Stop TTIP dà la sveglia ai politici: il 10 febbraio tutti a Milano

In questi anni la campagna Stop TTIP ha visto una vera e propria escalation di visibilità e non certo grazie ai media mainstream. E ha ottenuto risultati importanti, come impedire che il CETA fosse ratificato in Senato. Ora, per rafforzare l’argine contro lo strapotere delle multinazionali e l’azzeramento dei diritti, l’appuntamento è il 10 febbraio a Milano.9742-10516

Si terrà il 10 febbraio prossimo a Milano l’assemblea nazionale di tutti i comitati Stop TTIP della campagna. L’appuntamento è dale 11 alle 18 in corso Giuseppe Garibaldi (QUI tutte le informazioni) e non è stato organizzato “per caso”. A due settimane dalle elezioni politiche che stanno scaldando gli animi e preoccupando non poco certi partiti, i promotori della campagna per dire no ai trattati transnazionale che calpestano i diritti di Stati e cittadini si raccolgono insieme per programmare e progettare le prossime azioni. E per capire bene da che parte stanno i politici in corsa…

«Nel 2017 insieme abbiamo compiuto un’impresa: impedire che il CETA, il trattato economico e commerciale tra UE e Canada, fosse ratificato in Senato – spiegano dalla Campagna – Nel 2018 vogliamo spingerci ancora più in là, chiedendo fin da subito al prossimo Parlamento di schierarsi contro gli accordi tossici che minacciano la nostra agricoltura, l’ambiente, i diritti del lavoro, la privacy e i servizi pubblici. Abbiamo le forze di sollevare una nuova ondata di pressioni su tutti i candidati alle prossime elezioni del 4 marzo. Per questo, invitiamo tutti i Comitati locali e le organizzazioni che hanno sempre supportato questa campagna a partecipare all’Assemblea nazionale di Stop TTIP Italia il prossimo 10 febbraio presso il Centro di Aggregazione Multifunzionale in corso Garibaldi 27 a Milano. L’invito è a partecipare numerosi, per ritrovarci dopo questi mesi e anni di battaglie comuni e rilanciare con forza le istanze che questo movimento nato dal basso ha saputo portare in primo piano sulla scena politica nazionale».

Grande è stata la soddisfazione a dicembre 2017 quando le Camere sono state sciolte prima della ratifica del Ceta. «I trattati commerciali iniqui diventano argomento di campagna elettorale. Grazie a tutte le persone, i comitati, le associazioni, i sindacati, i partiti e le imprese che hanno lottato, resistito, cambiato una storia che volevano già scritta» hanno detto dalla Campagna Stop TTIP. Un grazie è andato anche agli oltre 100 eletti tra Camera e Senato che hanno detto “no” alla ratifica.

Per facilitare l’organizzazione da parte del comitato di Milano, chi partecipa invii una e-mail di conferma a stopttipitalia@gmail.com entro venerdì 26 gennaio.

Per saperne di più…

Che cos’è il TTIP?

Il TTIP è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico che ha l’intento dichiarato di modificare regolamentazioni e standard (le cosiddette “barriere non tariffarie”) e di abbattere dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti rendendo il commercio più fluido e penetrante tra le due sponde dell’oceano.

L’idea sembrerebbe buona. Perché qualcuno lo definisce “pericoloso”?

Condividiamo la definizione perché, in realtà questo trattato, che viene negoziato in segreto tra Commissione UE e Governo USA, vuole costruire un blocco geopolitico offensivo nei confronti di Paesi emergenti come Cina, India e Brasile creando un mercato interno tra noi e gli Stati Uniti le cui regole, caratteristiche e priorità non verranno più determinate dai nostri Governi e sistemi democratici, ma modellate da organismi tecnici sovranazionali sulle esigenze dei grandi gruppi transnazionali.

I soliti “tecnici” che “rubano” il potere alla politica.

Infatti. Il Trattato prevede l’introduzione di due organismi tecnici potenzialmente molto potenti e fuori da ogni controllo da parte degli Stati e quindi dei cittadini. Il primo, un meccanismo di protezione degli investimenti (Investor-State Dispute Settlement – ISDS), consentirebbe alle imprese italiane o USA di citare gli opposti governi qualora democraticamente introducessero normative, anche importanti per i propri cittadini, che ledessero i loro interessi passati, presenti e futuri.

Le aziende citerebbero gli Stati in tribunale.

Non solo; le vertenze non verrebbero giudicate da tribunali ordinari che ragionano in virtù di tutta la normativa vigente, come è già possibile oggi, ma da un consesso riservato di avvocati commerciali superspecializzati che giudicherebbero solo sulla base del trattato stesso se uno Stato – magari introducendo una regola a salvaguardia del clima, o della salute – sta creando un danno a un’impresa. Se venisse trovato colpevole, quello stato o comune, o regione, potrebbe essere costretto a ritirare il provvedimento o ad indennizzare l’impresa. Pensiamo ad un caso come quello dell’Ilva a Taranto, o della diossina a Seveso, e l’ingiustizia è servita.

Una giustizia “privatizzata”, insomma.

Non è l’unica questione. Un altro organismo di cui viene prevista l’introduzione è il Regulatory Cooperation Council: un organo dove esperti nominati della Commissione UE e del ministero USA competente valuterebbero l’impatto commerciale di ogni marchio, regola, etichetta, ma anche contratto di lavoro o standard di sicurezza operativi a livello nazionale, federale o europeo. A sua discrezione sarebbero ascoltati imprese, sindacati e società civile. A sua discrezione sarebbe valutato il rapporto costi/benefici di ogni misura e il livello di conciliazione e uniformità tra USA e UE da raggiungere, e quindi la loro effettiva introduzione o mantenimento. Un’assurdità antidemocratica che va bloccata, a mio avviso, il prima possibile.

Per chi è allora vantaggioso il TTIP?

Il ministero per lo Sviluppo economico ha commissionato a Prometeia s.p.a. una prima valutazione d’impatto mirata all’Italia, alla base di molte notizie di stampa e interrogazioni parlamentari. Scorrendo dati e previsioni apprendiamo che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero nell’arco di tre anni dall’entrata in vigore dell’accordo: il 2018, al più presto. Il TTIP porterebbe, entro i tre anni considerati, da un guadagno pari a zero in uno scenario cauto, ad uno +0,5% di PIL in uno scenario ottimistico: 5,6 miliardi di euro e 30mila posti di lavoro grazie a un +5% dell’export per il sistema moda, la meccanica per trasporti, un po’ meno da cibi e bevande e da uno scarso +2% per prodotti petroliferi, prodotti per costruzioni, beni di consumo e agricoltura. L’Organizzazione mondiale del Commercio ci dice che le imprese italiane che esportano sono oltre 210mila, ma è la top ten che si porta a casa il 72% delle esportazioni nazionali (ICE – Sintesi Rapporto 2012-2013: “L’Italia nell’economia internazionale”). Secondo l’ICE, in tutto nel 2012 le esportazioni di beni e servizi dell’Italia sono cresciute in volume del 2,3%, leggermente al di sotto del commercio mondiale. La loro incidenza sul PIL ha sfiorato il 30% in virtù dell’austerity e della crisi dei consumi che hanno depresso il prodotto interno. L’Italia è dunque riuscita a rosicchiare spazi di mercato internazionale contenendo i propri prezzi, senza generare domanda interna né nuova occupazione. Quindi prima di chiudere i conti potremmo trovarci invasi da prodotti USA a prezzi stracciati che porterebbero danni all’economia diffusa, e soprattutto all’occupazione, molto più ingenti di questi presunti guadagni per i soliti noti. Danni potenziali che né la ricerca condotta da Prometeia né il nostro Governo al momento hanno quantificato o tenuto in considerazione.

È vero che, nonostante l’enorme importanza della questione, il Parlamento europeo non abbia accesso a tutte le informazioni sul modo in cui si svolgono gli incontri e sullo stato di avanzamento delle trattative?
Il Parlamento europeo, dopo aver votato nel 2013 il mandato a negoziare esclusivo alla Commissione – come richiede il Trattato di Lisbona – potrà soltanto porre dei quesiti circostanziati, cui la Commissione può rispondere ma nel rispetto della riservatezza obbligatoria in tutti i negoziati commerciali bilaterali, sempre secondo il Trattato, e poi avrà diritto di voto finale “prendi o lascia”, quando il negoziato sarà completato. Nel frattempo non ha diritto né di accesso né di intervento sul testo. I Governi stessi dell’Unione, se vorranno avere visione delle proposte USA, dovranno – a quanto sembra al momento – accedere a sale di sola lettura approntate nelle ambasciate USA (non si capisce se in quelle di tutti gli Stati UE o solo a Bruxelles, e non potranno nemmeno prendere appunti o farne copia. Un assurdo, considerata la tecnicità e complessità dei testi negoziali.

Quali effetti potrà produrre l’accordo se verrà approvato nella sua forma attuale?

Tutti i settori di produzione e consumo come cibo, farmaci, energia, chimica, ma anche i nostri diritti connessi all’accesso a servizi essenziali di alto valore commerciale come la scuola, la sanità, l’acqua, previdenza e pensioni, sarebbero tutti esposti a ulteriori privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte delle imprese e dei gruppi economico-finanziari più attrezzati, e dunque più competitivi. Senza pensare che misure protettive, come i contratti di lavoro, misure di salvaguardia o protezione sociale o ambientale, potrebbero essere spazzati via a patto di affidarsi allo studio legale giusto e ben accreditato.

Il TTIP produrrà dei rischi per i cittadini?

Tom Jenkins della Confederazione sindacale europea (ETUC), nell’incontro con la Commissione del 14 gennaio scorso, ha ricordato che gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni e impegni internazionali ILO e ONU in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. Questo rende, ad esempio, il loro costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile. A sorvegliare gli impatti ambientali e sociali del TTIP, ha rassicurato la Commissione, come nei più recenti accordi di liberalizzazione siglati dall’UE, ci sarà un apposito capitolo dedicato allo Sviluppo sostenibile che metterà in piedi un meccanismo di monitoraggio specifico, partecipato da sindacati e società civile d’ambo le regioni.

È il primo caso del genere? O c’è qualche “antenato”?

Un meccanismo simile è entrato in vigore da meno di un anno tra UE e Korea, con la quale l’Europa ha sottoscritto un trattato di liberalizzazione commerciale molto simile anche strutturalmente al TTIP, facendo finta di non ricordare che come gli USA la Korea si è sottratta a gran parte delle convenzioni ILO e ONU. Imprese, sindacati e ONG che fanno parte dell’analogo organo creato per monitorare la sostenibilità sociale e ambientale del trattato UE-Korea, hanno protestato con la Commissione affinché avvii una procedura di infrazione contro la Korea per comportamento antisindacale, e ancora aspettano una risposta. Perché dovremmo pensare che gli USA, molto più potenti e contrattualmente forti si dovrebbero piegare alle nostre esigenze, considerando che sono tra i pochi Paesi che non si sono mai piegati a impegni obbligatori a salvaguardia della salute, o dell’ambiente come il Protocollo di Kyoto appena archiviato anche grazie alla loro ferma opposizione?

Il TTIP può produrre danni per la salute?

Faccio un solo esempio, basato sulla storia. Nel 1988 l’UE ha vietato l’importazione di carni bovine trattate con certi ormoni della crescita cancerogeni. Per questo è stata obbligata a pagare a USA e Canada dal Tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) oltre 250 milioni di dollari l’anno di sanzioni commerciali nonostante le evidenze scientifiche e le tante vittime. Solo nel 2013 la ritorsione è finita quando l’Europa si è impegnata ad acquistare dai due concorrenti carne di alta qualità fino a 48.200 tonnellate l’anno, alla faccia del libero commercio. Sarà una coincidenza, ma in un documento congiunto dell’ottobre 2012 BusinessEurope e US Chamber of Commerce, le due più potenti lobby d’impresa delle due sponde dell’oceano, avevano chiesto ai propri Governi proprio di avviare una “cooperazione sui meccanismi di regolazione”, che consentisse alle imprese di contribuire alla loro stessa stesura (http://goo.gl/HlqhTc).

Esistono alternative al TTIP? A cosa potrebbero aspirare i cittadini del mondo afflitti dall’attuale crisi economica?
Da molti anni non solo movimenti, associazioni, reti sindacali ma anche istituzioni internazionali come FAO e UNCTAD, le agenzie ONU che lavorano su Agricoltura, Commercio e Sviluppo, richiamano l’attenzione sul fatto che rafforzare i mercati locali, con programmazioni territoriali regionali e locali più attente basate su quanto ci resta delle risorse essenziali alla vita e quanti bisogni essenziali dobbiamo soddisfare per far vivere dignitosamente più abitanti della terra possibili, potrebbe aiutarci ad uscire dalla crisi economica, ambientale, ma soprattutto sociale che stiamo vivendo, prevedibilmente, da tanti anni. Stiamo facendo finta di niente, continuando a percorrere strade, come quella della iperliberalizzazione forzata stile TTIP, che fanno male non solo al pianeta e alle comunità umane, ma allo stesso commercio che è in contrazione dal 2009 e non si sta più espandendo. Da quando la piena occupazione europea e statunitense, che con redditi veri e capienti sosteneva produzione e consumi globali, sono diventate un miraggio, anche la crescita dei popolatissimi Paesi emergenti, che hanno fatto la propria fortuna grazie alla commercializzazione del loro capitale ambientale e umano a prezzi stracciati e ad alti costi ambientali e sociali, non è riuscita più a sostenere il paradigma della crescita infinita che si è rivelato per quello che era: falso e insensato. I poveri, che crescono a vista d’occhio e devono lavorare oltre le 10 ore al giorno per un pugno di spiccioli, consumano prodotti poveri e sempre meno; i ricchi, che sono sempre più ricchi ma anche sempre meno, consumano tanto e malissimo, e non creano benessere diffuso. Abbiamo la grande opportunità di voltare pagina, e di tentare di dare a questo pianeta ancora un po’ di futuro, rimettendo al centro della politica i beni comuni e i diritti. Col TTIP, al contrario, ci chiuderemo le poche finestre di possibilità ancora aperte. Con la Campagna Stop TTIP, che raccoglie solo in Italia oltre 60 tra associazioni, sindacati, enti pubblici, cittadini e comunità, vogliamo fermare questa deriva e diffondere tutte le alternative possibili e più efficaci delle vecchie ricette fallimentari che continuiamo a subire.

Fonte: ilcambiamento.it

 

… e il Ceta ci passa sotto il naso…

Il presidente canadese oggi a Roma per promuovere il CETA, l’accordo tossico che azzera Stati e cittadini. E mentre l’opinione pubblica è distratta da decreto vaccini e attacchi all’omeopatia, ci passa sotto il naso un trattato di cui ci pentiremo per sempre. La Campagna Stop TTIP lancia una mobilitazione sul web. Basterà?9571-10333

Oggi 30 maggio il premier canadese Justin Trudeau, il giovane e vincente politico che sfodera il suo fascino mentre versa una lacrima abbracciando i terremotati del Centro Italia, sarà a Roma per “vendere” al meglio il Ceta, il trattato gemello del TTIP, morsa mortale per Stati, cittadini e diritti a tutto vantaggio delle multinazionali. E la Campagna Stop TTIP Italia ha previsto una valanga di tweet sul Parlamento per chiedere un NO fermo alla ratifica del CETA. Oggi stesso dalle 10, quando il presidente canadese Justin Trudeau sarà ospite alla Camera di un convegno sulle migrazioni. Per quell’ora gli attivisti della Campagna Stop TTIP Italia, insieme ai sindacati e alle organizzazioni ambientaliste, daranno vita ad un tweetstorm sul web per chiedere a deputati e senatori di prendere una posizione contraria al CETA [Ecco come partecipare]. Intanto, in sordina e senza che nessun media lo abbia riportato, il 24 maggio scorso il Consiglio dei Ministri guidati da Franceso Gentiloni ha dato il suo ok al Ceta. L’opinione pubblica, distratta dal decreto vaccini e dall’attacco all’omeopatia, non cerca e i media non propongono la notizia.

«Il premier Trudeau viene a vendere ai nostri parlamentari un accordo tossico – dichiara Monica di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP – Chi ne ha letto tutte le 1600 pagine sa bene che al suo interno vi sono gravi rischi per l’agricoltura, il Made in Italy, i servizi pubblici, l’ambiente e l’occupazione. Il CETA, come il TTIP, è un trattato che fa della deregolamentazione obiettivo centrale: un approccio che mette il business di poche grandi imprese davanti ai diritti dei lavoratori e alla qualità dei prodotti».

L’appello è dunque ai parlamentari che, spiega Di Sisto «sono chiamati ad esprimere un giudizio determinante su questo accordo, negoziato nelle segrete stanze e poi venduto come un pacchetto chiuso e non emendabile. Di fronte alle modalità di negoziazione non trasparenti e ai rischi concreti presenti nel testo, ci aspettiamo che al momento del voto prevalga un chiaro NO al CETA. In caso contrario, le prossime elezioni saranno una Caporetto per chi avrà sostenuto accordi che violano l’interesse pubblico».

«Non sono riusciti con il TTIP, fermato dalla mobilitazione popolare, e ci provano con il CETA – aggiunge Marco Bersani, tra i coordinatori di Stop TTIP Italia – Diritti, beni comuni, servizi pubblici e agricoltura di qualità non sono in vedita. I parlamentari sappiano che il loro compito è rappresentare l’interesse generale e non quello delle multinazionali. Non rinunciamo alla democrazia».

«La visita di Trudeau in Italia poteva essere l’occasione per aprire un dibattito istituzionale sul CETA – dichiara Elena Mazzoni, tra i coordinatori di Stop TTIP Italia – Un dibattito che coinvolgesse gli stakeholders finora esclusi: associazioni, sindacati, movimenti e cittadini. Invece è un’altra occasione mancata e si profila la probabile ratifica del Trattato senza una discussione democratica e plurale. Per questo la Campagna italiana continuerà nel suo costante lavoro di informazione e pressione insieme ai cittadini».

Campagna Stop TTIP Italia

Web – www.stop-ttip-italia.net | FB – Stop TTIP Italia | TW – @StopTTIP_Italia

Fonte: ilcambiamento.it

 

Il Parlamento Ue approva il CETA: a rischio salute, ambiente e democrazia

Un grave rischio per la democrazia, l’ambiente e la salute dei cittadini a tutto vantaggio degli interessi delle multinazionali. È altamente preoccupante lo scenario che si prospetta in seguito al via libera al CETA, trattato economico e commerciale di libero scambio fra Unione europea e Canada appena approvato dal Parlamento Ue. Con 408 voti a favore e 254 contrari, il Parlamento Europeo ha deciso di ratificare il CETA, trattato economico e commerciale di libero scambio fra Unione europea e Canada. Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) dovrà essere ora ratificato dal parlamento di ciascuno stato membro, ma nelle sue parti fondamentali entrerà in vigore già da aprile. Secondo i favorevoli, l’approvazione del CETA rappresenta una risposta a Donald Trump, che ha espresso la volontà di congelare il TTIP, accordo fra Ue e Usa per abbattere i dazi doganali e uniformare i regolamenti dei due continenti con lo scopo di creare la più ampia area di libero scambio mai esistita. Il TTIP, che il nuovo presidente americano vuole congelare, ed il CETA, che ha appena avuto il via libera, sono due di una serie di trattati internazionali fortemente contestati poiché minano molte delle norme che tutelano i cittadini su alcune tematiche di fondamentale importanza, in primis nel settore agroalimentare.ceta-belgium

La protesta a Strasburgo

Molte le voci di protesta che si sono levate contro l’approvazione del trattato tra Ue e Canada, prime fra tutte quelle di movimenti, cittadini, sindacati e agricoltori che hanno esposto a Stasburgo frutta locale nelle cassette e striscioni all’ingresso del Parlamento per denunciare i rischi che questo accordo comporta per le produzioni locali europee.

“Un grande regalo alle grandi lobby industriali che nell’alimentare puntano all’omologazione e al livellamento verso il basso della qualità”. È quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’impatto dell’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta. “Nei trattati – sottolinea Moncalvo – va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori”.

“Questo accordo commerciale rischia di minare la democrazia e lo stato di diritto in Europa, a vantaggio di una manciata di multinazionali”, dichiara Federica Ferrario di Greenpeace Italia.
“L’obiettivo principale del CETA – continua Greenpeace – non è solo l’eliminazione delle barriere tariffarie, ma soprattutto la rimozione di ogni ostacolo al commercio e agli investimenti dovuto a norme differenti vigenti in Canada e in Europa. Questa operazione rischia di trasformarsi in un attacco diretto verso gli standard di protezione per persone, diritti e ambiente”.image

Secondo uno studio indipendente al quale fa riferimento Greenpeace, inoltre, l’entrata in vigore del CETA causerebbe la perdita di circa 200 mila posti di lavoro nell’Unione europea e, secondo quanto stimato dalla stessa Commissione europea, con l’adozione di questo trattato, nel lungo periodo in Europa si registrerebbe una irrisoria crescita economica.

“Oggi è stata scritta una pagina oscura per la democrazia in Europa, ma non tutto è compromesso – dichiara Monica Di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP Italia – La battaglia della società civile si sposta adesso a livello nazionale. Monitoreremo gli impatti dell’accordo, dimostrando che avevamo ragione a criticarne l’impianto, e spingeremo il Parlamento italiano a bloccare questo trattato dannoso per i nostri cittadini e lavoratori”.

Con l’applicazione provvisoria del CETA, sottolineano i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia, cadranno tariffe e quote su una vasta linea di beni e servizi commerciati tra i due blocchi, con prospettive negative per le piccole e medie imprese, i diritti del lavoro, la sicurezza alimentare, l’ambiente e i servizi pubblici.

“La campagna italiana chiede che dopo la giornata di oggi, il Parlamento italiano smetta di tenere il commercio internazionale fuori dai propri radar e metta all’ordine del giorno il dossier CETA, aprendo una consultazione con la società civile per venire a conoscenza dei gravi rischi che corrono l’economia del Paese, l’occupazione e la stessa architettura democratica”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/02/parlamento-ue-approva-ceta-rischio-salute-ambiente-democrazia/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

 

Il TTIP può danneggiare gravemente la salute pubblica…e non solo

Il TTIP, trattato USA-UE su commercio e investimenti, oggetto di negoziati a lungo tenuti segreti, getta molte ombre su temi rilevanti per la salute dei cittadini. Un articolo pubblicato su Epidemiologia&Prevenzione analizza ciò che può mettere a rischio non solo la qualità dei cibi, ma anche l’accesso alle cure sanitarie, le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, la sovranità dei singoli Stati europei. Una minaccia non solo per la salute degli individui, dunque, ma anche per la stessa democrazia in Europa.

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Il potenziale impatto del partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) sulla salute pubblica è il titolo dall’articolo pubblicato da Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, a firma di Roberto De Vogli e Noemi Renzetti (University of California Davis, US) in cui vengono passati in rassegna i diversi capitoli del TTIP che potrebbero interagire con la tutela della salute dei cittadini europei. Il TTIP, versione europea dei trattati di libero commercio (NAFTA e TPP) già in vigore dall’altra parte del mondo, è un documento complesso. Gli autori analizzano i possibili effetti sulla salute dell’introduzione del Trattato scandagliandone meticolosamente il testo, mettendo a confronto le opinioni di sostenitori e detrattori, e sostanziando la loro analisi con esempi concreti.

ACCESSO AI FARMACI E ALL’ASSISTENZA SANITARIA

In teoria, favorendo gli scambi tra le due sponde dell’Oceano e promuovendo una maggiore cooperazione tra le istituzioni governative che sovrintendono alle politiche dei farmaci, il TTIP potrebbe migliorare la cooperazione scientifica nella ricerca farmacologica e ridurre la duplicazione di processi. Ma il capitolo sulla proprietà intellettuale e sugli aspetti commerciali ad essa connessi, che estendono il monopolio dei brevetti, porterebbe a un aumento dei prezzi dei medicinali e, in ultima istanza, a diminuire l’accesso alle cure, soprattutto dei soggetti più svantaggiati. Non solo. Una possibile minaccia viene dal capitolo relativo all’accordo sui servizi che, oltre a prevedere l’apertura dei servizi sanitari pubblici alla concorrenza, anche privata, comprende una clausola cosiddetta «antiarretramento», che impedisce a servizi pubblici che siano stati privatizzati di ritornare in mano pubblica, configurando «una grave violazione contro la libertà delle nazioni di scegliere il proprio sistema sanitario di preferenza».

CONSUMO DI ALCOL E TABACCO

Episodi già verificatisi in diverse parti del mondo dimostrano come politiche attuate per limitare il consumo di alcol e tabacco siano state attaccate in quanto considerate ostacoli al libero commercio. Una situazione aggravata dal capitolo del TTIP riguardante le controversie tra investitori e singoli Stati, che consente agli investitori stranieri di citare in giudizio, di fronte a tribunali internazionali privati, gli stati che abbiano approvato una legge in grado di ridurre il valore del loro investimento. «Un meccanismo che le multinazionali del tabacco hanno già mostrato di essere ben predisposte a sfruttare» sottolineano De Vogli e Renzetti ricordando il caso dell’Uruguay, citato in giudizio da Philip Morris nel 2010 per aver apposto immagini shock sui pacchetti di sigarette a fini dissuasivi.

PATOLOGIE CORRELATE ALLA DIETA E L’AGRICOLTURA

Spingere verso regimi normativi meno restrittivi nel commercio è uno degli obiettivi del TTIP che potrebbe avere riflessi negativi sia sui consumi alimentari sia sulla sicurezza degli alimenti. L’esempio del Messico è illuminante: dalla introduzione del NAFTA, nel 1994, e il conseguente aumento della presenza nel Paese di multinazionali del fast food e dei soft drink, il Messico è al secondo posto nel mondo per consumo di bevande zuccherate e ha una delle più alte prevalenze di diabete nel Pianeta. Ma c’è un altro rischio, questa volta collegato al capitolo “misure sanitarie e fitosanitarie” che riguarda le norme sulla presenza negli alimenti di additivi alimentari, contaminanti, tossine. Il pericolo è che le norme europee vengano annacquate per avvicinarsi a quelle, notoriamente meno restrittive, d’Oltreoceano. Potrebbero così aumentare le importazioni non solo di cibi geneticamente modificati, ma anche di carni bovine trattate con ormoni e di polli trattati con il cloro(pratiche permesse negli Stati uniti).

SALUTE AMBIENTALE

«Il più grave effetto sulla salute del TTIP presumibilmente riguarda la sua capacità di influenzare le politiche ambientali» sostengono gli autori. Per esempio, le disposizioni in merito alle controversie tra investitori e Stati «potrebbero molto probabilmente essere sfruttate da grandi aziende di combustibili fossili per citare in giudizio quei governi che cercano di limitare l’estrazione e l’esportazione dei combustibili stessi», in contraddizione con gli impegni appena presi dalla conferenza sul clima di Parigi.

PROFITTO VS SALUTE 

Gli autori concludono con una valutazione delle possibili ricadute del TTIP sulle politiche interne degli Stati, portando come esempio anche quanto già verificatosi in altri Paesi dove da anni sono in vigore simili trattati di libero scambio (come il NAFTA in Nordamerica). «La nostra analisi» affermano «dimostra come, nonostante i promotori del TTIP sostengano che il trattato produrrà effetti vantaggiosi su fattori in grado di migliorare la salute, come la crescita economica e l’occupazione, l’evidenza storica documenti invece che le politiche di liberalizzazione commerciale tendono a incrementare le disuguaglianze economiche e, con esse, la possibilità di accedere alle cure». E chiosano: «La politica commerciale non dovrebbe considerare le regole dirette a tutelare la salute pubblica come ostacoli tecnici al commercio, e il “diritto a trarre profitto” non dovrebbe avere la priorità sul “diritto alla salute”».

Nell’editoriale che accompagna l’articolo di De Vogli e Renzetti sullo stesso fascicolo di Epidemiologia & Prevenzione, Paolo Vineis, noto epidemiologo italiano che lavora all’Imperial College di Londra, mostra con esempi ben documentati che tutte le strategie razionali per far fronte ai cambiamenti climatici e alla diffusione delle malattie non trasmissibili (co-benefit) vanno in una direzione opposta a quella neoliberista implicita nei trattati internazionali come il TTIP.

La campagna Stoop TTIP Italia organizza per il 7 maggio una mobilitazione nazionale a Roma: QUI gli aggiornamenti

Fonte: ilcambiamento.it

Dal TTIP al CETA: come uscire dalla “Gabbia dei trattati”?

Dal TTIP al TTP, al CETA. In via di approvazione in varie aree del mondo, i trattati globali costituiscono una delle principali minacce per il nostro futuro. Per cercare di fare luce sui loro aspetti più oscuri e meno noti, abbiamo intervistato Matteo Bortolon, autore del libro appena uscito per Dissensi “La gabbia dei trattati”.

Hanno nomi inoffensivi, semplici sigle, ma rappresentano una delle principali minacce per il nostro futuro, la nostra salute, il cibo che mangiamo e l’acqua che beviamo, la nostra sovranità. Sono i trattati globali, dal TTIP al TTP, al CETA, che in varie aree del mondo sono in via di approvazione spinti dalle multinazionali con l’aiuto delle loro istituzioni, il Fmi e la Banca mondiale. Riguardano quasi ogni aspetto della nostra vita, eppure non se ne parla molto. Abbiamo intervistato Matteo Bortolon, autore del libro appena uscito per Dissensi “La gabbia dei trattati”, per cercare di fare luce sui loro aspetti più oscuri e meno noti.

Matteo, da cosa nasce l’idea di scrivere un libro su un argomento che potrebbe apparire “tecnico” come una serie di trattati commerciali?

Dalla militanza e dalla necessità. Dalla militanza perché sono impegnato assieme ad altri amici e compagni in un’opera di divulgazione per far conoscere il più possibile il contenuto di questi trattati; la necessità è di divulgare cose che vengono decise sopra la testa dei cittadini e poi incidono nella loro vita! Il potere conserva la sua forza quando è nell’ombra, quando il processo decisionale è nell’opacità. Il TTIP come dice giustamente John Pilger, è la cosa più importante che stia succedendo in Europa attualmente, i tg dovrebbero aprire con le notizie che lo riguardano, invece se ne parla pochissimo…

Il tuo libro si chiama La gabbia dei trattati. In che senso questi nuovi trattati internazionali contribuiscono a metterci in gabbia?

Nel senso che orientano la politica degli Stati senza il consenso dei cittadini. Gli Stati hanno già numerosi obblighi di vario genere a cui dovrebbero sottostare: il rispetto dei diritti umani, protezione dell’infanzia e della maternità, ambiente ecc. Entro tali limiti gli Stati hanno la sovranità, cioè la possibilità di determinare le politiche nazionali con metodi democratici. Vuoi privatizzare l’acqua? Vuoi usare una forma di energia molto inquinante? Lo scrivi nel programma e vediamo se prendi la maggioranza! I trattati di libero commercio vincolano invece gli Stati nella direzione di portare acqua al mulino degli interessi costituiti, che ho chiamato il “blocco egemonico”: i super-ricchi, le multinazionali e i loro apparati. Così che se al potere andasse qualcuno con un programma a favore del bene comune, dei cittadini, dei poveri, scopre di poter fare ben poco perché è vincolato, è legato. Se non si mettono a fuoco questi meccanismi diventa futile votare, siamo in gabbia.

Parliamo del TTIP, quali sono i settori più a rischio? Quali le possibili conseguenze per l’Europa e l’Italia?
Il Trattato comprende un po’ tutti i settori della vita pubblica: servizi pubblici, ambiente, lavoro, finanza… tutto, tutto può rientrare. Sono esclusi in maniera definitiva solo i poteri governativi (esercito, polizia, magistratura, governo vero e proprio) e il settore degli audiovisivi per via dei francesi che su questo settore hanno una sensibilità specifica. Ogni paese ha molto da perdere: per l’Italia, ad esempio, l’alimentare è uno dei settori chiave e non mi sembra che ci siano rimasti molti settori economici particolarmente floridi! In questo campo peggiorerebbe sia la qualità dei cibi a cui le persone hanno accesso sia la forza economica delle aziende; quelle medie e piccole probabilmente verrebbero spianate senza scampo. Un altro settore importante è quello sanitario. Ci sarebbe una spinta forte ad una accelerazione della privatizzazione del sistema sanitario nazionale. Gli esempi precedenti di trattati simili mostrano conseguenze molto pesanti in tal senso.ttip_china_usa_transatlantische_beziehungen_freihandelsabkommen

Alcuni spunti e possibili scenari li possiamo forse prendere dal TTP, il gemello del TTIP ma relativo all’area del Pacifico. Che tipo di accordo è stato raggiunto?

Al momento in cui parliamo il TTP deve essere ancora approvato, è stato raggiunto un accordo su di un testo condiviso e adesso i singoli paesi devono ratificarlo. Nel libro riporto in merito le preoccupazioni di ambito medico e sanitario, Medici senza frontiere dice che su questo piano sarà il trattato più dannoso di sempre, perché rafforzando i diritti di proprietà intellettuale blinda il diritto delle case farmaceutiche di ottenere profitti. In generale il TPP è considerato, credo a ragione, funzionale a circondare la Cina, costruendo una rete di paesi amici. E’ anche uno dei trattati più ambiziosi e bizzarri, mette assieme 12 paesi di tre continenti differenti, con livelli di struttura produttiva, economia molto diversi. Trattati del genere si dicono “regionali” perché normalmente riguardavano paesi vicini o la stessa area geografica. L’area del Pacifico è una cosa che sfida la stessa nozione di “regione geografica” se pensiamo che ci mettono dentro USA, Vietnam, Cile…

E invece di cosa tratta il meno noto CETA?

Non ho studiato approfonditamente il CETA, nel libro ho dovuto fare una scelta; ma è noto che si tratta di un antecedente del TTIP: un accordo dell’UE con il Canada. In esso vediamo un pezzetto di futuro: in merito, per esempio alle denominazioni di indicazione geografica per i prodotti: prosciutto di Parma, Grana Padano per esempio. Dovremmo poter evitare che uno faccia del formaggio in California e poi ci metta l’etichetta con scritto “Grana padano”, no? In un’intervista il Commissario UE all’agricoltura ha garantito che ci saranno tutele, e chiama in causa proprio il CETA. Ma se guardiamo agli allegati tecnici vedendo realmente quanti prodotti italiani vengono tutelati, la lista è assai corta. Noi abbiamo in Italia svariate centinaia di prodotti del genere, di cui circa 270 con indicazione geografica protetta; nel CETA sono elencati circa 350 prodotti ma di tutta Europa! Quelli italiani sono solo 41 (li ho contati uno ad uno). Quindi beh non sembra un modello molto buono.

In generale qual è il disegno (ammesso che ce ne sia uno) dietro alla carica di questi nuovi trattati?
In parte il disegno è lo stesso: istituire un livello decisionale in cui contano solo le grandi aziende e le lobby, sovraordinato rispetto alle leggi per i comuni mortali! Anche a livello giuridico il progetto è quello di istituire una giurisdizione differenziata per le grandi imprese. Ma il contesto è molto diverso.Import_Export

Cosa li distingue dai vecchi trattati degli anni Novanta come il WTO e il NAFTA?

Ai tempi degli anni Novanta il lustro del libero mercato era di carattere espansivo: si fondava sulla egemonia USA con la Russia ridotta nell’angolo, la Cina isolata, e l’India e l’Europa in fasi di transizione. I vecchi trattati erano la trascrizione della vittoria del capitalismo USA sulla guerra fredda, che prometteva benefici a tutti; un’atmosfera di ottimismo incarnata dal democratico Clinton. Adesso siamo nella crisi economica mondiale e i trattati vengono negoziati alla chetichella segretando tutto. Inoltre sono sul terreno le potenze emergenti, e ognuno cerca di costruirsi un suo spazio di potere in aree geopolitiche in competizione. I nuovi trattati anziché espandere il dominio USA cercando di frenarne il declino, assorbendo l’UE e costruendo un network di paesi “amici”. Ed i rivali fanno lo stesso. Tecnicamente l’enfasi è un po’ di meno sulla apertura di nuovi mercati e più sulla uniformazione regolatoria, in modo che nella stessa area si costruiscano mercati omogenei.

Quali prospettive vedi per il futuro? Che azioni individuali e collettive possiamo intraprendere per uscire dalla “Gabbia dei trattati”?

Nello specifico, mentre il TPP sembra essere sulla via di entrare in vigore con molta probabilità, il TTIP ha molte più difficoltà. Una delle maggiori siamo noi: senza il consenso è tutto molto più difficile, pensa al successo della manifestazione di Berlino di ottobre scorso! Ma ci sono altre difficoltà più oggettive: le classi dirigenti sono divise, l’assetto dell’UE è abbastanza in crisi… e gli USA sono solitamente molto rigidi, non mollano su nulla. Quindi le controparti europee sono in imbarazzo! Sono tutti d’accordo nello schiacciare i cittadini sotto i dettami del mercato ma se non c’è un minimo di equilibrio sembrerebbe una capitolazione per gli stessi settori egemonici europei. Penso che abbiamo buone speranze che il TTIP venga abortito, perché fra qualche mese inizia la campagna elettorale per le presidenziali negli USA e lì si blocca tutto… Ma a prescindere da tali difficoltà dei nostri avversari sono solo azioni di difesa se non si rimette sul tavolo la costruzione di una sovranità pienamente democratica, cioè la ricollocazione delle decisioni in ambiti conoscibili e influenzabili dai cittadini, altrimenti possiamo solo bloccare a valle tali tentativi di dominio, ma alla fine qualcosa passa! Personalmente trovo illusorie le prospettive di democratizzazione dell’UE.

Perciò credo si debba procedere su due binari paralleli: da una parte bloccare il TTIP e le altre minacce simili, dall’altra discutere fra noi su come agire per riportare le decisioni nel perimetro di istituzioni veramente democratiche. E’ difficile attivare questo tipo di dibattito ma non c’è scelta, se non giocare eternamente in difesa! In questo si gioca il nostro futuro!

 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2015/11/ttip-ceta-gabbia-trattati/

Stop TTIP Italia: fermiamo il trattato transatlantico di partenariato Usa-Ue

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Cos’è il TTIP

Il TTIP è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico con l’intento dichiarato di abbattere dazi e barriere non tariffarie tra Europa e Stati Uniti per la gran parte dei settori economici, rendendo il commercio più fluido tra le due sponde dell’oceano. Un trattato molto delicato, negoziato in segreto tra Commissione UE e Governo USA fino alla fine del 2014 quando la società civile ha richiesto sempre più trasparenza, che vuole costruire un mercato unico tra Europa e Stati Uniti le cui regole, caratteristiche e priorità attualmente determinate dai nostri Governi e sistemi democratici, verranno fortemente condizionate da organismi tecnici sovranazionali a partire dalle esigenze dei grandi gruppi transnazionali. Il Trattato infatti prevede l’introduzione di organismi tecnici potenzialmente molto potenti e fuori da ogni controllo da parte degli Stati e quindi dei cittadini. Il primo, un meccanismo di protezione degli investimenti: Investor-State Dispute Settlement (in sigla: ISDS; traducibile in italiano come Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato) consentirebbe alle imprese europee o USA di chiedere compensazioni economiche agli opposti governi qualora democraticamente introducessero normative, anche importanti per i propri cittadini, che ledessero i loro interessi passati, presenti e futuri. Un meccanismo rischioso che, se accompagnato da una definizione degli standard meno stringente, potrebbe mettere in discussione diritti acquisiti nonostante le rassicurazioni delle istituzioni europee, secondo le quali gli stessi non verranno abbassati. Un esempio riguarda gli standard agroalimentari, considerato che nei testi negoziali europei viene ribadito il ruolo centrale del Codex Alimentarius, l’organismo che fissa gli standard di qualità alimentare, dai residui di pesticida nei piatti all’uso di Ogm. Spesso i criteri usati dal Codex per la qualità degli alimenti sono più permissivi di quelli europei, e ogni variazione più restrittiva potrebbe essere considerata “distorsiva del mercato” e per questo sanzionata. La mancanza poi nei documenti ufficiali di ogni riferimento esplicito al “Principio di precauzione” è un ulteriore elemento di preoccupazione. Un altro organismo di cui viene prevista l’introduzione è il Regulatory Cooperation Council: un organo dove esperti nominati della Commissione UE e del ministero USA competente valuterebbero l’impatto commerciale di regolamentazione nazionale, federale o comunitaria. A sua discrezione sarebbero ascoltati imprese, sindacati e società civile. A sua discrezione sarebbe valutato il rapporto costi/benefici di ogni misura e il livello di conciliazione e uniformità tra USA e UE da raggiungere, e quindi la loro effettiva introduzione o mantenimento. Un’assurdità antidemocratica che andrebbe bloccata il prima possibile.banner-ttip11-1024x324

Fermiamo il TTIP
Il TTIP è ad un passo dalla sua approvazione finale. Solo una forte pressione dal basso potrà far capire ai nostri governanti ed europarlamentari che le persone non lo vogliono. Ottobre sarà un mese cruciale. Cosa può fare ognuno di noi per fermare la stipula di questo trattato?

  1. Informarsi: le informazioni non mancano di certo in rete, sui giornali e sulle riviste. Non fermiamoci alla prima opinione, cerchiamo di capire con più letture cosa sta succedendo.
    2. Firmare la petizione. Potete farlo comodamente online su https://stop-ttip.org/it/firma/ma sullo stesso sito potete scaricare il modello cartaceo di raccolta firme da stampare. Se non siete pratici con il computer fatevi aiutare, non fermatevi alla prima difficoltà!
    3. Partecipare alla mobilitazione internazionale di ottobre 2015. Dal 10 al 16 ottobre in tutta Europa e negli Stati Uniti è stata indetta una settimana di mobilitazione, resta informato sulle manifestazioni che saranno annunciate a breve nella tua città.
    4. Discutere e diffondere con amici e conoscenti la tematica del TTIP.

Per approfondire
Ecco alcuni siti web dove approfondire la tematica:
http://stop-ttip-italia.net/
https://stop-ttip.org/it

Stop TTIP Italia

Fonte : italiachecambia.org

TTIP blindato, slitta il voto al Parlamento europeo

Nessuno deve toccare la risoluzione Lange, così com’è stata “partorita” dalla Commissione commercio: è questo il diktat. Fanno paura gli oltre 120 emendamenti presentati al testo che deve dare il via libera al libero scambio tra Europa e Usa, tanto che il voto e la discussione all’Europarlamento sono stati posticipati sine die.ttipparlamento_europeo

Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento, ha deciso di bloccare il voto e la discussione sul TTIP, il Trattato transatlantico di liberalizzazione commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea. Nelle dichiarazioni che ha rilasciato ha ammesso di temere gli emendamenti presentati al testo che di fatto spalanca le porte all’arbitrio delle multinazionali in tutti i campi, dalla sanità all’ambiente, fino all’alimentazione e all’agricoltura. Ora il testo torna in Commissione commercio con l’intento dichiarato di eliminare più emendamento possibile. Al Parlamento europeo di sono levate le proteste di chi invece voleva discutere il testo per far emergere i punti dolenti e pericolosi che i cittadini europei chiedono da tempo a gran voce di cancellare. Intanto la Commissione Europea continua a cercare di tenere il più possibile nascosto tutto quanto ha a che fare con il TTIP. Basti pensare all’accordo imposto dalla stessa Commissione ai 14 membri del gruppo di lavoro sul TTIP ai primi di giugno. Si vietava persino ogni commento su testi “leaked”, che aveva visto l’opposizione del gruppo di consulenti. «Adesso  è necessario aumentare il controllo democratico della societa’ civile sulla prossima riunione della Commissione Commercio Internazionale, per evitare che ancora una volta si assista all’ennesimo furto della democrazia a vantaggio dei forti interessi commerciali» spiegano i responsabili della Campagna StopTTIP che continua a mobilitare la popolazione perché faccia sentire la propria voce e faccia pressione su parlamentari e politici. «La Campagna Stop TTIP ha dimostrato che la pressione della società civile può condizionare gli equilibri di voto del Parlamento europeo – aggiungono i vertici della Campagna – il rinvio del voto si deve alla campagna di pressione e di mobilitazione delle reti sociali e dei cittadini e alle obiezioni sull’efficacia e i potenziali pericoli generati dal TTIP espresse anche da grandi economisti come Paul Krugman  e il premio nobel Joseph Stiglitz. Continueremo a organizzare iniziative delocalizzate in vista della prossima riunione della Commissione Commercio Internazionale. La Commissione deve uscire bocciata, non rafforzata dal voto di al Parlamento europeo. Per questo come cittadine e cittadini dobbiamo mantenere gli occhi puntati sull’operato degli Europarlamentari e possiamo farlo insieme alle altre centinaia di associazioni e comitati che si sono mobilitati da oltre un anno in tutta Europa e negli Stati Uniti».

  1. a) Se ti vuoi unire alla campagna di pressione sul Parlamento europeo copia e incolla la lettera che trovi qui sotto e inviala in email agli Europarlamentari della maggioranza eletti nella tua circoscrizione.

L’elenco con i contatti email e twitter dei parlamentari divisi per circoscrizione elettorale la trovi qui.

  1. b) Se non hai ancora firmato la Petizione europea Stop TTIP, puoi farlo QUI
  2. c) Scopri se nella tua città o vicino a tec’è già un Comitato Stop TTIP, per chiedere altre informazioni

La lettera da inviare in email

Gent.m* Europarlamentare, fa la cosa giusta: ferma il TTIP

Il 10 giugno, a Strasburgo, l’Europarlamento ha deciso di rimandare il voto sulla Relazione sul Trattato transatlantico Usa-Ue di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti. Il rinvio è un tentativo di rimandare ulteriormente un dibattito che dovrebbe portare ad un unico risultato: rigettare i negoziati.

Un accordo poco trasparente, che alimenta troppe preoccupazioni circa un drastico e irreversibile abbassamento degli standard di qualità della vita e del processo democratico, in Europa e in Italia come negli Usa.

Nonostante le obiezioni sull’efficacia e i potenziali pericoli generati dal TTIP siano ormai sostenuti anche da grandi economisti come Paul Krugman  e il premio nobel Joseph Stiglitz, la Commissione INTA le consegna un testo che, sotto un pesante velo di retorica, sembra ignorare i principali problemi che il trattato presenta.

Per questo le chiedo, con ferma determinazione, di votare contro il TTIP e tutti gli accordi sul commercio e gli investimenti che antepongono il profitto e gli interessi privati ai diritti umani e di cittadinanza sia all’INTA Commitee, in caso ne fosse membro, sia alla prossima Plenaria del Parlamento europeo.

Molte Amministrazioni locali italiane, tra cui quelle di Ancona, Milano, governati dalle maggioranze più diverse, hanno approvato ufficialmente mozioni e ordini del giorno di “sfiducia” al TTIP.

Le chiedo, nel prossimo futuro, di impegnarsi su queste 5 priorità:

  1. Escludere qualsiasi forma di tutela degli investitori esteri simile o analoga all’ISDS
  2. Chiedere il ritiro della proposta di un organismo per la cooperazione regolatoria, che indebolisce di fatto le attuali autorità internazionali
  3. Evitare l’abbassamento degli standard europei in tutti i settori, ma in particolare sulla sicurezza alimentare, la sicurezza sociale, la promozione ambientale e i diritti del lavoro.
  4. Impedire la messa sul mercato dei servizi pubblici
  5. Fare pressione per rendere pubblici tutti i testi negoziali

Le chiedo, dunque, di rendere pubblica la sua posizione su tutti questi punti e di rispondere con convinzione democratica agli sforzi che noi cittadini e le associazioni, i sindacati, i comitati locali e i coordinamenti nazionali della Campagna Stop TTIP stanno facendo perché si faccia piena luce su un negoziato tanto importante quanto sconosciuto alla maggioranza dell’opinione pubblica.

Sarà mia cura informarmi sul suo voto, per capire se rappresenterà o meno le mie convinzioni, e farlo sapere.

In attesa di un cortese riscontro, distinti saluti

Nome, cognome, città di residenza

Fonte: ilcambiamento.it

Dopo il TTIP? Un’Europa che cambierà faccia per sempre

Proseguono, nell’ombra e in segreto, le trattative per il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), l’accordo bilaterale del “libero commercio” tra gli Usa, l’Europa e le più potenti lobby industriali. Cosa ne uscirà? Se non verranno fermati, l’Europa cambierà volto per sempre.stopttip

Pochi cittadini italiani hanno dimestichezza con il TTIP, la questione non è approdata (né approderà mai) sugli schermi televisivi o come approfondimento sui telegiornali dei media generalisti. Ma, se le trattative andranno in porto, il nostro paese, così come il resto dell’Europa, cambierà volto per sempre e i cittadini vedranno calpestati i loro diritti elementari in nome del business. I pochi giornali che ne parlano, menzionano il TTIP come qualcosa che creerà lavoro e rafforzerà l’economia, ma dopo anni di crisi se non altro abbiamo imparato una cosa: tutti i possibili guadagni finiranno sempre nelle mani di quell’1, mentre tutti gli altri diventeranno sempre più poveri. Il TTIP in realtà significa la violazione della privacy dei cittadini, la colonizzazione delle multinazionali che non fanno mai ciò che dicono, il diritto al fracking, l’accesso condizionato ai servizi pubblici, la svendita completa dell’agricoltura alle multinazionali dell’agritech in tutto il nostro continente (come hanno già fatto in Ucraina). Monsanto potrà distruggere le riserve alimentari di una nazione e la gente non ci potrà fare nulla. Verranno distrutti i sistemi sanitari nazionali, verranno stracciate le nostre libertà e verrà assicurato alle multinazionali americane il totale controllo sul parlamento europeo. E sapete cos’è successo? Oltre un milione di cittadini europei aveva firmato la petizione per una legge di iniziativa europea, ma la Commissione Europea si è rifiutata di iscriverla nell’apposito registro accampando scuse. Evidentemente fa molta paura la fortissima e ampia mobilitazione contro il trattato che cancellerà i diritti di popoli e Stati. Ma ora la raccolta firme contro il TTIP è ripresa alla grande e si può firmare anche un testo in italiano che trovate CLICCANDO QUI. Potete di seguito vedere un beve documentario animato che esemplifica le conseguenze del TTIP e l’intervento di una rappresentante della Gaia Foundation. Anche in Italia si è attivata la campagna STOP TTIP che trovate qui

Inoltre il 14 e 15 marzo a Firenze si terrà la seconda assemblea nazionale di Stop TTIP Italia.

Per informazioni: stopttipitalia@gmail.com

Fonte: ilcambiamento.it

TTIP, l’Europa rende pubblici i documenti

Cecilia Malmström Commissario europeo per il Commercio ha autorizzato la pubblicazione dei documenti relativi al TTIP.

La Commissione europea ha pubblicato i testi delle proposte che si stanno discutendo per il TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership tra Stati Uniti e Europa. Fino a qualche giorno fa questi documenti erano segreti e oggetto di richiesta di pubblicazione da parte delle associazioni che contrastano gli accordi TTIP. Ha detto Cecilia Malmström:

Sono felice di iniziare il nuovo anno, dimostrando chiaramente attraverso le nostre azioni, l’impegno verso una maggiore trasparenza, annunciato poco più di un mese fa. La pubblicazione di oggi delle nostre specifiche proposte di legge nel contesto delle TTIP segna un altro primato nella politica commerciale dell’UE.

A essere pubblicate sono state le così dette proposte testuali, ovvero le otto proposte fatte dalla UE nel merito dell’accordo bilaterale e che riguardano la concorrenza, la sicurezza alimentare, la salute animale e vegetale, le questioni doganali, ostacoli tecnici al commercio, le piccole e medie imprese (PMI) e la risoluzione delle controversie da governo a governo (GGDS, da non confondere con ISDS). I documenti spaziano dalla posizione UE in materia di ingegneria, veicoli allo sviluppo sostenibile, per un totale di 15 prese di posizione. I documenti sono accompagnati da una Guida per i lettori che include un glossario e schede tecniche che spiegano ai non addetti ai lavori di cosa si stia parlando e cosa si mette in gioco.made-in-italy-620x350

Spiega Malmström:

Sono particolarmente lieta per il fatto che stiamo includendo spiegazioni in un linguaggio non tecnico accanto ai testi giuridici. E’ importante che tutti possano vedere e capire quello che stiamo proponendo per il TTIP e cosa invece non proponiamo.

La Commissione si è impegnata perciò a: rendere pubblici più testi negoziali europei del TTIP condividendoli con gli Stati membri e il Parlamento europeo; fornire l’accesso ai testi TTIP negoziali dell’UE a tutti i membri del Parlamento europeo (MEP), estendendo l’accesso ai documenti ristretti della UE in una ‘sala lettura’ a quei deputati che non avevano accesso a tali documenti riservati; classificare meno documenti TTIP negoziali come ‘riservato’, rendendoli così più facilmente accessibile ai deputati al fuori della sala di lettura; pubblicare e aggiornare regolarmente un elenco pubblico dei documenti TTIP condivisi con il Parlamento europeo e il Consiglio. Dunque, tutto alla luce del sole? Non esattamente, perché con questi documenti conosciamo cosa proponiamo noi europei e non quello che propone la controparte. Ma diciamo che è un primo passo che sembra andare nella giusta direzione (almeno per noi). A tenere alta la guardia al momento è Tiziana Beghin del Movimento 5 Stelle che in Europa segue da vicino i negoziati TTIP e che dalla sua pagina Facebook avverte:

Uno dei temi più controversi del TTIP è legato al “Made” In e alla protezione della denominazione di origine. I negoziatori americani si battono da mesi per una loro completa abolizione, mossa che stravolgerebbe enormemente le quote di mercato dei produttori europei, in special modo i nostri. L’Italia è infatti il paese leader in Europa, con 266 prodotti riconosciuti (di cui 154 DOP e 95 IGP). Ufficialmente, l’UE sembra aver chiuso le porte in faccia agli americani. Parlando con i giornalisti, il portavoce del commissario all’Agricoltura, Daniel Rosario, ha assicurato che “le trattative sul TTIP sono volte a proteggere le proprietà intellettuali europee, comprese le IGP: gli USA sanno che è una nostra priorità”.
Parole che confortano, ma fino a un certo punto.

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it