Tricircolo: il lavoro manuale al centro di nuova economia basata sul riuso

A Torino riapre il centro del riuso “Tricircolo”. Lo storico negozio dell’usato di Via Regaldi 7/11 si apre alla sperimentazione di nuove economie basate sul riuso e sul lavoro manuale. A Torino riapre il centro del riuso “Tricircolo”. Lo storico negozio dell’usato di Via Regaldi 7/11 si apre alla sperimentazione di nuove economie basate sul riuso e sul lavoro manuale. Per presentare queste “nuove forme”, Tricircolo Reuse Center ha allestito un calendario di dimostrazioni pratiche e di attività di co-progettazione rivolte a makers, artigiani ed entusiasti dell’upcycling.

In vista del primo evento, sabato 7 novembre 2020, abbiamo intervistato Pier Andrea Moiso, presidente di Triciclo che racconta la preparazione e gli obiettivi del progetto. “Abbiamo preparato la sede con tutti gli adempimenti sanitari. Abbiamo investito tanto per permettere alle persone di esserci, anche se in maniera contingentata, sia per fare le attività che per comprare”. In caso di nuove norme più stringenti gli appuntamenti si terranno comunque, in forma rimodulata: “Se questo non basterà rimoduleremo alcune attività in modalità digitale e manterremo i due workshop che ci consentono di accedere alla sede”.

Uno dei punti fondamentali per lo sviluppo del progetto sarà il lavoro manuale. “Crediamo che le competenze residenti nei territori siano fondamentali per sviluppare una nuova economia. E sappiamo che tra queste competenze ci sono quelle manuali. Queste sono quelle che vogliamo far emergere nuovamente con dei percorsi diversi rispetto a quelli del passato o rispetto a quelli della formazione istituzionale. La nostra esperienza legata al mondo del riuso – spiega Moiso – ci ha reso subito evidente che le competenze manuali sono quelle che sono indispensabili per far effettivamente ricircolare dei materiali. Senza quelle tutto ciò è impossibile. Le riteniamo preziose di per sé, ancor di più se applicate effettivamente al riuso”.

All’interno del Centro di Riuso saranno dedicati servizi e spazi di lavoro in forma innovativa, come sottolinea il presidente di Triciclo: “Dentro il nostro luogo storico di attività in via Regaldi ci sarà una speciale forma di co-working: non la classica condivisione da ufficio, bensì un luogo in cui si posso fare delle attività di produzione artigianale tradizionali e moderne (up-cycling e makers). Vorremmo generare, rispondendo al primo bisogno, che è quello di avere un luogo dove poter lavorare, quel ciclo virtuoso di competenze diverse che si incontrano e generano dei prodotti che in maniera isolata non si sarebbero prodotti e che, forse, non si sarebbero neanche immaginati. Mettiamo insieme un sarto con un produttore di bici: potrebbe venir fuori la creazione di sellini e coprisella che altrimenti non sarebbe avvenuta” conclude Moiso.

Fonte: ecodallecitta.it

Abito: scambiare gli indumenti per ricreare vestiti e comunità

A Torino è attivo il progetto “Abito” che, come suggerisce il nome, nasce per “abitare” un vestito ma anche la città: attraverso lo scambio e la trasformazione di vestiti di seconda mano, si occupa di contrastare la povertà e favorire l’integrazione di persone bisognose che, in cambio, mettono a disposizione tempo e competenze a favore della comunità. Più di 1 tonnellata di vestiti raccolti al mese e circa 700 persone sostenute all’anno: sono questi i dati dello storico servizio di distribuzione di abiti donati dai cittadini a Torino, che, dopo più di trent’anni, si è arricchito per trasformarsi in un progetto di inclusione sociale, dove il sostegno materiale è anche relazionale. “Abito” è sì un progetto di scambio di vestiti e attività ma soprattutto è un progetto di inclusione per contrastare la povertà e favorire l’integrazione. È pensato per coinvolge volontari ma anche sostenitori e beneficiari ed enti del territorio per creare una relazione circolare dove ognuno contribuisce con le proprie risorse.

Protagonista di questo progetto è l’associazione San Vincenzo de Paoli, in collaborazione con la Squadra Giovani della Croce Verde di Torino e cofinanziato dall’Unione europea – Fondo Sociale Europeo, nell’ambito del Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020. Il funzionamento è semplice: i cittadini donano i propri vestiti non più utilizzati al progetto Abito, che vengono ridistribuiti a coloro che ne hanno bisogno e che, in cambio dell’aiuto offerto, si metteranno al servizio della comunità, utilizzando parte del loro tempo e delle loro competenze. «Tutto ha inizio dalla donazione di vestiti di seconda mano e in buono stato da parte dei cittadini. Abito raccoglie i capi, li seleziona e li espone nella Social Factory, un vero showroom dove i beneficiari possono sceglierli, provarli e prenderli gratuitamente grazie a un’apposita tessera a punti».

Per ridurre gli sprechi, una parte dei vestiti viene successivamente rigenerata all’interno della sua sartoria popolare. «I capi di abbigliamento scartati, perché danneggiati o non ridistribuiti, vengono riparati o utilizzati come materia prima dalla sartoria realizzata ad hoc negli spazi di Abito» per dar vita a nuove creazioni di moda etica sostenibile. La sartoria popolare è infatti un laboratorio di promozione del saper fare sartoriale che include nuove formazioni professionali. Infine, il progetto prevede lo svolgimento di open days ed eventi di raccolta fondi per sensibilizzare sul tema della moda etica. Attraverso questi momenti i partecipanti possono scegliere tra i vestiti selezionati e contribuire i questo modo a dare sostenibilità economica al progetto. Attraverso un sistema che mira alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica, il progetto nasce per stimolare nuove dinamiche partecipative, aiutare le persone bisognose che stanno vivendo situazioni di difficoltà e dar loro maggior dignità. Creando “welfare di comunità”, ogni cittadino contribuisce con le proprie risorse al benessere proprio e delle persone che lo circondano, il tutto superando le dinamiche assistenzialiste e riattivando nuove reti relazionali.

«Gli eventi di raccolta fondi contribuiscono all’autosufficienza del progetto e sensibilizzano i cittadini verso i valori del riuso, dell’upcycling e dell’impegno sociale». E proprio in questo modo, attraverso Abito, si riducono fortemente gli sprechi: attraverso il riuso, la rigenerazione e lo scambio dei capi di abbigliamento usati e di seconda mano, per creare una filiera totalmente a km0.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/09/abito-scambiare-indumenti-ricreare-vestiti-comunita/?utm_source=newsletter&utm_medium=email