raccolto, dopo aver applicato diverse volte sia fertilizzanti che pesticidi, sempre acquistati a credito. A seguito della sempre maggiore inutilità della tossina Bt, la coltivazione veniva attaccata da nuove infestazioni con conseguente declino del raccolto, e, tentando di porvi rimedio, nuovamente venivano impiegati fertilizzanti e irrorati con pesticidi, comperati ed utilizzati dagli agricoltori nella speranza di un miglior raccolto, ma a scapito della salute del suolo. Il suolo degradato a sua volta ha portato a raccolti minori con conseguenti perdite pecuniarie per gli agricoltori. Molti di loro piantavano semi di altre marche, non sapendo che si trattasse dello stesso identico seme della Monsanto, ignari del fatto che era impossibile che crescesse meglio e che comunque avrebbe avuto bisogno di maggiori quantità di fertilizzanti e pesticidi di prima. In questo modo si sono trovati sempre più affossati dai debiti. Questo ciclo, fatto di semi ad altissimo costo e crescenti fabbisogni chimici, costituisce la trappola del debito dalla quale gli agricoltori non vedono una via d’uscita, ed è la causa che spinge gli agricoltori della zona di produzione del cotone al suicidio. Vi è una causa per ogni suicidio tra gli agricoltori. Essi non arrivano al suicidio per correlazione. La causa è una sistema di monopolio ad alto costo senza alternative. Se si trattasse di qualunque altro prodotto, la Monsanto dovrebbe rispondere davanti alla legge per pubblicità ingannevole oltre che per i reclami di indennizzo per quanto riguarda il Cotone-Bt. Specter promuove un sistema agricolo che è fallimentare rispetto alle promesse date di maggiori raccolti e minori costi, e per di più genera lo sfruttamento. Specter non solo appoggia un sistema che lascia gli agricoltori senza alternative, ma promuove il forzato nutrimento dei consumatori, incluse le vittime di disastri vari, con gli alimenti di origine OGM. Scrive: “Nel 1999 diecimila persone sono morte e milioni sono rimaste senza un tetto a seguito del passaggio di un ciclone abbattutosi sulle coste orientali dello stato Indiano di Orissa. Nel momento che gli USA hanno spedito grano e soia, tentando di aiutare a sfamare le vittime disperate, Shiva ha tenuto una conferenza stampa a Delhi affermando che la donazione era la prova che “gli Stati Uniti stavano usando le vittime di Orissa come cavie” per i prodotti OGM. Inoltre ha scritto all’agenzia di soccorso internazionale Oxfam per dire che sperava che non programmasse di inviare cibi OGM per alimentare i sopravvissuti affamati. Quando né gli Stati Uniti né Oxfam hanno modificato i loro programmi, ha condannato il governo Indiano per aver accettato le provviste”. Specter non è ben informato sul ciclone in Orissa, o forse ha copiato queste informazioni da un altro articolo dove venivo accusata di affamare le vittime del disastro. Gli aiuti degli Stati Uniti erano una miscela di mais e soia, non grano. L’agenzia distributrice era C.A.R.E., non Oxfam. Dopo il ciclone del 1999, che devastò la costa orientale dell’India, Navdanya è stata coinvolta nella riabilitazione delle vittime sul posto in Orissa e tuttora continua ad essere coinvolta in queste operazioni ogni volta che ci sono stati cicloni in quella regione. La spedizione menzionata da Specter, sotto guisa umanitaria, era un tentativo di aggirare il divieto Indiano di importazione degli OGM. Gli agricoltori che hanno ricevuto questa partita viziata l’hanno pronunciata immangiabile. Una miscela indefinibile di mais e soia non è un cibo adatto a una popolazione abituata a mangiare il riso. A seguito di test eseguiti da noi, abbiamo trovato che era un miscuglio di mais e soia geneticamente modificati. I risultati sono stati spediti al Ministero della Salute e il Governo stesso ha ordinato la cessazione immediata dell’importazione illegale degli OGM. Il riso ibrido disponibile sul mercato non era in grado di crescere nella terra salina creata dal ciclone. Navdanya ha messo a disposizione di questi agricoltori delle varietà di riso adatte alle condizioni saline, permettendogli di ricostruire le loro vite e di procurarsi da soli del cibo. Gli agricoltori di Orissa, più tardi, hanno condiviso i loro semi, adatti alle condizioni saline, con le vittime dello Tsunami che ha colpito il Tamil Nadu nel 2004. La Monsanto, attraverso la sua influenza negli ambiti del USAID, ha usato ogni disastro, naturale o di origine climatico, per immettere forzatamente i semi OGM nelle comunità devastate, compreso Haiti, dove, dopo il terremoto, gli agricoltori locali hanno organizzato delle proteste contro questa imposizione. Inoltre, la Monsanto, che detiene migliaia di brevetti per la capacità di ripresa in situazioni di variabilità climatica di semi tradizionali, ha acquistato corporazioni che si occupano di studi climatici per meglio sfruttare la vulnerabilità delle popolazioni nel futuro. Sotto nessun punto di vista questo si può descrivere come un comportamento filantropico. Specter appoggia, inoltre, gli attacchi dell’ Industria della Bio-Tecnologia rivolti ai Governi che varano leggi che esigono etichettature chiare riguardo agli OGM negli Stati Uniti. Contemporaneamente, a seguito del suo articolo sul New Yorker, Michael Specter ha appena scritto un altro articolo che mette in discussione le leggi sulle etichette OGM in America. L’ Industria della Bio-Tecnologia sta facendo causa allo stato del Vermont per le sue leggi  sulle etichettature OGM. La causa è basata sul fatto che le etichette apposte sui loro prodotti andrebbero a ledere i diritti della Monsanto, derivanti dal Primo Emendamento. I due articoli di Specter si sorreggono vicendevolmente. Una domanda che sorge spontaneamente è se Specter si sia preposto di fare davvero un pezzo su di me, oppure se questo pezzo fosse in realtà un tentativo, calcolato, di attaccare il movimento anti-OGM che è tanto in voga negli Stati Uniti. Entrambi gli articoli sono usciti nel momento preciso per meglio confondere i consumatori Americani sulla legislazione nel loro paese, propinando falsità sulla situazione in India.

“Dal 1996, quando per la prima volta sono state piantate le colture OGM, fino all’anno scorso, l’area totale ricoperta da queste coltivazioni è aumentata di cento volte – da 1.7 milioni di ettari a 170 milioni di ettari. Quasi la metà della soia sulla terra, e un terzo del mais, sono prodotti della biotecnologia. Il cotone modificato per allontanare il terribile Verme Rosa del Cotone  (da controllare) domina il mercato Indiano, come succede in quasi tutte le zone dove è stato introdotto.” Essendo l’unico tipo di seme sul mercato per via del monopolio, ovviamente e’ dominio. La sua efficacia non è, però, la ragione per cui il seme di Cotone-Bt domina i mercati.  L’uso del Cotone-Bt ha portato alla resistenza al Bt da parte del Verme Rosa (Bollworm) oltre al sorgere di altre infestazioni che non avevano mai prima attaccato il cotone, costringendo all’uso sempre maggiore di pesticidi, con conseguenti perdite di raccolto. Specter cita la superficie coltivata, ma omette di dirci che negli Stati Uniti, il mais e la soia ‘Round-Up Ready’ (ossia resistenti all’erbicida Round-Up) sono flagellati dalle nuove piante super-infestanti.  Le uniche nuove ‘tecnologie’ propagandate dall’Industria Bio-Tecnologica sono i Bt e gli Ht (Herbicide Tolerant – resistente agli erbicidi). Ambedue queste ‘tecnologie’ non sono state all’altezza delle promesse – il controllo degl’insetti e delle erbe infestanti.  Questo perché è stata sbagliata la scienza di base, la scienza ecologica che ci permette di comprendere gli infestanti, le erbacce, e l’evolvere della loro  capacità di resistenza. L’India che ammalia Specter è sempre l’India di Kipling e del Libro della Giungla, vecchio di ben oltre un secolo. Lui, usando immagini di elefanti e di popoli nativi, riesce a evocare un immagine ideale delle culture orientali che risuona col punto di vista occidentale, una visione davvero romantica. “La maggior parte degli agricoltori locali si reca al mercato su un carro trainato da buoi. Alcuni vanno a piedi, altri in macchina. La settimana precedente, un ispettore agricolo locale mi aveva detto di aver visto un coltivatore di cotone locale su un elefante, e che lo ha salutato con la mano. L’uomo, tuttavia, non ha ricambiato; stava parlando al cellulare.” Il racconto, in terza persona, del contadino sul suo elefante ci offre un immagine molto bella. Ma con questo, quale obbiettivo sta cercando di raggiungere Specter? Ci sono delle contraddizioni sottintese, un’idea che certi punti fermi dello ‘sviluppo’, ad esempio i cellulari, simboli della modernità, non trovano posto inquadrati assieme ad un elefante. Se solo Specter si guardasse attorno, ascoltasse e capisse, avrebbe notato che il cellulare è diventato una necessità di vita del 21esimo secolo, perfino in India. Peraltro, in India ci sono più clienti della telefonia mobile che negli Stati Uniti. Abbiamo anche gli elefanti e le due cose esistono insieme. Un elefante costa, a comperarlo e poi a mantenerlo, più di un automobile medio-piccola, specialmente in una zona semi-arida come Aurangabad. Quando si evocano immagini di un’India bucolica e arretrata si rivelano pregiudizi etnografici che bene si inseriscono nella strategia maliziosa di far credere di ‘aiutare’ il paese, quando nel frattempo si estraggono capitali e risorse naturali, come colonizzatori, dalle colonie. In molti modi, oltre a quelli ovvi, Specter assomiglia a Angrez Sahib (Sahib Inglese) quando descrive i ‘nativi’ nel 1943, quando nota “la pelle, del colore di melassa bruciata e della consistenza di una sella vecchia e lisa”. Si può solo sperare che riesca a superare il suo disdegno delle popolazioni non-bianche e non-industriali, degli agricoltori in generale, perché sembra che li percepisca come inferiori e incapaci di nutrire sé stessi e le loro crescenti popolazioni; questo a dispetto del fatto che la FAO riferisce che il 70% del cibo del mondo proviene da aziende agricole di piccole dimensioni. Mette in luce questa tipo di pensiero ristretto che viene ostentato come raziocinio, nel vano tentativo di giustificare l’imposizione degli OGM per poi creare nuove fonti di Royalties. Un sistema di produzione del cibo che rappresenta solo il 30% del cibo che viene consumato, non può essere presentato come la soluzione al problema della fame. Specter tenta di distrarci dall’elefante che nessuno vuole nominare (che guarda caso porta un contadino sulla schiena, senza cellulare ma carico di debiti pesantissimi) descrivendo temperature intorno ai 40°C e strade polverose. Come può una visita lampo, con racconti di seconda mano provenienti da un solo villaggio, costituire lo “studio scientifico” della situazione  dei 3.500.000 ettari coltivati a cotone dello Stato del Maharashtra? Io frequento Vidarbha in Maharashtra dal 1982, anno in cui lanciai Samvardhan, il movimento biologico nazionale, dall’ashram di Gandhi a Seva Gram. Ho visto, in prima persona, una regione fiera, di gente operosa di grandissima capacità produttiva, che coltiva numerose colture di diverso genere, ridotti all’insolvenza ed alla disperazione totale. Inoltre, Navdanya è presente da due decadi in questa regione devastata, lavorando per creare speranza e alternative per gli agricoltori e per le vedove di coloro che sono stati portati al suicidio. La crisi di cui oggi siamo testimoni è del tutto simile alla crisi creata dal colonialismo. Specter menziona la ‘Grande Carestia del Bengala’ ma dà solo informazioni parziali. “Solamente nel 1943, durante gli ultimi anni del Raj Britannico, sono morti di fame oltre due milioni di persone durante la Carestia del Bengala. Quando ci siamo liberati dai colonizzatori il paese era allo stremo. Così mi disse, recentemente, Suman Sahai.” La Carestia del Bengala ebbe le sue cause scatenanti nella guerra in atto oltre che nella tassazione degli Inglesi, che prendevano il 50% del raccolto da ogni agricoltore. Questo tipo di tassazione, nell’India di oggigiorno, si è tramutato in Royalties, specie dove si tratta di cotone. Prima ancora che il semino sia stato piantato, sono già stati strappati dei denari dall’azienda agricola e poi inviati a St. Louis, sede della Monsanto. Non è così difficile trovare le similarità fra i monopoli del seme e il colonialismo. La vera ragione della Carestia del Bengala era la speculazione – come ci evidenzia il vasto lavoro di Amartya Sen – che innalzò a tal punto il prezzo del cibo, che la maggior parte delle persone non lo potevano più comperare. Era soprattutto una carestia di origine umana. L’identico sistema speculativo che creò le carestie, come quello del 1943, esiste tutt’oggi. Adesso è più organizzato, più letale e a capo c’è Wall Street. La grande agro-industria, armata dal potere del monopolio quasi totale, maggiora ulteriormente i prezzi oltre all’ incremento determinato dai mercati. Benché Specter scriva che l’India sta diventando una nazione esportatrice, nasconde il fatto che come risultato del ‘Free Trade’ ( libero commercio), è recentemente diventata pesantemente dipendente dalle importazioni di semi oleosi e di legumi secchi – dieta base per milioni di Indiani. Negli anni ’90, a causa del acccordo NAFTA (accordo Nord Americano per il libero commercio), il prezzo delle tortillas si impennò a Città del Messico, mentre il prezzo del mais, venduto dagli agricoltori Messicani, scese. ‘Free trade’/libero commercio non significa mercato-libero, e troppo spesso significa che i poveri restano affamati mentre aumentano, soprattutto in agricoltura, i profitti delle corporazioni. La speculazione finanziaria internazionale ha svolto un ruolo importante nell’aumento del prezzo del cibo a partire dall’estate del 2007. Specter cita varie volte, nel suo articolo, dati riguardanti le importazioni e le esportazioni. La maggior parte di questi scambi sono imposti dagli Accordi di Scambio scritti proprio dalle corporazioni stesse. A causa del collasso finanziario in America gli speculatori si sono allontanati dai prodotti finanziari per avvicinarsi alla terra e al cibo, fatto che spiega l’aumento della speculazione sul cibo nonché la corsa per appropriarsi delle terre. Questo, a sua volta, ha un effetto diretto sui prezzi nei mercati domestici. Molti paesi diventano sempre più dipendenti dai cibi importati. Gli speculatori scommettono sulle scarsità create artificialmente, anche se nel frattempo i livelli di produttività rimangono alti. Basandosi su queste previsioni i Giganti dell’Agricoltura manipolano i mercati. I commercianti trattengono le scorte per stimolare l’aumento dei prezzi, generando in un secondo tempo profitti enormi. In Indonesia, nel bel mezzo dell’aumento del prezzo della soia nel gennaio 2008, l’azienda PT Cargill Indonesia tratteneva nei suoi silos di Surabaya, 13.000 tonnellate di soia in attesa che i prezzi raggiungessero livelli da record. Questo gonfiare artificialmente i prezzi è il risultato dei profitti che si possono fare con la speculazione finanziaria, e genera la fame quando, in realtà, vi è sufficiente cibo per sfamare ogni persona sul pianeta. Frederick Kaufman, nel suo articolo su Harpers Magazine intitolato “Come Wall Street è riuscito ad affamare milioni di persone e farla franca” scrive che “il grano immaginario, comperato in qualunque luogo, ha un effetto sul grano vero comperato ovunque.” Specter avrebbe fatto bene per se stesso oltre che per il New Yorker se avesse fatto un po’ più di ricerca prima di narrare le storielle del suo viaggio in India. La sua gita durata un giorno, dove ha parlato con un solo agricoltore e con un ispettore anonimo difficilmente fa parte di un ragionamento scientifico. Il suo pezzo trasuda falsità. Racconta di aver conosciuto coltivatori di cotone vicino ad Aurangabad in: “tarda primavera, quando la maggior parte del raccolto era stato ritirato”. Per la cronaca, nello Stato del Maharashtra, il cotone è una coltivazione Kharif, seminato in giugno o luglio secondo il monsone, e raccolto tra i mesi di novembre e febbraio. E’ piuttosto improbabile che gli agricoltori avrebbero aspettato l’arrivo del Signor Michael Specter a maggio perché lui potesse partecipare alla fine del raccolto. Ugualmente curioso è il fatto che Specter abbia scelto di non visitare la regione del Vidarbha, sede della maggior quantità di suicidi correlati al Cotone-Bt. Noi lavoriamo assieme agli agricoltori ed alle vedove del Vidarbha, aiutandoli a ricostruire le loro vite e donandogli un po’ di speranza. Quelli che hanno scampato la trappola del debito creata dal Cotone-Bt e le sue necessità secondarie di fertilizzanti chimici e pesticidi, lo hanno fatto grazie all’uso di semi resi disponibili dall’agricoltura biologica e dalle banche del seme organizzate da Navdanya. Attraverso la disponibilità di questi semi, e i soldi risparmiati non dovendo più acquistare pesticidi e fertilizzanti, il guadagno netto di questi coltivatori è aumentato. Nilesh, un coltivatore di Cotone-Bt del villaggio di Chikni nel distretto di Yavatmal, per un acro (0,4 ettari) di terra, nel 2013-2014 ha speso Rs 1,860 per i semi, Rs 1,000 per i pesticidi, Rs 1,500 per il fertilizzante, Rs 500 per l’irrigazione. Senza l’aggiunta di altre spese, il totale delle sue spese ammonterebbe a Rs 4,860 per acro. Da questa superficie ha ricavato 1 quintale (100 kg) che ha venduto a Rs 4,600, lasciandolo con una perdita di Rs 260 su un acro. In contrasto, Marotirao Deheka che coltiva in modo biologico nel villaggio di Pimpri, sempre nel distretto di Yavatmal, ha speso Rs 400 per i semi, Rs 750 per l’irrigazione, Rs 3000 per tutte le altre spese, per un totale più modesto di Rs 4,150 per acro. Tuttavia, il suo raccolto di 3 quintali, che ha venduto per Rs 15,000, gli ha procurato un profitto netto di Rs 10,850. Iniziamo a vedere nella lobby pro-OGM il ruolo del “giornalista-divenuto-attivista” o più propriamente “opinionista”. Esaminiamo il caso dell’”attivista” Inglese Mark Lynas, che si proclama attivista anti-OGM diventato pro-OGM. A seguito della sua conversione ha scritto largamente a favore delle coltivazioni OGM. Ma nessuno dentro al movimento anti-OGM del Regno Unito aveva mai sentito parlare di Mark Lynas – fino al suo discorso, molto pubblicizzato, tenuto a Oxford. Come Specter, Lynas è diventato una delle voci più forti, più articolate, in favore del movimento pro-OGM. Ma la domanda rimane – questi giornalisti sono “sponsorizzati” dal movimento pro-OGM? O sono semplicemente scrittori che credono (a dispetto delle informazioni al contrario) che le coltivazioni OGM facciano del bene al mondo? Quale che sia il caso, non si può negare che la lobby pro-OGM sta adottando un approccio molto più sofisticato per la sua macchina propagandistica. Ha convertito una storia di debito, fame e suicidi in voci eloquenti di racconta-storie, di comunicatori e di case mediatiche di tutto rispetto. Può essere che il New Yorker abbia dovuto lealtà ai suoi benefattori? Marion Nestle, una cara amica, e la figlia di Francis Lappe (un altra cara amica) Anna Lappe, hanno ricevuto un invito da Condé Nast per partecipare in un’ operazione per ridare credito all’immagine della Monsanto. Ovviamente hanno rifiutato l’invito. Potete leggere l’articolo recente (7 Agosto, 2014) intitolato: Leggete le mail del divertentissimo scontro Monsanto/Mo Rocca/Condé Nast. Per la cronaca, da quando ho fatto causa alla Monsanto nel 1999, contestando le prove illegali sul Cotone-Bt svolte in India, non solo ho ricevuto minacce di morte, ma i miei siti web hanno subito attacchi da parte degli hackers, che li hanno convertiti in siti porno, ma soprattutto il presidente del consiglio di una scuola per ragazze, fondata da mio nonno, è stato perseguitato. Misure sono state prese per tentare di impedire il lavoro di Navdanya, per esempio tentando di corrompere i miei colleghi per farli lasciare il lavoro – tentativi falliti. Nessuno di questi attacchi sistematici subiti negli ultimi vent’anni, ha impedito che io svolgessi le mie ricerche e il mio attivismo con responsabilità, integrità e compassione. L’attacco concertato alla mia immagine, che ho subito ormai da due anni, da parte di Lynas, Specter e un gruppo molto attivo su Twitter, è uno dei segni che l’indignazione globale contro il controllo sui nostri semi e sul nostro cibo, da parte della Monsanto attraverso gli OGM, sta mandando nel panico l’Industria della Bio-Tecnologia. La distruzione dell’immagine da sempre viene usata come strumento da quelli che non riescono a difendere con successo il loro operato.  Benché pensano che tali calunnie distruggeranno la mia carriera, non sono in grado di capire che di proposito, nel 1982, ho rinunciato alla ‘carriera’ per dedicarmi a una vita di servizio. Lo spirito di servizio, ispirato dalla verità, dalla coscienza e dalla compassione non può essere fermato dalle minacce o dagli attacchi mediatici. Per me, la scienza è sempre stata all’impronta del servizio, non della schiavitù. La mia vita scientifica è dedicata alla creatività e a cercare delle connessioni; certamente non si tratta di pensiero meccanicistico né manipolazione dei fatti».

Fonte: ilcambiamento.it

Per un nuovo modello di agricoltura: Vandana Shiva ad Arcevia

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In un momento in cui l’emergenza OGM diventa sempre più acuta, arriva la presenza di Vandana Shiva per intensificare l’opposizione all’avanzata degli organismi geneticamente modificati e definire un nuovo modello di agricoltura. La fisica e ambientalista indiana sarà infatti presente domenica 8 settembre a Piticchio ed Arcevia (Ancona) per un grande evento di unità del mondo del biologico italiano, contro gli OGM e per un nuovo modello agricolo. L’evento è promosso e organizzato dalla cooperativa agricola biologica La Terra e il Cielo e dell’associazione Navdanya international, l’associazione fondata dalla stessa Vandana Shiva nel 1991. L’8 settembre ad Arcevia, durante l’incontro del mondo agricolo e sociale con Vandana Shiva, con la partecipazione delle due principali organizzazioni sindacali agricole italiane (Coldiretti e CIA) – tramite la loro componente del biologico – e delle due principali associazioni del biologico italiano (AIAB e UPBIO) e di tutte le altre associazioni che saranno presenti (fra cui Navdanya International, co-organizzatrice dell’evento) verrà approvato un importante documento di riferimento per l’agricoltura ecologica del prossimo periodo, la Carta d’Arcevia “Un modello di agricoltura per una nuova società”. La Carta di Arcevia, vuole essere co-redatta unitariamente dal mondo agricolo biologico italiano, con la collaborazione di Vandana Shiva,  che vi porta la sua ampia visione internazionale. Essa è finalizzata a rendere chiara, in modo sintetico, la nuova visione dell’agricoltura, in un contesto di nuova cultura, per una nuova società e una nuova economia, fondate sull’ecologia, sulla giustizia, sulla solidarietà e su uno spirito comunitario, nel rispetto delle differenze.

Fonte: il cambiamento

Sana 2013,Vandana Shiva inaugura il Salone del biologico e del naturale

Si svolge a Bologna, dal 7 al 10 settembre, la venticinquesima edizione del Salone Internazionale del biologico e del naturale. Tutte le informazioni sulla manifestazione

 

 sabato 7 a martedì 10 settembre torna Sana 2013, il Salone Internazionale del biologico e del naturale, la manifestazione di riferimento nel settore dei prodotti bio e naturali che quest’anno compie 25 anni. A tagliare il nastro dell’edizione che festeggia il quarto di secolo sarà Vandana Shiva, la scienziata ed ecologista fondatrice dell’associazione Navdanya e del Centro per la Scienza, la Tecnologia e la Politica delle Risorse Naturali di Dehra Dun (India). Nel suo intervento Semi di libertà, giardini di speranza. L’agricoltura biologica per salvare il mondo si concentrerà, oltre che sul ruolo che va riconosciuto all’agricoltura.

biologica, anche sulla campagna internazionale da lei promossa a tutela della biodiversità dei semi, contro i brevetti delle sementi industriali. All’inaugurazione sarà presente anche Maurizio Martina, sottosegretario alle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con delega all’EXPO 2015 di Milano, mentre ad animare e coordinare l’apertura ci sarà Serena Dandini, la conduttrice televisiva che ha dato alle stampe Dai diamanti non nasce niente. Storie di vita e di giardini.

La manifestazione fieristica – l’unica, in Italia, interamente dedicata al biologico certificato – è in programma al Quartiere Fieristico di Bologna ed è organizzata da BolognaFiere in collaborazione con Federbio, con il patrocinio dei Ministeri delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dell’Ambiente, dello Sviluppo Economico e di Expo 2015 di Milano, e il supporto di Ifoam.

Sana 2013 propone ai visitatori, professionali e non, i prodotti dell’agricoltura biologica, a base di erbe officinali e i cosmetici naturali e biologici.

Sana 2013, i settori e gli eventi

Tre sono i settori merceologici della manifestazione:

1) L’alimentazione: è il settore dedicato esclusivamente alle aziende con produzioni biologiche certificate, la cui verifica delle certificazioni è affidata a una Commissione di controllo esterna, composta dai rappresentanti degli organismi di certificazione.

2) Il benessere: si tratta del settore dedicato alle aziende coon produzioni bio certificate e naturali a base di erbe officinali.

3) Altri prodotti naturali: propone una selezione dei prodotti a basso impatto ambientale da utilizzare in casa p nella vita quotidiano e, anche in questo caso, le certificazioni sono affidate a una commissione interna.

Saranno circa 100 i momenti di incontro dell’edizione 2013, fra convegni, incontri e workshop. Verrà consegnato il terzo Sanaward Benessere che premierà le Erboristerie che abbiano maggiormente investito sull’innovazione e sul servizio al cliente. Nell’area Sana Novità verranno esposti 150 prodotti innovativi, mentre nell’Osservatorio Sana saranno presentati i risultati di ricerche delle quali potranno beneficiare le aziende del settore. Con Sana Academy gli operatori del settore potranno prendere parte a corsi di aggiornamento sui temi di maggiore attualità condotti da esperti italiani ed internazionali.

Sana 2013: dove, quando, biglietti e contatti

Dove: Quartiere Fieristico di Bologna

Ingressi: Ingresso Aldo Moro e Piazza Costituzione

Data: da Sabato 7 a Martedì 10 Settembre 2013

Orari di apertura: Da Sabato 7 a Martedì 10 Settembre 2013 dalle 9:30 alle 18:30

Biglietti: Ingresso gratuito per operatori del settore, previa registrazione. Visitatori € 20,00

Show Office
BolognaFiere S.p.a.
Piazza Costituzione 6 – 40128 Bologna
Tel. 39.051.282111 – Fax. 39.051.6374031
sana@bolognafiere.it

Parcheggi: http://www.bfparking.it

Come arrivare a Bologna Fiere

Dall’aeroporto

L’Aeroporto Internazionale Guglielmo Marconi è direttamente collegato a BolognaFiere con il comodo servizio navetta AEROBUS BLQ. Il servizio è attivo in occasione di tutte le manifestazioni fieristiche (escluso Motorshow) e il prezzo della corsa semplice è di 5 euro. Per ulteriori informazioni consulta il sito: http://www.bologna-airport.it

Dalla stazione Fs

La Stazione Centrale di Bologna si trova a soli 10 minuti da BolognaFiere ed è collegata agli ingressi di Piazza Costituzione e Viale Aldo Moro dalle linee 35, 35/ e 38.

Dall’autostrada

Da Firenze, Milano e Ancona: prendere direttamente l’uscita “BOLOGNA FIERA” sull’autostrada A14. Da Padova: tangenziale uscita 8 per Ingressi Nord, Michelino, Moro e Parcheggio Michelino; tangenziale uscita 7 per Ingresso e Parcheggio Costituzione.

In autobus

Il Quartiere Fieristico di Bologna è raggiungibile ogni giorno con le linee ATC a tariffa urbana 28 – 35 – 35/ – 38 – 39 e durante le manifestazioni fieristiche, con la linea speciale diretta BLQ AEROBUS Aeroporto-Fiera.

Via | Sana 2013

 

Vandana Shiva: “i brevetti sui semi minacciano la libertà”

Sottoporre anche i semi alla logica industriale è un pericolo per l’umanità. È quanto afferma la fisica e ambientalista indiana Vandana Shiva, sostenitrice del “manifesto per il futuro delle sementi” che ha come primo caposaldo la tutela della biodiversità.vandana_shiva2

“Vendete agli amici le sementi del pomodoro giallo salentino, che nessuno coltiva più da due secoli? Ronzate su Internet alla ricerca dell’introvabile seme di pera veneta rinascimentale per abbellire il vostro orto? Ebbene, siete da oggi tutti fuorilegge. Come i pirati che scaricano film coperti da copyright, come i ragazzini che trafficano con i Cd copiati dalla Rete”. Così Debora Billi, all’indomani di una sentenza della Corte Europea che già nel 2012 prevedeva il divieto di vendere sementi non iscritte allo specifico albo certificato dell’Unione Europea, prima ancora che – nel 2013 – venisse formalmente proposto il “riordino” della materia, attraverso l’Agenzia delle Varietà Vegetali Europee, cui anche i piccoli produttori dovrebbero sottoporsi, per poter commercializzare i prodotti del loro orto. Super-burocrazia per scoraggiare le piccole coltivazioni? Di questo passo, avvertono l’inglese Ben Gabel del “Real Seed Catalogue” e lo scrittore Mike Adams, i divieti potrebbero insidiare persino gli orticoltori amatoriali. “Un’altra bella norma liberista che va a favore della libertà di impresa e di libero scambio, ne siamo certi”, ironizzava Debora Billi un anno fa, segnalando i sospetti avanzati da “Net1News”: “Perchè non esiste un registro ufficiale dei bulloni e delle viti? Forse perchè non c’è una Monsanto della minuteria metallica”. Perché mai regolamentare la produzione di ortaggi e vietare il libero commercio dei semi? “Sottomettere le sementi ad una procedura del genere, che esiste ed è giustificata per i medicinali e i pesticidi, ha evidentemente il solo scopo di eliminare alla lunga le varietà di dominio pubblico, e quindi liberamente riproducibili, per lasciare in campo solo quelle brevettabili”. O forse, conclude la Billi, è solo un altro favore alle compagnie sementiere, “le uniche a godere delle norme protezioniste liberiste”, su cui vigila il Wto. “Pensavate che tale libertà fosse, ancora, a vostro vantaggio?”. Attenti: sottoporre anche i semi alla logica industriale è un pericolo per l’umanità. Lo afferma la fisica e ambientalista indiana Vandana Shiva, che a partire dalla storica conferenza mondiale sul clima svoltasi a Nairobi nel 2007 si è spesa per sostenere il “manifesto per il futuro delle sementi”. Primo caposaldo, la biodiversità: è la nostra più grande sicurezza, sostiene il Manifesto.vandana_shiva_8

“La diversificazione è stata la strategia di innovazione agricola più diffusa e di successo negli ultimi 10.000 anni”. Vantaggi evidenti: “Aumenta la scelta tra diverse opzioni e le probabilità di adattarsi con successo ai cambiamenti ambientali ed ai bisogni umani”. Perciò, in contrasto con l’attuale tendenza verso la monocultura e l’erosione genetica, proprio la diversità “deve tornare ad essere la strategia di punta per lo sviluppo futuro delle sementi”. Si tratta di preservare la diversità di semi, di sistemi agricoli, di culture e di innovazioni, ricorda Marco Pagani su “Ecoalfabeta”, analizzando il “manifesto” di Vandana Shiva. Diversità e, naturalmente, libertà dei semi: “Le sementi sono un dono della  natura e delle diverse culture, non un’invenzione industriale. Trasferire questa antica eredità di generazione in generazione è un dovere ed una responsabilità. Le sementi sono una risorsa di proprietà comune, da condividere per il benessere di tutti e da conservare per il benessere delle generazioni future e per questo non possono essere privatizzate o brevettate”, checché ne pensino il Wto e l’Unione Europea. In gioco, sottolinea Pagani, è quindi “la libertà dei contadini di conservare le sementi, di scambiarle e commerciarle, di sviluppare nuove  varietà e di difendersi dalla privatizzazione, dalla biopirateria e dalle contaminazioni genetiche degli Ogm”. Servono semi per il futuro, liberi da vincoli, per dare cibo alle comunità locali. Agricoltura pulita, riduzione dei gas serra: “Le sementi non devono richiedere input energetici esterni (attraverso i fertilizzanti, i pesticidi e il combustibile) oltre lo stretto necessario”. E niente veleni: “Eliminazione di agenti chimici tossici nello sviluppo delle sementi”. Il che significa salute, oltre che qualità del cibo, cioè sapore e valore nutrizionale. Vandana Shiva riconosce il protagonismo femminile nell’agricoltura libera: “Le donne rappresentano la maggioranza della forza lavoro agricola e sono le tradizionali custodi della sicurezza, diversità e qualità dei semi: il loro ruolo centrale nella protezione della biodiversità deve essere sostenuto”. Insomma, le sementi non sono una faccenda tecnica per esperti agronomi, ma devono interessare tutti, perché ne va del futuro della nostra sovranità alimentare. “Democratizzare l’uso delle sementi – conclude Pagani – è uno dei pilastri per la difesa futura della democrazia sulla terra”. Contro le lobby che dettano legge, imponendo sempre nuove dipendenze, fino a far ‘privatizzare’, con tanto di brevetto, anche i semi di pomodoro.

Fonte:Articolo tratto da LIBRE

 

Vandana Shiva: “i piccoli siano custodi dei semi”

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“Ai bambini chiediamo di salvare il Pianeta e la biodiversità. Siano i piccoli custodi dei nostri semi”. Queste le parole di Vandana Shiva, considerata la più autorevole teorica dell’ecologia sociale, che alla mostra-convegno Terra Futura, presso la Fortezza da Basso a Firenze, ha presentato, sul tema dell’agricoltura sostenibile, il progetto ‘La legge del seme’. Lo scopo è quello di difendere il diritto alla biodiversità, per interrompere le manipolazioni tese a modificare geneticamente i prodotti naturali, con ricadute sulla libertà e capacità di reddito degli agricoltori e sulla tutela del patrimonio genetico naturale della varietà degli organismi. È un progetto importante che coinvolge anche i più piccoli, perché, spiega Shiva, “se il seme è il futuro, anche i bambini lo sono”. In questo periodo “di chiusura, ai bambini chiediamo di salvare il Pianeta e la biodiversità”, ribadisce la scienziata indiana premio Nobel per la pace nel 1993. “Dobbiamo lavorare con il cuore, con la mente e il corpo e cercare di potenziare le risorse che stiamo distruggendo”, sottolinea Shiva. La legge sui semi, quindi, rappresenta la “speranza per il futuro” e la speranza c’è “fino a che lotteremo contro le multinazionali che stanno opprimendo il mondo- conclude Shiva- uccidono la natura e i piccoli agricoltori, come abbiamo visto gli ogm non hanno sfamato il mondo”. Dopo il convegno Vandana Shiva, assieme ad una madrina d’eccezione, la conduttrice televisiva Serena Dandini, ha accompagnato i bambini ad un piccolo orto dove ha chiesto loro di prendere una piantina: “Promettetemi di proteggere le piante e una volta cresciute condividetele con gli altri”, solo così “si salverà il Pianeta”.

Fonte: Articolo tratto da Dire

Vandana Shiva firma la Carta Universale dei Diritti della Terra Coltivata

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Dignità, Integrità, Naturalità e Fertilità: sono questi i principi fondamentali sanciti dalla Carta Universale dei Diritti della Terra Coltivata. Il documento, presentato a Milano all’interno della prima edizione dell’European Socialing Forum, è stato firmato da Vandana Shiva, nota ambientalista indiana, studiosa di fisica e Presidente dell’International Forum on Globalization. “Ho avuto modo di leggere e apprezzare la Carta. Per anni gli uomini – ha spiegato Vandana Shiva – hanno vissuto nell’illusione di essere gli unici padroni della terra. Illusione che non può durare. Attualmente stiamo vivendo una “apartheid” moderna in cui l’uomo si sta separando dalla terra. È importante quindi poter fissare in un documento i principi fondamentali per la salvaguardia del Pianeta.” “In particolare – ha continuato Vandana Shiva – dei quattro principi sanciti dalla Carta, la Fertilità è quello fondamentale, in quanto connesso alla felicità delle persone e alla base della vita stessa. È importante pertanto salvaguardare la fertilità naturale, e non quella ottenuta tramite sistemi chimici o fertilizzanti. Ritengo che Expo 2015 sia un ottimo punto di partenza e una grande occasione per portare all’attenzione progetti interessanti come la Carta Universale dei Diritti della Terra Coltivata, un’opportunità imperdibile per cominciare un percorso virtuoso per la Terra.” “La Carta Universale dei Diritti della Terra Coltivata è una delle proposte dell’European Socialing Forum per Expo 2015”, spiegano Andrea Farinet e Giancarlo Roversi, che hanno curato la stesura dell’opera. “Il documento si ricollega idealmente sia alla Carta Universale dei Diritti dell’Uomo sia alla Carta della Terra, ed è frutto di un lungo lavoro di ricerca e di riflessione durato due anni su come tutelare meglio la realtà agricola italiana ed internazionale. Il documento, firmato da Vandana Shiva, sarà sottoposto all’approvazione delle più grandi associazioni agricole, ambientaliste e naturaliste internazionali. Potrà così nascere un percorso di condivisione che porterà alla ratifica formale della Carta nel corso di Expo 2015. L’obiettivo finale è trasformare Milano nella capitale mondiale della salvaguardia della terra coltivata, fondando il Palazzo della Terra coltivata, la Banca dei Semi e il Tribunale internazionale dei Diritti della terra coltivata.”vandana__shiva3

Tra le proposte dell’European Socialing Forum presentate anche i due progetti “Dieci filiere per salvare il pianeta” e “Dal chilometro zero al chilometro verde”. L’European Socialing Forumè stata l’occasione per presentare il “Socialing”, un nuovo modello di sviluppo economico e culturale nato con l’obiettivo di proporre alle organizzazioni ed alle imprese nuovi approcci etici verso i consumatori, coinvolti, come evidenziato da Eurisko, in un cambiamento epocale che ha radicalmente modificato il tradizionale rapporto tra domanda e offerta. “Il Socialing rappresenta un’evoluzione del tradizionale marketing”, spiega Andrea Farinet, Coordinatore dell’European Socialing Forum. “La parola marketing si è ormai svuotata di significato, inaridita e spenta in uno sterile tentativo di condizionamento dei bisogni e dei consumi. Indica troppo spesso manipolazione, seduzione e simbolizzazione. ll Socialing vuole invece ristabilire un rapporto tra aziende e consumatori basato sull’orizzontalità, sulla reputazione, l’autenticità e la reciprocità. Un’impresa “Socialing oriented” pone al centro delle proprie strategie di business le reali esigenze dei consumatori, migliora sistematicamente il rapporto qualità-prezzo della propria offerta, sviluppa la propria responsabilità sociale e ambientale nel territorio in cui opera e contribuisce, attraverso l’innovazione intellettuale ed organizzativa, alla crescita del capitale sociale e al miglioramento della qualità della vita della comunità nella quale è inserita. Il Forum ha visto la partecipazione di alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo accademico, imprenditoriale e istituzionale italiano tra cui Remo Lucchi, Paolo Anselmi, Dipak Raj Pant, Francesco Bertolini e Marco Meneguzzo, e ha proposto alcune delle principali esperienze italiane di responsabilità ed etica sociale, tra cui Coop Italia, LifeGate, Poste Italiane, SABAF. Un’attenzione particolare è stata riservata anche al ruolo dei new media e dei social network, con la partecipazione di Clouditalia Communications, Microsoft, Sas e Vodafone.

Fonte: European Socialing Forum