5G: l’impegno dei sindaci in difesa della salute pubblica

Al convegno alla Camera dei Deputati sindaci, amministratori e avvocati raccontano cosa è stato fatto finora e cosa è possibile fare per chiedere maggior cautela nell’espansione del 5G in attesa di studi scientifici che ne confermino l’innocuità. Emerge un panorama di cittadinanza attiva consapevole delle proprie responsabilità e che vuole coinvolgere maggiormente la collettività nelle scelte politiche. Il convegno internazionale organizzato dall’Alleanza Stop 5G alla Camera dei Deputati ci ha permesso di fare il punto della situazione italiana ed internazionale. Degli aspetti scientifici, medici e normativi sui rischi per la salute dei campi elettromagnetici abbiamo già parlato. Qui vogliamo riferire delle azioni messe in campo per il diritto alla tutela della salute e di poter scegliere se e come accogliere l’offerta commerciale delle compagnie delle telecomunicazioni per il 5G. Emblematico il racconto del sindaco di Marsaglia, dell’Alta Langa, anche presidente dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani (ANPCI): Franca Biglio. Un intervento che descrive chiaramente come le decisioni vengano calate dall’alto e imposte senza che i cittadini e i propri amministratori siano informati e possano far rispettare le normali cautele per la sicurezza dei propri cittadini di cui sono responsabili per legge.

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/uso-cellulari.jpg

Racconta Franca Biglio che iniziò a sentir parlare dell’arrivo del 5G, nelle proprie zone, da giornali locali. Si parlava di un sorteggio di alcuni comuni per la sperimentazione 5G. Poi un articolo su La Stampa spiegava che l’AGCom (Autorità per le Garanzie delle Telecomunicazioni) obbligava l’estensione del servizio oltre al comune di Torino (una delle Smart Cities scelte per la sperimentazione) anche ad altri 120 comuni di cui 29 in Piemonte. Ecco il suo accorato racconto: «Dai giornali inizio a leggere cose a cui non sapevo dare una spiegazione; ad esempio cittadini che stavano insinuando quale contropartita avessero accettato i sindaci per partecipare a questa sperimentazione sulla cittadinanza. Ma chi mai ha dato il consenso? Nessuna comunicazione, informazione o richiesta era mai arrivata. Ho iniziato a chiedere informazioni preoccupata e ho scritto al Prefetto affinché mettesse in atto tutte le procedure tecnico-giuridiche necessarie per la tutela della salute. Nessuna risposta. Quindi cominciamo ad allertarci e mandiamo a tutti gli altri sindaci una richiesta di informazioni per capire cosa stesse succedendo, quali garanzie ci venissero fornite e chi altro fosse coinvolto. Per uscire dall’isolamento e metterci in rete aderiamo al comitato cittadino di tutela dal 5G e vado ad incontrare diversi esponenti attivi a livello nazionale come il Senatore Saverio De Bonis (Gruppo Misto) che da anni sostiene le cause per i diritti di tutela ambientale e della salute.

Adottiamo la moratoria con delibera del comune e l’ordinanza per chiedere la sospensione del servizio fino a che non ci fossero adeguate informazioni sulla sicurezza per la salute dei cittadini. Il prefetto ci risponde che la richiesta ha un difetto di procedura burocratica e non la accoglie. Per informarmi meglio partecipo al convegno in Abruzzo e la preoccupazione aumenta, sento la responsabilità verso i nostri cittadini. Ricevo una telefonata da Asstel (Assotelecomunicazioni) e vengono ad incontrarmi. Mi spiegano che non è stato un sorteggio ma una vera e propria scelta per il “grave divario digitale” in cui versava il mio comune e cerca di rassicurarmi: il 5G è una opportunità e non ci sono dati scientifici che provino un rischio per la salute». Questo è vero, perché proprio nessuno, né governi, né aziende ha mai stanziato un euro per verificarne i rischi. Quindi il problema è chi chiede grazia di innocuità prima dell’installazione o chi in assenza di verifiche scientifiche dichiara che il servizio è sicuro? Chi deve portare le prove?

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/Camera-dei-Deputati-su-5G-1024x563.jpeg

L’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente) è un organo deputato al controllo del rispetto dei limiti di legge, ma alla richiesta di informazioni della sindaca Biglio dichiarano di non avere informazioni. Ora L’ANPCI sta per sottoscrivere con lo studio di avvocati che da anni partecipa alle dispute legali sulla tutela della salute, un accordo di programma per offrire una possibilità di tutela a garanzia legale ai piccoli comuni con agevolazioni a livello finanziario.

Sul tema dell’assenza di studi sui rischi per la salute, il consigliere comunale di Trento, Andrea Maschio (5 stelle), interviene al convegno per annunciare che Trento è il primo comune in Italia dove è stata approvata una mozione per lo stanziamento di un finanziamento sulla sperimentazione sui rischi del 5G per salute. «Attraverso un emendamento al bilancio abbiamo creato una quota economica per lo studio scientifico: il comune stanzierà 30.000 euro in due anni, 0,255 centesimi ad abitante. Ovvio che lo studio costerebbe più di 2 milioni di euro ma se ogni comune si attivasse con le stesse cifre procapite avremmo il primo studio italiano e indipendente».

Oggi, tra delibere, determine e ordinanze sindacali 76 comuni hanno preso ufficialmente posizione cautelative e di contrasto netto per la tutela salute ma il numero è destinato a crescere. Inoltre, aumentano i cittadini che attraverso petizioni e diffide ai propri sindaci e ai ministri cercano di sensibilizzare i propri concittadini. Così anche fuori dall’Italia. Già un anno e mezzo fa 300 sindaci negli USA fecero una maxi denuncia alla Commissione Federale delle Comunicazioni bloccando l’installazione delle antenne nei propri comuni. Molto atteso l’intervento dell’avvocato Stefano Bertone dello studio legale torinese Ambrosio&Commodo. Esperto di cause civili e contenziosi in questa materia, collabora da anni con associazioni come la A.P.P.L.E di Padova (Associazione Per la Prevenzione e la lotta all’Elettrosmog) e con il professor Levis, già cattedratico di Mutagenesi Ambientale all’Università di Padova, un luminare riconosciuto a livello internazionale.

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/berlino-1.jpg

«Noi applichiamo nei processi, già da 10 anni, le evidenze scientifiche che l’esposizione alle radiazioni del 3G e 4G sono collegate ai tumori cerebrali e ad altre manifestazioni cliniche. Tante cause sono state vinte anche se non ancora in via definitiva perché impugnate; l’iter è lungo». Continua l’avvocato: «una causa a Firenze è stata vinta proprio dall’attuale ministro Bonafede che quindi è bene informato in materia».

Ma cosa possono fare i comuni e le amministrazioni? «Lo stato definisce i parametri ma i comuni hanno il dovere di minimizzare le esposizioni tenendo conto dell’agente fisico; si può chiedere di bloccarlo sottoponendolo a moratoria perché esistono elementi di possibile rischio non contrastati da prove di innocuità.

Lo stato è in grado di garantire che onde 5G sono innocue per salute pubblica? Se non lo può fare, si assume la responsabilità civile e penale? Si può continuare a dire che sono sicure?

Anche per questioni di ricaduta legale sull’amministrazione pubblica bisogna riconsiderare il significato di servizio pubblico in merito alle comunicazioni e alla connettività che lo stato deve assicurare. Il diritto all’internet delle cose, al controllo a distanza di apparecchi anche medicali, a nuovi servizi fino a che punto può essere spinta? Con quale grado di consenso della collettività? La copertura cumulativa, continuativa e simultanea di raggi che seguono ogni microchip che indosseremo non potrà non investire anche i più esposti, bambini e donne incinte. Vale la pena di ripensare a cosa vuol dire servizio pubblico, quali diritti chiedere, definirne i valori».

Un ulteriore motivo di preoccupazione sono gli scandali PhoneGate negli Usa e in Francia: le aziende produttrici di cellulari hanno dichiarato emissioni, dai dispositivi mobili, molto inferiori a quelle consentite attraverso test di assorbimento che avvenivano ad una distanza dai 25 ai 15 mm dal corpo. Questo ha portato al ritiro di centinaia di migliaia di cellulari.Racconta il dott. Mark Arazi che proprio in questi giorni, in seguito allo scandalo PhoneGate Alert, il governo Francese è stato costretto a rendere pubblici i risultati dei test che incriminavano 9 tipologie di telefonini su 10 studiati, di superare, di molte volte, le soglie di radiazione consentita. Tali documenti sono stati tenuti nascosti per 3 anni e ora il governo ha iniziato ad informare la cittadinanza sull’uso del cellulare.

https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2019/11/Sindaca-Franca-Bilio.jpg

Franca Biglio, Sindaco di Marsaglia

Ad esempio mai usare il telefonino a contatto con il corpo! Ogni centimetro in meno dal corpo aumenta esponenzialmente l’indice di assorbimento, quindi neanche in tasca ed è necessario usare sempre auricolari e con i fili e mai il wireless. Wifi da usare il meno possibile, quindi attenzione ai treni ad alta velocità dove per ogni vagone rimbalzano all’interno delle lamiere le radiazioni anche di 100 cellulari contemporaneamente in funzione!

Conclude il convegno l’Onorevole Sara Cunial (Gruppo Misto). In questi anni ha sostenuto i cittadini coinvolti nei diversi conflitti ambientali e a tutela della salute aprendo le “porte del palazzo” e permettendo le conferenze stampa a chi volesse porre questioni di solito inascoltate dalla politica. «Dare voce ai sindaci per il diritto all’autodeterminazione, non solo sul 5G, fa parte di un disegno più ampio per difendersi dalle imposizioni calate dall’alto. Bisogna unirsi per contrastare i continui attacchi; riprendersi il diritto di scegliere come vogliamo vivere. Io vengo da Vicenza devastata dallo scandalo industriale per lo sversamento di PFAS, fino a poco tempo fa sconosciute. Nel 2013, andati all’Istituto Superiore di Sanità con le prime analisi, siamo stati derisi. Tutto in nome del profitto a favore di pochi ma a discapito della salute pubblica. Ormai le armi sono smussate, la società civile e suoi portavoce, i sindaci, gli assessori, i consiglieri sono la speranza per il futuro». Poi cita Primo Levi: “I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere…”.

Per vedere l’intero convegno clicca qui.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/11/5g-impegno-sindaci-difesa-salute-pubblica/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

A Malles pesticidi banditi con un referendum

Malles_venosta-300x336

Malles, nella Val Venosta, i cittadini hanno deciso di bandire i pesticidi, grazie a un Referendum. Lo scorso 5 settembre, infatti, i circa 5mila abitanti della zona sono stati chiamati a esprimere con il voto per corrispondenza la propria preferenza. La posta in gioco: eliminare definitivamente gli anticrittogamici dai campi. La consultazione popolare, una delle prime di questo genere in Europa, è stata preceduta da non poche polemiche e scontri tra i favorevoli a una coltivazione 100% biologica e gli “anti-proibizionisti”. Con il 75% dei voti, i cittadini hanno detto NO ai pesticidi. All’iniziativa ha partecipato il 69% degli aventi diritto al voto. È già da parecchi anni che in alta Val Venosta gli ambientalisti si scontrano con l’avanzata della monocoltura delle mele e soprattutto con l’utilizzo di soluzioni chimiche nei frutteti della zona. Secondo quanto si apprende su Internazionale,sembra che i pesticidi abbiano messo in difficoltà parecchie aziende biologiche della zona, il cui fieno risultava contaminato dalle sostanze utilizzate nei terreni limitrofi.

In un campione di fieno prelevato a pochi metri da una scuola elementare sono stati trovati residui di nove sostanze fungicide e insetticide velenose. Già nel 2013, i promotori del comitato “Malles, comune libero da pesticidi” avevano raccolto 500 firme, per inserire nello statuto comunale un articolo sul principio di precauzione per la tutela della salute dei cittadini e la gestione sostenibile dell’ambiente. Ora, il risultato del Referendum potrebbe sovvertire le sorti delle coltivazioni della zona e della salute delle persone, spianando la strada verso un paese a produzione 100% biologica.Inoltre, questo potrebbe aiutare di gran lunga a bloccare la pericolosa moria delle api, causata dai pesticidi utilizzati nelle coltivazioni; come dichiarato a Repubblica  da Claudio Porrini, entomologo dell’Università di Bologna: “Sto lavorando in quella zona e conosco bene la situazione: gli apicoltori sono disperati per le morie che hanno falcidiato le arnie e che sono legate a un uso molto intenso dei pesticidi. E poi quelle sono valli strette, con i frutteti che si alternano a scuole, impianti sportivi, boschi. Per poter convivere bisogna ridurre progressivamente l’uso di fitofarmaci”.Malles potrebbe ben presto non essere più il primo posto in cui i pesticidi vengono banditi attraverso un referendum. Nella Val di Non, in Trentino, infatti, Virgilio Rossi, capogruppo consiliare della Lista civica Sae (Salute ambiente economia) ha espresso le sue considerazioni in merito: “È una svolta epocale dove le persone, ormai dimostrano di distinguere un’agricoltura sana da quella chimica, di avere ormai acquisito una conoscenza sulle conseguenze di queste sostanze sull’ambiente e soprattutto sulla salute umana ed animale in genere”. Secondo Rossi, d’ora in avanti le cose cambieranno e “questo precedente sarà la base da dove partiranno con effetto domino ulteriori iniziative, compresa la Val di Non”. Una cosa che andrà sicuramente a scontrarsi con gli interessi economici di chi porta avanti un sistema agricolo che non può essere più sostenuto dalla natura.

(Foto: Luca De Santis)

Fonte:  ambientebio.it

Nasce la rete italiana per la salute sostenibile

Un sistema sanitario che abbia come priorità la sostenibilità sociale e ambientale e la tutela della salute dei cittadini, non il profitto economico. È questo ciò che serve oggi in Italia secondo la neonata Rete Sostenibilità e Salute. «Nell’ottica della sostenibilità, i modelli di salute, sanità e cura devono porre al centro la persona, privilegiando l’attenzione al paziente», spiega Jean Louis Aillon, portavoce del sodalizio che raggruppa ventuno associazioni attive da tempo nell’ambito della salute che hanno deciso di unirsi per coordinare i propri sforzi su tutto il territorio nazionale.
Oggi il parametro su cui si basano tutte le valutazioni sono le prestazioni erogate. Numeri e statistiche che però non sono in grado di dirci se le persone che ricorrono alle cure mediche traggono realmente beneficio da esse, in termini di salute fisica e spirituale, di benessere e di qualità della vita. «Nell’ottica della sostenibilità – spiega Jean –, i modelli di salute, sanità e cura devono porre al centro la persona, privilegiando l’attenzione al paziente. Integrazione tra saperi, interazione dei professionisti e delle organizzazioni e importanza delle sinergie con le medicine tradizionali e non convenzionali, sono parole chiave importantissime».3b-Foto-rete-seria

Manifesto della Rete Sostenibilità e Salute è la “Carta di Bologna per la sostenibilità e la salute”, che si apre constatando come l’attuale modello di sviluppo, basato sul paradigma della crescita infinita, non sia sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale, ma anche in termini di salute dei cittadini di oggi e di domani. È quindi necessario prima di tutto un nuovo approccio culturale, che ponga l’attenzione sulla salutogenesi piuttosto che sulla patologia, evitando la medicalizzazione eccessiva – uno studio rivela che su 2.500 prestazioni sanitarie supportate da buone evidenze scientifiche, solo il 46% è sicuramente utile e il 4% è giudicato addirittura dannoso. Ma la Carta affronta anche aspetti pratici, suggerendo misure importanti in termini di prevenzione delle frodi, coordinamento dei servizi, criteri di valutazione, gestione della fiscalità e condizioni di accesso. «È indispensabile – aggiunge in proposito Jean – che il Servizio Sanitario Nazionale, basato sulla prevenzione e sull’assistenza primaria, resti una risorsa per tutti, senza disuguaglianze di accesso, indipendente dalle influenze del mercato, sulla base di un sistema che valuti i risultati in termini di “produzione di salute” e non solo di numero di prestazioni sanitarie erogate». Vengono anche fissati gli obiettivi della Rete: favorire la circolazione delle informazioni, organizzare momenti di incontro, coinvolgere le istituzioni, attivare collaborazioni e sinergie, avviare un percorso di reciproca conoscenza fra le associazioni aderenti. Da Slow Food al Movimento per la Decrescita Felice – di cui Jean è vicepresidente nazionale –, dal Centro Salute Internazionale dell’Università di Bologna a Medicina Democratica, si è creato un network eterogeneo in termini di competenze, ma coeso e unito negli intenti.6Logo-ufficiale

A questa iniziativa aderisce con entusiasmo anche Italia Che Cambia, inserendosi perfettamente in una rete che promette di accoppiare in maniera così efficace ciascun ingranaggio per far funzionare il grande meccanismo del cambiamento, per di più in un ambito così importante come quello della salute e del benessere delle persone.
«C’è davvero un’Italia che cambia vorticosamente», ha commentato Jean. «È sotto i nostri occhi e stiamo cominciando a rendercene conto. Chi avrebbe mai detto qualche anno fa che, quasi contemporaneamente al successo del progetto “Italia che Cambia”, si sarebbe creato un gruppo di 21 associazioni che per la prima volta parlano di salute e sostenibilità, mettendo in dubbio il dogma della crescita economica? Due reti che vengono alla luce insieme e che mi auguro possano felicemente incontrarsi per lavorare insieme a quel cambiamento che solo unendo le forze possiamo portare nel mondo!».

 

Francesco Bevilacqua

 

Fonte: italiachecambia.org/