Mezzi pesanti in città: possono circolare?

Ha fatto scalpore il caso del Sindaco di Messina, che davanti al mancato rispetto della nuova ordinanza che vieta ai mezzi pesanti l’ingresso in città fra le 7 e le 21 sulle strade principali, ha deciso di intervenire personalmente, bloccando gli autotrasportatori di persona. E nelle altre città come funziona?

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Messina tir superiori alle 7,5 tonnellate possono percorrere le strade principali della città, ma solo prima delle 7 o dopo le 21, come stabilisce l’ordinanza. Una limitazione entrata in vigore a luglio 2014, per volontà del Sindaco Renato Accorinti, che da anni lavorava per questa battaglia: “Ho atteso questo momento per venti anni. Ho portato avanti nella mia vita interventi ed iniziative per contrastare il transito dei mezzi pesanti lungo le arterie cittadine, ed oggi, che sono sindaco di Messina, avverto ancora di più il senso di responsabilità e la necessità di fare tutto ciò che sia possibile per evitare altre vittime. In caso di ricorso al Tar potrei anche perdere, ma non lo farò mai davanti ai cittadini. Questa ordinanza, che entrerà in vigore da lunedì 21, rappresenta il primo grande passo per liberare la città dal transito dei tir”. (Qui l’intervento completo). La novità è stata però ignorata ripetutamente dagli autotrasportatori, che percorrevano le strade interdette senza curarsi del provvedimento. Davanti alle continue infrazioni, il Sindaco ha deciso di prendere in mano la situazione e bloccare di persona il passaggio dei tir, ordinanza alla mano. (Guarda il video). Ma nelle altre città come funziona? Secondo l’Art.7 del Codice della Strada, (Decreto legisl. 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni), i Comuni possono limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli “per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale”, e le modalità con cui applicare la restrizione variano ovviamente da un comune all’altro. Oltre a questo, esiste un calendario annuale di date in cui vige il divieto di circolazione dei tir su tutto il territorio nazionale, da cui sono esentate alcune particolari categorie di trasporto (clicca qui per approfondimenti).  La maggior parte dei comuni ha optato per vietare la circolazione dei tir nei centri storici (banalmente, anche perché in molti casi non ci sarebbe comunque modo di farli passare, specie nelle cittadine medievali) e alcune città hanno deciso di estenderla anche alle strade più frequentate, deviando i tir su percorsi secondari. (Si veda l’esempio di Parma o Caserta ).
Tuttavia, soprattutto nelle città più industrializzate, ai mezzi pesanti viene comunque concesso l’ingresso nelle aree centrali, ma dietro pagamento. E’ il caso di Torino, dove i mezzi pesanti possono richiedere diversi tipi di permesso per accedere alla ZTL, da quello temporaneo giornaliero fino all’abbonamento annuale (informazioni più dettagliate qui), e di Milano, dove pagano un ticket di 5 euro per entrare in città e 10 per entrare nella cerchia dei Bastoni e, superati i 15q di massa del veicolo, 1 euro addizionale di “charge” ogni quintale di peso in più del veicolo.

Fonte: ecodallecittà.it

WWF: “grandi navi a Venezia come tir nel vostro giardino”

“È ridicolo chiedere una svolta sostenibile del turismo veneziano e poi consentire il più brutale metodo di visita”. È quanto afferma il WWF in merito al passaggio delle grandi navi a Venezia.navi_laguna_venezia

Fareste mai passare i tir nel vostro giardino? Di questo si tratta infatti, far passare mezzi estremamente pesanti in un ambito delicato e contenuto che ci appartiene esattamente come un nostro giardino. Venezia è patrimonio dell’umanità, quindi anche nostro. Visitare questa meraviglia è possibile a chiunque, i monumenti e la laguna sono accessibili, aperti, fruibili, ma almeno si faccia il favore di scendere la scaletta di una nave e di vederla perdendosi nelle calli o attraversando i canali e non già invece dall’oblo di un transatlantico o dalla terrazza di questo. È ridicolo continuare a parlare da un lato di moto ondoso che distrugge la città di Venezia e poi autorizzare il transito di navi che con un minimo movimento inevitabilmente spostano enormi quantità di acqua che crea degli squilibri nel sistema lagunare. È ridicolo chiedere una svolta sostenibile del turismo veneziano e poi consentire il più brutale metodo di visita che altera il contesto storico architettonico, pone a rischio l’ambiente e la sicurezza dei transiti locali, afferma una tipologia di visita usa e getta basata su “ci sono stato” anziché “ho conosciuto e visto”. Il WWF da oltre 20 anni si batte per una messa in sicurezza dell’intera laguna veneta. Questo da un lato ha visto progressivi passi avanti nel campo dei traffici pericolosi legati all’attività industriale, soprattutto per l’obbligatorietà dei doppi scafi e per il rafforzamento dei protocolli di sicurezza sui transiti, da un altro, nonostante le dichiarazioni e gli intenti, non ha ancora dato nessun risultato soddisfacente rispetto al turismo crocieristico e alla nautica da diporto che risulta invasiva, sproporzionata rispetto ai luoghi, potenzialmente pericolosa e comunque segno di un malcostume.

Fonte: il cambiamento

Smog: 43 miliardi di euro l’anno imputabili all’inquinamento da mezzi pesanti

Lo smog presenta il conto: l’inquinamento prodotto da camion, furgoni, tir, autocarri ci costa tra i 43 e i 46 miliardi di euro l’anno in giorni di lavoro persi e spese sanitarie. Per l’Agenzia Europea per l’Ambiente l’unica via far pagare è i costi esterni dell’inquinamento atmosferico alle compagnie di trasporto, incentivandole a rinnovare il parco mezzi376034

Cento miliardi di euro l’anno, fra giorni di lavoro persi e assistenza sanitaria: è il conto presentato ogni anno dallo smog, secondo le stime dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. Di questi cento, almeno 43 miliardi di euro vanno imputati all’inquinamento causato dai mezzi pesanti, che viaggiano su strada. Camion, furgoni, tir, autocarri, sono responsabili del 40-50% dell’inquinamento da ossido di azoto (NOx) proveniente dal trasporto stradale. E poco importa che il passaggio sia al di fuori dei confini urbani: l’inquinamento non conosce frontiere, figuriamoci la classificazione stradale. Ne avevamo parlato, un anno fa, con il Direttore del Settore Ambiente di Amat, Bruno Villavecchia, in un’intervista ancora attuale, di cui vi riproponiamo un passaggio: “La principale fonte di inquinamento atmosferico sono i trasporti, e pur costituendo una parte ridotta del parco veicolare, il trasporto merci, che funziona prevalentemente su gomma, fa la parte del leone. Ci vogliono azioni politiche mirate, giocate su larga scala, e l’adozione di quelle misure strutturali che lo stesso Ministro dell’Ambiente ha richiamato quest’estate, alla presentazione del Decreto sviluppo. La Francia, a due passi da noi guarda da lontano il calvario dello smog che affligge Nord Italia, eppure loro stanno implementando un sistema di regolamentazione del trasporto delle merci su scala nazionale. Si farà uso della tecnologia Rfid e GPS per il tracciamento dei veicoli sopra le 3,5 ton, e ci sarà un sistema di tariffazione che interesserà tutta la rete stradale francese, in base alle percorrenza e anche alle emissioni. Tutto questo facendo uso di tecnologia italiana… Questa regola varrà anche per il traffico transfrontaliero, quindi anche per i mezzi italiani che fanno consegne in Francia. E che dire della Direttiva europea conosciuta come “Eurovignette”? Viene adottata in mezza Europa, e sancisce il principio del “chi inquina paga” imponendo una tassa ai veicoli inquinanti, che si applica al pedaggio autostradale. E noi, che siamo il malato più grave d’Europa, ci permettiamo di avere ancora circa il 32% dei mezzi pesanti in categoria Euro 0?”. Il gasolio, utilizzato dalla maggior parte degli automezzi pesanti, provoca più inquinamento atmosferico per chilometro rispetto ad altri combustibili come la benzina. Non a caso, le emissioni di scarico provenienti dai motori a gasolio sono state recentemente etichettate come cancerogene dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. E, come sempre accade quando parliamo di inquinanti atmosferici, bisogna tener conto del fatto che le conseguenze variano da un ambiente all’altro. Così come per l’Ilva si disse che se lo stabilimento fosse stato costruito nella pianura padana invece che a Taranto avremmo avuto una catastrofe senza precedenti, anche gli scarichi dei mezzi pesanti provocano più danni dove vi è una densità di popolazione maggiore o in regioni senza sbocchi sul mare e aree montuose in cui l’inquinamento non può essere disperso così facilmente. Ed ecco perché, avverte l’EEA, il costo dell’inquinamento atmosferico dovuto ad automezzi pesanti è fino a 16 volte maggiore in alcuni paesi europei rispetto ad altri. “Il costo medio dell’inquinamento proveniente da un autocarro Euro3 da 12-14 tonnellate è più alto in Svizzera e ammonta a quasi € 0,12 per chilometro. I costi sono elevati anche in Lussemburgo, in Germania, in Romania, in Italia e in Austria e ammontano a circa € 0,08/km. All’estremo opposto, lo stesso autocarro che viaggia a Cipro, Malta e in Finlandia provoca un danno di circa mezzo centesimo di euro per chilometro”.
Pedaggi mirati
Per questa ragione, la relazione dell’EEA lancia una proposta: far pagare pedaggi che tengano conto delle effettive conseguenze sulla salute dovute al traffico nei diversi paesi europei. in altre parole, i pedaggi dovrebbero essere più cari in alcuni paesi rispetto ad altri.
Il rinnovamento del parco mezzi conta
In ogni caso, finché il trasporto merci su gomma continuerà a giocare un ruolo così importante nel commercio internazionale, per l’Agenzia europea, l’unica via percorribile per limitare i danni è rinnovare il parco mezzi. “Gli autocarri più nuovi avrebbero un impatto minore e pertanto un costo inferiore. Gli autocarri Euro4, che sono vecchi fino a sei anni, o Euro5, vecchi fino a tre anni, provocherebbero il 40-60% di costi esterni in meno sugli stessi corridoi di trasporto. Far pagare alle compagnie di trasporto i costi esterni dell’inquinamento atmosferico incentiverebbe tecnologie più nuove e più pulite”. Nulla di nuovo dunque. Ora però, bisogna metterlo in atto.
Fonte: eco dalle città