La sfida della gestione dell’acqua nelle mega città, la conferenza Unesco

Attraverso una conferenza on line Unesco, che anticipa quella vera e propria del 2021, Unesco ha avviato una discussione sulle sfide e soluzioni identificate relative all’acqua, alle megalopoli e al cambiamento globale. La seconda conferenza dell’Unesco sull‘Acqua, le Mega Città e i Cambiamenti Globali si sarebbe dovuta tenere a dicembre 2020, ma a causa del Covid è stata posticipata al 2021. Dal 7 all’11 dicembre è stata tuttavia organizzata una pre-conferenza on line, con cui l’Unesco ha cercato di rispondere risposto alla necessità di avviare una discussione sul tema. Parigi, Pechino, Mumbai, Tokyo, Mexico City, Lagos sono tutte mega città. In altre parole, centri urbani con più di 10 milioni di abitanti. Anche le loro sfide sono “mega” e tra queste ha assoluta priorità la fornitura di acqua a tutti gli abitanti, gestendo al tempo stesso i cambiamenti nell’ambiente e le risorse. In numerosi casi non è rischio solo la fornitura d’acqua, ma sono le stesse città ad essere minacciate dal cambiamento climatico, a causa dell’innalzamento del livello del mare, dell’aumento delle temperature o dell’intensa urbanizzazione. “Per raggiungere l’obiettivo di città resilienti è necessario agire ora”, dice l’Unesco. La formula individuata per trovare le soluzioni è la trasversalità sommata alla multidimensionalità. Una strategia che si basa sulla collaborazione tra gli scienziati, gli operatori del settore pubblico e di quello privato, che innovano sul piano socio-politico e tecnologico, e la politica locale. Quest’ultima è ritenuta fondamentale per rendere operativi i nuovi modelli, più equi e più efficienti, di governance dell’acqua in costante interazione con la società civile.

Nella pre-conferenza on line sono stati presentati temi e strumenti concreti per problemi già affrontati a vario grado da chi si occupa di gestione delle risorse idriche. Un esempio è l’ “Indice di integrità dell’acqua” di cui si è parlato giovedì 10 dicembre. Riunendo e analizzando una serie di parametri con gli strumenti di data-analytics per big data e autovalutazione, si mira a fornire una misura obiettiva dei rischi a cui va incontro il sistema idrico e igienico-sanitario urbano (W&S) in una data città. I parametri ruotano attorno ai tre i pilastri che determinano l’integrità idrica di un sistema urbano: investimenti in progetti per l’infrastruttura, la spesa corrente di lavoro per la gestione dell’acqua e l’interazione con il consumatore finale.

Il risultato è un rapporto con indicatori del rischio di integrità per città ottenuto grazie all’indice Water Integrity Risk Index (Wiri) che è replicabile, trasparente e scalabile e consente un confronto tra i livelli di rischio nel tempo e tra i vari centri urbani. Un esempio è lo scarto tra la città di Amsterdam che ha un punteggio 8,3 e quello di Bangui che non supera l’1,9.

Perché abbiamo bisogno di un indice di rischio di integrità idrica? Gli esperti intervenuti alla pre-conferenza Unesco spiegano che:

— è difficile rendere efficaci le riforme politiche e definire adeguatamente le politiche necessarie senza una misurazione valida e affidabile della corruzione;

— è importante produrre una panoramica scientifica e tecnica delle sfide che affrontano le megalopoli e delle soluzioni idriche che esse utilizzano per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, per rendere concreto lo scambio delle loro competenze nel campo specifico dell’acqua;

— è indispensabile rafforzare il dialogo tra la scienza e gli attori politici a livello locale.

Un’altra iniziativa della pre-conferenza è stato il lancio ufficiale della Megacities Alliance for Water and Climate (Mawac) e della sua piattaforma di cooperazione basata sull’International Hydrological Programme dell’Unesco-Water Information System, IHP-Wins.

Mawac ha come obiettivo fornire una piattaforma alle mega città perché condividano le loro esperienze e sfide, propongano soluzioni e ottengano l’accesso a sostegno tecnico e finanziario per i loro programmi e progetti perché affrontino con successo le sfide del cambiamento climatico. La seconda conferenza internazionale su “Acqua, mega città e cambiamento globale” si svolgerà a dicembre 2021 presso la sede dell’Unesco a Parigi, a sei anni dalla prima edizione nel 2015.

Fonte: ecodallecitta.it

Il rito senza tempo della transumanza diventa patrimonio Unesco

I pastori sono i custodi degli alpeggi e, lungo i percorsi di montagna, hanno accompagnato i nostri territori attraverso secoli di storia, difendendo quell’equilibrio che intercorre tra uomo e animale, tra uomo e natura. Ora la transumanza è dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, confermando il valore sociale, economico e ambientale di questa antica pratica. Ricordo che quando ero piccola riconoscevo subito l’arrivo dell’autunno. Era più o meno nel periodo del mio compleanno, quando con la mia famiglia partivamo per la montagna approfittando degli ultimi giorni caldi di fine settembre. Quest’occasione coincideva con il momento in cui si festeggiava il rientro delle mandrie dagli alpeggi, proprio quando la stagione calda lasciava spazio a quella fredda. Il passaggio di un pastore con i suoi animali era sinonimo di festa. Ho ancora impressi nella memoria il transito di lunghe mandrie di mucche, il suono dei campanacci, l’odore di quell’autunno ormai in arrivo. Ricordo le persone che, intorno a me, osservavano quel passaggio quasi fosse un momento celebrativo, un antico rito che raccontava una storia lunga secoli.

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La parola transumanza deriva dal verbo “transumare” che significa attraversare, transitare sul suolo. Così i pastori attraversano da secoli, al ritmo delle stagioni che si susseguono, sentieri scavati dal lento calpestio di greggi e mandrie, lunghe o brevi distanze scandite dalla ciclicità del tempo che rievocano antiche usanze e che si fondono nel carattere identitario dei nostri territori. Ora, questa tradizionale pratica pastorale di migrazione stagionale del bestiame lungo i tratturi e verso condizioni climatiche migliori, è stata iscritta nella Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Una buona notizia risultante dal parere favorevole espresso all’unanimità dai ventiquattro Paesi rappresentanti proprio in questi giorni, durante il comitato intergovernativo di Bogotà, in Colombia. La transumanza è considerata una delle pratiche di allevamento più sostenibili ed efficienti attraverso una migrazione stagionale delle mandrie e delle greggi verso i pascoli in alta quota nei periodi primaverili e verso le pianure più miti in quelli autunnali, per approfittare del nutrimento fresco e stagionale che la natura offre. I pastori transumanti hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente, dei cambiamenti climatici e dell’equilibrio ecologico tra uomo e animale. Diventano quindi custodi degli alpeggi salvaguardando gli ecosistemi montani e la loro biodiversità, contribuendo ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse foraggere. Ma rappresentano anche un presidio sul territorio per la prevenzione del dissesto idrogeologico, la riduzione della desertificazione e dello spopolamento delle aree montane.

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Con questa nomina l’Italia ha acquisito il primato mondiale dei riconoscimenti in ambito rurale e agroalimentare, i cui esempi rappresentativi spaziano per tutto il Paese a partire dal Piemonte con la tecnica dei muretti a secco e dei paesaggi vitivinicoli delle Langhe e del Prosecco. Considerare la transumanza un elemento della cultura immateriale del nostro Paese significa innanzitutto valorizzare i territori tutelandone storia e cultura, incentivandone il turismo di montagna e la gastronomia. Riconoscerne il valore dovrebbe essere un maggior stimolo capace di incidere positivamente sul lavoro dei pastori e sulla promozione di una filiera locale che disincentivi la concorrenza dei prodotti stranieri spacciati per nazionali. Ma anche sul consumo di suolo che sta riducendo drasticamente gli spazi e i percorsi tradizionali utilizzati proprio per la transumanza. Come riportato sul sito di Uncem – Unione dei Comuni e degli Enti montani, il presidente Marco Bussone ha affermato che la transumanza è «l’emblema della montagna che resiste. È forza dei margari, uso sapiente dei territori, salire e scendere metafisica rappresentazione della vita. La Transumanza è la montagna. È anche quella forza dei pastori locali che sfidano, nelle gare per la gestione dei pascoli, fantomatiche aziende agricole dell’altrove che provano a speculare sui territori a danno delle comunità locali. La Transumanza è la scelta di proteggere e ridare vita ai territori».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/12/rito-senza-tempo-transumanza-diventa-patrimonio-unesco/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

L’Unesco premia l’inquinamento e la chimica delle colline venete

Brindano i produttori di Prosecco del Veneto dopo il riconoscimento dell’Unesco a patrimonio dell’umanità per le colline di Valdobbiadene e Conegliano. Ma brindano e festeggiano molto meno la popolazione e l’ambiente, che subiscono ogni giorno l’inquinamento dato dall’uso massiccio dei pesticidi.

L’Unesco premia l’inquinamento e la chimica delle colline venete

L’Unesco ha assegnato il prestigioso riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” a uno dei luoghi con la maggiore concentrazione di veleni usati in agricoltura come è la zona, famosa per il Prosecco, delle colline di Valdobbiadene e Conegliano. Il Veneto è un’altra di quelle regioni dove si fanno esperimenti sulle cavie umane che vengono riempite di veleni, poiché sono all’ordine del giorno gli inquinamenti di tutti i tipi e l’agricoltura convenzionale è uno dei maggiori responsabili. Però, vuoi mettere essere ricchi e produttivi che soddisfazione dà. Chi se ne frega di cancri, malattie a non finire; bisogna lavorare come pazzi, produrre, accumulare gli sghei e non si può e non ci si deve fermare di fronte a nulla.

Brindano i produttori di vini che con il premio dell’Unesco vedranno aumentare i loro già stratosferici profitti grazie a uno dei prodotti a più alto consumo di pesticidi e con un numero di trattamenti tra i più frequenti e invasivi. Un bombardamento di pesticidi che nelle zone premiate dall’Unesco è più del doppio rispetto alla media. Non bastano gli sbancamenti e la modifica del paesaggio, la distruzione di prati e siepi, non basta l’inaridimento dei suoli, la contaminazione di falde, acque e dei campi limitrofi, l’uccisione di insetti tra cui le api, l’inquinamento per adulti e bambini che si barricano in casa durante le frequenti irrorazioni che avvengono ovunque dato che ogni centimetro quadrato è stato colonizzato dalle vite. Niente ferma la stupidità umana, il tutto per coltivare una pianta che occupa enormi spazi e ne fa una delle monoculture più nocive dal punto di vista ambientale.  Vista la situazione a cui stiamo andando incontro, la monocultura si rivela un danno in più per una agricoltura già ora in grosse difficoltà. Con i cambiamenti climatici, con l’inaridimento e l’impoverimento dei suoli, si avranno produzioni agricole sempre minori soprattutto dei sistemi tradizionali. Sarà quindi inevitabile passare dalla monocultura alla pluricoltura, coltivando in grandissima parte piante e alberi che sfamano la gente. Chissà cosa ci faranno con tutti quei vigneti quando le crisi si faranno più gravi e le persone affamate non avranno abbastanza da mangiare. A quel punto i grandi capitalisti, che vengono ora glorificati per le loro magnifiche gesta che fanno risplendere il nome del vini veneti nel mondo, potranno arrotolare i loro soldi e provare a mangiarli per vedere se ce la fanno a sfamarsi, oppure potranno attingere alle loro produzioni di vini con i quali ubriacarsi a profusione e proporre anche alla popolazione di farlo, per distrarsi dalla fame. E come la principessa Maria Antonietta che disse “Se il popolo non ha pane, che mangi le brioche”, i nostri capi d’industria potranno dire al popolo: “Se non avete da mangiare, ubriacatevi che così vi passa tutto”.

Prima che sia troppo tardi, si riduca drasticamente la produzione vinicola, si converta tutto al biologico e al posto della vite si coltivino innumerevoli varietà agricole e frutteti in una combinazione di foresta commestibile così da ridare vita ad animali e persone, oltre che assorbire CO2. Non è più il tempo di ubriacarsi, è il tempo di prendere in mano la situazione e rendere il Veneto non l’odierna fabbrica  di veleni ma una terra fiorente e che preservi la vera ricchezza, quella della natura, non quella degli sghei.

Fonte:ilcambiamento.it

Unesco, Delta del Po e Appennino Emiliano nuove riserve della Biosfera

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Secondo quanto rende noto la Regione Emilia Romagna in un comunicato stampa il Delta del Po e l’Appennino tosco-emiliano diventano riserva della Biosfera dell’Unesco, un riconoscimento ufficiale che è arrivato oggi da Parigi, dove si è riunito il Comitato internazionale del programma Mab (Man and the biosphere) dell’Unesco. La prima proposta di candidatura presentata dai due enti parco Delta del Po (di Veneto ed Emilia Romagna) e dal parco dell’Appennino tosco emiliano era stata presentata formalmente nel 2013 e sostenuta con forza oltre che dalle regioni interessate, anche dal Ministero dell’Ambiente e e dai Comuni sul territorio. Grazie a questo importante riconoscimento quei territori, nuove riserve della Biosfera Unesco, rientreranno nel Programma MAB con lo scopo di ridurre la perdita di biodiversità attraverso programmi di ricerca e capacity-building e di migliorare il rapporto tra uomo e ambiente. Salgono a dodici i siti italiani inclusi in questo speciale elenco: Valle del Ticino (Lombardia/Piemonte), Monviso (Piemonte), Miramare (Friuli Venezia Giulia), Selva Pisana (Toscana), Arcipelago Toscano (Toscana), San Felice Circeo (Lazio), Collemeluccio-Montedimezzo (Molise), Cilento e Vallo di Diano (Campania), Somma-Vesuvio e Miglio d’Oro (Campania), Parco Nazionale della Sila (Calabria).

Foto | MeteoWeb

Fonte: ecoblog.it

Val Gardena, una settimana dedicata alla bicicletta dal 20 al 27 giugno 2015

Negli incantevoli scenari delle montagne patrimonio dell’Unesco una settimana dedicata a biciclette da strada e mountain bike. Da sabato 20 a sabato 27 giugno la bicicletta sarà grande protagonista in Val Gardena, la meravigliosa valle ladina, zona riconosciuta come patrimonio Unesco, che si trasformerà in un paradiso per gli appassionati delle due ruote grazie a venti di massa e gare internazionali, sia per coloro che amano pedalare sull’asfalto che per i biker che si cimentano sugli sterrati. I due momenti principali di questa settimana all’insegna delle due ruote saranno domenica 21 giugno, con il Sellaronda Bike Day, e sabato 27 giugno con la UCI Marathon World Championships Südtirol Sellaronda Hero. In mezzo ci saranno cinque giornate di eventi per tutti. Domenica 21 giugno, dalle 8.30 alle 15.30, il Sellaronda Bike Day chiuderà al traffico i quattro Passi dolomitici del Campolongo, Pordoi, Sella e Gardena dando la possibilità a tutti (e gratuitamente) di pedalarvi senza alcun tipo di promiscuità con il traffico motorizzato. Lunedì 22 giugno si svolgeranno una tavola rotonda sul Turismo eco-sostenibile e ilPanoramatour all’Alpe di Siusi, martedì 23 giugno il Sellaronda Gourmet Tour e il Dirndl & Lederhosen Party, mercoledì 24 giugno il Sellaronda E-Bike Tour e un mercato tradizionale, giovedì 25 giugno il Single Trail Tour Hero Bike & Tech Expo e la Charity Hero Fashion Night e venerdì 26 giugno la Hero Kids World Championships e la Cerimonia d’inaugurazione della Gara del giorno dopo. Sabato 27 giugno sarà la grande giornata dedicata alla UCI Marathon World Championships Südtirol Sellaronda Hero, ovvero, la gara di mountain-bike più dura al mondo. I team nazionali in rappresentanza di 50 Paesi partiranno da Selva dalle ore 07.00. Prima partiranno gli atleti (donne e poi uomini) che si contenderanno il titolo di Campione del Mondo di Mountainbike 2015, e poi gli altri atleti che parteciperanno alla Südtirol Sellaronda Hero, giunta alla sesta edizione. Due i tracciati: 84 km per 4.300 metri di dislivello o 62 km per 3.300 metri di dislivello. Le due gare partiranno entrambe da Selva di Val Gardena e si snoderanno lungo i quattro passi intorno al Sella, per poi tornare sempre a Selva.

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Foto | Pressway

Fonte: ecoblog.it

Pantelleria, la vite di Zibibbo è patrimonio Unesco: si fermeranno le trivellazioni in mare?

La vite dello Zibibbo che cresce a Pantelleria è stata dichiarata patrimonio immateriale dall’Unesco: cosa accadrà ora con le trivellazioni previste dal governo Renzi nel mare dell’isola siciliana?

Il sindaco di Pantelleria, Salvatore Gabriele, non sta nella pelle e da Parigi dichiara entusiasta:

Siamo sito Unesco, un omaggio alla nostra identità ai nostri Contadini che con grande sacrifici hanno costruito terrazzamenti, coltivato la vite ad alberello,oggi patrimonio immateriale Unesco da cui si produce il passito naturale. Un grazie particolare vorrei rivolgerlo alla delegazione Italiana, all’Unesco, all’ambasciatore Lomonaco, al prof. Petrillo, al ministro dell’agricoltura Martina, al Ministero dell’agricoltura, alla regione siciliana, all’assessorato all’agricoltura,agli assessori, ai dirigenti generali, all’istituto della vite e del vino che si è occupato della promozione; un ringraziamento voglio farlo personalmente dando pubblica evidenza al Prof. Petrillo straordinario interlocutore e negoziatore. A lui va il nostro ringraziamento più grande. In questi anni ha dato continuità istituzionale affinché si portasse a conclusione questo straordinario risultato. A Graziella Pavia, che ha contribuito con la presentazione degli atti per la costruzione del Dossier. Per l’isola tale riconoscimento rappresenta un grande momento di crescita e di apertura. Da oggi, da Parigi il mondo ci guarderà ancora di più. Dobbiamo sentire tutti il peso della responsabilità per lavorare di più è meglio. L’isola ci appartiene.salvatore-gabriele-unesco-660x495-620x350

Nella foto in alto tutta la squadra al completo, che ha preso parte al successo del riconoscimento della vite a alberello da cui si ricava l’uva per il passito di Pantelleria, famoso in tutto il mondo. Ma questo riconoscimento ora mette seriamente in discussione (e per fortuna!) il piano delle trivellazioni introdotte con lo Sblocca Italia voluto dal governo Renzi: come potranno convivere trivelle seppur off shore e una coltivazione così importante sull’isola di Pantelleria che necessita di ambiente incontaminato? Come si potranno tollerare piattaforme petrolifere con i flussi turistici in aumento per via della notorietà ottenuta dal riconoscimento Unesco?vite-pantelleria-620x350

Fonte:  Agorà
Foto | Agorà

Langhe e Monferrato diventano patrimonio Unesco dell’umanità

Il sì definitivo del comitato dell’Unesco è arrivato oggi: la zona delle Langhe e del Monferrato è diventata patrimonio dell’umanità.langhe-01

Gli affascinanti paesaggi di Langhe-Roero e Monferrato, in Piemonte, sono diventati a tutti gli effetti patrimonio mondiale dell’umanità. Oggi, 22 giugno 2014, dal comitato dell’Unesco, riunito a Doha, nel Qatar per la 38esima sessione annuale del Comitato mondiale Unesco, ha dato il sì definitivo alla candidatura, facendo arrivare il nostro Paese a ben 50 siti riusciti a ottenere questo importante riconoscimento dal 1979 ad oggi. A finire oggi nella World Heritage List dell’Unesco (qui l’elenco completo) sono 29 comuni in sei diverse aree nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo per una superficie complessiva di 10.789 ettari. Lo scorso anno, lo ricordiamo, a diventare patrimoni dell’umanità erano stati l’Etna e le Ville Medicee in Toscana. I motivi di questa decisione sono presto detti. Ecco cosa scrive l’Unesco nel comunicato che annuncia la promozione di quest’area del Piemonte:

I paesaggi culturali vitivinicoli del Piemonte di Langhe-Roero e Monferrato sono una eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basati sulla cultura del vino. […] I vigneti di Langhe-Roero e Monferrato costituiscono un esempio eccezionale di interazione dell’uomo con il suo ambiente naturale: grazie ad una lunga e costante evoluzione delle tecniche e della conoscenza sulla viticoltura si è realizzato il miglior adattamento possibile dei vitigni alle caratteristiche del suolo e del clima, tanto da diventare un punto di riferimento internazionale. I paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato incarnano l’archetipo di paesaggio vitivinicolo europeo per la loro grande qualità estetica.

E’ di massima soddisfazione il commento del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino:

Il territorio ha saputo costruire e mantenere nel tempo un paesaggio culturale, legato al mondo del vino, eccezionale e unico nel suo valore ed espressione della altissima qualità della produzione vitivinicola della nostra regione. La proclamazione di oggi rappresenta un tassello fondamentale della strategia turistica complessiva dalle amministrazioni che si sono succedute alla guida della Regione Piemonte: ritengo che sia un punto di partenza e non di arrivo, perché è da questo momento in avanti che bisognerà lavorare per sfruttare al meglio, con progetti e idee innovative, il ritorno di questo riconoscimento.

Anche il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha speso qualche parola su questo importante riconoscimento:

I paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato sono un esempio eccezionale di un paesaggio culturale inteso come prodotto della secolare interazione tra uomo e natura, plasmato dalla continuità di una tradizione antica di produzione vinicola di eccellenza mondiale. Questo riconoscimento è motivo di speciale orgoglio per il Mibact, data l’estrema selettività con cui da qualche anno l’Unesco valuta le proposte per nuovi siti.

Importanti anche le parole di Maurizio Martina, attuale ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali:

È un riconoscimento fondamentale per affermare il valore culturale della nostra agricoltura. È la prima volta, infatti, che l’Unesco riconosce un paesaggio vitivinicolo italiano quale bene unico al mondo, patrimonio dell’umanità per la sua eccezionalità rurale e culturale. È un risultato prezioso che rafforza il posizionamento a livello di mondiale di alcune delle produzioni vitivinicole più pregiate e apprezzate del nostro Paese. Al tempo stesso l’Unesco ha riconosciuto l’essenzialità dell’agricoltura e degli agricoltori quali sentinelle nella conservazione del paesaggio.langhe-02

Foto | BORGHY52

Fonte: ecoblog.it

Parco del Delta del Po, un luogo magico poco conosciuto tra Veneto e Romagna

Il Parco regionale del Delta del Po, questo sconosciuto. Eppure rientra in una delle tante ricchezze naturalistiche del nostro Paese. Si estende tra Emilia-Romagna e Veneto, sebbene principalmente nella prima Regione, con 54mila ettari. E’ stato istituito nel 1988, entrando a far parte, il 2 dicembre 1999, nei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.Parco-Po-400x250

 

Il Parco offre altresì un patrimonio culturale tra i più interessanti dell’Emilia Romagna. Basta annoverare l’abbazia di Pomposa, la regione lagunare di Comacchio, la basilica di Sant’Apollinare in Classe. Molto variegata la fauna presente nella zona: 374 specie di vertebrati, di cui 297 specie di uccelli; di queste, 146 sono nidificanti, pari a 35mila individui, mentre 151 sono svernanti, altri 55mila. Tra le specie più rare vanno menzionate il fenicottero maggiore, la spatola, il marangone minore, e altre come il mignattaio, il tarabuso, il fraticello, il falco di palude e il mignattino piombato. Quanto ai mammiferi, nel Parco sono presenti 41 varietà, tra le quali vanno ricordate il cervo nobile, il daino, la volpe, l’istrice, la puzzola e lo scoiattolo. Di tutto rispetto anche la fauna. Tra gli alberi risaltano i salici e i pioppi, fra gli arbusti la biangola, e nei prati spuntano i ciuffi di carice spondicola, la campanella maggiore e il giunco fiorito. Non mancano particolari specie di orchidee. I visitatori, oltre che apprezzare le ricchezze naturalistiche, possono svolgere anche varie attività. Vengono proposte infatti diverse iniziative didattico-ricreative. Molteplici le attività da poter svolgere: da una semplice passeggiata in bicicletta sugli argini dei sei rami del Po a un’escursione in barca o in canoa per i più sportivi. Per i fanatici delle fotografie, sono diversi i punti dove poter scorgere stupendi panorami o immortalare splendide specie animali o faunistiche. Non mancano anche possibilità di birdwatching.

Fonte: tuttogreen.it

Yellowstone, il video del parco nazionale più antico del mondo

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http://vimeo.com/79048279

I geyser sono fra le principali attrazioni del parco statunitense fondato nel 1872 e da 36 anni patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Yellowstone è il più antico parco nazionale del mondo. Si trova negli Stati uniti, nella regione nord-occidentale dello Stato del Wyoming e occupa una superficie di 8.983 km², vale a dire superiore a quella dell’Umbria. Queste sorgenti calde che arrivano sino a 200° C emettendo vapori nell’atmosfera sono 408 e raggiungono in questo parco la più alta densità al mondo. L’acqua che fuoriesce dai geyser crea coni e terrazzi. Il geyser più noto è l’Old Faithful che ha una particolarità: l’estrema regolarità della sua attività eruttiva. Il geyser erutta – con un margine di errore di 10 minuti – 65 minuti dopo le eruzioni di durata minore dei due minuti e mezzo, 92 minuti dopo l’eruzione di durata maggiore di 2 minuti e mezzo. L’altezza media delle eruzioni è di 44 metri. Secondo alcuni geologi sotto il parco si nasconderebbe un supervulcano destinato a eruttare e a coprire di cenere tutto il Nord America. Ma il parco è famoso anche per la straordinaria fauna di cui è popolato. Il bisonte americano che nel 1902 aveva toccato il minimo storico di 50 esemplari è oscillata nell’ultimo decennio fra i 3000 e i 4900 esemplari. Ma nello Yellowstone vivono anche esemplari di lupi grigi, orsi grizzly(circa 600), alci (30mila esemplari), orsi bruni, lontre, puma, wapiti, bighorn e aquile di mare. Una straordinaria riserva naturale di animali che ha contribuito a far dichiarare questo parco patrimonio dell’umanità dell’Unesco nel 1978. Il lavoro in timelapse è stato realizzato da Joel Schat, un filmmaker e fotografo che realizza numerosi lavori in timelapse in giro per il mondo.

Fonte:  Vimeo

Scavi di Pompei, ultimatum dell’UNESCO. Il ministro Trigilia: “adotteremo tutte le misure necessarie”

L’UNESCO lancia un ultimatum all’Italia: occorrono provvedimenti concreti per proteggere e tutelare gli scavi di Pompei, patrimonio dell’umanità dal 1997.

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Il ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia: “adotteremo tutte le misure necessarie”

Si è tenuto ieri un incontro fondamentale per il futuro di Pompei tra il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Massimo Bray, e il ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, a pochi giorni dall’ultimatum lanciato dall’UNESCO. I due ministri, lo rende noto il MiBAC, hanno ricordato che il Grande Progetto Pompei, approvato nel marzo 2012 e finanziato con fondi europei, ha già dato il via a una serie di importanti cambiamenti che ora saranno fortemente accelerati per la realizzazione, entro il 2015, degli obiettivi richiesti dall’Unione europea. In cima alla lista degli interventi ci sono la messa in sicurezza del patrimonio, arrestando le situazioni di degrado denunciate a più riprese, la garanzia di una migliore conservazione per il futuro e l’assicurazione del rispetto assoluto di condizioni di legalità e sicurezza, pur senza ricorrere a interventi straordinari. I due ministri hanno assicurato che velocizzeranno il piano delle opere, rafforzeranno la governance del progetto e adotteranno tutte le misure necessarie per potenziare le capacità gestionali della Soprintendenza e garantire una maggiore fruibilità dell’area archeologica. Tutto questo entro il 2015 grazie proprio a quei 105 milioni di fondi europei messi a disposizione del progetto. L’avanzamento dei lavori sarà monitorato e i cittadini potranno essere informati periodicamente grazie ad aggiornamenti che saranno comunicati in un sito internet realizzato proprio per l’occasione.

Il ministro dei beni culturali Massimo Bray: “ora al lavoro”

Il ministro dei beni culturali e del turismo Massimo Bray è intervenuto oggi pomeriggio in merito al monito lanciato dall’UNESCO sullo stato di degrado in cui versano gli scavi di Pompei:

“Pompei è un simbolo per il nostro Paese, il richiamo dell’Unesco è un allarme che prendo in seria considerazione e stiamo già lavorando per superare gli urgenti problemi del sito. Due dei primi cinque cantieri sono avviati, il terzo partirà in questi giorni e gli altri due sono fermi per un supplemento di controlli sulla trasparenza. Entro il 2015 dovremo aprirne 39, una sfida che abbiamo intenzione di vincere. Insieme al governo sono impegnato su Pompei e per un piano complessivo di rilancio dei Beni culturali.”

Pompei, l’UNESCO: “occorrono misure entro il 2013″

Le preoccupanti condizioni degli scavi archeologici di Pompei sono state spesso protagonisti della cronaca più recente, dal crollo della Schola armaturarum, la scuola dei gladiatori, a causa di gravi cedimenti strutturali nel novembre 2010 al cedimento di due muri della casa del Moralista appena un mese dopo, passando per le infiltrazioni che mettono a rischio altre strutture e per i danni apportati dalla luce ad alcuni mosaici che sarebbero dovuti essere meglio protetti. Pompei è uno dei monumenti nazionali più visitati al mondo che accoglie ogni giorno centinaia e centinaia di turisti e dal 1997 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità, un tesoro nazionale che deve essere preservato a ogni costo.Per questo, visti i recenti problemi registrati, dall’Unesco arriva l’ennesima tirata d’orecchi, un vero e proprio ultimatum al Governo Italiano a prendere provvedimenti e trovare in fretta una soluzione. L’ultimo avvertimento arriva da Giovanni Puglisi, Presidente della Commissione Nazionale Italiana Unesco:

Una commissione Unesco ha presentato una relazione fatta in loco a Pompei nel gennaio scorso e che non è stata oggetto di discussione in Cambogia. In questa relazione del gennaio 2013 si mettono in evidenza, in maniera molto documentata, le carenze strutturali (infiltrazioni d’acqua, mancanza di canaline di drenaggio) e i danni apportati dalla luce (ad esempio alcuni mosaici andavano preservati dalla luce).

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I problemi non riguardano soltanto le strutture storiche di Pompei, ma sono relativi anche alle infrastrutture turistiche che ruotano intorno ad essere e al personale impiegato, ridotto rispetto alla richiesta:

Sono inoltre segnalate costruzioni improprie non previste dal precedente piano e la mancanza di personale. Inoltre entro il 1 febbraio del 2014, secondo tale relazione, bisogna delineare una nuova zona di rispetto poichè sono state rilevate intorno ai siti di Pompei e Ercolano delle costruzioni ulteriori, costruite spesso dagli stessi operatori dei siti, in modo che si riparino i siti stessi dagli abusivismi e da cose improprie.

L’avvertimento è chiaro: il Governo italiano ha tempo fino al 31 gennaio 2013 per adottare misure idonee per Pompei. L’Unesco, invece, avrà tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano e rinvierà ogni decisione al prossimo Comitato Mondiale 2014.

Tuttavia non si tratta di una relazione che mette Pompei tra i siti in pericolo, tra l’altro è stata fatta in piena collaborazione con il governo italiano e con il Ministero dei Beni Culturali, che pertanto sono perfettamente a conoscenza di questo atto.

L’emergenza è evidente e il Governo, nonostante la crisi e i tagli in tutti i settori, ha il dovere di correre ai ripari e proteggere uno dei siti più visitati del nostro Paese, un’attrattiva per migliaia di turisti ogni anno. Il tempo, però, stringe: il 31 dicembre è soltanto a sei mesi di distanza.

Fonte: ecoblog