Le giovani imprese vittime del sisma si mettono in rete

Nell’Appennino colpito dal terremoto del 2016, grazie al progetto di Fondazione Edoardo Garrone e Legambiente le giovani imprese locali fanno rete attraverso nuove forme di imprenditorialità che uniscono sostenibilità ambientale e innovazione. “Ricostruire fiducia” è infatti il tema scelto per l’ultima edizione di “ReStartApp per il centro Italia”, incubatore temporaneo di impresa per il rilancio dell’economia appenninica. Supportare le giovani imprese di Lazio, Marche e Umbria, che, nel contesto di forte discontinuità e incertezza creato dal terremoto del 2016, vedono e vogliono cogliere l’opportunità di reinventarsi e riposizionarsi sul mercato, rivitalizzando l’economia del territorio appenninico. È questa la scommessa di Fondazione Edoardo Garrone e Legambiente, che insieme hanno realizzato ReStartApp per il centro Italia. Il progetto ReStartApp per il centro Italia – a cui hanno dato il loro patrocinio le Regioni Umbria, Lazio e Marche e Fondazione Symbola – ha coinvolto nel 2018 oltre 30 aziende delle aree del cratere, principalmente imprese agricole, agroalimentari, di allevamento, turistiche e di artigianato. In un anno e mezzo di lavoro sul territorio, nell’ambito di 8 coaching individuali e dell’avvio di 3 laboratori per la creazione di reti d’imprese, si sono svolti 84 incontri e oltre 600 ore di formazione professionale e consulenza, per fornire supporto e strumenti concreti in diversi ambiti: dal controllo di gestione alla ricerca di nuovi business e mercati, fino al marketing e alla comunicazione.

Gruppo di giovani imprenditori delle Marche

Tra i risultati del progetto, l’avvio di due progetti di rete – Amatrice terra Viva nel Lazio e Rizomi, Terre fertili in rete nelle Marche – finalizzati alla sperimentazione di nuove forme di collaborazione imprenditoriale e alla nascita di nuove attività e sinergie sul territorio. Amore per la terra, sostenibilità ambientale, tradizione e innovazione, sinergia, agricoltura di qualità e valorizzazione dei prodotti tipici, sono le parole chiave alla base di questi due progetti che guardano al futuro dell’Appennino e delle sue comunità. Nel Lazio ReStartApp per il centro Italia ha affiancato una rete già costituita, l’associazione Amatrice Terra Viva, nata nel 2018 su iniziativa di 12 imprenditori tra Amatrice e Accumoli e sostenuta da Alce Nero, storica azienda del biologico italiana, con l’obiettivo di creare una filiera bio capace di valorizzare la cultura cerealicola locale attraverso la coltivazione di grani antichi. Nelle Marche, invece, ha preso forma Rizomi, Terre fertili in rete, progetto che coinvolge oggi 5 aziende agricole, un laboratorio di cosmesi e uno di trasformazione di erbe officinali: giovani imprese di prima generazione, nate dopo il 2013, che condividono la scelta di tornare alla terra con un approccio di autoimprenditorialità. Il fine è quello di innescare un processo virtuoso che metta in comune conoscenze, informazioni, risorse, strumenti e prodotti, all’insegna di un’agricoltura organica e rigenerativa, basata sulla combinazione di pratiche tradizionali e moderne conoscenze scientifiche.

I giovani imprenditori dell’azienda Bosco Torto

Quello che Fondazione Garrone e Legambiente lanciano con ReStartApp per il centro Italia è un messaggio forte e chiaro: per contrastare lo spopolamento di questi territori occorre soprattutto ridare impulso all’economia locale, sostenendo chi ci vive e lavora scommettendo su produzioni agricole e agroalimentari tipiche, biologiche e di qualità, turismo sostenibile, commercio, artigianato e sulle bellezze paesaggistiche di queste aree. Un mix unico di risorse e produzioni che rappresenta un fattore competitivo insostituibile sui mercati. Non dimentichiamo che se l’Italia è il Paese con la più grande ricchezza e varietà di prodotti agroalimentari distintivi, cioè con indicazione geografica, è anche grazie all’Appennino, che – stando ai dati dell’Atlante dell’Appennino realizzato nel 2018 dalla Fondazione Symbola – dà un contributo rilevante: il 42% del totale nazionale; oltre 25mila le aziende che li producono, per un valore economico stimato in oltre 2 miliardi di euro, il 15% del totale nazionale DOP e IGP. Inoltre, le imprese appenniniche sono quasi 1 milione, il 17,2% del totale nazionale, attive principalmente nel commercio, nell’agricoltura, nella silvicoltura e pesca, nelle attività manifatturiere, e nel turismo e ristorazione. Dalle imprese dell’Appennino viene prodotto il 14% del valore aggiunto nazionale, pari a 202,9 miliardi di euro, e il 16% del bestiame allevato in Italia.

“Dal 2014, con i nostri incubatori ReStartApp e ReStartAlp, ci occupiamo concretamente del rilancio dei territori montani e marginali attraverso lo sviluppo di nuove economie e puntando sul talento dei giovani – racconta Alessandro Garrone, presidente di Fondazione Edoardo Garrone – Dal dialogo con Legambiente, che grazie alla sua capillarità territoriale sin dall’inizio è stata operativa accanto alle imprese colpite dal sisma, abbiamo intuito che la nostra esperienza poteva essere messa efficacemente a servizio di quei giovani imprenditori che, nonostante le difficoltà di sempre e la grave discontinuità dei danni del terremoto, volevano continuare a dare vita all’economia della loro terra.

Il Pastificio Leopardi

Per questo abbiamo studiato una formula che potesse rispondere in modo puntuale alla loro esigenza di reinventarsi, cercando un nuovo punto di partenza, nuovi strumenti, nuovi modelli di business, nuovi mercati da intercettare e collaborazioni strategiche con altri imprenditori. È anche grazie al nostro supporto che oggi le realtà, che con Legambiente abbiamo affiancato per oltre un anno e mezzo, sono in grado di continuare il lavoro iniziato insieme. È un grande risultato, che ci conferma anche il successo del nostro format: originale, flessibile e capace di generare impatti positivi e tangibili in tutti i contesti in cui lo decliniamo”.

“A quasi tre anni dal sisma – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – sono ancora tante le difficoltà quotidiane che ogni giorno cittadini e produttori locali si trovano ad affrontare, anche a causa di una burocrazia lenta e macchinosa e di una ricostruzione che fatica a decollare. Quello che serve è un cambio di passo al quale devono seguire azioni concrete per ridare, soprattutto a chi ha deciso di rimanere in questi territori, più fiducia nel futuro. Il progetto che abbiamo realizzato insieme alla Fondazione Garrone e che unisce l’esperienza della Fondazione con quella della nostra associazione ambientalista – da sempre vicina e operativa nei territori terremotati – vuole contribuire a dare una mano proprio in questa direzione, coinvolgendo anche il settore imprenditoriale locale e aiutando le imprese a fare sinergia e rete in una chiave sempre più sostenibile e innovativa. Perché aiutare il tessuto imprenditoriale dell’appennino ferito dal sisma, significa contribuire anche al rilancio economico ed occupazionale di una delle zone più belle d’Italia, che oggi rischia di spopolarsi e di andare incontro ad una desertificazione produttiva”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/06/giovani-imprese-vittime-sisma-rete/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

«Aiutateci a tenere vivo il Centro dei Due Parchi»

L’appello lo lancia la cooperativa formata da giovani speleologi e alpinisti che ha trasformato in lavoro l’amore per la natura di giovani motivati. Il terremoto del centro Italia ha distrutto il Centro dei Due parchi, in provincia di Ascoli, dove si facevano attività rivolte ai giovani per sensibilizzarli all’amore per la natura. Ora il gruppo fondatore chiede aiuto per la ricostruzione.9555-10314

Forestalp è una piccola cooperativa nata nel 1984 dal desiderio di giovani speleologi e alpinisti di fare del loro amore per la natura, un lavoro. Nell’estate del 1979 parteciparono a un campo speleologico nel massiccio del Vercors e in quell’occasione, una visita a Grenoble a La Maison de la spéléologie fece loro scoprire che l’arrampicata, l’escursionismo, la speleologia potevano essere proposte da rivolgere alle scuole per far conoscere ai più giovani ciò che appassionava il gruppo fondatore e che poteva diventare un lavoro.

«L’idea era nata ed inizio’ una lunga storia di lavoro, di amicizia, di passioni che ci portò a gestire tante strutture ricettive nell’appennino marchigiano facendone dei centri per l’educazione e il turismo ambientali – spiegano i ragazzi di Forestalp – La nostra finalità, da sempre, è educare alla tutela della natura e per farlo non c’è cosa migliore che l’esperienza diretta. Si impara: il 10% di ciò che si legge; il 20% di ciò che si ascolta; il 30% di ciò che si vede; il 50% di ciò che si vede e sente; il 70% di ciò che si discute con gli altri; l’80% di ciò di cui si fa esperienza diretta. Abbiamo investito tanti anni di risorse e di formazione e siamo diventati tour operator, ente di formazione, centro di educazione ambientale, lavorando a fianco di insegnanti e scuole di tutta Italia. Dopo aver gestito tante strutture, finalmente nel 2004 arriva il Centro dei Due Parchi ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) e si realizza un sogno: troviamo il posto che avevamo sempre cercato, nel cuore dell’Italia, nel punto di unione tra due parchi nazionali, un posto unico in Europa, nella valle dove si incontrano i monti Sibillini e i monti della Laga. Occorrono vari anni di sacrifici per far conoscere ed apprezzare la struttura e i luoghi circostanti e a giugno 2016 , finalmente vediamo i frutti di tanto lavoro: il primo anno con una primavera al completo per i soggiorni verdi scolastici, l’estate con tantissime prenotazioni, e tante scuole prenotate anche per l’autunno».

«Al Centro dei due Parchi lavorava a tempo pieno Sabrina, nostra socia da anni e poi Patrizia e Giovanna a part-time curavano l’accoglienza degli ospiti. Per i soggiorni e i gruppi ci pensavano altri soci: Maurizio, Fabrizio, Alberta e Carlo e poi tante guide escursionistiche ed educatori ambientali, Paride, Patrizia, Claudia, Simone, Fabrizio, Luca, Martina, Luca. Per i pranzi e le cene si andava da Salvatore e Cristina all’Osteria del Castello e per i pranzi al sacco il pane si prendeva al forno di Corrado e gli affettati e i formaggi all’alimentari di Daniela, tutti li, a Borgo di Arquata».

I due terremoti

«Il 24 agosto alle 3,36 il Centro dei Due Parchi trema insieme alle montagne – spiegano da Forestalp – e i 42 ospiti scappano dalla struttura che ha retto alla terribile scossa e tutti sono rimasti illesi. Il 2 settembre il Centro dei due Parchi e’ stato consegnato al Comune di Arquata del Tronto per ospitare chi da più di un mese ormai viveva in tenda e la nostra gestione è finita quel giorno.Nel frattempo abbiamo dovuto cercare e poi prendere in affitto, un magazzino per mettere le attrezzature che siamo riusciti a salvare, prima dal Centro dei Due Parchi, e poi dalla Domus Letitiae, dove ne avevamo spostate una parte grazie alla generosa disponibilità di Robertino e di tutti gli amici della Domus. Il 30 ottobre arriva la seconda potente scossa e questa volta Il Centro dei Due Parchi non regge e rende irrecuperabile tutto quello che vi rimaneva di nostro ed anche La Domus Letitiae crolla giù in macerie. Nonostante il grande senso di smarrimento abbiamo cercato di andare avanti, di tirarci su le maniche, di continuare a lavorare. Abbiamo organizzato escursioni e ciaspolate in inverno a Fiastra e Sassotetto scegliendo come punti di ritrovo i bar rimasti aperti per dare forza a chi è rimasto nonostante tutto».

La situazione attuale

«Ora di positivo, c’è che riparte la primavera e delle scuole hanno prenotato i nostri soggiorni, che stiamo organizzando in altri luoghi, ma la perdita del lavoro è tanta, il 70% del fatturato veniva dal Centro dei due Parchi e quel lavoro non c’è più. Il problema più grosso è che a settembre, ripartirà un mutuo che avevamo in corso e che il decreto ha sospeso per un anno».

«I 100.000 euro che chiediamo corrispondono a quel mutuo che avevamo preso per investire sul Centro dei Due Parchi per acquistare attrezzature, mobili, mountain bike, ma anche per fare tanti lavori di miglioramento della struttura. Quel mutuo, lo stavamo pagando con i proventi della struttura che ora non c’è più e con il lavoro che svolgevamo in quel territorio che avrà bisogno di tempo per risollevarsi dopo il terremoto, e non siamo più in grado di ripagarlo. Nessun ente pubblico ci ha aiutato e ci aiuterà e neanche lo Stato può fare nulla perché noi non siamo proprietari ma eravamo gestori, che hanno investito a spese proprie nella struttura. Abbiamo già rinunciato a tutto quello che potevamo, compresi tutti i mesi di stipendio da allora fino ad oggi per pagare i fornitori avendo perso gran parte del lavoro dell’autunno e della primavera».

La richiesta di aiuto

«Noi ce la stiamo mettendo tutta, ma per andare avanti abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti coloro che vorranno sostenerci» dicono da Forestalp, che ha avviato una raccolta di fondi sulla piattaforma Social Business World.

QUI per contribuire

Fonte: ilcambiamento.it

 

Lasciateci tornare nell’Aquila “in gabbia”

“Lasciateci tornare nell’Aquila in gabbia”: è l’appello del giornalista freelance Filippo Ciardi, che cinque anni dopo il terremoto che ha segnato l’Abruzzo vuole tornare all’Aquila per completare il documentario che racconta vite perdute e speranze che resistono. Il problema? Nessuno più è interessato a sostenere il progetto, “perché – dicono – non fa più notizia”. Il Cambiamento non si volta dall’altra parte e ha scelto di dare voce a Filippo Ciardi.aquila_sisma

Il 6 aprile scorso, nel quinto anniversario delle scosse che hanno distrutto L’Aquila, i lettori de Il Cambiamento hanno potuto tornare idealmente nell’Abruzzo ferita grazie al reportage “Non accettate sogni dagli sconosciuti”, un racconto fatto di sensazioni, immagini, numeri e vicende giudiziarie per ripercorrere quel che è successo in questi lunghi 5 anni e descrivere quala sia la situazione reale del capoluogo abruzzese. Un altro lavoro attende di poter raccontare appieno quelle ferite; per ora è un inizio, è un video teaser di poco più di 3 minuti, ma l’autore, il giornalista Filippo Ciardi, vuole trasformarlo in un vero e proprio documentario. Il lavoro di Ciardi (clicca qui per vedere il video teaser e avere informazioni su come sostenere il progetto) racconta l’estate aquilana del 2012 con le parole e gli occhi di Stefano, Luca e Federico, bancario, attore e architetto, i quali offrono un’interpretazione profonda e articolata della mancata ricostruzione in un’estate piena di incertezze ma anche di speranze. Sono tante infatti le attese create dal previsto passaggio dei poteri sulla riedificazione dalle mani delle autorità straordinarie che hanno gestito l’emergenza agli enti locali che dovrebbero acquisirli pienamente in autunno. Mentre i palazzi “messi in sicurezza” sono in realtà sempre più a rischio di crollo e si avvicina l’ennesimo inverno in cui non si potrà lavorare in cantiere a causa del maltempo. Un racconto di tre persone imprigionate in un destino di lotta e attesa, speranzose di vedere rinascere la loro cara città. Il documentario di Filippo Ciardi non è stato ancora visto. Le persone alle quali è stato proposto hanno risposto laconicamente che “L’Aquila non fa più notizia”. «Vogliamo tornare ad osservare ciò che è cambiato e cosa no e terminare il nostro progetto di documentario – spiega Ciardi – incontrando nuovamente gli Aquilani con cui abbiamo passato l’estate del 2012 e che ci hanno raccontato le ragioni della mancata ricostruzione, che nel frattempo ha fatto qualche piccolo passo avanti anche se il centro storico resta in gran parte da ricostruire. Quando abbiamo proposto questo documentario quasi 2 anni fa ci hanno detto che L’Aquila non faceva più notizia». Occorrono fondi per terminare il documentario e raccontare così al resto degli italiani le mutilazioni, le cicatrici e le mancate soluzioni di una tragedia che a 5 anni di distanza resta tale. Il Cambiamento vuole tenere viva la questione e invitiamo i lettori a manifestare solidarietà e sostegno a Ciardi per il suo progetto.

Fonte: il cambiamento.it

Terremoto in Emilia, un anno dopo caseifici aperti per dire “grazie”

I caseifici emiliani del Parmigiano Reggiano resteranno aperti, nei weekend di fine maggio e inizio giugno, per dire “grazie” all’Italia del sostegno ricevuto.6838169795_747a74baa3_b-586x357

A un anno dal terremoto che ha colpito l’Emilia e il sud della Lombardia, i caseifici produttori di Parmigiano Reggiano aprono le porte a tutti per mostrare come si sono rialzati dopo la tragedia: nei finesettimana di sabato 25 e domenica 26 maggio 2013 e di sabato 1 e domenica 2 giugno 2013 sarà possibile toccare con mano la ricostruzione e la ripresa dell’attività, visitando le terre del Parmigiano Reggiano, i caseifici e magazzini. E’ una delle parole italiane (anche se in realtà le parole sono due) più famosa nel mondo:Parmigianoreggiano (tutta una parola, come vogliono gli anglosassoni) è, al pari di “pizza”, “grazie” e “pasta”, un simbolo di italianità all’estero: qualità, attaccamento al territorio (un attaccamento che nemmeno il terremoto ha saputo estirpare), tradizione ed internazionalità, questi sono gli ingredienti fondamentali che hanno fatto letteralmente esplodere il Parmigiano Reggiano nel mondo. Non parliamo del “Parmesan” che trovate sulle linguine alle vongole cucinate dai bergamaschi di Livingstone, in Guatemala, e nemmeno del “Parmesan original” liquido che vi propinano in alcune minestre al ketchup inglese: il Parmigiano Reggiano è un’istituzione, in Emilia (come lo gnocco fritto ed il prosciutto crudo), una vera e propria risorsa del territorio, un gagliardetto che viene ostentato con orgoglio. Il Comitato Gruppo Caseifici Terremotati del Parmigiano-Reggiano ha, dallo scorso anno, raccolto i fondi necessari affinchè questa realtà d’eccellenza nel panorama gastronomico italiano non venisse distrutta dal sisma: nell’ultimo finesettimana di maggio e nel primo di giugno potrete visitare tutti i caseifici ricostruiti con quei soldi, e fare un giro anche negli spacci aziendali (aperti occasionalmente anche nei giorni festivi).CaseificiAperti-2013-2-586x408

Il confronto tra il prima ed il dopo è evidente: grazie alla solidarietà e alla vicinanza dimostrata da tutti i consumatori, che in questi 12 mesi si sono riversati in massa ad acquistare il Parmigiano Reggiano, i produttori hanno deciso di dire grazie aprendo le strutture di produzione, mostrandosi orgogliosamente emiliani. Contestualmente all’apertura al pubblico dei caseifici saranno organizzati eventi ed attività rivolte ai visitatori: al Caseificio Sant’Angelo di San Giovanni in Persiceto (Bo), ad esempio, si potrà visitare l’azienda agricola, il caseificio ed il magazzino, ma ci sarà anche il tempo per “Spacca il Kg”, una degustazione di prodotti tipici e intrattenimenti per bambini con spettacolo di “sputafuoco”. Mostre fotografiche, degustazioni, tour, attività formative e ricreative per bambini, c’è più di un buon motivo per farsi una gita in Emilia tra maggio e giugno. Non ultimo vedere cosa, prima dello Stato, possono fare le stesse persone.

Fonte: ecoblog

 

RISCHIO AMBIENTE E SALUTE:Nucleare, OGM, Cellulari, moria delle Api e Nanotecnologia

 

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Rischi per l’ambiente e la salute: nel rapporto EEA Late lessons from early warnings non si parla solo del passato, ma anche delle questioni più scottanti di oggi: nucleare, OGM, telefoni cellulari, pesticidi e nanotecnologie. L’approccio dell’agenzia europea per l’ambiente è ispirato al principio di precauzione. E’ responsabilità dei poteri pubblici e delle aziende valutare i rischi per la salute e non solo cantare acriticamente le lodi per ogni innovazione che arriva sul mercato.  Vediamo ora in brevissima sintesi (l’originale conta 800 pagine!) cosa dice il rapporto sulle questioni emergenti.

 

 Centrali nucleari. Secondo gli esperti, le catastrofi di Chernobyl e Fukushima mostrano che la valutazione della probabilità di un grave incidente nucleare è attualmente sottovalutata, perché basata su assunzioni preconcette che non tengono conto di tutti i possibili fattori (errore umano, terremoto, atto terroristico).  E’ inoltre fondamentale un follow up scrupoloso delle popolazioni nelle aree colpite, visto che i danni alla salute si possono manifestare anche in un arco di quarant’anni.

 

OGM e agricoltura biologica: due approcci opposti. I raccolti da organismi geneticamente modificati sono pensati per monocolture a elevato input idrico ed energetico: sono altamente produttive (1), ma largamente insostenibili per la dipendenza da fonti non rinnovabili. Il sistema di proprietà intellettuale dei diritti riduce inoltre il potenziale di innovazione.

 

I metodi scientifici dell’agricoltura biologia sono per loro natura più partecipativi e pensati per valorizzare il ruolo multifunzionale dell’agricoltura nel produrre cibo, migliorare la biodiversità e i servizi dell’ecosistema e provvedere lavoro e sicurezza per le comunità locali. Per avere successo devono però avere un maggiore range di incentivi e di quadri normativi di supporto.

 

Telefoni cellulari e rischi per il cervello. L’International Agency for Research on Cancer dell’OMS ha classificato i campi elettromagnetici emessi dai telefoni mobili nel gruppo 2B come “possibili carcinogeni umani”. Anche se l’insorgenza di patologie dipende da una molteplicità di fattori, secondo l’EEA i governi e men che meno le aziende produttrici hanno preso sul serio questi avvertimenti. I benefici delle comunicazioni mobili devono associarsi ad una maggiore percezione del rischio per la salute.

 

Pesticidi e morte delle api. Da oltre un decennio si conosce il legame tra i pesticidi neonicotinoidi usati per la concia dei semi e la morte di massa delle api, eppure al legislazione è ancora carente nel proteggere una specie fondamentale per il suo servizio naturale di impollinazione. L’EEA osserva giustamente che il lavoro degli scienziati deve essere valutato per il loro merito scientifico e non sulle conseguenze per le aziende VIP della chimica.

 

Nanotecnologia. Mentre si prospettano miracoli da questa ultima nata tra le discipline scientifico-tecniche, non si valutano ancora con sufficiente attenzione i rischi che potrebbero insorgere dallo spostamento di questa tecnologia “dai lavoratori al mercato”. Occorre per questo integrare preoccupazioni ambientali e sanitarie nella progettazione dei nanodispositivi.

 

(1) In realtà, la tanto decantata maggiore resa degli OGM non corrisponde a realtà come nel caso ben documentato della soia.

 

Fonte:ecoblog