Come trasformare la propria bicicletta in una eBike con Falco eDrive

Falco eDrive è un moderno sistema utile per convertire la propria “normale” bicicletta in una tecnologica eBike: come già per le auto (i kit che convertono i motori a benzina in motori elettrici spopolano sempre di più) anche per le biciclette è giunto il momento di alzare il proprio livello tecnologico e adeguarsi alle necessità della vita e del ciclista moderno.

Falco eDrive, lanciato al CES 2017 di Las Vegas in corso in questi giorni, promette di trasformare la propria bicicletta in una eBike capace di percorrere distanze anche piuttosto lunghe (la promessa è fino a 100 miglia, circa 160 km) ma anche di poter utilizzare bicicletta “rigenerata” in spazi indoor, per allenarsi senza soffrire le basse temperature. eDrive è un prodotto di Falco eMotors, già tra i leader del mercato che mette a disposizione il proprio know-how motociclistico per un settore in veloce espansione come quello delle bici elettriche ad alta tecnologia. eDrive è un kit composto da una ruota di trazione posteriore alimentata da una batteria da 400W agli ioni di litio montata su un telaio apposito sotto la canna della bicicletta. Può percorrere oltre 160km e si ricarica in appena 6 ore, proprio come una normale eBike a medio-lungo raggio di ultima tecnologia. L’esperienza di guida, dice chi l’ha provata, è molto coinvolgente: i feedback che si ricevono (dal terreno all’andatura) vengono trasmessi via bluetooth al proprio smartphone, dove vengono tenuti sotto controllo grazie alla app dedicata. Per l’allenamento indoor è possibile utilizzare Falco eDrive, che simula le vibrazioni dell’andamento su strada fornendo un’esperienza di allenamento coinvolgente e assolutamente veritiera. Ruota, batteria e training-pack costano in totale 1149 dollari ma con 1995 dollari è possibile acquistare una bici completa di Falco, la eCiti. Cinque anni di garanzia sul motore, due sulle batterie, diverse dimensioni di ruota disponibili e la possibilità di ingegnarsi per non perdere la bicicletta “classica” alla quale siamo tanto affezionati.

Una seconda vita è possibile? Sì, se parliamo di eBike.

Fonte: ecoblog.it

Possiamo trasformare il mondo

«Possiamo trasformare il mondo» è lo slogan con cui la coalizione Together for Global Justice ha lanciato un appello ai potenti della Terra che si ritroveranno al vertice sul clima di Parigi il 7 e 8 dicembre prossimi.cambiare_il_mondo

Together for Global Justice è una coalizione di 17 organizzazione europee e del nord America che combattono contro povertà e disuguaglianze. Sollecitano da anni governi, mondo degli affari, confessioni religiose e organismi internazionali ad adottare politiche e condotte che promuovano i diritti umani, la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile. Ora hanno lanciato un appello, già sottoscritto da numerosi esponenti internazionali, affinchè i rappresentanti dei governi che si ritroveranno a Parigi il 7 e 8 dicembre diano prova di un impegno vero per cambiare paradigmi e azioni.

Ecco cosa si legge nell’appello:

«Possiamo colmare il gap esistente tra i pochi che posseggono la metà delle ricchezze mondiali e il resto della popolazione.

Possiamo assicurare una piena equità tra uomini e donne.

Possiamo garantire il diritto al cibo per miliardi di persone, soprattutto per i piccoli produttori che producono la maggior parte del cibo che si consuma nel mondo ma i cui diritti sono violati in maniera pervasiva.

Possiamo impedire che le temperature aumentino più di 1,5 gradi Celsius.

Possiamo garantire che i più poveri e i più vulnerabili siano protetti e supportati nelle loro battaglie per adattarsi ai cambiamenti climatici e possiamo realizzare una società globale più giusta e uguale.

Possiamo smettere di sfruttare la terra e limitare l’estrazione di risorse naturali.

Possiamo trasformare la cultura del dominio, del consumo e dell’estrazione in una cultura dell’autosufficienza, del prendersi cura e della solidarietà.

Possiamo garantire una giusta transizione ad economie dove sia garantito un lavoro dignitoso a tutti e dove sia valorizzato il lavoro che si prende cura degli altri.

Possiamo creare un mondo dove uomini e donne possono vivere, pensare, esprimere se stessi e muoversi in pace e libertà.

Molte volte nel corso della storia la comunità internazionale ha dato prova di riuscire a superare le divisioni in uno sforzo comune per rispondere alle paure; occorre perseguire un mondo di pace e di rispetto per l’ambiente, per il clima, per la giustizia sociale ed economica e per l’eguaglianza di genere.

Nei quattro anni appena trascorsi abbiamo assistito ad un livello senza precedenti di discussioni, consultazioni e mobilitazioni in preparazione dei nuovi obiettivi globali. La speranza è e deve essere quella secondo cui la comunità internazionale riuscirà a fare la cosa giusta».

Durante il summit Onu sullo sviluppo sostenibile, conclusosi domenica 27 settembre a New York  e al quale l’appello è stato pure rivolto, è stata adottata e discussa la piattaforma “Transforming Our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development” il cui obiettivo è rispondere alle sfide più urgenti di un mondo che così non può più reggere le proprie sorti. La coalizione che ha sottoscritto l’appello ritiene la piattaforma dell’ONU «un’agenda universale che riconosce gli obiettivi ormai non più procrastinabili».

Ma viene anche messa in luce la sostanziale contraddizione insita nel concetto stesso di sviluppo sostenibile, laddove ciò significhi priorità nel continuare ad alimentare la crescita delle nazioni a discapito dell’armonia con la natura. Occorre limitare fortemente l’utilizzo delle risorse naturali e non bastano meccanismi di tassazione o nuove regole di finanza globale e di investimento. Ci vuole un radicale cambio di paradigma per rendere possibile il cambiamento, per dare corpo allo slogan “Possiamo cambiare il mondo”.

Ci sono comunità che stanno sviluppando soluzioni alternative e le stanno mettendo in pratica basandosi sul concetto che il benessere è anche prosperità condivisa e migliori relazioni di cura tra le persone. Si diffonde l’agroecologia tra i piccoli produttori per costruire filiere alimentari locali e solidali; nascono comunità dove si decentralizza anzichè centralizzare, si usano energie alternative, si modificano stili di vita. Insomma, si dimostra che cambiare è possibile, basta farlo con azioni concrete, con coerenza e non solo nella facciata.

Ma governi ed enti internazionali devono imparare a resistere (o volerlo, se non altro) alle forti pressioni dei gruppi di potere economico, devono esigere e praticare la trasparenza di ogni transazione e trattativa, di ogni scelta e decisione.

La gente nel mondo è pronta a vivere un futuro (che deve cominciare però già domani) di uguaglianza, giustizia, diritti e vita in armonia con la natura. Bisogna chiarire se il potere costituito è ugualmente pronto. Se non lo è, è probabile che la forza delle popolazioni lo costringa a prepararsi.

I sottoscrittori:
1. Dereje Alemayehu, World Citizen and Tax Justice Activist, Etiopia
2.
Marcia Anfield, Mariannridge Coordinating Committee, Sud Africa
3. Attilio Ascani, Direttore Focsiv, Italia
4. Georges Bach, europarlamentare, Lussemburgo

  1. Chris Bain, direttore CAFOD, Regno Unito
    6. Fr. Dário Bossi, missionario comboniano, International Alliance of those Affected by Vale, Brasile
    7. Jenny Boyce-Hlongwa, Mariannridge Coordinating Committee, Sud Africa
    8. Adriano Campolina, Chief Executive, ActionAid International
    9. Marian Caucik, Direttore eRko, Slovacchia
    10. Alistair Dutton, Direttore SCIAF, Scozia
    11. Hilal Elver, docente di legge, Turchia, e UN Special Rapporteur on the Right to Food
    12. Simone Filippini, Direttore Cordaid, Olanda
  2. Susan George PhD, presidente del Transnational Institute, Olanda
    14.
    Patrick Godar-Bernet, Direttore del Bridderlech Deelen, Lussemburgo
    15.Mamadou Goïta, Executive Director, Institut de Recherche et de Promotion des Alternatives de Développement en Afrique (IRPAD), Mali
    16. Arcivescovo Theotonius Gomes, vescovo ausiliario emerito di Dhaka, Federation of Asian Bishops’ conferences, Bangladesh
    17. Rev. Fletcher Harper, Executive Director, Greenfaith, USA
    18. Lieve Herijgers, Director, Broederlijk Delen, Belgio
    19. Jason Hickel, Lecturer, London School of Economics and Political Science, Regno Unito
    20.Wael Hmaiden, Executive Director, CAN International, Libano
    21.
    Heinz Hödl, CIDSE presidente e direttore, KOO, Austria
    22. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo del Lussemburgo
    23. Nicolas Hulot, Special Envoy del president della Repubblica francese per la protezione del pianeta, Francia
    24. Pa Ousman Jarju, Ministro dell’ambiente, Gambia
    25. Aloys Jousten, vescovo onorario di Liège, Belgio
    26.
    David Leduc, Executive Director, Development and Peace, Canada
    27. Jorge Libano Monteiro, Amministratore FEC – Fundação Fé e Cooperação, Portogallo
    28.
    Bill McKibben, Co-fondatore di 350.org, USA
    29. Eamonn Meehan, Direttore Trócaire, Irlanda
    30.
    Daniel Misleh, Executive Director, Catholic Climate Covenant, USA
    31. Bhumika Muchhala, Senior Policy Analyst, Finance and Development, Third World Network, Malesia
    32. Fr. Stan Muyebe, Justice and Peace Commission, Southern Africa Catholic Bishops Conference, Sud Africa
    33. Kumi Naidoo, Executive Director, Greenpeace International, Sud Africa
    34. Bernd Nilles, Secretary General, CIDSE, Belgio
    35. Allen Ottaro, Executive Director, Catholic Youth Network for Environmental Sustainability in Africa (CYNESA), Kenya
    36. Peter-John Pearson, Dirertore Southern African Catholic Bishops’ Conference Parliamentary Liaison Office, Sud Africa
    37.
    Bernard Pinaud, Director, CCFD-Terre Solidaire, Francia
    38. Viviane Reding, ex Vice-Presidente della Commissione Europea ed europarlamentare, Lussemburgo
    39. Susana Réfega, Executive Director, FEC – Fundação Fé e Cooperação, Portogallo
    40. Cécile Renouard, filosofo ed economista, Francia
    41. Patrick Renz, Direttore Fastenopfer, Svizzera
    42. Andy Ridley, Managing Director, Circle Economy, Olanda
    43.Michel Roy, Secretary General, Caritas Internationalis, Città del Vaticano
    44.
    Jeff Rudin, Secretary, Alternative Information and Development Centre, Sud Africa
    45.Naderev “Yeb” Saño, Leader of The People’s Pilgrimage for Climate Action, OurVoices, Filippine
    46.
    Angelo Simonazzi, segretario generale di Entraide et Fraternité, Belgio
    47. Colette Solomon, Direttore di Women on Farms’ Project, Sud Africa
    48. Pablo Solón, Executive Director, Fundación Solón, Bolivia
    49. Pirmin Spiegel, Direttore di Misereor, Germania
    50. Soledad Suárez Miguélez, Presidente di Manos Unidas, Spagna
    51.Monicah Wanjiru, segretario generale del Coordinamento internazionale dei giovani lavoratori cristiani, Italia

Fonte: ilcambiamento.it