Il diritto dei bambini all’aria pulita: le strade scolastiche come antidoto a traffico e inquinamento

La maggioranza degli studenti italiani si reca o viene accompagnata a scuola in auto. Questo genera una serie di gravi conseguenze, che vanno dall’inquinamento al congestionamento stradale, fino al rischio di investimenti. Ecco perché è importante valorizzare e diffondere l’istituzione di strade scolastiche, tratti in cui la circolazione veicolare è vietata o contingentata.

Il ritorno alla didattica in presenza ha coinciso con un aumento del traffico e dell’inquinamento davanti ai plessi scolastici, con auto parcheggiate “solo per un minuto” sui marciapiedi e bambini che camminando all’altezza dei tubi di scappamento respirando aria inquinata, con concentrazioni di NO2 anche 7 volte più elevate della soglia indicata dalle linee guida dell’OMS a tutela della salute umana (fonte Cittadini per l’Aria). Ma oltre che dall’inquinamento, gli ingressi delle scuole sono caratterizzati da traffico e ingorghi di auto in doppia fila che impediscono ai bambini di muoversi in sicurezza con importanti conseguenze sulla loro salute. Il 73% dei bambini in età scolare infatti non si reca a scuola a piedi o in bicicletta, forme di spostamento che permetterebbero loro anche di effettuare la sana attività motoria minima di 300 minuti a settimana, come raccomandato dall’OMS, e di combattere sovrappeso e obesità, condizioni che coinvolgono il 20,4% e il 9,4% dei bambini (Indagine “OKkio alla Salute”, 2019).

Accompagnare i figli a scuola, una routine quotidiana di migliaia di persone, può però diventare un’attività piacevole e sana per genitori, figli e collettività, se anche il luogo scolastico fosse pensato e progettato per incentivare l’abbandono dell’auto privata, a favore della mobilità attiva, scegliendo quindi di camminare o usare la bici.

Per ridurre quindi la principale fonte di inquinamento e confusione negli orari di punta di fronte alle scuole e invogliare le famiglie a muoversi in modo sostenibile il Decreto Semplificazioni (76/2020) ha introdotto il concetto di “Zona scolastica”, che definisce una “zona urbana in prossimità della quale si trovano edifici adibiti ad uso scolastico, in cui è garantita una particolare protezione dei pedoni e dell’ambiente”.

In occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e della Campagna Clean Cities “Tutti giù per strada” – con cui una rete di associazioni hanno lanciato un appello ai sindaci delle città di Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Genova, Parma, Olbia e Fano chiedendo piani ambiziosi per chiudere al traffico le strade delle scuole nelle proprie città – viene presentata la pubblicazione Strade Scolastiche – Nuove piazze per le cittàun breve compendio sui vantaggi e strumenti per gli studenti e per le città nel ridurre la presenza di automobili in prossimità dei plessi scolastici che ha l’obiettivo di aiutare cittadini e comuni nella realizzazione e diffusione delle zone scolastiche. La pubblicazione, gratuita e scaricabile dal sito Bikeitalia.it, ha l’obiettivo di cambiare il volto delle strade davanti alle scuole, trasformando anonimi spazi grigi, spesso utilizzati come parcheggio in nuove piazze colorate, verdi e attrezzate con aree da destinare al gioco e alla socializzazione delle persone. L’ebook è frutto della partnership tra Bikenomist, editore della pubblicazione, il sito di informazione sulla ciclabilità Bikeitalia.it e il brand Metalco, leader mondiale nella produzione di arredo urbano, impegnato nel “Social Design for Real Life”, così come racconta Alberto Mattiello, direttore creativo del gruppo: «I nostri figli trascorrono il 90% del loro tempo in ambienti interni chiusi, per questo gli spazi pubblici all’aperto diventano importanti per lo sviluppo di uno stile di vita più sano. Le Strade Scolastiche sono parte di un puzzle strategico, volto a migliorare il benessere delle nostre famiglie, degli insegnanti e degli studenti oltre alla vivibilità e alla sicurezza dei quartieri in cui le scuole sono inserite».

La necessità di realizzare un documento dedicato alle strade scolastiche è nata durante la prima edizione del simposio pubblico “mobilitARS – dell’arte della mobilità urbana del III millennio”, evento curato da Bikenomist lo scorso febbraio e che ha coinvolto professionisti impegnati nella ricerca e studio di approcci, strumenti, soluzioni e tecniche per ricostruire città sane e resilienti.

«La transizione ecologica richiede una revisione delle nostre abitudini anche sul piano della mobilità individuale: il tragitto casa scuola è uno di questi. Abbiamo raccolto le istanze provenienti da moltissime realtà sparse su tutto il territorio nazionale, con l’obiettivo unico di aiutare famiglie e istituzioni nel cambiare le strade davanti alle scuole italiane, creando luoghi più salubri e sicuri, dove sia più semplice per tutti muoversi, giocare o stare all’aria aperta», ha raccontato uno degli autori dell’ebook, Gabriele Sangalli, urbanista di Bikenomist. In attesa della seconda edizione di mobilitARS, che si terrà a Reggio Emilia dal 27 al 29 maggio 2022, l’ebook sulle strade scolastiche si pone come un utile strumento di lavoro e di dibattito. All’interno dell’ebook, oltre alla guida alla realizzazione delle strade scolastiche, è infatti disponibile anche un kit di comunicazione composto da poster, volantini e striscioni da utilizzare per richiedere una strada scolastica nel proprio comune o quartiere di residenza.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/11/strade-scolastiche-aria-pulita/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Soluzioni concrete per non morire di inquinamento in città

Se c’è un terrorismo costante, una sciagura paragonabile alla peggior epidemia o guerra e che colpisce ogni anno, questa si chiama inquinamento. Possiamo attrezzarci per non morire?9679-10454

Essendo il prodotto di interessi economici vari, non è molto osteggiato; anzi, si fa poco e nulla per combatterlo, nelle città al massimo si aspetta il vento che porti lo smog altrove e si continua come se nulla fosse. Mica si vorranno intaccare i sacri e inviolabili interessi dei costruttori di automobili e degli spacciatori di energia fossile? I quali avendo in mano gran parte dei media, non solo minimizzano il problema ma ad esempio continuano a sfornare costantemente pubblicità di auto nonostante siamo già strapieni e non si capisce chi le deve comprare e dove le dobbiamo ancora mettere. Le soluzioni per evitare molte delle 70 mila morti premature in Italia sono assai facili da applicare ma non lo si vuole evidentemente fare. Si dovrebbe iniziare da subito, spiegando chiaramente con una diffusa e puntuale informazione e formazione, che il miglior modo per non morire nelle nostre camere a gas cittadine è usare il meno possibile l’automobile. Se c’è un mezzo inefficiente per spostarsi in città dove tutto è relativamente vicino è proprio l’auto. Anche perché se poi tutti si spostano con l’auto ovviamente si rimarrà perennemente imbottigliati, così come puntualmente succede. Proprio per come sono strutturate le città, è ottimale l’uso dei mezzi pubblici e della bicicletta nelle sue varie forme e declinazioni. Ad Hannover in Germania stanno addirittura studiando progetti di mobilità di carico con le biciclette per poterle utilizzare anche se si devono fare trasporti di oggetti. E’ evidente che per scoraggiare l’uso dell’automobile in città, i mezzi  pubblici devono essere potenziati e circolare in maniera capillare, efficace, coprire ogni fascia oraria ed essere molto frequenti. Inoltre devono avere tariffe agevolanti per chi li prende spesso. E per aumentarne decisamente l’uso bisogna  informare i cittadini sui benefici e chiudere al traffico di mezzi privati sempre più ampie zone del centro o di altre zone che verrebbero appunto massicciamente coperte dai mezzi pubblici. Il quartiere Vauban di Friburgo in Germania è un esempio efficacissimo, dove le automobili sono una percentuale estremamente bassa se rapportate a coloro che usano i mezzi pubblici e la bicicletta. Ricordiamo che non usare l’auto ha benefici non solo ambientali ma anche sanitari ed economici considerando i costi dei ricoveri, delle medicine e cure, dei carburanti, delle assicurazioni e della costante manutenzione dei mezzi. Altro elemento di emissione di inquinamento sono gli impianti di riscaldamento. Basterebbe un’azione di coibentazione di tutti gli edifici per dimezzare da subito i consumi e relative emissioni. Il Comune dovrebbe fare da regia per queste azioni e dare le linee guida e assieme alle associazione di categoria , le imprese e le banche fornire tutte le informazioni e agevolazioni possibili affinchè qualsiasi cittadino di qualsiasi reddito sia messo in grado di coibentare la sua casa. Con un’attenta opera di formazione bisognerebbe andare nelle case di tutti i cittadini, negozi e strutture di ogni tipo pubbliche e private e spiegare loro come diminuire i consumi di acqua, elettricità e riscaldamento. Agendo in questo modo si ridurrebbe l’inquinamento, i costi e si aumenterebbe l’occupazione. Tra le decine di esempi negativi in città, è un insulto allo spreco e un ode alla stupidità vedere costantemente negozi che hanno in estate il condizionamento a tutta forza e in inverno riscaldamento al massimo, il tutto sempre con le porte aperte. A livello energetico bisogna passare alle famose smart grid (sul serio non solo in teoria) e fare di ogni condominio, gruppo di case o  quartiere un produttore di energia, attraverso l’uso di fonti rinnovabile e sistemi di produzione energetica ad alta efficienza come la micro cogenerazione.  Occorre invertire totalmente la logica che bisogna pagare necessariamente la bolletta a qualcuno, meglio produrre e scambiare le eccedenze con la rete. Tutto ciò è tecnologicamente possibile già da tempo e sono pronte tutte le conoscenze e le applicazioni. Inoltre, per dare una reale ripulita all’aria e creare microclimi favorevoli, senza aspettare o sperare che arrivi il vento che porti l’inquinamento altrove, si devono piantare più alberi possibile. Alberi di non eccessive dimensioni  e soprattutto alberi da frutta di antiche cultivar locali e più resistenti delle varietà moderne che, non si sa mai, visto che in futuro andiamo verso la sempre maggiore autosufficienza, potranno sempre servire.

Ricapitolando, quindi le azioni da fare per ridurre realmente l’inquinamento in città sono tre e assai semplici:

1)     Puntare sui mezzi pubblici, sull’uso della bicicletta e sulla drastica riduzione dell’uso dell’auto privata

2)     Almeno dimezzare i consumi degli edifici pubblici e privati attraverso un’efficace opera di coibentazione e farli diventare dove possibile auto produttori di energia elettrica e termica

3)     Piantare alberi, produttori di ossigeno, di verde e di cibo.

Tutto ciò non va sognato e fatto forse nei prossimi decenni, perché nel frattempo saranno morte altre centinaia di migliaia di persone. Speriamo che prima di girare con le bombole di ossigeno, gentilmente offerteci dalle case automobilistiche come gadget, magari firmate da qualche stilista, ci si convinca che è la strada da seguire e si agisca. A meno che non si faccia nulla perché con l’inquinamento alle stelle anche solo le spese sanitarie sono così alte che danno una bella spinta al PIL e se non sia mai si dovesse ripulire l’aria, il PIL con meno ricoverati e malati ne risentirebbe.  Ma non sarà che i paladini della crescita siano i veri sponsorizzatori dell’inquinamento? Che poi questi significhi la morte di migliaia di persone, ai paladini interessa poco, trattandosi di un trascurabile effetto collaterale.

Fonte: ilcambiamento.it

Traffico e mobilità urbana nelle città italiane nel 2016. Legambiente: ‘Nessuna luce all’orizzonte’

Secondo appuntamento con Pendolaria 2016, la campagna di Legambiente dedicata al trasporto pendolare, vuole fare il punto sulla mobilità urbana in Italia con un nuovo rapporto che mette a confronto le dotazioni infrastrutturali nelle città europee, determinanti per la qualità dell’aria ma anche per la qualità della vita dei cittadini.386785_1

Fine anno, tempo di bilanci ma anche di emergenza smog. Il secondo appuntamento con Pendolaria 2016, la campagna di Legambiente dedicata al trasporto pendolare, vuole fare il punto sulla mobilità urbana in Italia con un nuovo rapporto che mette a confronto le dotazioni infrastrutturali nelle città europee, determinanti per la qualità dell’aria ma anche per la qualità della vita dei cittadini. Il Belpaese infatti, risulta terribilmente arretrato in termini di infrastrutture di trasporto su ferro rispetto al resto d’Europa: siamo sotto del 50% rispetto alla media europea per metropolitane e tramvie, e al 51% per le ferrovie suburbane. Nel complesso, il 2016 si chiude con la realizzazione di 4,5 chilometri di linee metropolitane grazie a due prolungamenti a Milano e Catania (mentre nel 2015 sono stati inaugurati 6,9 km di metro a Roma e 7,4 a Milano) e di 17 chilometri di tramvie (tutti a Palermo). In totale, sono in esercizio in Italia 235,9 km di rete metropolitana, distribuite tra 14 aree urbane. La città con la rete più estesa è Milano, seguita da Roma, poi Napoli, Brescia, Torino, Genova e Catania. Niente a che vedere con i 291,5 km di Madrid, i 464,2 di Londra o i 219,5 di Parigi. Linee di tram sono invece presenti in 10 città italiane per un totale di 336,1 km, tra Milano, Torino, Roma, Venezia, Palermo, Bergamo, Napoli, Padova, Messina e Firenze. In 12 città troviamo invece le linee ferroviarie suburbane pendolari, con la rete più estesa a Roma, cui seguono Milano, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Bologna, Genova, Cagliari, Salerno, Sassari e Catania. In totale si tratta di 679,3 km distribuiti su 14 lineeSono invece 2.038,2 i km di suburbane in Germania, 1.694,8 km nel Regno Unito e 1.432,2 in Spagna. Questo il contesto attuale. E le prospettive future? Anche qui, nessuna luce all’orizzonte. Pochi i progetti finanziati dal Governo e i cantieri aperti. Roma nel 2016 non ha visto inaugurare alcun tratto di metro o linee di tram e, al momento, l’unico progetto finanziato riguarda il prolungamento (3,6 km) della metro C fino a Colosseo. Peggiore è la situazione che riguarda i tram: nessun cantiere aperto e nessun progetto di prolungamento finanziato. Se si continuerà con questi ritmi nei cantieri delle metro impiegheremmo 80 anni per recuperare la distanza dalle altre città europee (in termini di km di metropolitane ogni 1.000 abitanti).Ovviamente senza considerare aumento  di popolazione e crescita delle infrastrutture in tutte le altre città. Migliore situazione a Milano, che vanta la più alta dotazione di metro in Italia e perché sono in costruzione altri 17 chilometri. Eppure anche qui per raggiungere la dotazione media di una città europea, con i ritmi previsti dai finanziamenti, occorreranno altri 15 anni, sempre a parità di popolazione ed infrastrutture nelle altre città europee. A Napoli sono in costruzione 6,9 km di nuove metropolitane, ma qui il tempo che ci vorrebbe per raggiungere la media europea, con questi ritmi, è di circa 70 anni. In positivo, però, vanno segnalate Firenze, dove si è deciso di puntare sui tram per cui ai 7,4 chilometri in esercizio se ne aggiungeranno nei prossimi anni altri 10,8 creando un servizio a rete utile a cambiare la mobilità nella città, e Palermo, che ha inaugurato 4 linee di tram per complessivi 17 chilometri e prevede di realizzarne altri 29, integrati con la realizzazione dell’anello e del passante ferroviario.

“Il ritardo infrastrutturale italiano rispetto agli altri Paesi europei è un tema che ha caratterizzato il dibattito politico degli ultimi venti anni – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Ma nella spinta a rilanciare i cantieri che ha contraddistinto tutti i Governi, si è persa di vista una analisi seria che riguardasse le città, dove è più forte la domanda di mobilità e dove invece si evidenzia proprio il ritardo più forte in termini di dotazione di trasporto su ferro rispetto al resto d’Europa. Occorre dare una speranza a chi vive nelle città italiane, di non dover aspettare decenni prima di vedere un cambiamento nella mobilità e quindi nella qualità della vita”.

Per Legambiente la grande sfida infrastrutturale per il nostro Paese sta nel ridurre la distanza dall’Europa in termini di dotazioni infrastrutturali su ferro nel minor tempo possibile. Serve un progetto per realizzare nelle principali città almeno 25 km all’anno di linee metropolitane nei prossimi 10 anni, per raggiungere la media europea, e 25 di linee tramviarie. Una svolta che consenta in una città come Roma di realizzare almeno 9 km all’anno nei prossimi 10 anni, per raggiungere, ad esempio, la media di dotazione di metro ogni 1.000 abitanti di Berlino. Evidentemente le città continuano ad avere un ruolo marginale nella programmazione delle risorse per i prossimi anni. La parte del leone continuano a farla gli investimenti autostradali da parte dei concessionari, quelli stradali di Anas e i grandi progetti ferroviari (completamento dell’alta velocità e tunnel alpini). Nel piano delle 25 opere prioritarie del Governo, dal costo di 90,1 miliardi di euro, quelle per il potenziamento del trasporto ferroviario metropolitano nelle grandi città sono 8 per un costo complessivo di 14,9 miliardi di euro. Mentre per le opere stradali sono previsti 28,4 miliardi di euro, e per l’Alta velocità 41,4 miliardi di euro. Invece sono solo 1,3 i miliardi di euro per le nuove metropolitane, cioè per il completamento dei progetti in corso a Torino, Milano, Napoli, Catania, Palermo. Stessa impostazione nella delibera Cipe che a Dicembre ha distribuito 11,5 miliardi di fondi europei FSC 2014-2020. E anche nella Legge di stabilità, il nuovo Fondo investimenti infrastrutture, che prevede una dotazione di 1,9 miliardi nel 2017 e risorse fino al 2032 per complessivi 47,5 miliardi mette assieme investimenti di ogni tipo (trasporti e viabilità, infrastrutture idriche, edilizia pubblica, ecc.). Purtroppo continua a non esserci la consapevolezza di come gli investimenti nelle città debbano essere prioritari e non confondersi con gli altri cantieri. Altrimenti, come già avvenuto in questi anni, il ritardo rispetto al resto d’Europa non potrà che aumentare e a pagarne le conseguenze saranno i cittadini italiani. Negli altri Paesi europei esiste una programmazione pluriennale per le politiche di investimento nelle città, con una struttura di coordinamento statale che accompagna i Comuni nella definizione delle priorità di investimento e poi nella fase di cantiere per verificare l’attuazione. Eppure, nel bilancio dello Stato le risorse per realizzare un salto di qualità nell’offerta di trasporto pubblico nelle città italiane, ci sono. I trasporti e le infrastrutture sono una voce rilevante del bilancio dello Stato: oltre 800 miliardi di Euro all’anno che bisogna investire in maniera più intelligente,destinando il 50% degli investimenti infrastrutturali alle città; spostando gli investimenti dalla strada alle città e orientando quelli previsti da RFI prioritariamente nei nodi urbani.   “Le risorse ci sono – ha sottolineato ancora Edoardo Zanchini -, quello che manca è un progetto che punti a realizzare decine di chilometri ogni anno di metropolitane, tram, ferrovie suburbane. I vantaggi sarebbero evidenti in termini di riduzione dell’inquinamento ma anche di qualità della vita per milioni di persone che potrebbero lasciare a casa l’auto, con risparmio anche sulla spesa familiare, e di possibilità di riqualificazione intorno alle stazioni del trasporto su ferro”.

Nel dossier (http://www.pendolaria.it/2016/12/29/pendolaria-citta-europee-a-confronto/), anche le infrastrutture urbane ed i progetti finanziati in Italia e i confronti con le migliori esperienze europee.

Fonte: ecodallecitta.it

Traffico, sono 19 le ore spese in coda nel 2015. Milano si conferma maglia nera

L’Italia è al decimo posto dei paesi più trafficati d’Europa. Ogni anno 19 ore si sprecano in coda e Milano si conferma maglia nera, seguita da Cagliari, Roma e Napoli.

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Il Traffic Scorecard 2015, l’ultimo rapporto stilato da INRIX, il leader globale nelle tecnologie per auto connesse e per l’analisi dei dati sul traffico, rappresenta il punto di riferimento per amministrazioni e città, in Europa e negli Stati Uniti, per la misurazione dei progressi nella mobilità urbana. Il rapporto analizza i livelli di congestione in 96 città europee nel corso del 2015. I livelli di traffico in Italia sono complessivamente in calo per il secondo anno consecutivo: gli automobilisti hanno speso in media 19 ore fermi in coda, un’ora in meno rispetto al 2014. Nonostante questa diminuzione, l’Italia resta al decimo posto nella classifica dei Paesi più congestionati in Europa, al cui vertice si colloca il Belgio, con 44 ore perse nel traffico. Milano si conferma ancora una volta come la città più trafficata in Italia, con una media di 52 ore perse negli ingorghi da parte degli automobilisti in un anno, più del doppio di quanto succede a Cagliari, la seconda città più congestionata in Italia. Il tempo mediamente speso nel traffico a Milano è sceso tuttavia di cinque ore nello scorso anno, la maggior riduzione registrata in tutte le città italiane. Nella classifica delle città europee più congestionate, Milano è scesa dal settimo posto nel 2014 al decimo posto del 2015. Per il secondo anno consecutivo, Londra si è confermata la capitale degli ingorghi a livello europeo. Delle 13 città italiane analizzate sono sei quelle che hanno registrato un declino nei livelli di traffico. Gli automobilisti di Roma hanno speso in media 2 ore in meno in coda rispetto al 2014, un fattore che ha fatto scendere la Capitale dal secondo al quarto posto nella classifica italiana delle città più trafficate. Altre riduzioni sono state registrate a Firenze (-3 ore), Torino (-2), Brescia (-2) e Bologna (-1).1

L’Italia ha mostrato dei segni di recupero economico, con un aumento del PIL dell’1,5% e della fiducia delle imprese. Mentre il tasso di disoccupazione è sceso all’11,9%, in calo rispetto al 12,7% del 2014, la disoccupazione giovanile ha raggiunto il livello record del 44,2%. Nonostante la crescita moderata e l’incremento del 16% del numero di immatricolazioni delle auto nel 2015, il traffico in Italia ha continuato a diminuire, in parte grazie anche alla crescita dell’economia del car sharing. Gli affitti di auto sono cresciuti del 18% nel 2015 in Italia e i veicoli acquistati per finalità di noleggio rappresentano circa il 20% del totale del mercato. Anche gli investimenti nel trasporto pubblico hanno contribuito a ridurre i livelli di traffico. A Milano sono state aperte 10 stazioni della nuova linea della metropolitana M5 Lilla, utilizzata da più di 130.000 passeggeri al giorno[viii]. Roma ha registrato un leggero aumento nel car sharing pubblico e anche il trasporto pubblico ha potuto usufruire di miglioramenti in termini di nuove stazioni e passeggeri serviti. Bologna ha registrato un aumento dell’8,9% degli abbonamenti mensili ai servizi di trasporto pubblico locale,a Torino il numero dei passeggeri della metropolitana è aumentato del 3%, mentre l’incremento dell’utilizzo di mezzi pubblici a Brescia è stato del 5%.

I livelli di traffico in Italia sono in calo per il secondo anno di fila, una riduzione influenzata dalla lenta ripresa economica e dai miglioramenti nei sistemi di trasporto pubblico nelle principali città che hanno provocato una riduzione della necessità di spostamento su strada”, ha dichiarato Bryan Mistele, Presidente e Ceo di Inrix. Le strade più congestionate d’Italia. Il rapporto Traffic Scorecard 2015 di INRIX ha anche identificato le peggiori strade per livelli di traffico in Italia, oltre agli orari peggiori per percorrerle. 12 delle 20 strade più congestionate in Italia si trovano nell’area di Milano. Gli automobilisti che hanno percorso il tratto di 17,24 km della A4 compreso tra l’allacciamento con la A8 e la Tangenziale Nord di Milano hanno perso una media di 38 ore nel traffico. Al di fuori dell’area milanese, il tratto stradale che ha registrato più ingorghi è la A55 a Torino: gli utenti che hanno percorso la distanza di 17,33 km tra l’allacciamento con la A5 e l’interconnessione con la Tangenziale Sud hanno speso una media di 15 ore in coda.2

Confronti tra italia ed europa. Dei 13 Paesi europei analizzati, nel corso del 2015 il 70% ha registrato una riduzione nei livelli di congestione. Un risultato che può essere attribuito alla lentezza dell’economia europea, con una crescita media del PIL trimestrale dello 0,3% nella seconda metà dell’anno, che resta inferiore al picco precedente alla crisi del 2008. Il Belgio si è collocato in cima alla classifica, con una media di 44 ore perse nel traffico da parte degli automobilisti, davanti a Olanda (39 ore), Germania (38 ore) e Lussemburgo (34), seguite dalla Svizzera che passa dalla sesta posizione dell’anno precedente alla quinta del 2015. La situazione del traffico nelle città europee. Londra è in cima nella classifica delle città europee con più ingorghi, gli automobilisti nella capitale britannica restano in coda nel traffico per una media di 101 ore, più di 4 giorni. Il maggior incremento del traffico è stato rilevato a Stoccarda, che ha raggiunto una media di 73 ore perse nel 2015, con un aumento del 14% rispetto al 2014. A Bruxelles, la città con più traffico in Europa nel 2012 e nel 2013 e collocatasi seconda dietro Londra nel 2014, si sono registrati cali significativi: con 70 ore perse nel traffico in seguito a una riduzione di più di 4 ore rispetto al 2014 la città belga è scesa al quinto posto in classifica. Confronto tra città europee e altri centri urbani a livello globale. Londra si colloca in testa alla classifica globale delle città piagate dal traffico, con un totale di 101 ore, seguita da Los Angeles (81 ore), Washington D.C. (75 ore), San Francisco (75), Houston (74), New York (73), Stoccarda (73), Anversa (71), Colonia (71) e Bruxelles (70). Gli automobilisti che percorrono le 10 peggiori strade a livello globale perdono in coda una media di 110 ore all’anno, più di 4 giorni e mezzo. Tra i paesi analizzati dall’Inrix Traffic Scorecard, gli stati uniti sono in cima alla classifica per numero di ore perse nel traffico – con una media vicina alle 50 ore nel 2015 – superando Belgio (44 ore), Olanda (39), Germania (38), Lussemburgo (33), Svizzera (30), Regno Unito (30) e Francia (28). Metodologia. I dati presenti nel rapporto INRIX Traffic Scorecard 2015 sono ottenuti a partire dalle informazioni sulle velocità di percorrenza stradale raccolte da più di un milione di strade e autostrade in 13 Paesi europei e 96 città nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015. Per accedere al rapporto, in cui è inclusa un’analisi dei tratti stradali più trafficati in Europa e negli Stati Uniti, visitare il seguente link: inrix.com/scorecard.

Fonte: ecodallecitta.it

World car-free day, a Bogotà il traffico a motore si è fermato per un giorno

People ride their  bicycles in Bogota  during World Carfree Day on September 22, 2015.  AFP PHOTO / GUILLERMO LEGARIA        (Photo credit should read GUILLERMO LEGARIA/AFP/Getty Images)

Bogotà, 8 milioni di abitanti e quasi due milioni di motori. Ieri, in occasione del World car-free day, la Giornata mondiale senza auto, ben 1,5 milioni di veicoli e 450mila motocicli sono rimasti fermi. Qualche taxi non ha aderito all’iniziativa continuando a circolare, ma i vantaggi si sono sentiti eccome:

“C’è la possibilità di lasciare le piste ciclabili dove solitamente i ciclisti sono confinati e usare le strade, correre più veloce, perché le strade sono più libere”,

ha spiegato un ragazzo intervistato nel video di apertura.

Pedoni ciclisti urbani hanno avuto modo di riscoprire la città. Certo una giornata di stop non risolve i problemi di inquinamento, ma offre la possibilità di toccare con mano le possibilità che offrirebbe una città demotorizzata, più slow e con meno emissioni, stress e rumori molesti.

Fonte:  Askanews

Le città più trafficate d’Italia

A Milano e Roma buttiamo via quattro giorni l’anno, i nuovi dati del Tom Tom Traffic Index. Quali sono le città più trafficate d’Italia? A fare una panoramica sulla quantità di tempo che chi si muove utilizzando la macchina perde ogni giorno è il Tom Tom Traffic Index, che effettua il rilevamento dei dati di percorrenza reali in 146 città al mondo studiando i dati raccolti dal sistema gps. Per il nostro paese, non arrivano grandi notizie, nonostante la grande pubblicità che si fa allo sviluppo dei mezzi pubblici, del car sharing, delle due ruote e delle piste ciclabili. Alla fine, però, nelle grandi città è sempre la macchina a vincere, con il risultato che il traffico si congestiona e si passa una quantità di tempo in macchina bloccati. A Roma, ogni anno, gli abitanti perdono 93 ore (poco meno di quattro giorni) fermi nel traffico nell’attesa di poter togliere il piede dal freno. Le cose non vanno meglio a Milano, nonostante la giunta Pisapia abbia lavora in questi anni principalmente sul tema mobilità. E invece, forse anche a causa dei tantissimi lavori disseminati ovunque a causa di Expo 2015, a Milano si buttano via 87 ore all’anno. La situazione è addirittura peggiorata nel capoluogo lombardo: il picco di congestione è passato dal 63 al 66,3%. Ma non è idilliaca in nessuna delle grandi città: a Napoli si resta fermi in auto per 72 ore e a Torino per 66 ore. E, ancora peggio, le cose non vanno per niente meglio nemmeno nelle città con meno di 800mila abitanti (quest’anno scorporate dalle metropoli).Palermo, a conti fatti, resta comunque la città peggiore in assoluto, visto che ogni giorno i suoi abitanti perdono 30 minuti in coda. A Catania sono 18, a Bari 15, a Genova, Bologna e Firenze sono 12. E nel mondo? La città più trafficata in assoluta è Istanbul, al secondo posto Città del Messico e sul terzo gradino del podio Rio. Mosca conquista invece la quarta piazza. Le città italiane sono indietro, ma non così tanto. Roma è al 14esimo, Milano al 50esimo e Napoli al 53esimo. Va meglio Torino, al 104esimo. Ma viene da chiedersi come sarebbe piazzata Palermo se la classifica della metropoli la tenesse in considerazione.traffico-Milano-586x439

Fonte: ecoblog.it

Cala il prezzo della benzina: aumenterà il traffico?

Il ribasso dei carburanti, provocato dal crollo del prezzo del petrolio al barile, si tradurrà in un aumento dei consumi? Cerchiamo di capire, con i dati a disposizione, se il calo di benzina e gasolio possa determinare un aumento del traffico veicolare privato nelle città italiane e tra le abitudini dei pendolari381524

Il prezzo dei carburanti continua a calare: non proporzionalmente al crollo del petrolio, visto che si parla di un – 53% sul prezzo al barile, che si è tradotto in realtà in un -14% sui listini della benzina, ma la differenza è più che sensibile. Il prezzo medio della benzina servita oscilla tra l’1,462 euro/litro e l’1,621, mentre il diesel viaggia tra 1,368 e 1,515 euro al litro. Scampato anche il rincaro delle accise sulla benzina – rincaro inizialmente previsto dal decreto Milleproroghe, ma poi cancellato – gli automobilisti si trovano ad aprire il nuovo anno con una potenziale riduzione della spesa piuttosto consistente. Questa riduzione si tradurrà tutta in risparmio economico o porterà con sé un aumento dei consumi, e dunque del traffico privato?  Gli ultimi dati disponibili sono quelli forniti da Unione Petrolifera a dicembre, che fanno però riferimento al mese di novembre, quando – a parità di giorni di consegna – i consumi di benzina calavano del 4,7% e quelli del gasolio dello 0,6%. Bisognerà attendere il 20 gennaio per conoscere le statistiche relative al mese di dicembre, quando l’effetto del ribasso dei carburanti dovrebbe già aver lasciato un segno.  Un eventuale assestamento dei prezzi dei carburanti su un livello molto basso, comporterebbe il rischio di vedere un ulteriore spostamento modale verso l’auto, nelle abitudini degli italiani? Davanti ad un trasporto pubblico sempre più piegato dai tagli, la possibilità di utilizzare la propria auto privata ad un costo (relativamente) basso, farà aumentare ancora di più la quota di cittadini che rinunciano ai mezzi pubblici? Il rischio c’è, anche se forse riguarda più i pendolari che i lavoratori che si spostano in città, dove comunque l’offerta del TPL, per quanto estremamente disomogenea sul territorio nazionale, rimane più competitiva. Il vero problema, a giudicare dagli ultimi rapporti sulla mobilità pubblicati in Italia, è il treno. Tagli disastrosi si accompagnano ad aumenti del costo del biglietto assolutamente non giustificati dal servizio offerto. Legambiente parla di un’Italia in treno a due velocità: da un lato le Frecce, efficienti ma costose, dall’altro i treni regionali e interregionali, che dovrebbero servire ai pendolari, ma che peggiorano progressivamente la qualità del servizio e le possibilità di collegamento. Terreno fertile perché si inserisca l’automobile.
C’è però una considerazione di cui tener conto: il crollo del petrolio non sembra destinato a durare, almeno secondo gli analisti. Citiamo in proposito l’articolo pubblicato martedì 6 gennaio su La Stampa: “Tutti gli analisti prevedono un rimbalzo entro pochi mesi, che si porterà via i risparmi per gli automobilisti. Il fatto è che il crollo del prezzo del barile equivale a un taglio di spesa di centinaia di miliardi di dollari e di euro per i consumatori e per le aziende in tutto il mondo, e questo aumenterà la capacità di spesa e di investimento, e rilancerà la crescita economica globale e (alla lunga) anche i consumi di energia. Quando poi i prezzi del petrolio rialzeranno la testa, anche di poco, la speculazione che adesso punta sui ribassi cambierà di segno e amplificherà l’effetto al rialzo”.

Fonte: ecodallecitta.it

Amazzonia, deforestazione da record

Il disboscamento torna ai ritmi da record del passato: ogni ora si perde una superficie pari a 210 campi da calcio.

La Foresta amazzonica continua a essere in pericolo. Le numerose campagne ambientaliste e i piani di conservazione messi in campo dalla politica non riescono a evitare che questo patrimonio mondiale di biodiversità sia progressivamente rosicchiato, albero dopo albero, kmq dopo kmq. Sia in Brasile che in Perù sono tante le storie di attivisti uccisi per essersi opposti ai mercanti di legname. E dopo qualche anno di “tregua” relativa, il disboscamento è tornato a essere selvaggio. Le ultime brutte notizie arrivano dal Brasile, dove si trova il 60% della foresta amazzonica. Qui a settembre la deforestazione è cresciuta del 290% su base annua, distruggendo un’area boschiva di 402 km quadrati, vale a dire una superficie come quella di Milano, Firenze e Napoli messe insieme. L’ennesimo allarme arriva da Imazon, un’organizzazione no profit brasiliana che, dati satellitari alla mano, ha quantificato le perdite di area boschiva. I 402 km quadrati sono stati interamente disboscati per destinare il terreno ad altro uso. A questi si aggiungono le aree degradate, quelle cioè molto colpite dal disboscamento oppure arse. La superficie interessata nel mese scorso è stata di 624 km quadrati, con una crescita esponenziale rispetto ai 16 km quadrati del settembre 2013. Le norme che tutelano la foresta pluviale non mancano, ma farle rispettare non sembra facile: contadini e boscaioli sono andati avanti abbattendo aree inferiori ai 25 ettari, rimanendo al di sotto della soglia che riusciva a monitorare il sistema satellitare usato dal governo brasiliano fino a poco tempo fa. La settimana scorsa gli attivisti di Greenpeace hanno scoperto un traffico illecito di legname usando i localizzatori gps, installati su camion sospettati di usare rotte proibite per far uscire dal Brasile gli alberi abbattuti e venderli in altri mercati, anche europei. Monitorare l’area verde considerata il “polmone della Terra”, del resto, è un’impresa ardua. L’Amazzonia si estende su una superficie di oltre 7 milioni di km quadrati, di cui 5,5 milioni di zona boschiva. Negli ultimi 50 anni, come più volte denunciato dal Wwf e dalle altre associazioni ambientaliste, la foresta ha perso quasi un quinto della sua superficie. Nonostante 53 milioni di ettari nel solo Brasile siano protetti, ogni minuto viene bruciata o tagliata una superficie grande quanto tre campi e mezzo di calcio. In un’ora sono 210 campi da calcio. Il 60% della Foresta amazzonica si trova in Brasile, dove per otto anni consecutivi, fino al 2012, la deforestazione aveva mostrato un decremento grazie a politiche più stringenti. Nel 2013, tuttavia, il tasso di disboscamento è tornato a crescere, con un +29% su base annua. Un’inversione del trend che, molto probabilmente, verrà confermata anche quest’anno.52222601-586x390

Fonte:  Ansa

© Foto Getty Images

Madrid raddoppia il centro pedonale: altri due quartieri chiusi al traffico dal 1° gennaio

Ventidue telecamere di sicurezza e 90 euro di multa per tutti i non residenti che varcheranno i confini della ZTL di Madrid, che raggiungerà così i 3,5 km quadrati di area pedonale (escluse le arterie di scorrimento). L’accesso sarà consentito solo a residenti e ciclomotori, mentre i veicoli commerciali potranno circolare solo dalle 10 alle 13380351

Dal 1° gennaio 2015 il centro di Madrid raddoppierà l’area pedonale: due nuovi quartieri (Barrio de Sol e Palacio) si aggiungono all’attuale pedonalizzazione, portando con sé altri 190 ettari, per un totale di 3,5 km quadrati chiusi al traffico dei non residenti. Una pedonalizzazione che resta consistente, nonostante l’esclusione delle grandi arterie di scorrimento (vedi mappa). La nuova misura fa parte del Piano di Mobilità messo in campo dalla sindaca Ana Botella, che punta ad estendere la pedonalizzazione di un’ulteriore 25% prima della fine del suo mandato: “Dobbiamo mettere in pratica una sorta di discriminazione positiva – ha dichiarato alla stampa locale – privilegiando biciclette, mezzi pubblici e pedoni”. Categorie che a Madrid raggiungono appena il 20% del modal share, contro un 80% di traffico veicolare privato, caratterizzato oltretutto da un parco circolante decisamente vecchio: nel 2008 l’età media dei veicoli era di 5,7 anni; oggi, come conseguenza evidente della crisi economica, è di 9,3La pedonalizzazione non prevede pedaggi di alcun tipo, e non si fa distinzioni tra veicoli più o meno inquinanti, come invece accade per i parcheggi, dove il prezzo della sosta è regolato sulla base delle emissioni di biossido d’azoto.  Dal divieto di circolazione sono esclusi i motocicli, che potranno muoversi liberamente nell’area fra le sette del mattino e le dieci di sera, e i veicoli commerciali, con accesso limitato dalle 10 alle 13 dei giorni feriali.  A sorvegliare i veicoli in entrata, 22 nuove telecamere, che si sommano a quelle già esistenti, con un costo di gestione annuo dell’intero sistema di 500.000 euro. Le infrazioni invece costeranno 90 euro ai trasgressori.

Fonte: ecodallecitta.it

Mobilità urbana, nuovo pacchetto della Commissione Ue

la Commissione Europea ha adottato un nuovo pacchetto di misure per favorire l’efficienza e la sostenibilità della mobilità urbana: finanziamenti mirati, ricerca e innovazione, condivisione di buone pratiche. Ecco il piano del Commissario ai trasporti Siim Kallas punto per punto377655

Il 70% della popolazione dell’Unione Europea vive in città, dove la maggior parte dei viaggi inizia e termina. In molte aree urbane, tuttavia, la crescente domanda di mobilità urbana ha creato una situazione che non è più sostenibile: grave congestione del trafficoscarsa qualità dell’aria, inquinamento acustico e livelli di emissioni di CO2 elevati.
La congestione del traffico urbano mette a repentaglio gli obiettivi di una politica dei trasporti dell’Ue competitiva ed efficiente sul piano delle risorse. Secondo una nuova indagine Eurobarometro (Attitudes of Europeans towards urban mobility) “i cittadini europei sono preoccupati per l’impatto negativo della mobilità urbana e molti di loro sono pessimisti sulle possibilità di miglioramento della mobilità nelle loro città”.  Una grande maggioranza ritiene che la congestione del traffico (76%), la qualità dell’aria (81%) e gli incidenti (73%) siano un grave problema. Meno di un quarto di essi crede che la situazione migliorerà in futuro (24%), mentre molti ritengono che rimarrà invariata (35%) o che peggiorerà (37%). Con il pacchetto sulla mobilità urbana la Commissione mira a rafforzare le sue misure a sostegno dei seguenti settori:

Condividere le esperienze e mettere in rilievo le migliori pratiche: la Commissione istituirà nel 2014 una piattaforma europea per i piani di mobilità urbana sostenibile che aiuterà le città, gli esperti di pianificazione e le parti interessate a progettare una mobilità urbana più facile e più ecologica.

Garantire un sostegno finanziario mirato: con i fondi strutturali e di investimento europei l’UE continuerà a sostenere i progetti di trasporto urbano, in particolare nelle regioni meno sviluppate dell’Unione.

Ricerca e innovazione: l’iniziativa Civitas 2020 nel quadro di Orizzonte 2020 permetterà alle città, alle imprese, alle università e ad altri soggetti interessati di sviluppare e testare nuovi approcci ai problemi di mobilità urbana. Il primo invito a presentare proposte è stato pubblicato l’11 dicembre (MEMO/13/1131). Per il 2014 e il 2015 è previsto uno stanziamento di 106,5 milioni di euro. L’iniziativa Civitas 2020 è affiancata dal partenariato europeo per l’innovazione “Città e comunità intelligenti” (200 milioni di euro per il 2014 e il 2015) e dalle attività dell’iniziativa europea per i veicoli verdi (159 milioni di euro per il 2014 e il 2015).

Coinvolgere gli Stati membri: la Commissione invita gli Stati membri a creare le giuste condizioni affinché le città e le metropoli possano elaborare e attuare i loro piani di mobilità urbana sostenibile. Lavorare insieme: la Commissione formula una serie di raccomandazioni specifiche per un’azione coordinata tra tutti i livelli di governo e tra il settore pubblico e quello privato su quattro aspetti: logistica urbana; accessi regolamentati; attuazione delle soluzioni basate sui sistemi di trasporto intelligenti (Its); sicurezza stradale nelle aree urbane. Il commissario Ue alla mobilità e trasporti Siim Kallas conclude: “Affrontare i problemi di mobilità urbana rappresenta oggi una delle maggiori sfide del settore dei trasporti. Possiamo essere più efficaci solo con un’azione coordinata. Il potere decisionale è principalmente nelle mani delle autorità locali, che godono di una posizione privilegiata per adottare misure importanti a livello locale, con il dovuto sostegno a livello nazionale e dell’Ue”.

Fonte: eco dalle città