Boschi vivi: un cimitero naturale per la salvaguardia del paesaggio

Boschi Vivi è una cooperativa e un progetto di economia circolare: si tratta dell’unico servizio di interramento delle ceneri che opera in area boschiva in Italia e che reinveste i propri utili in progetti di salvaguardia dei boschi e dei paesaggi. Nata nel marzo 2016, Boschi Vivi si pone inoltre l’obiettivo di rendere il bosco prescelto per l’interramento un luogo partecipato, organizzando all’interno attività ludiche e ricreative e rivoluzionando di fatto il sistema dei servizi cimiteriali.

Non vorremmo mai parlarne. Anzi, non ci pensiamo e se lo facciamo dobbiamo spesso superare una sensazione di vuoto e di disagio abbastanza spiccato. Ma come diceva lo scrittore argentino Jorge Louis Borges, “la morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare”. Perché non provare a renderlo un avvenimento che possa migliorare le condizioni di chi rimane? A questo interrogativo prova a dare una risposta e una soluzione la Cooperativa Boschi Vivi, nata nel marzo 2016 e formata da quattro soci: Anselma Lovens,  Camilla Novelli, Riccardo Prosperi e Giacomo Marchiori.

Si tratta dell’unico servizio di interramento delle ceneri che opera in area boschiva e reinveste in progetti di cura dei boschi. Tramite l’acquisizione o la presa in gestione di un’area boschiva da Enti sia pubblici che privati, Boschi Vivi provvede a restituirla alla comunità, con la rigenerazione dell’area in oggetto, sia per quanto riguarda il recupero ambientale e vegetazionale sia per il miglioramento della fruibilità. L’area dove viene attuato il servizio viene monitorata e gestita nel tempo e l’accesso è libero per tutti.

Perché il recupero dei boschi?

Mentre la formazione di Riccardo è di natura giurisprudenziale, le altre due socie e l’altro socio di Boschi Vivi hanno una formazione tendenzialmente forestale connessa alla tutela del paesaggio. Provengono dalla Liguria, regione teatro di una forte frammentazione della proprietà boschiva e che spesso viene abbandonata: “L’abbandono dei boschi in Liguria è un problema forte” ci racconta Anselma Lovens “e più dell’ottanta per cento dei boschi è di proprietà privata, ma è una proprietà molto frammentata e a volte anche inconsapevole: ci sono persone che ereditano boschi e nemmeno sanno di esserne i proprietari. Bisogna in realtà occuparsi dei boschi, perché per molto tempo questi ambienti sono stati antropizzati dall’uomo per diversi utilizzi, hanno bisogno di essere gestiti per evitare il rischio idrogeologico, di frane e di incendi e sono competenze che stanno venendo sempre più a mancare. Sono equilibri che, in caso di abbandono, sarebbero persi con conseguenze negative per tutti”.MG_8503.jpg

Come funziona il progetto: perché Boschi Vivi?

Parlare di “Boschi Vivi” rispetto a quello che stiamo trattando può suonare paradossale, ma di fatto questo progetto vuole ripensare anche il modo di utilizzo del nuovo cimitero naturale. La scelta di aderire al progetto di Boschi Vivi presuppone la volontà di cremazione e dispersione delle ceneri da parte della persona interessata. Chi vuole aderire “prenota una visita informativa nella quale una guida spiega come funziona il progetto, la persona sceglie così l’albero nei cui pressi, a suo tempo, verranno interrati i resti con una piccola targa commemorativa”, ci spiega Anselma “Siamo arrivati dunque con questa idea che mette a sistema una scelta che in realtà nella normativa è già inquadrata, noi ci occupiamo di tutto l’iter burocratico per renderla effettiva. La proposta, inoltre, è aperta anche per gli animali”. Le persone hanno a disposizione più opzioni, che variano a seconda della disponibilità economica: si va dall’albero di comunità, che rappresenta il prezzo più basso e consiste nell’essere dispersi insieme ad altre persone sotto un albero, a progetti più onerosi e personalizzati per famiglie o singoli. Si paga una sola volta, una tantum, e il diritto vale per novantanove anni dall’inizio del progetto. Nessuna lapide né fiori recisi: il bosco si presenterà in modo molto simile a come sarebbe in assenza dell’attività commemorativa: “Il bosco è già di per sé una scenografia naturale meravigliosa e rasserenante”.MG_8931.jpg

Il nome Boschi Vivi è sinonimo anche di un’altra volontà dei quattro soci: “L’idea nostra è mantenere il bosco vivo in tutti i sensi: abbiamo intenzione di organizzare all’interno corsi di yoga, letture, laboratori per i bambini”, ci racconta Giacomo Marchiori. “Abbiamo fatto dei questionari alle persone propedeutici alla nostra attività, dove è emerso un aspetto importante: anche chi non è interessato a farsi cremare o disperdere, comunque utilizzerebbe un bosco adattato a questa attività per poterci fare le sue attività quotidiane come passeggiare o ad esempio andare a funghi. Per questo progetto noi ci siamo ispirati ad alcune esperienze già attive da tempo nei paesi anglosassoni, in Germania, Austria e Svizzera, ma nessuno di questi finora ha la particolarità del fine del recupero e della tutela del paesaggio. Questo è dovuto al nostro background di pianificatori forestali, che ci ha fatto osservare la realtà italiana e il problema dell’abbandono dei nostri boschi. È un forte valore aggiunto del progetto, una possibile soluzione al problema e pensiamo che oggi l’Italia sia pronta per accoglierla”. Dopo aver vinto diversi bandi, il progetto è partito in un bosco divenuto di proprietà della Cooperativa, nel comune di Martina-Urbe in provincia di Savona. Per migliorare il recupero e il ripristino di alcune aree del bosco in questione, da martedì 9 ottobre Boschi Vivi ha dato vita ad una campagna di crowfunding  che scadrà tra circa un mese, allo scopo di sostenere le spese di riqualificazione del bosco stesso.MG_8969

“Il servizio cimiteriale è rimasto inalterato a livello di offerta dai periodi napoleonici”, conclude Anselma. “È un sistema cristallizzato e aveva bisogno di uno stimolo secondo noi votato all’innovazione. Abbiamo sentito un trasporto verso questa nuova consapevolezza che l’Italia sta avendo della necessità di tutela paesaggistica e ambientale e crediamo di poter porre le basi per creare rete e diffondere altri boschi vivi non solo in Liguria, ma in tutto il territorio italiano”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/10/io-faccio-cosi-185-boschi-vivi-cimitero-naturale-salvaguardia-paesaggio/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Il saccheggio della Toscana

La Regione Toscana lancia il suo affondo finale nei confronti della protezione ambientale e della tutela del paesaggio, e lo fa in grande stile. Dopo un crescendo di attacchi politici e legislativi che si protrae da anni, ora la giunta regionale sembra arrivata a una frenesia di distruzione.9629-10399

Ma andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta e quali sono le drammatiche e disruttive scelte che la Regione ha preso e le pratiche ecodistruttive che promuove.

Partiamo dalla questione lupi, che è stata in gran parte fomentata proprio dalla becera politica regionale sia di maggioranza sia di alcune parti dell’opposizione. I lupi, si sa, sono molti in Toscana, e così i problemi che si riscontrano a causa del predatore con la pastorizia in Appennino, ma anche molte sono le soluzioni, già utilizzate altrove e anche da molti allevatori toscani, e di comprovata efficienza, come i cani da guardianìa, i recinti elettrici e disturbi di vario tipo.

Ma la Regione è la capofila a chiedere a gran voce l’abbattimento dei lupi, e prosegue ciecamente in questa direzione nonostante gli stop che da più parti, anche da istituzioni nazionali, vengono imposti per salvaguardare una specie simbolo della biodiversità e della lotta all’estinzione dei grandi carnivori. Superlative nella loro rozzezza le dichiarazioni di taluni amministratori, come quelle dell’assessore all’agricoltura Remaschi, che sbraita contro l’Europa affinché venga finalmente aperta la caccia ai lupi.

Passiamo ad un altro argomento assai spinoso. L’annullamento delle Province fa sì che la Regione Toscana decida un accorpamento delle competenze sulle riserve naturali un tempo provinciali. Queste riserve sono distribuite in tutto il territorio e in molti casi tutelano degli autentici gioielli ambientali, come la Riserva Naturale dell’Alto Merse, in provincia di Siena, che ospita paesaggi intatti, torrenti ricchi di biodiversità in cui fino a pochi anni fa viveva una piccola popolazione di lontre; come la Riserva Naturale di Castelvecchio, dove si annidano su uno sperone di roccia e in mezzo a foreste di lecci e cerri le magnifiche rovine di una città medievale. Sono solo due esempi di decine di luoghi importanti e preziosi, che avrebbero potuto rappresentare la vera essenza del territorio toscano. Ma queste riserve naturali, già in parte abbandonate a sé stesse dalle amministrazioni locali, una volta passate in mano alla Regione sembra che non valgano proprio nulla, dato che nella nuova legge regionale 30/2012 e nel quadro di bilancio per le aree protette il finanziamento destinato al loro mantenimento e salvaguardia è pressoché nullo, e si parla con insistenza della necessità di privatizzazioni.

Molte aree protette verranno invece date direttamente in gestione alle amministrazioni locali, assolutamente prive di risorse e di capacità tecniche per creare una gestione lungimirante e continuativa.

Ma non basta, a questo bisogna aggiungere che la vigilanza volontaria (le guardie volontarie ambientali e zoofile di associazioni come WWF, LIPU, ENPA ecc.), importante e gratuito baluardo contro i reati ambientali, e sostegno utilissimo di forze dell’ordine e magistratura, nel passare sotto il controllo della Regione vedono il loro ruolo notevolmente ridimensionato, la loro capacità operativa annullata in molti casi, l’aiuto finanziario per le spese vive (divise ecc.) volatilizzato. In coerenza con una politica nazionale in cui il Corpo Forestale dello Stato viene trasferito, o è meglio dire accartocciato in una informe realtà con compiti anche molto diversi da quelli della tutela e del controllo ambientale.

E non è ancora finita. La Regione, presidente Rossi in testa, annuncia: “Mai più fiumi a briglia sciolta” e stanzia 40 milioni di euro (in gran parte provenienti dall’Unione Europea e destinati a ben altro uso) per fare cosa? La cementificazione dei fiumi. Proprio così: creare dighe su fiumi e torrenti.

Questo denaro sarebbe in realtà fatto rientrare in maniera incongrua tra le spese per il Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 nell’ambito del “Sostegno alla prevenzione di danni arrecati alle foreste da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici”.  E cosa c’entra? Gli eventi catastrofici sono proprio quest’ultimo assalto ai pochi fiumi e torrenti rimasti intatti, un assalto supportato anche da alcuni consorzi di bonifica che da anni stanno distruggendo la vegetazione e la naturalità di questi ambienti, nonostante le critiche piovute dal mondo accademico, da associazioni ambientaliste e da comitati di cittadini. La Regione promuove l’industria del cemento in nome di considerazioni idrauliche false e obsolete ma non promuove la salvaguardia dei fiumi da inquinamento ed erosione. Basti pensare che interi quartieri di Firenze non hanno depuratore delle acque fognarie e che interi bacini fluviali sono sottoposti ad un’erosione selvaggia a causa di pratiche agricole e di taglio forestale fuori controllo, scarsamente regolamentate e completamente ignorate, quando non incentivate, dagli enti regionali.

E, per finire, la ciliegina sulla torta. La Regione Toscana modifica la legge regionale 48/1994 e consente così lo svolgimento di gare e “manifestazioni sportive” di motocross, auto fuoristrada e altri mezzi motorizzati anche fuori dalle strade carrozzabili e da qualsiasi strada (cioè per intenderci nei boschi e simili) e… anche all’interno delle aree protette.

Questo è il colpo finale alla tutela ambientale, la legittimazione di attività vandaliche in completo contrasto con un minimo rispetto dell’ambiente e della natura, con la funzione delle aree protette e con la  loro fruizione da parte dei cittadini che pensano di trovarvi quiete, aria sana, bellezza. Una provocazione trasformata in legge a favore di meschini interessi economici in contrasto con il benessere di tutti e anche in contrasto con lo sviluppo di un turismo ecologico e ambientale. Una provocazione trasformata in legge, una vergogna che ha fatto indignare tutte le associazioni ambientaliste, il CAI che ha emesso un duro comunicato, una parte delle opposizioni che si sono battute con forza contro decisioni arbitrarie e prive di ogni logica. WWF e Legambiente punteranno ad una invalidazione della legge.

Resta evidente però un disegno preciso di destabilizzazione totale della difesa dell’ambiente, una sorta di “Sacco di Roma” legalizzato, che punta a concedere tutto a speculatori, cementificatori, inquinatori.

Da più parte però si registra una forte volontà di creare un fronte comune a difesa di quelli che sono dei baluardi ambientali nella terra degli Etruschi, e che fanno della Toscana un luogo di fascino e di attrazione turistica. Ma fino a quando?

Fonte: ilcambiamento.it