Le 200 organizzazioni di Coalizione Clima: «Ecco il modello di sviluppo che vogliamo»

“Per uscire davvero dalle emergenze…” è il documento-appello a firma della Coalizione Clima, la rete nazionale composta da oltre 200 organizzazioni, ambientaliste, sindacali, del terzo settore, di impresa, movimenti studenteschi e tanti singoli cittadini. Che propongono un modello di sviluppo molto diversi da quello attuale.

“Per uscire davvero dalle emergenze…” è il documento-appello a firma della Coalizione Clima, la rete nazionale composta da oltre 200 organizzazioni, ambientaliste, sindacali, del terzo settore, di impresa, movimenti studenteschi e tanti singoli cittadini. Che propongono un modello di sviluppo molto diversi da quello attuale.

Ecco il documento nei suoi punti salienti.

«Le preoccupazioni per l’emergenza climatica, sulla quale si è costituita la Coalizione Clima, sonooggi amplificate da quella sulla pandemia da COVID-19, estesa a livello globale, che èindubbiamente legata alla sottovalutazione dell’impatto delle attività umane sulla natura e sull’ambiente. Il riscaldamento climatico, ben più dirompente e distruttivo della pandemia che il mondo sta vivendo, non trarrà molto beneficio dalla momentanea flessione delle emissioni di gas serra; al contrario la situazione potrebbe essere peggiorata da eventuali rinvii o rallentamenti dell’azione per azzerare le medesime emissioni. Rilancio economico e decarbonizzazione devono diventare sinonimi, se non vogliamo perdere un’occasione unica e finanziamenti ingenti che non saranno di nuovo disponibili a breve. Per questo la Coalizione Clima si sta interrogando, nelle sue diverse componenti, ritenendo che oggi più che mai occorra perseguire con decisione la progressiva riconversione del modello disviluppo, che non abbia unicamente a riferimento i parametri economici e il Prodotto Interno Lordo, quanto piuttosto, le questioni della salute e della sicurezza; dei diritti e del contrasto alle diseguaglianze, nella società e nel lavoro; dell’uso razionale ed efficiente delle risorse naturali. A maggior ragione torna oggi di grande attualità, il concetto di “Giusta Transizione”, che non si limita a misure occupazionali sulla decarbonizzazione (ovvero la rinuncia all’utilizzo di tutti i combustibili fossili, non solo delcarbone) ma allarga la visione, per attivare un processo di radicale cambiamento del modello di sviluppo, verso un modello economico che tenga conto di tutti i traguardi di crescita sostenibile fissati dalle Nazioni Unite (SDGs)».

«Gli obiettivi generali dovranno essere coerenti anche con quelli dell’accordo di Parigisul clima(2015), e lo slittamento della COP26 al 2021 non deve essere un motivo per rinviare la revisione degli NDC (i contributi dei singoli paesi al raggiungimento degli obiettivi). A questo proposito l’Italia – che ha tutti gli interessi a difendere obiettivi ambiziosi – deve adoperarsi a livello europeo per promuovere l’innalzamento del target di riduzione delle emissioni come minimo al 55% al 2030, provvedendo nel contempo alla revisione in senso più ambizioso del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e dei suoi obiettivi, anche in vista del ruolo che avrà il nostro Paese come co-organizzatore della COP26, dove sarà fondamentale essere ambiziosi e chiari sui percorsi e le strade da seguire. Le attuali misure che il Governo sta mettendo in atto – e quelle attese da interventi Europei –mettono indubbiamente in campo una mole significativa di risorse; la questione è che le stesse siano orientate verso un progetto e una strategia coerente e lungimirante, e non siano semplicemente rivolte a far fronte alle esigenze più immediate. Gli impegni del Green Deal europeo e italiano devono misurarsi con questa necessaria strategia».

«Così come indica anche la comunicazione della Commissione Europea sul fondo di recupero da 750 miliardi di Euro, per rafforzare la competitività, la resilienza e il ruolo dell’Unione Europea a livello globale, occorre che tutti gli investimenti siano orientati ad accelerare la transizione ecologica e digitale e a costruire una società più equa e resiliente. L’emergenza, nella quale siamo immersi, fa già intravedere dei cambiamenti necessari – in alcuni casi già accennati – nei modi di produrre, di lavorare, di consumare, di muoversi. Per questo, oltre al ruolo fondamentale dei decisori politici, delle Istituzioni pubbliche, delle aziende pubbliche e private, serve assicurare una vera partecipazione democratica. È necessario dotarsi di una Strategia e di un piano per recuperare e riqualificare le aree inquinate e inutilizzate che sono disseminate nel Paese, consentendo di liberare e risanare ingenti spazi privi di destinazione d’uso e creare i presupposti per una loro riconversione. La transizione ecologica sarà possibile solo se superiamo l’attuale separazione e frammentazione degli interventi e i divari territoriali, mettendo in campo idee nuove e una diversa visione d’insieme delle politiche. Va affrontato in modo sinergico e nuovo il tema della rigenerazione delle periferie,legando assieme obiettivi ambientali sociali e occupazionali».

«Devono essere superati i ritardi negli interventi di messa in sicurezza del territorio e vanno affrontate con urgenza e determinazione le questioni legate al rischio idrogeologico e sismico che caratterizzano gran parte del nostro Paese. La particolarità della coalizione Clima, composta da tante e diverse organizzazioni (ambientali,sociali, sindacali, imprenditoriali, del volontariato, ecc.) è quella di coinvolgere competenze e conoscenze specifiche che, a partire dai diversi settori, possono mettere in evidenza possibili soluzioni, ma anche concrete criticità, dalle quali cercare di trarre sintesi condivise, per proposte comuni. Indichiamo qui di seguito solo alcuni dei punti, sui quali individuiamo l’emergenza dell’azione»

GIUSTA TRANSIZIONE

È necessaria e urgente l’attivazione di processi divisione strategica e programmazione integrata, che favoriscano la transizione verso l’economia del futuro, e non la crisi permanente attraverso misure che rafforzino i problemi attuali. Va anche assicurata la partecipazione democratica a tali processi per garantire il raggiungimento di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile, compreso quello della piena occupazione di qualità, con il pieno coinvolgimento di Enti Locali [su questo fronte l’associazione Paea da anni sostiene e segue le amministrazioni nella programmazione della riconversione ecosostenibile], parti sociali, comunità e società civile. Il Governo deve sostenere la riconversione delle imprese e creare, al contempo, opportunità di riqualificazione e il rilancio produttivo ed occupazionale in aree che rischiano di subire una forte crisi sociale e occupazionale. Sarà necessario convogliare risorse per la riconversione industriale di queste aree, prevedendo investimenti ingenti nelle fonti rinnovabili, nell’accumulo di energia, negli impianti per la chiusura del ciclo dei materiali.

PRODUZIONE DI ENERGIA ED EFFICIENZA ENERGETICA

Accelerare gli investimenti per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili, puntando sui nuovi modelli energetici (comunità rinnovabili ed autoconsumo collettivo) e confermando il phase out del carbone al 2025, è un’azione necessaria per ridurre le emissioni climalteranti. È ugualmente urgente promuovere la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, anche prorogando i recenti provvedimenti sulle detrazioni fiscali al 110% e rendendo strutturale la cessione del credito alle banche, al fine di ottimizzare la riduzione dei consumi e delle emissioni e di rimettere in moto alcuni settori produttivi, portando un beneficio economico ai cittadini, anche delle fasce più povere, che potranno effettuare gli interventi senza, o con un ridotto, esborso di denaro.

SUSSIDI AMBIENTALMENTE DANNOSI

Devono essere gradualmente eliminati e/o rimodulati entro il 2025: in Italia, come documenta il terzo catalogo del Ministero dell’Ambiente -su una stima totale di 19,7 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi nel 2018 – 17,7 miliardi sono sussidi alle fonti fossili. Per tale fine sarà necessario che questa operazione venga fatta accompagnando i settori produttivi con misure di attenuazione di impatto sociale e di riallocazione delle risorse recuperate che, tendenzialmente, dovranno essere ripartite attraverso un mix di misure che, da una parte aiutino le fasce meno abbienti della popolazione, dall’altra sostengano interventi e attività virtuose, investimenti pubblici in ricerca, sviluppo e infrastrutture per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. L’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi deve essere accompagnata da una riforma fiscale di tipo ambientale che orienti le produzioni e i consumi verso la riconversione ecologica e la sostenibilità e da una forte riduzione delle spese militari da convogliare nella riconversione ecologica.

FILIERA AGRO-ALIMENTARE

L’emergenza ha reso evidente a tutti il ruolo primario dell’agricoltura, troppo spesso, a torto, considerata la cenerentola del mercato delle commodites. Servono strumenti per dare dignità al settore, con politiche di giusti prezzi per i produttori e politiche di sostegno per la riduzione dell’impatto sulle emissioni e sui suoli, nonché per la garanzia di qualità per i consumatori. Servono tutele e dignità per i lavoratori, inclusa la lotta al caporalato. In questa fase, e non solo, si sono sviluppate interessanti esperienze di distribuzione di prodotti a km zero, che andrebbero rafforzate per il futuro, per i consumi dei cittadini, tenendo presente anche la possibilità di sviluppo per mense scolastiche e aziendali. Respingiamo le proposte che prevedono per le mense scolastiche la possibilità di somministrare il pasto all’interno di lunch box in polipropilene, con pasti confezionati ore prima che escludono la possibilità di nutrire i bambini con alimenti freschi. Oltre al problema dei rifiuti e dello spreco che sarebbe generato da questo sistema, verrebbe svilito il ruolo e il diritto educativo e nutrizionale del momento mensa, gettando al vento anni di consapevolezza e di misure migliorative del servizio che erano state introdotte dai nuovi criteri ambientali e nutraceutici, aprendo invece la porta a produzioni industriali che spesso utilizzano prodotti da agricoltura e allevamenti intensivi, conservanti, ecc.

MOBILITÀ

Oggi sono necessari e urgenti interventi radicali per la mobilità: rafforzamento del trasporto pubblico locale con nuove flotte elettriche o idrogeno verde; innovazioni per la mobilità privata, sempre elettrica; mezzi condivisi; sviluppo della micro-mobilità nelle città; sviluppo di tecnologie sostenibili, ecc. In questa direzione è necessario dare sostegno alle Amministrazioni impegnate nel ridisegnare gli spazi della mobilità a favore di mezzi sostenibili come TPL, biciclette, micro-mobilità e mezzi elettrici in sharing. In questo periodo, la “scoperta” dello smart working ha consentito di ridurre notevolmente gli spostamenti, ma ha anche evidenziato limiti, quali la mancanza di socialità e il “diritto alla disconnessione” (per evitare un tempo di lavoro senza limiti). Lo smart working non può quindi considerarsi la chiave per la riduzione della mobilità, anche se può senz’altro aiutare, se applicato correttamente.

ECONOMIA CIRCOLARE (E CICLO DEI RIFIUTI)

Non ci sono dubbi sulla necessità di favorire un modello di sviluppo basato sull’economia circolare, attraverso la diffusione della raccolta differenziata, la tariffazione puntuale, la costruzione di impianti di nuovi impianti di riciclo e per la riparazione dei prodotti, sia per i rifiuti urbani che per quelli speciali, per ridurre l’uso di risorse ed energia, riducendo a pochi punti percentuali, rispetto al totale, il conferimento alle discariche e agli inceneritori. L’emergenza COVID-19 ha generato un’ampia varietà di rifiuti, come mascherine, guanti, tute e altri materiali monouso utilizzati dagli operatori sanitari, che vanno all’incenerimento, a cui si aggiungono i dispositivi monouso impiegati dai cittadini. È necessario, nel limite del possibile, ridurre l’uso dei materiali monouso e promuovere l’utilizzo di materiali riutilizzabili. 

DIGITAL DIVIDE

Il distanziamento sociale ha reso ancora più evidente la necessità di dotarsi di un piano organico ed adeguato per la connettività tale da garantire, su tutto il territorio nazionale incluse le aree rurali e montane, pari accessibilità alla rete per tutti i cittadini. La digitalizzazione va attuata, però, in modo da minimizzare gli impatti ambientali e sociali e tutelando la salute.Siamo contrari, pertanto, a revisioni dei limiti delle emissioni radiomagnetiche.

COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il contrasto al cambiamento climatico è un’azione collettiva globale a cui l’Italia deve contribuire. Purtroppo il suo impegno internazionale, in termini di aiuto pubblico allo sviluppo e come impegno di sistema, si è ridotto negli ultimi anni. Risulta quindi necessario rilanciare la cooperazione partecipando di più al finanziamento del Fondo Verde, collaborando con i paesi partner per la realizzazione di piani di adattamento che riducano l’esposizione ai rischi delle popolazioni impoverite e vulnerabili, attivando tutti gli attori del sistema della cooperazione sulla base di criteri trasparenti di contributoallo sviluppo sostenibile. Allo stesso modo, i finanziamenti pubblici all’internazionalizzazione economica devono aderire sostanzialmente ai criteri ESG (Environmental, Social and Governance) e promuovere un cambiamento dei modelli di produzione nelle catene di fornitura e del commercio, in chiave di sostenibilità ambientale e sociale. Il governo italiano dovrebbe lavorare con l’Unione Europea per rendere vincolanti gli impegni sullo sviluppo sostenibile e la tutela dei diritti umani e del lavoro, promuovendo una valutazione d’impatto dei trattati in essere e in negoziato alla luce della fase post-pandemica, e assumere di conseguenza un maggiore impegno nel negoziato delle Nazioni Unite per un trattato vincolante su impresa e diritti umani, così come a livello europeo per un nuovo regolamento di due diligence che copra i diversi settori economici in modo da garantire la loro sostenibilità.

SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

Centrale dovrà essere il ruolo di Scuola, Università e Ricerca per una Giusta Transizione. La pandemia ha dimostrato come il divario Nord –Sud e i continui tagli degli ultimi 25 anni al sistema di welfare e al sistema dell’istruzione pubblica, abbiano recato danni irreparabili, acuiti dalla falsa convinzione che la Didattica a Distanza avrebbe potuto essere un’alternativa per uscire dalla crisi. L’istruzione è innanzitutto relazione e non può essere sostituita dalla digitalizzazione. La pandemia ha messo il dito nella piaga dei tagli, degli organici insufficienti, delle classi pollaio, della mancata sicurezza degli edifici scolastici, dell’aziendalizzazione della scuola, ridotta a fattore di produzione con la “Buona Scuola” e non più finalizzata alla crescita sociale dei cittadini. Analogo discorso va fatto per le Università, afflitte da tagli pesantissimi degli ultimi decenni, sempre più orientate alla promozione delle eccellenze piuttosto che alla diffusione orizzontale dei saperi, all’incremento dei laureati (troppo pochi) e al rafforzamento del patrimonio di ricercatori (troppo basso rispetto alle medie degli altri paesi europei, ma che si fa apprezzare a livello internazionale). Infine, mai come in questa crisi, è parso evidente il ruolo che la ricerca di base e la ricerca orientata alla giusta transizione possono giocare per la realizzazione di una società più giusta, per una vera economia circolare, per la salvaguardia del nostro Pianeta. La scienza non ha dubbi ormai sulle ricadute delle attività umane sui cambiamenti climatici e sull’urgenza di un cambio di paradigma per un nuovo modello di sviluppo eco-sostenibile. Per tutto ciò è imprescindibile una revisione a tutto tondo del ruolo pubblico, che sia in grado di tornare a governare processi tanto ambiziosi per cui occorrono risorse adeguate

Fonte: ilcambiamento.it

Torino. Università verso la sostenibilità: risultati dei primi due anni di attività di Unito Green Office

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Una comunità di quasi 80.000 persone, 120 edifici distribuiti sul territorio cittadino e 8 sedi extrametropolitane per oltre 1 milione di metri quadrati. Egidio Dansero, Delegato del Rettore alla Sostenibilità Ambientale: “Ci piacerebbe costituire dei gruppi territoriali di UniToGO presso ciascun polo dell’Ateneo”

Giovedì 10 maggio 2018 presso l’Aula Magna della Cavallerizza Reale si è svolto l’evento UniToGO+2, confronto aperto per condividere le azioni svolte da UniToGO – Unito Green Office, nei suoi primi due anni di attività e per comunicare i risultati raggiunti, raccogliere le suggestioni relative alle linee di indirizzo future, confrontarsi sulle difficoltà riscontrate e comprendere quali sono i passi da fare per superarle.

“L’Ateneo è fortemente impegnato per la sostenibilità ambientale che rientra a pieno titolo tra gli obiettivi del nostro Piano Strategico” ha dichiarato Gianmaria Ajani, Rettore dell’Università “ed è sempre più attivo nelle reti internazionali e nazionali, a partire dalla Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile. Due anni fa, catalizzando gli stimoli provenienti da tutta la comunità accademica, abbiamo voluto dare concretezza e sistematicità a questo impegno con l’avvio sperimentale del progetto UniToGO e la nomina di un Delegato del Rettore alla Sostenibilità Ambientale. Con la recente riorganizzazione abbiamo fatto un ulteriore passo avanti trasformando UniToGO in una Unità di Progetto della neonata Direzione Amministrazione e Sostenibilità. La sostenibilità ambientale diventa quindi sempre più organica ad UniTo, facilitando il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione concreta dei nostri impatti sul territorio, grazie al contributo di tutta la comunità

“I primi due anni di attività sono stati densi di impegno e soddisfazioni e non privi di difficoltà” ha spiegato Egidio Dansero, Delegato del Rettore alla Sostenibilità Ambientale “ La sfida di operare con numeri come quelli di UniTo è ambiziosa… siamo una comunità di quasi 80.000 persone, abbiamo 120 edifici distribuiti sul territorio cittadino e 8 sedi extrametropolitane per oltre 1 milione di metri quadrati. In prospettiva, oltre a rafforzare le positive collaborazioni attive con gli Enti locali e le società di servizi, ci piacerebbe costituire dei gruppi territoriali di UniToGO presso ciascun polo dell’Ateneo. Partendo dai soggetti già attivi – associazioni, coordinamenti, gruppi di lavoro, singoli docenti e studenti – opereremo in stretta sinergia con i referenti dei poli dell’Amministrazione, nella convinzione che “dal basso” si possano più facilmente individuare problematiche e possibili soluzioni, grazie alla conoscenza degli spazi consentita dal vivere quotidiano dei luoghi. Abbiamo seminato bene, ora vogliamo radicarci in tutte le sedi e oggi avviamo in particolare la collaborazione “locale”.

“Raccontare i grandi temi contemporanei attraverso le piccole storie individuali che hanno fatto la Storia con la “S” maiuscola” ha affermato Alessandro Pontremoli Responsabile scientifico del Social Community Theatre Centre (Dip. di Studi Umanistici) “è uno degli obiettivi del Social Community Theatre Centre (SCT Centre). Negli ultimi anni, attraverso il teatro, abbiamo coinvolto decine di comunità in tutta Europa e in alcuni paesi dell’Africa sui temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità individuale nei confronti del nostro pianeta”.

Cos’è UniToGO 

UniToGO è un’Unità di progetto della Direzione Amministrazione e Sostenibilità e, allo stesso tempo, un progetto, un processo e un contesto di confronto, coordinamento e programmazione con funzione di raccordo tra le Linee strategiche, il Rapporto di sostenibilità, la Cattedra Unesco in sviluppo sostenibile e gestione del territorio e gruppi di lavoro per la promozione di piani, progetti e azioni concrete. L’obiettivo, formalizzato nel Piano d’Azione per la sostenibilità ambientale di Ateneo 2018-2020, è la riduzione dell’impatto ambientale dell’Università, coinvolgendo l’intera comunità universitaria. Coordinata da un Delegato del Rettore per la sostenibilità ambientale (prof. Dansero), l’attività di UniToGO è condotta da cinque gruppi di lavoro, composti da tre co-referenti (uno per ognuna delle tre componenti: docenti, personale t/a, studenti) e da assegnisti/e e borsisti/e di ricerca e studenti e studentesse. I gruppi di lavoro sono aperti alla partecipazione non solo di tutta la comunità universitaria ma anche di esperti e interessati esterni all’Università, in particolare degli enti e delle organizzazioni con cui UniToGO collabora (Comune, Città Metropolitana, Arpa, Amiat, Gtt…).

Gli obiettivi dei gruppi tematici

acquisti pubblici ecologici: aumento della quota di acquisti ecologici sul totale degli approvvigionamenti di Ateneo

cibo: miglioramento della qualità e sostenibilità del cibo consumato in Ateneo

energia: miglioramento dell’efficienza energetica, diminuzione dei consumi

mobilità: incentivazione della mobilità sostenibile per la comunità universitaria

rifiuti: potenziamento della raccolta differenziata e gestione del ciclo dei rifiuti

Le cifre dei primi risultati

Le azioni si sviluppano lungo tre direttrici complementari per conoscere (costruire una base di dati condivisa sulla sostenibilità ambientale e sulle buone pratiche interne a UniTo, nazionali e internazionali), coinvolgere (potenziare il networking interno a UniTo ed esterno con gli attori di rilievo a scala locale, nazionale e internazionale e soggetti interessati a trasferire e condividere conoscenza scientifica e tecnologica con attori del territorio) e cambiare (progettare e realizzare interventi di riduzione concreta dell’impatto ambientale).

I primi risultati in cifre, sono rilevanti:

Conoscere

– 17.500 risposte all’indagine sugli spostamenti casa-università della comunità di UniTo condotta con il Coordinamento Nazionale dei Mobility Manager delle Università Italiane;

– quasi 80% acquisti pubblici ecologici sul totale degli acquisti effettuati nelle categorie merceologiche per cui il Ministero dell’Ambiente ha definito i “Criteri Ambientali Minimi”.

Coinvolgere & comunicare

– oltre 4.000 persone coinvolte in diverse iniziative tra seminari, convegni, workshop, corsi di formazione, pedalate sulle ciclabili cittadine, cineforum, campagne nazionali e locali di sensibilizzazione (M’illumino di meno, Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, Settimana Europea dei Rifiuti, Festival dello sviluppo sostenibile, Terra Madre…);
– 2° posto tra le Università italiane (55° su 619 università partecipanti da 75 paesi di tutto il mondo) nella classifica UI Green Metric World University Rankings, iniziativa internazionale nata nel 2010 per valutare la sostenibilità ambientale degli Atenei a livello globale;

– 8 reti internazionali e nazionali (International Sustainable Campus Network; European University Association; Green Office Movement; UniTown Network of excellence for University Cities; Regional Networks for Sustainable Procurement; Sustainable Development Solutions Network; Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile; Rete Acquisti Pubblici Ecologici della Città Metropolitana di Torino).

Cambiare
– oltre 9 milioni di €
 il valore stimato del capitolato eco-innovativo per la nuova concessione del servizio di distribuzione automatica di alimenti e bevande in tutto l’Ateneo (60 edifici, 236 distributori automatici, 9 erogatori di acqua di rete);
– oltre 20.000 persone possono fare la raccolta differenziata dei rifiuti. Servizio avviato nel 2017 al Campus Luigi Einaudi e alle sedi di San Salvario e del centro città (16 sedi complessive);
– 100% energia elettrica da fonti rinnovabili. Da maggio 2016 Unito, tra energia autoprodotta e acquistata con l’opzione “verde”, non consuma più energia da fonti fossili per la fornitura elettrica.

Fonte: ecodallecitta.it

 

‘Alla ricerca della plastica perduta’, la call di Corepla rivolta a Università, Centri di Ricerca, PMI, start up e cittadini

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Il Consorzio riciclo plastica lancia la Call for ideas “Alla ricerca della plastica perduta” per massimizzare il riciclo degli imballaggi in plastica e sviluppare nuovi utilizzi del materiale riciclato. Una chiamata di idee rivolta a Ricercatrici e Ricercatori dell’Università, ai Centri di Ricerca, alle start up, alle aziende, alle PMI e privati attraverso l’apposita piattaforma www.coreplacall.it, on line da oggi. Una Call for Ideas di creatività e intelligenze per la miglior gestione degli imballaggi in plastica dalla progettazione al fine vita, al riciclo e agli innovativi utilizzi del materiale riciclato. Corepla intende così ricercare e promuovere nuove soluzioni lungo tutta la filiera perché la sostenibilità è un gioco di squadra tra imprese, cittadini e Sistema Paese. Corepla, forte dei risultati fin qui ottenuti, vuole dare un proprio fattivo contributo alla sfida rappresentata dal forte innalzamento degli obiettivi di riciclo europei per gli imballaggi in plastica al 2030.  La Call “Alla ricerca della plastica perduta” nasce da un’idea di Corepla, in collaborazione con la società editrice multimediale Triwù e la prima piattaforma di crowdfunding italiana Produzioni dal Basso. La partecipazione alla Call, alla chiamata di idee, è molto semplice. Il sito www.coreplacall.it fornisce in modo chiaro le indicazioni per l’adesione. La Call è aperta a tutti coloro che pensano di avere una buona idea.  Sul sito si trova una sezione nella quale scrivere un’introduzione ai concetti di fondo della proposta, alla quale si possono allegare materiali di approfondimento. Corepla si impegna – lo scriviamo con evidenza sul sito – a garantire la proprietà intellettuale dell’idea ai portatori della stessa.

Un comitato tecnico-scientifico verrà invitato a valutare i progetti. Per quelli selezionati, Corepla può agire con tre diverse modalità:

  1. Segnalarli ad aziende che possono metterli in atto, in accordo con gli ideatori
  2. Sovvenzionarli direttamente con un investimento che ne faciliti la messa in campo
  3. Creare un’operazione di crowdfunding organizzata su piattaforma Corepla

“Stimolare la ricerca è un obiettivo prioritario per Corepla” – sottolinea Antonello Ciotti Presidente Corepla – “dalla piccola idea geniale della start up a tutto quello che il mondo industriale italiano è in grado di proporre per nuove applicazioni nel campo del riciclo. Corepla dunque come catalizzatore di idee della nuova economia circolare”.

Fonte: ecodallecitta.it

 

 

Università 2013-2014: boom di iscritti nelle facoltà “green”

Biotecnologia e Agraria in testa alla graduatoria delle facoltà con la maggior crescita di iscritti negli ultimi tre anni accademici157049848-586x328

In Italia è boom di iscrizioni nelle facoltà green, una svolta epocale per gli studenti italiani che, in tempi di crisi, abbandonano quelli che erano i corsi più “cool” nei decenni passati e ora offrono poche opportunità di impiego una volta conseguita la laurea. Secondo L’Espresso – che ha preso in esame 12 atenei italiani che rappresentano il 60% del numero degli universitari della Penisola – le nuove generazioni si stanno preparando per un’Italia imperniata sulla green economy e sul ritorno alla terra. Sbaglierebbe, però chi vedesse in questa scelta un atteggiamento pauperistico: il boom di un associazione come Slow Food capace di diventare una potenza mondiale in pochi anni e le pile di candidature negli uffici dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, il successo planetario di Eataly e di tanti suoi omologhi di genere, ci fanno capire che una alimentazione etica, sana e pulita può essere il futuro del nostro Paese che può spendere sui mercati internazionali un’eterogeneità alimentare senza pari. Il corso di laurea che negli ultimi tre anni accademici ha fatto registrare il massimo aumento di iscritti è Biotecnologie con un + 40%, seguito da Mediazione linguistica con un + 30% e da Agraria con un + 25%. Un grande interesse per le facoltà green, mentre colano a picco Farmacia (- 27%),Architettura (- 15%) ed Economia (- 10%). Il mondo cambia e i figli, insieme ai genitori, compiono scelte più oculate, magari con le statistiche sull’occupazione a portata di mano. Ora spetta alla politica comprendere in che direzione il mondo sta andando, una politica che invece di investire su un settore che crea occupazione ed export di qualità ha ridotto di più di un terzo gli stanziamenti per il Ministero dell’Ambiente: dagli 1,64 miliardi di euro del 2009 si è passati ai 468 milioni del 2013. Che più che un taglio sembra un messaggio: “Studiate pure ma, se volete lavorare nella green economy, fate le valigie e andate via da questo Paese”.

fonte: L’Espresso