Mediterraneo a un passo dal collasso

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Il Mar Mediterraneo, il “mare nostrum” sul quale si affaccia una popolazione di 150 milioni di persone (+17% rispetto al 2000) è sull’orlo del collasso. Le cause sono tante: dall’esplosione demografica al turismo, dall’acquacoltura all’inquinamento. In questo mare che rappresenta l’1% delle acque marine mondiali sono presenti dal 4 al 18% delle specie marine conosciute, una biodiversità in pericolo secondo lo studio MedTrends, pubblicato la scorsa settimana dal WWF. Il Mediterraneo è a un passo dal burn out ovverosia del punto di non ritorno in cui la sua fauna non sarà più in grado di rigenerarsi. Il trasporto marittimo, la pesca, lo sfruttamento delle risorse minerarie, gli impianti eolici e la protezione dei cetacei sono le criticità con le quali occorre e occorrerà fare i conti. L’unico dato in diminuzione è quello della pesca professionale: nel Mediterraneo ci sono sempre meno pesci per alimentare l’approvvigionamento delle 73 imbarcazioni della regione. Cresce, invece, l’acquacoltura passata dalle 540mila tonnellate del 1990 al milione e 400mila tonnellate di oggi. Nell’ultimo mezzo secolo il numero delle città con più di 10mila abitanti situate lungo i 46mila chilometri di costa mediterranea è praticamente raddoppiato. Il Mediterraneo attira 300 milioni di turisti ogni anno ed è la seconda regione al mondo per il turismo delle crociere dopo i Caraibi. Fra le specie acquatiche maggiormente minacciate da questo ipersviluppo vi sono le foche monache, i tonni rossi e gli squali. E, secondo il rapporto di WWF, il raddoppio del Canale di Suez (97 navi al giorno nel 2023 contro le 49 attuali) farà letteralmente esplodere i rischi di collisioni, inquinamento, rumore sottomarino e gli ingressi di specie aliene in grado di alterare gli equilibri ecosistemici dei nostri mari.

Fonte:  WWF

Agenzia Europea dell’ambiente (EEA): nei mari europei aumentano le emissioni di anidride carbonica di circa il 35%.

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Secondo un recente rapporto dell’EEA, il trasporto marittimo contribuisce in modo significativo all’inquinamento dell’aria e al cambiamento climatico a causa della sua dipendenza dai combustibili fossili e del fatto che è uno dei settori meno regolamentati per quanto riguarda le fonti di inquinamento atmosferico, mentre l’inquinamento derivante da questo settore provoca un aumento delle malattie cardiache e respiratorie nell’uomo e danneggia l’ambiente attraverso l’acidificazione e l’eutrofizzazione. Mentre alcuni inquinanti atmosferici sono emessi lontano dalla costa, circa il 70% delle emissioni globali provenienti dalle navi sono emesse entro i 400 km dal litorale, senza contare che alcune sostanze inquinanti possono percorrere centinaia di chilometri nell’atmosfera. Vi è un chiaro legame tra la crescita economica e la circolazione delle merci, così le emissioni da trasporto marittimo cambiano di pari passo con il livello di attività economica, non a caso le emissioni di anidride carbonica (CO2) dovute ai trasporti marittimi internazionali in partenza da porti dell’UE sono aumentate di circa il 35% tra il 1990 e il 2010, così come altri inquinanti chiave hanno avuto un forte aumento nello stesso periodo; tuttavia, la maggior parte dei tipi di emissioni negli ultimi anni hanno iniziato a decrescere probabilmente a causa della recessione economica. Il rilascio di gas serra e di inquinanti atmosferici hanno complesse conseguenze sul clima, infatti mentre i primi hanno un effetto di riscaldamento, i secondi spesso portano al raffreddamento. Dalle ultime ricerche scientifiche sembra emergere che, a livello globale, il raffreddamento prodotto dall’aerosol atmosferico, prevalga sul riscaldamento prodotto dai gas serra. Secondo il rapporto dell’EEA, questo effetto potrebbe essere leggermente ridotto attraverso nuove leggi comunitarie riguardanti il tenore di zolfo dei carburanti delle navi, la cui regolamentazione ha già portato dei benefici grazie all’esistente legislazione dell’UE (Direttiva 2012/33/UE) che impone limiti più severi rispetto agli standard internazionali. Nel 2007 il traffico marittimo nazionale ed internazionale è stato responsabile dell’emissione del 3,3% di anidride carbonica globale (CO2), e circa il 30% di questa viene emessa su rotte che passano attraverso i porti europei. Il rapporto sottolinea che il modo più semplice per tagliare sia l’inquinamento atmosferico sia i gas serra sarebbe puntare su una migliore efficienza del carburante che potrebbe già essere raggiunta se solo le navi riducessero la loro velocità del 10% in modo da ridurre la domanda di energia di circa il 19%. Alcuni compagnie di spedizione sono passate al gas naturale liquido (GNL), che porta all’eliminazione delle emissioni di SO2 e una forte riduzione delle emissioni di NOx e di CO2. L’obiettivo principale della relazione è quello di offrire una panoramica completa sullo stato dell’arte della letteratura scientifica recente, riguardante le emissioni del settore dei trasporti marittimi, affrontando una vasta gamma di argomenti quali:

– la registrazione delle navi, il diritto marittimo internazionale e la legislazione ambientale europea (capitolo 2);
– il monitoraggio e la creazione di modelli previsionali per il consumo di carburante marittimo e le conseguenti emissioni (Capitolo 3);

– le tendenze passate e future degli inquinanti atmosferici e del gas a effetto serra (GHG) da trasporto marittimo (capitolo 4);
– le emissioni da trasporto marittimo e qualità dell’aria (capitolo 5);

– gli impatti sul cambiamento climatico (capitolo 6).

Fonte: EEA