Bicicletta mezzo di trasporto dei poveri? Macchè, genera un fatturato (green) di 6,2 miliardi

Quando si dice la miopia… ancora si crede che la bicicletta sia il mezzo di trasporto dei poveri. O meglio, vogliono farcelo credere. In realtà, le quattro ruote inquinanti fanno la felicità e il guadagno di pochissimi, per gli altri significano smog, spese e caos. Vediamo che fatturato e che potenzialità ha il “mondo della bicicletta”.9593-10359

Si chiama “L’A Bi Ci” (non a caso) ed è il primo rapporto di Legambiente, realizzato insieme a VeloLove e GRAB+, che “fotografa” il mondo della bicicletta. Il rapporto fa il punto sullo stato della ciclabilità nel nostro Paese, guardando anche al valore economico generato da tutto ciò che gira intorno alle “due ruote” (produzione di bici ed accessori, ciclotour ma anche risparmio di carburante, riduzione di emissioni in atmosfera, rumore e altro ancora).

Ecco i dati positivi.

  • un fatturato di 6,2 miliardi di euro generato dal “mondo della bicicletta”,
  • un aumento delle piste ciclabili in tutta Italia, in alcuni centri addirittura raddoppiate tra il 2008 ed il 2015,

un elevato uso della bicicletta per gli spostamenti casa-lavoro in alcune zone d’Italia, come la provincia autonoma di Bolzano, l’Emilia Romagna ed il Veneto.bici2

A fronte di questi elementi positivi, purtroppo, non si registra un aumento della percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti quotidiani, ad esempio casa-lavoro o casa-scuola: era al 3,6% nel 2008 ed è rimasta tale nel 2015.

Si registra un aumento dell’uso di questo mezzo solo quando le amministrazioni adottano un approccio innovativo allo spazio urbano, come dimostrano i casi di Bolzano e Pesaro, dove uno spostamento su tre è realizzato con la bicicletta.

Bolzano ha creato un anello ciclabile che collega tutte le zone scolastiche, sportive e ricreative della città, favorendo l’uso di questo mezzo negli spostamenti non solo ricreativi ma anche lavorativi.

Pesaro ha realizzato la Bicipolitana, ovvero una “metropolitana di superficie” con percorsi ciclabili, che si estendono per 85 km, caratterizzati da colori diversi, connettendo le varie zone della città.

Il rapporto  “L’A Bi Ci” prende in considerazione anche gli aspetti ambientali legati all’uso della bicicletta, sia in termini di minori impatti che di benefici economici derivanti da

  • riduzione delle emissioni di gas serra
  • riduzione dell’inquinamento acustico generato dal traffico stradale
  • miglioramento della qualità dell’aria.

Per quanto riguarda la riduzione dell’emissioni di gas serra, il rapporto la quantifica in 15.248.644.552 kg di CO2, in base al modello di calcolo approntato dall’ECF con riferimento agli spostamenti in bicicletta nella UE a 28 Stati membri, dove i km pedalati risultano 134.231.025.984 nel 2015. In Italia i km pedalati sono il 4,28% di quelli registrati nella UE -28.

La riduzione delle emissioni di CO2 incide anche sul contenimento dei danni collegati ai cambiamenti climatici e contribuisce al miglioramento della qualità dell’aria. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, il rapporto parte dal calcolo realizzato da ECF, che prende in considerazione la quota di km percorsi in auto e quelli effettivamente sostituiti dagli spostamenti in bici (approssimativamente un terzo degli spostamenti in bici rimpiazza tragitti precedentemente effettuati con l’autovettura privata).

Secondo quanto riportato da Legambiente, la ciclabilità genera in Europa una riduzione dei costi dell’inquinamento atmosferico pari a 426.797.211 euro, dato calcolato mettendo in relazione:

  • il parco auto comunitario che è composto per il 41% da vetture diesel e per il 54% da vetture a benzina
  • la suddivisione del parco circolante in base agli standard emissivi (categorie EURO)
  • i costi dell’inquinamento atmosferico in base all’analisi UE
  • La quota italiana di questo risparmio (il 4,28%) è pari a 18.266.921 euro.

Infine, il rapporto sottolinea come l’utilizzo della bicicletta abbia un effetto positivo anche sul contenimento dell’impatto acustico. In questo caso il report fa riferimento al manuale sui costi esterni dei trasporti, redatto dalla DG Mobility and Transport della Commissione Europea, da cui si evince che la bicicletta sostituisce altri mezzi di trasporto nelle seguenti percentuali:

  • bus 40%
  • auto 30%
  • piedi 20%
  • ciclomotori 10%.

La bicicletta viene usata in prevalenza di giorno (nel 90% dei tragitti) e nel centro cittadino (nel 50% dei casi) mentre il 30% dei ciclospostamenti riguarda le periferie ed il 20% le aree rurali.

Mettendo in relazione tutti questi elementi, nel rapporto “L’A Bi Ci” si evidenzia come la ciclabilità generi in Europa una riduzione dei danni dovuti all’inquinamento quantificabile in 300.000.000 euro, la quota italiana di questo risparmio (il 4,28%) sarebbe pari a 12 milioni 840.000 euro.bici1

QUI il rapporto completo

Fonte: ilcambiamento.it

Come trasportare la bici sul treno: le regole e i biglietti

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Poter caricare la propria bicicletta su di un treno dà la possibilità di allargare il proprio raggio d’azione ben oltre le mete raggiungibili facendo riferimento alla propria abitazione e evita i fastidiosi carichi e scarichi della bici per coloro che scelgono di muoversi in auto. La bicicletta può essere trasportata sui treni espressamente indicati nell’Orario Ufficiale. È consentito il trasporto di una sola bici per passeggero e con una lunghezza massima di due metri.

Oltre al biglietto per il ciclista occorre munirsi di un’integrazione che può essere:

1) un biglietto di seconda classe valido per la stessa relazione del viaggiatore,

2) il supplemento bici di €3,50, in base alla tariffa 29/b, utilizzabile fino alle 23.59 del giorno indicato sul biglietto. Qualora la bici sia trasportata all’interno dell’apposita sacca non occorre biglietto e il trasporto è gratuito.

Il carico e scarico è effettuato dal viaggiatore che è responsabile della custodia della propria bici e dei danni che questa può provocare alle altrui biciclette, al personale e al materiale delle FS o a terzi. Per i gruppi di almeno 10 persone che vogliono trasportare altrettante biciclette occorre fare richiesta a Trenitalia con un anticipo di almeno sette giorni rispetto alla data di utilizzo. Trenitalia, in caso di incidente a essa imputabile, corrisponde, su richiesta del viaggiatore, per la distruzione o lo smarrimento, 260 euro a bici, salvo la dimostrazione di un maggior danno.

Fonte:  Trenitalia

Torino, conclusa la sperimentazione delle bici sul metrò. Lubatti: “Il servizio è tecnicamente sostenibile”

Si è conclusa il 30 novembre la fase di sperimentazione del trasporto biciclette sulla metro, iniziata lo scorso 20 luglio. Secondo il comune i risultati ottenuti sono positivi e permetteranno di procedere con un’adeguata normativa su modalità e fasce orarie in cui poter usufruire del servizio381263

Con la fine del mese di novembre la sperimentazione del trasporto di biciclette nella metropolitana di Torino, iniziata il 20 luglio scorso, è terminata. Secondo il Comune i risultati sono stati positivi: le analisi svolte “hanno mostrato come la prova sia stata accolta favorevolmente dai cittadini e come le regole di utilizzo siano state recepite in modo corretto e semplice”, è il commento di Palazzo Civico. Alla luce di questo, viene annunciato che nelle prossime settimane i tecnici formuleranno una proposta per definire le modalità con cui procedere e stabilire le fasce orarie più opportune per il trasporto delle due ruote. La sperimentazione si ferma dunque nei mesi di Dicembre e Gennaio e riprenderà appena verranno stabilite le norme per il definitivo trasporto. Sul tema Bike Pride ha espresso, come già all’inizio della fase di sperimentazione, il suo parere favorevole all’integrazione del servizio della metro con l’uso delle biciclette. “Questo avviene in quasi tutte le città del mondo senza problemi – spiega Giuseppe Piras, presidente di Bike Pride -. Il fatto che Torino sperimenti pionieristicamente il servizio anche sul sistema VAL è un buon segno e fa onore all’assessore ai Trasporti Lubatti che ha sfidato la diffidenza dei tecnici”.  Entusiasta anche lo stesso assessore Lubatti che, dopo aver confermato la necessità di definire le modalità con cui stabilizzare il servizio, pensa alla possibilità di rendere gratuito il trasporto della bici (nella fase di sperimentazione erano previsti, invece, 50 centesimi in più al costo del biglietto ordinario). Proprio su questo, il presidente di Bike Prike auspica che l’Amministrazione continui a investire sulla mobilità sostenibile, che diventa sempre più a portata di tutti anche grazie alla possibilità di usufruire gratuitamente del servizio, abbonato o meno.

Fonte: ecodallecitta.it

Mobilità scolastica sostenibile a Roma, lo studio dell’Agenzia dei Servizi Locali

Presentato dall’Agenzia per il Controllo e la Qualità dei Servizi Pubblici Locali uno studio sul tema Trasporto e mobilità scolastica sostenibile: pedibus, bike to school e carpooling. La ricerca ripercorre le principali esperienze romane in questo ambito a partire dal 2003, comparandole con quelle su scala nazionale ed europea380319

Pedibus, bike to school e carpooling: queste le principali esperienze romane analizzate nello studio “Trasporto e mobilità scolastica sostenibile” presentato nel corso della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile dall’Agenzia per il Controllo e la Qualità dei Servizi Pubblici Locali. Si tratta di esperienze nate con più di uno scopo: salvaguardia ambientale (diminuzione di smog e traffico) ma anche opportunità per i bambini e i ragazzi in termini di “crescita psicofisica, diritto alla costruzione di una propria autonomia, rapporto diretto con la città e il quartiere”.
La ricerca ripercorre le principali esperienze romane in questo ambito a partire dal 2003, comparandole con quelle su scala nazionale ed europea. Il primo progetto di mobilità scolastica cominciato nel 2003 è stato lo “scuolabus a piedi”, di cui si è fatta promotrice l’amministrazione comunale di Roma. Nato in Danimarca negli anni ‘70 e diffusosi rapidamente in tutta Europa, lo “Scuolabus a piedi” è un gruppo di alunni che va a scuola accompagnato da adulti e che, come un autobus, parte da un punto di raccolta – ‘capolinea’ – e segue un itinerario definito con fermate durante il percorso. L’iniziativa ha raggiunto nella Capitale la sua massima espansione durante l’anno scolastico 2009/2010 (40 plessi scolastici e 1.800 bambini coinvolti). Interrotto per mancanza di fondi nel febbraio 2011, oggi lo “Scuolabus a piedi” rimane in vita grazie alla buona volontà di alcuni gruppi di genitori e di alcune associazioni no profit che si sono attivati in tal senso in alcuni Municipi (VIII, X, e XII) di Roma Capitale.
Più recente (2013) il Bike to school, esperimento promosso da una scuola dell’Esquilino con l’associazione Salvaiciclisti che ha raccolto un successo crescente nella città e che ora viene organizzato regolarmente l’ultimo venerdì di ogni mese. Tutte le info su biketoschoolroma.it. Per quanto riguarda il carpooling, cioè genitori che in modo organizzato e a turno accompagnano con la propria auto vari bambini, costituisce una buona iniziativa nei casi in cui la lontananza dagli edifici scolatici non permetta la realizzazione di pedibus o bicibus. In alcune città italiane come Padova il servizio di carpooling, partito a titolo sperimentale in alcune scuole periferiche della città, è stato successivamente esteso nell’anno scolastico 2013/2014 a tutto il territorio cittadino.  Quello che si evince dallo studio, grazie anche ad un confronto con le esperienze di mobilità sostenibile rinvenute in Europa, è che in Italia queste iniziative risultano prive di una progettualità di ampio respiro e, quindi, anche di un coordinamento da parte delle istituzioni che, invece, potrebbero sicuramente contribuire all’efficacia delle stesse. Sulla base di quanto emerso dallo studio, l’Agenzia ha formulato alcune considerazioni e valutazioni al fine di promuovere la propensione dei cittadini verso una mobilità multimodale ed a basso impatto ambientale. Perché la mobilità scolastica sostenibile si affermi, sostiene l’Agenzia, occorrono “progettualità di ampio respiro”, “coordinamento da parte delle istituzioni”, “realizzazione di interventi infrastrutturali” soprattutto accanto alle scuole (marciapiedi protetti, divieti di sosta per le auto, rastrelliere…), “modifiche al trasporto pubblico e alla viabilità locale in determinati orari” e, ovviamente, “formazione all’educazione e sicurezza stradale con il coinvolgimento di scolari, genitori e residenti”.

Studio “Trasporto e mobilità scolastica sostenibile: pedibus, bike to school e carpooling” [0,46 MB]

Fonte: ecodallecitta.it

Bologna, trasporto merci elettrico: esperimento al mercato delle Erbe

Il Centro Agro Alimentare di Bologna passa ai veicoli elettrici per trasportare le merci. Non solo: l’energia che li fa muovere proviene dall’impianto fotovoltaico costruito sul tetto dell’edificio: è il primo esperimento del progetto City Logistics, e comincerà a settembre 2014379986

A partire da settembre 2014 il trasporto delle merci dal Caab al Mercato delle Erbe, in centro a Bologna, sarà elettrico. Pur trattandosi ancora di un esperimento, è comunque una delle prime applicazioni pratiche del progetto City Logistic del Centro Agroalimentare per lo spostamento su mezzi elettrici nell’area metropolitana. In servizio saranno quattro veicoli elettrici, che utilizzeranno l’energia pulita prodotta dal megaimpianto fotovoltaico costruito sul tetto del Caab, tra i più grandi d’Europa con 43.750 pannelli solari e una superficie di circa 100.000 metri quadri.  “In fondo è un’idea semplice: abbiamo un surplus di energia e cerchiamo di usarlo in modo sostenibile”, ha sottolineato il presidente del Caab Andrea Segrè che punta alle potenzialità dell’impianto (che ha una produzione energetica di 11.350.000 kWh all’anno) anche in vista della costruzione di Fico, il parco tematico dedicato all’alimentare. I quattro furgoni elettrici glass van andranno a sostituire altrettanti veicoli a gasolio, ma l’obiettivo è più ambizioso: “Puntiamo anche a un uso più razionale del trasporto merci, facendo massa critica tra i commercianti per risparmiare su viaggi e energia”, ha spiegato l’assessore alla mobilità Andrea Colombo.  Ma i furgoni del CAAB non sono l’unica novità elettrica di Bologna. Sempre a settembre partirà un ulteriore progetto dedicato alle bici elettriche: prototipi di nuova concezione saranno disponibili grazie a veri e propri ‘distributori’ di batterie, per realizzare il concetto dello ‘swap&go‘: ovvero la modalità di scambio veloce delle batterie che consente una maggiore autonomia d’uso dei mezzi e un utilizzo per immaganizzare l’energia quando viene prodotta. Entrambi i progetti nascono da una collaborazione pubblico-privata nata grazie al Piano Strategico Metropolitano: oltre al Caab e al Comune, son coinvolte Unendo Energia, Technovo, Ferst, il dipartimento di Chimica dell’Università, Proteco, Mecaprom e Logital, insieme al coinvolgimento della locale Comunità solare che punta a implementare le nuove tecnologie nelle infrastrutture cittadine.

Fonte: ecodallecittà.it

Bici sul treno, trasporto garantito per legge

FIAB: “Un passo avanti, anche se per ora solo sulla carta, che può aiutare le associazioni e i Coordinamenti regionali della FIAB che da sempre si battono per un servizio Treno+Bici degno di questo nome”379199

Nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 6 maggio 2014 è stato pubblicato il decreto legislativo 17 aprile 2014, n. 70 “Disciplina sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1371/2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario” (in vigore dal 21 maggio). Una disposizione del decreto legislativo – art. 6 – riguarda anche il trasporto delle biciclette, disciplinato dall’art. 5 del regolamento europeo. Commenta Giulietta Pagliaccio, presidente della FIAB: “Finalmente! Adesso il trasporto delle biciclette non è più un servizio aggiuntivo ma è la regola salvo comprovate ragioni di esclusione che devono essere espresse. Questo obbliga anche Regioni e Imprese di trasporto ferroviario a concludere contratti (e prima ancora ad allestire bandi) di servizio che lo prevedono”.
Dichiara Giacomo Scognamillo, responsabile FIAB per Bici+treno “Non posso che essere d’accordo anche se non sono nuove le penalità per le aziende; sono previste sia nella carta dei servizi che nei relativi contratti. L’articolo 6 comma 1 apre la strada ad eventuali ricorsi, nelle sedi opportune, in caso di disservizio”.
Insomma un passo avanti, anche se per ora solo sulla carta, che può aiutare le associazioni e i Coordinamenti regionali della FIAB che da sempre si battono per un servizio Treno+Bici degno di questo nome.

Art. 6 DECRETO LEGISLATIVO 17 aprile 2014, n. 70 

Sanzioni relative al trasporto di biciclette

1. In caso di inosservanza dell’obbligo di cui all’articolo 5 del regolamento relativo alla possibilità di trasporto delle biciclette a bordo del treno, le imprese ferroviarie sono soggette al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro.

Regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario
Articolo 5 -Biciclette
Le imprese ferroviarie consentono ai passeggeri di portare sul treno, se del caso dietro pagamento, le biciclette se sono facili da maneggiare, se ciò non pregiudica il servizio ferroviario specifico e se il materiale rotabile lo consente.

 

Fonte: ecodallecittà.it

ISFORT: Ci si sposta meno per lavoro. E sempre meno in bici e a piedi.

Isfort analizza gli spostamenti per lavoro degli italiani: nell’ultimo anno 1 italiano su 4 non è uscito di casa in un giorno medio feriale. Nonostante la crisi, 3 spostamenti lavorativi su 4 sono con l’auto privata, e a calare di più sarebbero i tragitti in bicicletta e a piedi: gli unici gratuiti…375311

Ci si muove sempre meno, e sempre meno per lavoro: una fotografia triste e nota quella dell’Osservatorio Mobilità di ISFORT, che tuttavia segnala anche alcuni aspetti su cui vale la pena riflettere. Perché in tempi di crisi così acuta, si sceglie sempre meno di andare al lavoro a piedi o in bicicletta? Almeno apparentemente, perché si va sempre più lontano. Sul totale degli spostamenti dovuti al lavoro la percentuale di quelli che prevedono l’allontanamento dal comune in cui si vive sono aumentati e raggiungono oggi il 52,3% del totale. Solo due anni fa erano il 46,2%: un salto di 6,1punti percentuali. Eppure resta pur sempre un 47,7% di persone che lavorano nel comune di residenza, e che percorrono circa 7 km di media: un tragitto che secondo Isfort viene coperto in un tempo che varia tra i 15 e i 19 minuti ad una velocità media inferiore ai 30  km/h. Apparentemente le condizioni ideali per scegliere la bicicletta, escludendo le categorie di lavoratori che necessitano obbligatoriamente del proprio veicolo per il trasporto merci. Nonostante le premesse, la percentuale di spostamenti totali a piedi o in bici è calata fino al 7,8%. Era il 10% nel 2006. Un calo che è più accentuato di quello che proporzionalmente ci si attenderebbe dato l’aumento della distanza tra casa e luogo di lavoro. (Facendo i calcoli, la percentuale dovrebbe essere almeno all’8,8%). Pur con tutte le cautele d’obbligo vista la metodologia del sondaggio (Ricordiamo che Isfort si avvale di campionamenti telefonici su una base di circa 15.000 intervistati), l’impressione è che il risparmio economico non sia una priorità nella scelta del mezzo con cui muoversi. “Tra i mezzi utilizzati per andare al lavoro – scrivono i ricercatori – il distacco è evidente: 3 spostamenti su 4 sono con l’auto privata. In tempi di crisi il mezzo pubblico conquista circa 4 punti percentuali passando dal 9,7% del 2006 al 13% del 2012, ma in realtà l’aumento delle quote percentuali del trasporto pubblico è(prevalentemente)dovuto ad una forte diminuzione, in termini assoluti, dell’uso dell’auto privata. Infatti, nel 2006 per andare al lavoro si registrano 16,5 milioni di spostamenti con il mezzo privato e 2,1 con il mezzo pubblico; nel 2012 quest’ultimi passano a 2,2 milioni, mentre quelli con l’auto privata crollano a 12,4 milioni”. Insomma, nonostante la crisi e il caro carburante, gli Italiani continuano a scegliere prevalentemente l’auto. Servizio pubblico devastato dai tagli o problema culturale?

fonte: eco dalle città

 

Ripensare la mobilità di persone e merci

Perché ripensare la mobilità? La mobilità risponde a logiche di servizio o di profitto? Ce ne parla Gaetano La Legname, imprenditore nel settore del trasporto e logistica e coordinatore del progetto Fai meno strada.strada_macchine_notte

Perché ripensare la mobilità? La mobilità è una logica di servizio o di profitto? Ripensare la mobilità, è un pensiero ardito, può sembrare anche minaccioso per chi ha interessi pre-costituiti, ma perché ripensare la mobilità? E soprattutto, come? In periodo pre-elettorale, tutti i partiti ed i movimenti hanno elaborato scenari e programmazioni di lungo periodo più o meno complessi. Hanno chiesto il voto, pensando, qualcuno sinceramente, di poter offrire delle soluzioni alle esigenze di mobilità di cittadini e merci. In realtà la questione è molto complessa, molto di più di quello che può sembrare a persone poco esperte del settore. Continuando a farci domande, la mobilità è una logica di servizio o di profitto? È entrambe le cose? O nessuna delle due? Gli amministratori pubblici attuali non devono avere le idee molto chiare, basta pensare infatti che per il trasporto pubblico locale, che dovrebbe essere inserito in una logica di servizio si sta privatizzando a tutto spiano. Mentre per il trasporto di merci che è liberalizzato totalmente da diverso tempo, specialmente nella city logistics, la consegna urbana delle merci, si sta cercando di controllarla attraverso le istituzioni pubbliche. Non ci si capisce più nulla. Però una cosa è chiara. La mobilità produce sia costi che benefici esterni.gaet_lalegname

Gaetano La Legname, imprenditore nel settore del trasporto e logistica e coordinatore del progetto Fai meno strada. Facendo degli esempi i costi esterni sono tutti i costi che ricadono sulla collettività come ad esempio l’inquinamento e la congestione, per citarne solo 2; mentre i benefici esterni sono la possibilità di realizzare delle economie attraverso il valore aggiunto generato dal lavoro dei cittadini nei centri urbani e dalla possibilità di poter trovare i prodotti ed i servizi al posto giusto, al momento giusto, nella quantità giusta e al giusto prezzo per ogni singolo cittadino. Dobbiamo precisare che i costi sono sempre a carico della collettività, senza addentrarci troppo in nozioni tecniche, diamo per buono questo assunto; mente i benefici sono a disposizione di tutti eccetto per il valore aggiunto che è del privato. È il concetto classico della socializzazione delle perdite e della privatizzazione dei profitti. Le perdite significano indebitamento, il debito produce altro debito e nel lungo periodo si ha il crash del sistema. Il fatto che, con la spending review non ci siano più soldi per il trasporto pubblico locale, è solo l’effetto dell’indebitamento del lungo periodo. Fino a qualche anno fa, prima dell’avvento dei treni ad alta velocità, avete mai visto qualcuno insistere tanto per aprire un proprio trasporto ferroviario? No! Perché i treni, ma in generale il trasporto pubblico locale, inserito in un contesto di libero mercato, sono attività in perdita per via della complessità dell’infrastruttura. È fisiologico, non si può fare molto. Facciamo un esempio: qualche tempo fa tornando dal Piemonte prendo l’ultimo treno regionale per Milano a tarda sera. Sul treno ci saranno state si o no 30 persone, in circa 9 vetture, treno vuoto; con il costo del biglietto di ognuno non si coprivano nemmeno le spese del capotreno. Chi paga queste spese? Sempre noi, attraverso il gettito fiscale, infatti il trasporto pubblico locale si dice sussidiato; cioè a Milano (e in altre città italiane) il costo del biglietto di 1,5 Euro lo paga il cittadino, la differenza di altri 3 Euro li paga l’amministrazione pubblica al gestore locale, che li prende dai noi attraverso la tassazione.binario3

I treni sono attività in perdita per via della complessità dell’infrastruttura. Il cittadino non vuole che vengano soppressi i treni, anche se viaggiano vuoti, perché giustamente ribadisce il proprio diritto di mobilità. Però questo ha un costo e i cittadini non vogliono e non possono sostenerlo. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Secondo chi scrive il gestore, che comunque viene ripagato dei propri costi e incassa una valore aggiunto adeguato, ci marcia su questa situazione. Non a caso adesso che sono stati realizzati tagli consistenti, molte aziende si trovano in difficoltà tanto da fermare i propri mezzi. E allora qual è la soluzione? È difficile dirlo, a mio modesto parere è bisogna trovare l’equilibrio tra logica di profitto e di servizio. Tra i costi e i benefici esterni. E questo passa anche dai comportamenti virtuosi e dalla consapevolezza dei cittadini che non possono più far finta di nulla. È tutto qui? Non proprio, internet e la green-economy ci possono dare una grande mano, ma questo ve lo racconto nel prossimo articolo.

Fonte : il cambiamento

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