“Siete pazzi a mangiarlo!”, l’immondizia dell’industria agroalimentare sulla nostra tavola

Il libro sconvolgente di Christophe Brusset “Siete pazzi a mangiarlo!”, scritto in qualità di manager che per vent’anni ha lavorato dell’industria agroalimentare, è una discesa horror in un sistema capace, come molti business dai grandi numeri, di azioni aberranti dove la vittima è sempre il consumatore.

Il libro sconvolgente di Christophe Brusset “Siete pazzi a mangiarlo!”, scritto in qualità di manager che per vent’anni ha lavorato dell’industria agroalimentare, è una discesa horror in un sistema capace, come molti business dai grandi numeri, di azioni aberranti dove la vittima è sempre il consumatore. Una galleria di esempi vomitevoli in cui c’è l’imbarazzo della scelta dello schifo che costantemente e in maniera imperterrita le industrie alimentari propinano alla gente senza alcuno scrupolo. Prodotti sofisticati, andati a male, con escrementi, vermi, tossici, scaduti, che provengono da paesi con controlli irrisori e fatti passare per nazionali, trucchi e falsificazioni di ogni genere, truffe, corruzioni, collusioni con le autorità pubbliche, non manca nulla. Importazione e occhi chiusi su alimenti fuori da ogni parametro a seconda della potenza politica e commerciale dal paese da cui provengono. Poi però si fanno autentiche campagne terroristiche per fare vaccinare tutti, quando il cibo a livello industriale che mangiamo è spesso quanto di più dannoso si possa immaginare. Ma attaccare e criminalizzare una famiglia che vuole solo scegliere liberamente come curarsi è molto più facile che mettersi contro grandi industrie o interi paesi dai quali importano cibo insano che avvelena la nostra salute. Del resto non c’è nulla di cui stupirsi perché Brusset ci chiarisce quali sono le regole del sistema : «Il Bene era tutto ciò che aumenta il profitto, il Male era perdere soldi. La menzogna, la dissimulazione, la malafede e persino la truffa, senza essere degli scopi in sé, erano positive, se miglioravano i risultati attesi».

E ancora: «Imbrogliare il consumatore è facilissimo, in più è legale! Mi spingerei persino a sostenere che si è istigati a farlo».

«Il liberismo non è l’assenza di regole, è l’applicazione della legge della giungla».

«Un’impresa non è un servizio sociale dello Stato. La sua finalità non è il benessere dei suoi dipendenti o la soddisfazione dei suoi clienti, ma il profitto, o il margine di guadagno».

«Siamo sinceri e diretti: l’unica cosa che interessa agli industriali e alle grandi catene di supermercati è il vostro denaro, non certo la vostra felicità e la vostra salute. Non fatevi ingannare dalle spacconate di quei parolai che vi giurano, con la mano sul cuore e la lacrima pronta, che lottano per il vostro benessere e difendono il vostro potere d’acquisto. E’ tutta una commedia, una millanteria, nient’altro. Non fidatevi di nessuno, siate vigili e soprattutto siate esigenti! Dovete rendervi conto una volta per tutte che in fin dei conti siete voi consumatori ad avere il potere. Siete voi che decidete se comprare o meno nei vari reparti quello che vi viene offerto. Usate questo potere per cambiare finalmente le cose».

Leggendo il libro si stenterà a credere di quanta autentica immondizia venga data in pasto alle persone per raggiungere il profitto ad ogni costo. E anche lo schifo è possibile venderlo, basta avere i prestigiatori della menzogna a disposizione e il gioco è fatto. «Quando si ha un prodotto da vendere, soprattutto se è di qualità mediocre o addirittura scadente e la concorrenza infuria, la cosa migliore è curare la sua presentazione: la confezione. Questo è il lavoro del marketing, gli specialisti delle apparenze, i campioni della cosmetica e del re-looking del prodotto».

Brusset indica anche delle soluzioni.

«L’ideale – e l’unica soluzione radicale- sarebbe naturalmente quella di bandire definitivamente qualsiasi prodotto industriale, e di limitarsi a prodotti grezzi, freschi, non trasformati».

«Nei vostri acquisti alimentari dovete sempre privilegiare la prossimità. Scegliete le origini locali o nazionali. Da una parte fa bene all’occupazione; dall’altra, i prodotti che non hanno attraversato molteplici frontiere, presentano necessariamente meno rischi di adulterazione, di mescolanza o di inganno sulle origini, la specie o la qualità. Abbiamo la fortuna di avere nei nostri paesi prodotti variati e di qualità: sono questi che bisogna scegliere».

E, aggiungiamo noi, autoprodursi il più possibile e il resto comprarlo in gruppi di acquisto collettivo e da piccoli produttori locali biologici in cui è possibile verificare tutta la lavorazione. Non solo si mangia più saporito e sano ma ci si prepara per tempo alle prossime inevitabili crisi di approvvigionamento che ci saranno, frutto di una società allo sbando che non sarà più in grado di garantire nulla. Quindi pensiamoci direttamente noi prima di ritrovarci nei guai.

Fonte: ilcambiamento.it

Dieselgate, la truffa dei consumi: dal 2000 ad oggi gli automobilisti hanno sprecato 150 miliardi

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Non solo danni ambientali e sanitari, in 18 anni di manipolazioni e test fasulli i cittadini europei al volante hanno speso in carburante 150 miliardi di euro in più rispetto a quelli che avrebbero speso se i consumi dichiarati delle auto fossero stati reali. La colossale truffa del Dieselgate non ha causato solo danni ambientali e sanitari, ma ha prodotto anche dei costi aggiuntivi per le tasche degli automobilisti in termini di carburante. Negli ultimi 18 anni i cittadini europei al volante delle proprie auto hanno speso complessivamente 150 miliardi di euro in più rispetto a quelli che avrebbero speso se i consumi dichiarati dalle aziende in sede di test fossero stati reali. Il calcolo è stato effettuato dalla ong Transport & Environment, che definisce inadeguati anche i nuovi test in laboratorio e i target di riduzione delle emissioni. Solo nel 2017 questo spreco “inconsapevole” di denaro da parte degli automobilisti è stato di 23,4 miliardi di euro, poco più di quanto abbiano speso nello stesso anno tutti gli Svedesi per mangiare. Coloro che hanno sprecato di più dal 2000 ad oggi sono i cittadini tedeschi con 36 miliardi di euro, seguiti dagli automobilisti britannici con 24,1 miliardi di euro, da quelli francesi (20,5 miliardi di euro), dagli italiani (16,4 miliardi di euro) e dagli spagnoli (12 miliardi di euro). Secondo Transport & Enviroment il divario tra i consumi delle auto durante i test e quelli nell’utilizzo reale è balzato dal 9% del 2000 al 42% del 2016, grazie a manipolazioni in laboratorio ma anche attraverso tecnologie di adattamento (come lo start-stop) che offrono risparmi molto più grandi durante i test che sulla strada. Greg Archer, direttore dei “veicoli puliti” di T&E, ha dichiarato: “Gli enormi enormi progressi nel miglioramento del consumo di carburante dichiarati dai produttori sono una truffa”. Inoltre “nonostante le normative per ridurre le emissioni, non vi è stato alcun miglioramento reale delle emissioni di CO2 per cinque anni e solo un miglioramento del 10% dal 2000, molto meno di quanto si possa pretendere dal settore. Le vittime sono cittadini che hanno pagato 150 miliardi di euro per più carburante e stanno anche soffrendo le conseguenze di un cambiamento climatico incontrollato “. L’industria automobilistica e la Commissione Europea sostengono che un nuovo test (WLTP) risolverà i problemi di incongruenza tra le prestazioni in laboratorio e quelle in strada, ma T&E lo smentisce citando  il Centro comune di ricerca della Commissione Ue, secondo cui il test mette in atto uno stratagemma nel calcolo dei parametri che riuscirebbe ad ottenere una fittizia riduzione del 15% delle emissioni di CO2 proposta dalla Commissione europea entro il 2025. Insomma un nuovo imbroglio. Eppure le soluzioni per mettere alle strette i produttori ci sarebbero, come l‘introduzione di un test nel mondo reale o l’utilizzo di dati dai contatori del consumo di carburante. Greg Archer dice che “la proposta inadeguata della Commissione Europea è una nuova licenza per i costruttori di automobili per mantenere il sistema attuale. Il risultato sarà che gli Stati membri dell’UE mancheranno i loro obiettivi climatici e i conducenti continueranno a sborsare di più per il proprio carburante. I membri del Parlamento europeo e i ministri dell’ambiente dell’UE devono agire adesso per impedire che l’industria automobilistica collaudi la nuova truffa“.

Fonte: ecodallecitta.it

Rifiuti in Campania, Bassolino colpevole ma il pm chiede la prescrizione

Il pm Paolo Sirleo chiede la prescrizione per Antonio Bassolino, ex Presidente della Regione Campania, al maxi processo per il disastro rifiuti in Campania.Bassolino-586x438

E’ durata 20 ore la requisitoria, il 10 giugno scorso, del pm Paolo Sirleo al maxi processo per il disastro rifiuti in Campania, che vede l’ex governatore ed ex commissario straordinario all’emergenza rifiuti Antonio Bassolino alla sbarra, con altri 27 imputati (tra cui Impregilo, Fisia e Fibe) per reati come truffa, falso, traffico di rifiuti ed abuso d’ufficio; una requisitoria che però ha la consistenza di un colpo di spugna, visto che il pm ha riconosciuto la colpevolezza di Bassolino ma ne ha chiesta la prescrizione di reato.

Ritengo che Antonio Bassolino abbia concorso nella perpetrazione dei reati, […] si chiede altresì la pronuncia di prescrizione per tutti i capi di imputazione a lui attribuiti.

Prescrizione: si riconosce il reato, la responsabilità e la necessità di condanna ma si getta tutto il processo alle ortiche (tutte le udienze, le carte, le intercettazioni, gli uomini che ci hanno lavorato per quasi dieci anni, tutto in vacca) per via dei tempi processuali, troppo lunghi, che non garantiscono agli imputati un “giusto processo”. La prescrizione, quella che in molti definiscono “amnistia per ricchi”, perchè solo chi può permettersi dieci anni di parcelle ai suoi avvocati ha la garanzia che costoro la tireranno per le lunghe. Prescrizione. Il primo vero istituto giuridico da abolire completamente.

Insomma, l’emergenza rifiuti campana tra il 2000 ed il 2004 (il processo avrebbe dovuto accertare i fatti fino al 2005) si è rivelata una truffa bell’e buona. Una truffa impunita, piena di connivenze, omertà, soldi e potere, una truffa nella quale hanno concorso lo Stato, la criminalità organizzata, i privati: depredata Napoli, depredate tutte le risorse della Campania, non restava altro che depredarne i rifiuti, inferendo forse il colpo di grazia al territorio più martoriato d’Italia. Lo scrive chiaramente Massimiliano Iervolino nel suo libro, uscito recentemente, “Il rifiuto del sud” (Di Girolamo editore):

La verità è una: da un lato la criminalità politica in merito ai rifiuti solidi urbani ha fatto sì che non venisse attuato il Decreto Napolitano, dall’altro la criminalità organizzata, approfittando del caos, ha gestito il trasporto e l’individuazione dei siti da adibire a discariche. Senza la criminalità politica, quella organizzata non avrebbe avuto terreno fertile per lucrare.

Cominciato nel 2008, il silenzio tombale che lentamente si è propagato attorno a questo dibattimento ha fatto si che in due giorni fossero in pochi a dare la notizia della richiesta di prescrizione per Bassolino: nessuna memoria storica, nessun reato, tutti puliti, pronti per un’altra, l’ennesima, avventura nel circo politico. Eppure i reati contestati, frode in pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato, dovrebbero essere di interesse pubblico: talmente tanto che nell’aula bunker del Tribunale di Napoli la Procura dispose il divieto di introdurre registratori, telecamere, macchine fotografiche; persi gli “strumenti del mestiere”, i giornalisti cominciarono a non provarci nemmeno più ad entrare, legittimando quella silenziosa, pelosissima, richiesta di silenzio assoluto che il potere giudiziario ha in un certo qual modo “imposto” alla stampa. Ad aprile 2012 le prime prescrizioni (18 i capi d’imputazione caduti per i tempi biblici del processo), nel 2013 il sapone laverà anche l’altra mano dei colpevoli: nessuno di loro pagherà. Non la galera, non il giustizialismo sfrenato, ma la necessità di verità mi spingono oggi a scrivere queste parole: dal 1998 le delibere della Regione Campania hanno letteralmente picconato norme e principi contenuti nel Decreto Napolitano, che cadenzava il raggiungimento della differenziata, il riciclo, la produzione di energia da Cdr, imponendo date, deadline, percentuali da raggiungere, hanno rappresentato il tentativo, portato a termine, di abbrancare i milioni di euro dei contributi Cip6 in Campania, i fatti avvenuti dopo il 2000 (dopo l’elezione a governatore di Bassolino). Dalla sua elezione invece Bassolino di fatto garantì la spartizione di una torta enorme: senza mai leggere un contratto (come da lui stesso dichiarato) in Campania si verificarono sovrastime di offerta rispetto alle reali possibilità dei contraenti e violazioni contrattuali sistematiche: “truffe” anche secondo il Gip. Le ecoballe continuano ad essere ammassate nei campi alle porte di Napoli e Caserta, le discariche abusive sono state rese pubbliche senza cambiare le modalità di smaltimento (lo Stato che va a scuola dalla camorra), gli impianti continuano a funzionare a singhiozzo e la raccolta differenziata resta un pallido miraggio di sviluppo: a cosa è servita l’emergenza rifiuti in Campania? Le ecoballe, umide per via del Cdr di bassa qualità, saranno inservibili per la bruciatura, ma oggi, in questo momento, avvelenano oltremodo il territorio campano: ammassate nei campi e coperte da teli neri, producono percolato (incredibile ma vero) che non viene incanalato in nessun pozzo di emungimento, ma disperso.

Nessun piano industriale è partito, dunque a breve potrebbe arrivare l’ennesima condanna alla Corte di Giustizia europea che dimostrerebbe, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il disastro campano. In dieci anni sono state smaltite solo ottantacinque mila tonnellate dei sei milioni di ecoballe prodotte. Dopo un lungo periodo di tempo, continuano a giacere in quei luoghi producendo un danno, anche economico, enorme. Pensate che qualora la monnezza dovesse rimanere stoccata negli stessi siti per altri undici anni, lo Stato si troverebbe a dovere spendere circa 240 milioni di euro. Ma c’è di più: infatti non conoscere cosa sia stipato all’interno di queste “balle” rende difficile anche programmare un inceneritore per bruciarle. Qualora poi questo impianto venisse comunque costruito, servirebbero circa venti anni per portare a combustione il totale di rifiuti stoccati. Se invece tale massa imponente di monnezza venisse trasportata all’estero bisognerebbe impegnare circa seicento mila veicoli, un numero talmente elevato che coprirebbe l’intero percorso che divide Napoli da Oslo. Ma le “piramidi” sembrano non interessare nessuno, nonostante la ben nota devastazione di interi territori. I politici, i giornalisti e l’élite del nostro Paese fanno quasi finta di nulla.

Ha scritto Iervolino nel suo libro.

Fonte: ecoblog