Allevamenti lager? Colpa della nostra voracità

Gli allevamenti lager? Esistono perché noi vogliamo carne, uova, latte e formaggi ogni giorno, a bassissimo prezzo e in quantità industriali per soddisfare la nostra voracità spaventosa mascherata da cultura, tradizione e gusto da gourmet.9524-10281

Non esiste persona che di fronte alle immagini sconcertanti di violenza e incuria nei confronti degli animali da allevamento, dica che sia giusto o rimanga indifferente  alle denunce che ormai iniziano a diffondersi con sempre maggiore frequenza sui social, sui giornali, su internet e in tv. Le reazioni di chi sostiene la tesi di una sana alimentazione onnivora sono di seria e onesta distanza dai quei produttori così brutti e cattivi che non si fanno scrupoli di tenere esseri viventi (esattamente come noi) in strutture che hanno tutte le caratteristiche e le dinamiche di veri e propri  campi di sterminio organizzati. Nessuno è d’accordo. Ma, si sa, quelli sono casi particolari. Non è davvero così che avviene la produzione di carne. Non è così che si produce il latte o la nostra tradizionale e irrinunciabile mozzarella di bufala. Non è perpetrando ogni giorno e ogni notte della loro tristissima e breve vita maltrattamenti e torture ad esseri senzienti, pensanti e sofferenti (esattamente come noi) che si producono stragi di cuccioli per procurare piacere, diletto, divertimento sottoforma di “gusto”, “tradizione”, “cucina mediterranea” e altre espressioni che coprono come pesantissimi sipari le verità scomode, distanti e vergognose che non vogliamo vedere, che neghiamo, che allontaniamo il più delle volte consapevoli. Non c’è video di approfondimento, non c’è intervista o articolo che salvi questi modelli di produzione di esseri viventi destinati alla nostra tavola. Certo che sono condannabili, chi vuole essere così cattivo da dirsi favorevole, chi vuole apparire così poco sensibile, empatico o indifferente? Persino gli chef stellati, perfino i nutrizionisti  carnivori di tradizione e scelta “scientifica” si dissociano da codesto sistema che per un pugno di dollari è capace di costruire un’intera filosofia del mangiare sano su una tradizione fatta di violenza sempre meno sostenibile. Non c’è azienda che non si veda pronta a correre la gara del naturale e del rispettoso del benessere animale quand’anche la sua tradizione dice ben altro. Fioriscono pubblicità presentate al pubblico incipriate e confezionate a dovere col nastro brillante della mucca munta a mano o il filtro romantico quanto disonesto dei vitellini con la loro mamma. Ci vuole così poco a comprarci, così poco a farci convincere non perché quelle aziende e il sistema tutto abbiano chissà quali mezzi o siano geni criminali con l’unico obiettivo del guadagno. Ci vuole poco e ci vorrebbe ancora meno perché noi non vogliamo rinunciare al piacere. E’ il piacere quello che ci muove. E’ in nome del piacere che possiamo chiudere gli occhi davanti a ogni efferatezza che sappiamo molto bene esistere e compiersi nei confronti di milioni di animali ogni anno, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. E’ il piacere che ci spinge a liquidare sotto forma di “estremismo” le opinioni diverse dalle nostre. E’ il piacere che, ancora, ci muove a prendere le distanze da queste realtà, sapendo bene che gli allevamenti intensivi non sono realtà isolate ma la vera e tristissima norma quotidiana. E allora gli allevamenti lager esistono perché noi, noi e nessun altro, vogliamo carne, uova, latte e formaggi ogni giorno, a bassissimo prezzo e in quantità industriali per soddisfare la nostra voracità spaventosa mascherata da cultura, tradizione e gusto da gourmet. Noi siamo i responsabili di tutto questo ogni giorno quando facciamo la spesa, quando redigiamo i nostri menu, quando chiudiamo gli occhi pensando che tutto sia giusto perché così è sempre stato. Ogni smorfia di disgusto, ogni parola di distanza in proposito deve essere rivolta a noi e solo ed esclusivamente a noi. Siamo i mandanti, i primi respnsabili, i primi che possono cambiare direzione. Dissociarsi non è più sufficiente. Diventare consapevoli e fermarci a riflettere su ciò che acquistiamo e scegliamo è l’unica, vera e indispensabile strada. Per noi e per gli altri animali (esattamente come noi), se vogliamo continuare a dirci umani.

Fonte: ilcambiamento.it

Processo alla Carne

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La stufa italiana che cova le uova vince il Green Award Innovation

L’innovazione sviluppata dall’Ipsia del Trentino farà risparmiare un terzo della legna ai contadini kenyoti che potranno contare su di un terzo di pulcini in più nei loro allevamenti domestici

Una stufa per ottimizzare la schiusa delle uova ha vinto in Kenya il Green Innovation Award, il premio indetto dall’Onu sull’innovazione verde. A realizzarla è Ipsia, ma Fabio Pipinato, presidente dell’associazione, ci tiene ad attribuire la paternità dell’invenzione a un bambino che ha semplicemente sistemato le uova sotto a una stufa favorendo la nascita dei pulcini. L’osservazione di questo evento casuale – con tanto di tirata d’orecchi dei genitori al giovane “inventore” – è diventata un progetto che è valso il Green Innovation Award a Thomas Gichuru, il direttore del progetto Tree is Life che ha costruito di persona le prime stufe a olle copiando quelle che scaldano le case delle alpi italiane. Alzati i fuochi dal pavimento, si è creata una cavità nella quale vengono deposte le uova da cova, un ambiente pulito, caldo, secco e buio. L’innovazione è stata sostenuta da Ipsia del Trentino (dalla quale è nato il progetto Tree is Life) e dalla Fondazione Fontana che hanno presentato un progetto studio alla Provincia di Trento. Nella cavità sotto la stufa i pulcini rimangono per una settimana per poi spostarsi in un recinto protetto che si trova di fianco alla stufa, un po’ meno caldo, ma comunque a una temperatura ambiente che permette ai pulcini di crescere indisturbati e al sicuro. Il recinto posizionato accanto alla stufa sarebbe improponibile nei paesi europei a causa delle norme igieniche, ma in Africa questa innovazione consente il risparmio di un terzo della legna e garantisce un terzo di pulcini in più rispetto al passato. Inoltre, in queste condizioni, le galline crescono più forti e al riparo dai predatori nelle prime settimane di vita. Un allevamento a basso costo e soprattutto senza la necessità di corrente elettrica. Il prossimo 4 dicembre il progetto verrà presentato in Vaticano, nell’ambito di un convegno sull’economia domestica all’interno di un momento promosso dalla FOCSIV e da Famiglia Cristiana che vedrà Papa Francesco parlare di cooperazione internazionale ed economia domestica.unnamed-1-620x465

Fonte: Comunicato stampa

Foto | Ipsia

I lavori dell’orto nel mese di settembre

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Cosa fare nel proprio orto una volta che l’estate è finita? Semplicemente preparare il terreno alle colture invernali e se il clima lo permette continuare a piantare. Si pianta all’aperto: cime di rapa, carote, cipolla, indivie, lattughe, scarola, spinaci. E ricordarsi che, seppure con minore intensità, a settembre ancora fa caldo, quindi mai dimenticarsi di irrigare con una certa frequenza. Continuate a raccogliere i frutti dalle piante e gli ortaggi estivi che ancora continuano a crescere. Man mano che le colture termineranno il loro ciclo vitale badate a estirparle dal terreno. L’orto, se non avete più nulla da raccogliere, a settembre va pulito e preparato alla vangatura. In ogni modo in questo periodo si possono mettere a dimora cicorie, lattughe, ravanelli, spinaci, carote e rape. All’aperto e con l’uso di un semenzaio si coltivano cavoli cappuccio e cipolle. Ricordatevi che andranno trapiantati tra novembre e dicembre. Seminare il finocchio in semenzaio invece richiede un’attesa di 30 e anche 40 giorni. Dopodiché quando avranno raggiunto i 10-15 cm di altezza si potranno piantare in pieno campo. Le piantine vanno disposte a 20 cm di distanza sulla fila, lasciando uno spazio di 60-70 cm tra le file. Per chi non lo sapesse il semenzaio è uno strumento davvero utile per chi vuole un prodotto naturale al 100%. Nessuno può impedirvi di costruire in casa un vero semenzaio degno dei migliori contadini. Alcuni lo comprano già pronto da chi vende prodotti per l’agricoltura; ma altri s’ingegnano in maniera diversa. Come chi usa il contenitore delle uova, lo fora nell’estremità più bassa e lo riempie con terreno fertile. Ma una volta piantati, i semini procedete sempre all’innaffiatura, senza mai esagerare. Anche sull’impiego delle sementi siate accorti, per non correre il rischio di mangiare prodotti modificati geneticamente. Ci sono poi quelle colture quasi abbandonate che rischiano l’estinzione se non si fa qualcosa per proteggerle. Magari nel nostro piccolo orto, se le caratteristiche del terreno lo permettono, potremmo coltivarci quelle varietà perdute per far posto a colture più intensive. A tal proposito esiste un’associazione Rete Semi Naturali che “sostiene, facilita, promuove il contatto, il dialogo, lo scambio e la condivisione di informazioni e iniziative tra quanti affermano i valori della biodiversità e dell’agricoltura contadina e si oppongono a ciò che genera erosione e perdita della diversità e all’agricoltura mineraria basata sulla monocoltura intensiva e/o sulle colture geneticamente modificate”. Una maniera intelligente e creativa di contribuire a salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.

Fonte: tuttogreen

Troppe uova in Francia, crollano i prezzi e 100 mila vanno al macero ogni giorno

Troppe uova in Francia, almeno il 10% in più delle necessità dei consumatori e i prezzi crollano.175747746-594x350

Dall’inizio di agosto ogni giorno sono andate distrutte 100 mila uova a notte ma l’Europa ha deciso di non intervenire. Il punto è che lo scorso anno i produttori della Bretagna vivevano una situazione inversa, ossia le uova ebbero un impennata dei prezzi a causa della siccità del 2012. Ma i consumatori non ebbero modo di accorgersene essendo i prezzi fissati per contratto di anno in anno. Dopo la siccità i pollicoltori francesi hanno affrontato l’adeguamento delle gabbie e degli allevamenti a terra sostenendo investimenti. L’allargamento delle gabbie e delle aree di produzione e l’abbassamento della mortalità delle galline ovaiole ha portato a una superproduzione di uova ma il mercato non le ha assorbite e ecco fatta, letteralmente, la frittata con 100 mila uova mandate al macero ogni giorno. Proprio ieri a Rennes si è tenuto l’incontro tra Le Foll ministro per l’Agricoltura e i rappresentanti dei pollicoltori che hanno però dato un ultimatum al Governo di 15 giorni affinché trovi una soluzione per far rialzare i prezzi delle uova o per trovare fondi per eventuali indennizzi,altrimenti riprenderanno a distruggere le uova. Il ministro ha comunque proposto di portare le uova in eccedenza al Banco alimentare e a fare donazioni piuttosto che distruggerle o di usarle per mangimi animali.

I sindacati dicono:

Dobbiamo affrontare il problema alla radice e affrontare la vera causa: la sovrapproduzione dovuta alla deregolamentazione Per questa produzione, come quella di altri prodotti agricoli, la necessità di una regolamentazione è fondamentale per mantenere una agricoltura affidabile e produttiva ancorché gratificante.La riforma della Politica Agricola Comune 2015 fornisce una soluzione di questo tipo, e questo è ciò che il Ministro dell’agricoltura deve affrontare se vuole veramente fare una risposta la disperazione dei produttori di uova.

Fonte: Europe1, Le Figaro

Il gelato senza latte e uova con la ricetta vegana

Iniziano le prime giornate estive e la voglia di gelato incombe. Ecco una ricetta di gelato senza latte ma con yogurt e panna di soia e latte di soia o latte di riso o latte di mandorle da fare in casa e da arricchire con tanta frutta fresca.gelato-vegan-620x350

Voglia di merenda e voglia di gelato, ma come farlo senza latte e uova? Non è una sfida impossibile, ma anzi molto possibile e anche semplice. Gli ingredienti base sono quelli tipici della cucina vegana, ossia la panna di soia o panna vegetale, lo yogurt di soia e il latte di soia, il latte di riso o il latte di mandorle che si prestano perfettamente a essere preparati sotto forma di gelato. Gli ingredienti si possono mescolare direttamente nel frullatore e a freddo considerato che non ci sono uova da pastorizzare. Ecco gli ingredienti necessari per 4 persone per la ricetta base del gelato vegan senza latte e uova: 200 ml di latte di soia al gusto di vaniglia o cioccolato; latte di riso o di mandorle; 200 gr. di panna vegetale o di soia o yogurt di soia; 70 gr. si zucchero di canna; 50 gr. di amido di mais bio; spezie a piacere quali vaniglia i cui semi vanno sciolti in un po’ di latte vegetale caldo; zenzero, cannella o zeist di limone. Questo il procedimento: mescolare nel frullatore tutti gli ingredienti e versarli o nella gelatiera oppure se non ne disponete in una ciotola da mettere nel congelatore e mescolare di tanto in tanto. Questa è la base del gelato. Per ottenere la versione al cioccolato aggiungiamo alla base anche 100 gr. di cioccolato fondente sciolto a bagnomaria con alcuni cucchiai di latte vegetale; se invece vogliamo arricchire la base con frutta possiamo aggiungerla tagliata a pezzi piccoli tra quella di stagione. Ottimo risultato se aggiungete granella di cioccolato e frutta secca come mandorle, nocciole o pistacchio di Bronte con una spruzzatina di sciroppo d’agave; buonissimo con l’aggiunta di uvetta rinvenuta del rum o brandy.

Fonte: Vegan Swiss, Savory Sweetlife, Eco dell’eco, semplice ecologico

La ricetta del tiramisù vegan senza uova e mascarpone

La ricetta del tiramisù vegan senza mascarpone e uova è un grande esempio di come la pasticceria può venire incontro alle necessità alimentari di chi per etica o per salute rinuncia ai derivati animali come latte, uova e mascarpone.tiramisù-620x350

Preparare il tiramisù vegan senza mascarpone e uova non è una sfida da poco. Ma perché farlo? e perché deformare una ricetta perfetta usando ingredienti diversi? I motivi sono sue, uno di tipo etico, ovvero la scelta di chi ha preferito una dieta vegana priva di alimenti di origine animale e una salutistica. Ci sono moltissime persone intolleranti al lattosio o alle uova oppure che devono contenere il consumo di alimenti ricchi di colesterolo e che dunque devono stare alla larga proprio da latte, uova e mascarpone. Peraltro la versione vegan del tiramisù è così leggera che si presta ad essere consumato anche da chi è a dieta. Il criterio con cui è realizzato questo fantastico dolce, il Tiramisù, è noto: a strati di biscotti savoiardi inzuppati nel caffè, si alterna una crema zabaione a freddo con mascarpone. Chiude gli strati una spolverata di cacao amaro. Ora per la versione del tiramisù vegan che vi propongo di confezionare in monoporzioni in coppette calcolate che vi occorrono 5/6 biscotti a testa. I biscotti devono essere del tipo secchi e senza uova, burro o latte e ve ne sono di diversi tipi in commercio. Ma nulla vieta sua si farseli da soli mescolando farine varie tra e latte di soia con un po’ di bicarbonato e lasciar cuocere in forno. Ingredienti per 2 persone: 12 biscotti secchi di media grandezza; caffè ottenuto da una macchinetta moka per 3 persone; 2 cucchiai di zucchero di canna; 125 gr di panna vegetale possibilmente di soia; 125 gr. di yogurt di soia; cacao in polvere, granella di nocciole o mandorle. Questo il procedimento per assemblare il tiramisù nelle coppette da conservare poi al fresco. Montare la panna di soia ben soda. Conservarne un paio di cucchiaio per la decorazione finale. Aggiungere alla panna nella ciotola lo yogurt di soia delicatamente senza smontarla. Bagnare i biscotti nella ciotola in cui abbiamo messo il caffè zuccherato. Disporre i biscotti nelle coppette formando un primo strato su cui andremo a adagiare un paio di cucchiai di crema di panna di soia e yogurt di soia. Aggiungiamo la granella di nocciole o di mandorle, ma vanno bene anche granella o cioccolato grattugiato. Alterniamo gli strati nelle due coppette sino la termine degli ingredienti. Sulla sommità del dolce spolverizziamo un po’ di cacao amaro e decoriamo con il ciuffo della panna di soia conservata a parte e con granella di nocciola, o mandorla o del cioccolato; ma va bene anche una scorzetta di arancia candita oppure una ciliegia sciroppata, una fragola fresca. Insomma fate voi. Il dolce si conserva un paio di ore al fresco, poi inevitabilmente si smonta, quindi da consumare il prima possibile.

Fonte. Ecoblog

 

Dal 15 al 17 marzo, FA’ la cosa giusta!!

Dal 15 al 17 marzo, FA’ la cosa giusta!

Dal 15 al 17 marzo riapre a Milano Fa’ la cosa giusta!, la fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, che quest’anno festeggia la sua decima edizione: una tre giorni per tornare a parlare di cambiamento nei nostri stili di vita, per renderli più sostenibili per l’ambiente e per il budget familiare

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Nata nel 2004 a Milano da un progetto della casa editrice Terre di mezzo, Fa’ la cosa giusta!, fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, si prepara a vivere la sua decima edizione dal 15 al 17 marzo 2013 e si svolgerà come di consueto presso i padiglioni 2 e 4 di Fieramilanocity, storico quartiere fieristico di Milano.
Fa’ la cosa giusta!, fin dalla sua prima edizione, ha come obiettivo quello di diffondere sul territorio nazionale le “buone pratiche” di consumo e produzione e di valorizzare le specificità e le eccellenze, in rete e in sinergia con il tessuto istituzionale, associativo e imprenditoriale locale.

L’esperienza del marzo scorso si è conclusa con la presenza di 67.000 visitatori, 700 realtà espositive, 2.500 studenti e 700 giornalisti accreditati. Un mondo dell’economia solidale rappresentato in vari contesti e in costante crescita.

In questi anni è infatti cresciuto notevolmente l’interesse per il mondo che si riconosce nella definizione di “Economia Solidale”: un sistema di relazioni economiche e sociali che pone l’uomo e l’ambiente al centro, cercando di coniugare sviluppo con equità, occupazione con solidarietà e risparmio con qualità. Sempre più realtà produttive, infatti, intraprendono un percorso di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale e, al contempo, cresce il numero di cittadini consapevoli dell’importanza e della forza che risiede nella loro capacità di partecipazione diretta e nelle loro scelte di acquisto.

Le due anime di Fa’ la cosa giusta!, quella culturale e quella espositiva si evidenziano nel susseguirsi di oltre 270 appuntamenti, tra tavole rotonde, convegni, laboratori e spettacoli e nei 700 espositori che danno vita alla mostra/mercato costituita da 11 sezioni tematiche:

MOBILITA’ SOSTENIBILE – Sezione Speciale 2013
Associazioni, enti pubblici e imprese profit e non profit impegnate nella diffusione di strumenti di mobilità sostenibile: bicicletta, trasporto pubblico, car sharing, car pooling, apparecchi elettrici e a idrogeno.

ABITARE GREEN
Arredamento eco-compatibile, equo e solidale; design per la sostenibilità e l’accessibilità; studi di progettazione sostenibile, autocostruzione, complementi d’arredo con materiali naturali o di riciclo, detersivi eco compatibili, aziende di raccolta dei rifiuti e di macchine e sistemi per la raccolta e il riciclo, bio-edilizia e bio-architettura, risparmio energetico, agevolazioni fiscali e finanziamenti etici, energia prodotta da fonti rinnovabili. Spazio Orti e giardini.

COMMERCIO EQUO e SOLIDALE 
Empori e botteghe del mondo, produttori del Sud del mondo, associazioni di rappresentanza del commercio equo e solidale.

COSMESI NATURALE E BIOLOGICA
Prodotti per la bellezza, la cura del corpo e l’igiene personale.

CRITICAL FASHION
“Consumare moda critica” significa dedicare attenzione non solo allo stile e alle tendenze, ma anche e soprattutto alle caratteristiche etiche dei capi che si indossano; il vestire acquista sempre più un valore simbolico, diventa il tramite per un messaggio relativo ai nostri valori, alla nostra identità, al nostro stile di vita.

EDITORIA E PRODOTTI CULTURALI
Siti, periodici, case editrici, case di produzione cinematografica e discografica, gruppi, associazioni, cooperative, imprese impegnate nella produzione e/o distribuzione di progetti e prodotti culturali.

IL PIANETA DEI PICCOLI
Abbigliamento, arredamento, giochi, prodotti per l’igiene personale e per la cura del bambino.

MANGIA COME PARLI
Aziende agricole (produttori e trasformatori) e distributori biologici e biodinamici; realtà che difendono la biodiversità; produttori locali a “Km 0”; associazioni e istituzioni impegnate in progetti di educazione all’alimentazione e in difesa della sovranità alimentare, consorzi di tutela dei prodotti tipici.

PACE E PARTECIPAZIONE
Associazioni locali e nazionali, distretti e reti, campagne, gruppi informali, gruppi d’acquisto, associazioni per la pace e la nonviolenza, Ong, volontariato, banche del tempo, comunità di vita, associazioni di tutela dei consumatori (Salone dei Consumatori), sindacati

SERVIZI PER LA SOSTENIBILITA’
Servizi vantaggiosi e sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale.

TURISMO CONSAPEVOLE
Associazioni, enti pubblici, imprese profit o non profit e altre realtà impegnate nell’organizzazione e nella promozione di un turismo rispettoso dell’ambiente, dei diritti dei popoli e dei lavoratori.

Per maggiori informazioni:
falacosagiusta.terre.it

Fonte: eco dalle città

 

Per un momento dolce……

La ricetta della crostata di mele vegan senza burro e uova

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Amo la crostata di mele e la preparo anche spesso poiché piace a tutti in casa. Ne ho sperimentato diverse versioni ma sicuramente quella preferita è la versione vegan ossia con pasta frolla preparata senza burro e senza uova ma con olio di girasole. In genere per misurare gli ingredienti uso un bicchiere da 100 ml poiché trovo sia più pratico per gestire le proporzioni. In ogni caso in questa ricetta indico anche il peso in grammi.

Ingredienti per la crostata di mele vegan senza burro e uova: 400 gr di farina 0 (ma potete anche miscelare a vostro piacimento più farine come integrale, di farro ecc. ); 100 grammi di mandorle sgusciate; 100 ml di olio di girasole ma va bene anche il burro di soia; 4 o 5 mele medie; il succo di un limone; 150 gr. di zucchero di canna (o se preferite 100 ml di sciroppo d’agave); cannella in stecche e se vi piace una grattugiatina di zenzero. La prima cosa che faccio è tritare le mandorle nel mixer; una metà la tolgo subito poiché le lascio più grosse mentre l’altra metà la trito molto finemente come se fosse una farina e metto le due tipologie di mandorle tritate da parte. Passo poi a preparare la pasta frolla vegan. In una ciotola metto la farina, un pizzico di sale, lo zucchero (meno un paio di cucchiai che serviranno per le mele) e le mandorle quelle tritate più finemente. Inizio a impastare con la punta delle dita cercando di amalgamare tutti gli ingredienti. Se l’impasto è troppo secco aggiungo un po’ di latte di soia o di mandorle finché non si stacca dalle mani. Attenzione la pasta non va lavorata troppo. Metto la pasta a riposare avvolgendola in un canovaccio. Passo a preparare le mele che lavo bene con acqua e bicarbonato e le asciugo. Le taglio prima in quattro parti, lasciando la buccia e poi a dadini e le metto in una ciotola e ci aggiungo il succo del limone, un paio di stecche di cannella, un paio di cucchiai di zucchero di canna conservati dai 150 gr., le mandorle tritate grossolanamente e una grattugiata di zenzero e se vi va anche di zeist di limone. Mescolo bene e lascio riposare. Prendo la pasta frolla e la divido in due parti di cui una un po’ più grande. Stendo con il mattarello la palla di pasta più grande e ci fodero una tortiera per crostate di 26-28 cm (dipende da quanto la fate sottile); dentro ci verso le mele a dadini cospargendo sopra bene il succo e completo la crostata aggiungendo le strisce di pasta trasversali. Metto in forno per circa 40-50 minuti a 160 gradi alzando la temperatura a 180 gradi negli ultimi 10-15 minuti di cottura.

fonte: ecoblog

CIBO BIO ALTRO CHE CRISI: nel 2012 + 7.3% in Italia


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Nel 2012 la crisi ha indotto gli italiani a drastici tagli della spesa alimentare, una sforbiciata che, per la prima volta dopo vent’anni  ha visto il peso medio degli italiani in diminuzione rispetto all’anno precedente. Anche il cibo di qualità ha avuto una battuta d’arresto con un -3,4% di spesa per il pesce fresco e un -1,9% per la frutta. Al cospetto di questa contrazione c’è una nicchia che non solo ha tenuto, ma ha addirittura aumentato il giro d’affari: quella del cibo biologico. In controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato la spesa per i prodotti biologici è aumentata del 7,3% dopo il notevole +9% del 2011.

Se per biscotti, dolciumi e merendine (+22,9%) e bevande analcoliche (+16,5%) si può parlare di un vero e proprio boom, l’aumento è superiore alla media generale del settore anche per pasta, riso e sostituti del pane (+8,9%) e frutta e ortaggi (+7,8%). I prodotti bio lattiero-caseari registrano un +4,5%, mentre per quanto riguarda le uova i dati sono in calo di un -1,9%. Proprio le uova, nonostante il segno meno del 2012, restano il prodotto bio più gettonato con una quota del 12,5% sulla spesa complessiva; confetture e marmellate bio rappresentano l’8,8% del mercato bio, mentre il latte è all’8,6%.

Geograficamente il Paese è spezzato in tre con il 70,8% della spesa nelle regioni del Nord Italia, il 22,3% in quelle del Centro e 6,9% in quelle del Sud. Tra esportazioni e consumi interni il giro d’affari del biologico, secondo i dati FIBL-IFOAM, ammonterebbe a 3 miliardi di euro, un fatturato che fa del nostro Paese il quarto in Europa dopo Germania, Francia e Regno Unito e il sesto a livello mondiale.

Fonte: ecoblog