1000 Metri: Un hotel abbandonato rivive per far ripartire la montagna

1000 metri è un sogno ad alta quota e un progetto per ridare vita a un borgo a cavallo tra mare e montagna. A Caprauna (CN), Loris Tisci ha ristrutturato un vecchio albergo abbandonato per trasformarlo in un progetto che accoglie famiglie, turisti e viaggiatori di passaggio, per mostrare loro tutta la bellezza e la tranquillità di questi luoghi immersi tra monti, boschi e nuove possibilità abitative.

Cuneo – Non possiamo dire che quest’anno e mezzo non sia stato difficile: un periodo scandito tra un “prima” e un “dopo”, per molti una sorta di bolla dove chiusure e limitazioni hanno messo in crisi il naturale scorrere del tempo. Ma oggi vi raccontiamo una storia che va controcorrente e che, in questo periodo di grandi interrogativi, ha cercato con impegno e determinazione di guardare sempre avanti per creare qualcosa di nuovo. È la storia di Loris Tisci e del suo progetto 1000 Metri che a Caprauna – piccolo paese di montagna dell’entroterra ligure ma ancora in territorio piemontese – sta contribuendo a rendere la sua borgata un luogo sempre più vivo e attrattivo.

Per spiegarvela bene, però, dobbiamo fare qualche passo indietro e trasportarci al 2017, in quel “prima” che ci sembra così lontano. In quell’anno un gruppo di artisti e professionisti avviò in questi luoghi montani il primo progetto di ripopolamento: il sogno era rendere Caprauna, all’epoca sempre più spopolata, un centro nuovamente vitale. Così, Luca Andrea Marazzini e Vittoria Bortolazzo, con pochi soldi in tasca, acquistarono dei vecchi ruderi per farne prima di tutto un luogo in cui vivere e poi uno spazio dove promuovere il recupero, coltivare terreni incolti e trasformare, insieme ad amici e volontari, questo borgo semiabbandonato tra i monti in un’isola unica e felice: l’Isola di Capraunica.

Poco dopo si unisce a loro anche Loris Tisci, che qualche anno fa ha deciso di comprare casa in questo piccolo paese diventando nuovo residente, con sua moglie e la sua bimba Sofia. Come l’amico Luca Marazzini in questo sogno ci ha sempre creduto e così ha deciso di recuperare un vecchio hotel, abbandonato da più di dieci anni, per trasformarlo in un nuovo progetto di accoglienza e invitare le persone a visitare questo piccolo pezzo di mondo dove la felicità è di casa. Come ci racconta, «negli anni ho sentito il bisogno di avviare un’attività che potesse rendere possibile la nostra vita qui. C’era una struttura che ci aveva colpito da parecchio tempo, un vecchio albergo che si chiamava “I Cacciatori”, ormai in stato di abbandono. Con l’avvento del Covid ci siamo attivati per prenderlo in gestione e iniziare questo nuovo progetto».

Così Loris si è rimboccato le maniche, ha partecipato e vinto un bando del Gal orientato alle nuove imprese nell’ambito del turismo, dando l’avvio ufficiale alla sua avventura, sempre appoggiato e sostenuto dall’associazione dell’Isola di Capraunica, da sempre compagna speciale in questo percorso.  Lo ha chiamato 1000 Metri, proprio come l’altitudine in cui si trova la piccola borgata Ruora che lo ospita.

«Il nostro paese conta 90 abitanti e negli ultimi anni sono state una ventina le persone che sono venute a vivere qua. Questo ovviamente ha anche creato un bisogno di servizi nuovi e diversificati dai pochi, pochissimi, che sono presenti ad oggi a Caprauna». Non solo turisti: 1000 metri vuole diventare un servizio dedicato prima di tutto al territorio, alle persone che qua vivono. Un’attività sociale, giovane e versatile dove tutti, grandi e piccoli, possono trovare il loro posto all’interno del progetto. La struttura ospita il bar e il ristorante/pizzeria, oltre agli appartamenti in affitto, ovvero case vacanze con cucina, camere e bagno dove poter passare giorni e settimane immersi tra boschi, torrenti e natura incontaminata. «Abbiamo messo a disposizione quattro appartamenti e un’intera struttura con giardino per le attività all’aperto. Il progetto ospiterà a breve una ciclofficina dedicata ai numerosi ciclisti che percorrono i sentieri turistici di queste terre per i loro itinerari e che qui potranno fare riparazioni e manutenzione della bicicletta. Abbiamo in programma di organizzare piccoli eventi culturali e artistici, attività di benessere come yoga e mindfulness, momenti dedicati alla musica come concerti e dj set, ma anche attività per i più piccoli come laboratori per bambini o un parco giochi attivo durante l’estate».

Loris si considera un “tuttofare” e grazie al suo lavoro manuale materiali di scarto e vecchi mobili abbandonati sono rinati e sono stati trasformati in tavoli, sedie e altri arredi. Poco comprato e molto ristrutturato. Tutto questo durante il passato inverno, quando, bloccato in casa e immerso nella pandemia, Loris ha fatto una scommessa con se stesso e si è dedicato a costruire, nella difficoltà, il suo pezzetto di futuro.

«Non è stato facile portare avanti le attività lavorative in quest’anno e mezzo ma far partire qualcosa di nuovo è per me un segno di speranza. Cerchiamo di offrire servizi nuovi e più comodità per chi vive nella borgata, dando alle famiglie la possibilità di tornare a vivere in questi luoghi. In fin dei conti, lo abbiamo visto già l’estate scorsa: nonostante fosse tutto bloccato, il numero di persone che passava di qua era progressivo in aumento, sintomo che le persone sentono sempre di più il bisogno di un posto dove stare a contatto con la natura».

1000 metri è un progetto appena nato ma è già animato da diverse persone che credono nel suo futuro. Ad esempio un giovane ragazzo del paese che è giunto a Caprauna durante l’inverno e che non se ne è più andato via. Così, grazie all’apertura dell’attività, è stato possibile per lui avere qui un lavoro garantito». O ancora: un gruppo di giovani ragazzi che avevano voglia di avvicinarsi a una vita rurale e di lanciarsi in un nuovo progetto turistico, lontano dalla dimensione dei ristoranti di riviera tipicamente liguri o dei grandi resort non troppo distanti da questi luoghi. Una vita di montagna, lenta e scandita dai ritmi della natura. Questo è 1000 metri ed è un sogno appena nato di cui siamo sicuri, torneremo presto a raccontarvi.

Buon inizio!

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/08/1000-metri-hotel-montagna/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Torino, dopo il Big Jump Legambiente denuncia: “In grave crisi gli ecosistemi fluviali”

Il Big Jump a Torino e in Valchiusella accende i riflettori sulla salute dei fiumi piemontesi. L’eccesso di derivazioni irrigue ed idroelettriche portano, a partire da luglio e fino a settembre, alla desertificazione degli alvei naturali375639

Domenica 14 luglio, come in più di 100 fiumi e laghi di tutta Europa, anche a Torino nel Po e in Valchiusella nell’omonimo torrente, si è svolta la settima edizione del Big Jump. Il grande tuffo, promosso in Italia dai circoli di Legambiente, ha lanciato anche quest’anno un messaggio forte alle istituzioni locali ed internazionali affinché adottino tutte le politiche necessarie al ripristino, entro il 2015, del buono stato ecologico dei diversi ambienti acquatici. “L’Europa impone all’Italia e al Piemonte di raggiungere precisi obiettivi di qualità riguardanti lo stato ecologico dei fiumi –ha ricordato Federico Vozza, vicepresidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Anche il Po a Torino entro due anni dovrebbe raggiungere il livello di “buono” nella scala di qualità delle acque ma senza il rispetto delle portate minime a monte della città e in mancanza di un adeguamento dei sistemi di depurazione, questo obiettivo non potrà essere raggiunto. I nostri fiumi possono e devono ritornare ad essere quelli di una volta, pieni di vita acquatica e con la possibilità di fare il bagno in sicurezza. Oggi ne abbiamo la possibilità tecnica e legislativa ma occorre che la loro tutela diventi una priorità per le istituzioni locali. I fiumi e i torrenti –ha aggiunto Vozza- sono diventati in moltissimi casi delle aree marginali infrequentabili, sentite sempre come “problema” e mai come ricchezza del territorio. Questo processo, oltre ad avere conseguenze dal punto di vista ambientale, costituisce anche un forte impoverimento del territorio dal punto di vista sociale ed economico, in quanto vengono a mancare spazi di grandi dimensioni e di grande qualità, impedendo di fatto tutta una serie di attività che potrebbero avere un enorme valore dal punto di vista ricreativo, culturale ed educativo”. A Torino il tuffo nel Po si è tenuto presso gli Amici del Remo (corso Moncalieri 422) ed è stato preceduto dalla presentazione di “Acqua per i nostri fiumi”, dossier in continuità con analoghe operazioni di monitoraggio e segnalazione realizzate negli anni da Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta grazie al contributo e la collaborazione di una serie di associazioni, gruppi o singoli cittadini. Dallo studio emerge una situazione di crisi diffusa per gli ecosistemi fluviali piemontesi dovuta, in particolare, ad un eccesso di derivazioni irrigue ed idroelettriche che portano, a partire da luglio e fino a settembre, alla desertificazione degli alvei naturali. Nonostante infatti il Piemonte sia una regione ricca d’acqua, ogni anno moltissimi fiumi e torrenti del reticolo idrografico regionale risultano completamente in asciutta con la conseguente scomparsa di tutte le forme di vita acquatica e la compromissione delle funzioni naturali dei fiumi. Le sponde e le fasce fluviali funzionano infatti come depuratori naturali e assumono il ruolo strategico di veri e propri corridoi ecologici. Con poca acqua si ha un aumento della temperatura e un rapido abbassamento del tasso di ossigeno, diminuzione della capacità autodepurativa, forte mortalità delle specie ittiche e possibile sviluppo di agenti patogeni. La diminuzione delle portate provoca dunque una forte concentrazione degli inquinanti (nitrati, fosfati, pesticidi, diserbanti, ecc.) che possono avere, in relazione alla loro tossicità, effetti diretti o indiretti sia sugli ecosistemi acquatici che sulla stessa salute umana. “Questa situazione, in realtà, non dovrebbe verificarsi se solo si rispettassero le norme attualmente in vigore quali il Piano regionale di Tutela delle Acque (PTA) e il regolamento per il rilascio del deflusso minimo vitale (DMV) –ha dichiarato Marco Baltieri, responsabile Acqua e Difesa suolo di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Nonostante sia chiaro a tutti che si sia ormai superata la soglia di un ragionevole utilizzo dei nostri torrenti, la Regione Piemonte continua a non emanare le “linee guida” in materia di impianti idroelettrici, lasciando ai meccanismi di mercato il compito di portare avanti una vera e propria aggressione agli ultimi corsi d’acqua naturali delle Alpi. La situazione che si presenterà nell’estate 2013 rischia ancora una volta di ripetere senza alcun miglioramento quanto abbiamo potuto rilevare negli ultimi anni”. Dal 2009 la norma sul Deflusso Minimo Vitale (DMV) si sarebbe dovuta applicare a tutte le derivazioni idriche presenti in Piemonte. In realtà, come documenta il rapporto di Legambiente (che prende in considerazione alcune province piemontesi), nulla è cambiato e i corsi d’acqua continuano puntualmente ad essere messi in asciutta totale. Succede così che d’estate il Po, nella sua parte di pianura, sia alimentato unicamente da risorgive: dopo molti chilometri di letto in asciutta totale, il fiume riprende un po’ di vita, con caratteristiche però del tutto diverse da quelle “naturali”.

Fonte: eco dalle città