Bioedilizia ed etica, la soluzione all’Italia che si sbriciola

E’ risaputo che siamo paese di terremoti e un paese a rischio idrogeologico. Le scosse in centro Italia rappresentano un’altra di una lunga serie di tragedie. Ebbene, bioedilizia ed etica sono scelte imprescindibili per rilanciare economia e occupazione e per prevenire proprio tali tragedie.terremoto_amatrice

Quando si parla di economia e di occupazione, sentiamo spesso discorsi altisonanti che propongono soluzioni che tali non sono e che non portano a niente. Si dovrebbe invece guardare all’Italia e alle sue caratteristiche per capire (lo può fare anche chi frequenta le scuole elementari) che basterebbe lavorare su quelle caratteristiche per risolvere ogni problema economico e occupazionale. E’ risaputo che siamo paese di terremoti e a rischio idrogeologico; quale modo migliore per rilanciare economia e occupazione se non intervenire anche per prevenire questi due aspetti?

Prendiamo un esempio per tutti e cioè come vengono costruite o ristrutturate la case in Italia; gli studiosi seri della materia sanno che il migliore materiale per la prevenzione dai terremoti è il legno, per la sua resistenza, versatilità ed elasticità. Quando ne parlavo già all’inizio degli anni Novanta, aggiungendo anche case in terra cruda e paglia, isolanti leggeri ma performanti in fibra di cellulosa, gli “esperti”, gli architetti, gli ingegneri erano prodighi di battute e commenti spiritosi sulle case dei tre porcellini, ecc. Eppure oggi in tanti sono rimasti sotto a case in cemento e mattoni, case progettate e costruite da gente senza scrupoli, la stessa gente senza scrupoli che le ricostruirà grazie alla tangente, alla bustarella, all’amico dell’amico e che lo farà con gli stessi materiali e progettazioni scadenti e con lo stesso menefreghismo di quando le ha costruite. Il legno è un materiale eccezionale, rinnovabile, locale e darebbe solo risultati positivi. Con una politica di massiccia riforestazione tra l’altro si darebbe risposta ai continui incendi che si sviluppano in questo paese provocati da gente folle e masochista che distrugge il territorio che abita. Inoltre ci si darebbe un’opportunità di assorbimento di CO2 non indifferente e in prospettiva poi di esaurimento e minore uso dei combustibili fossili; il legno è il migliore materiale per sostituire la plastica in moltissimi usi. Quindi occorre incentivare tutta la filiera del legno che, come ulteriore vantaggio attraverso il rimboschimento, previene frane e smottamenti che si verificano anche perché gli alberi vengono sempre più abbattuti per fare spazio all’edilizia; edilizia che poi viene spazzata via ad ogni alluvione o che ci cade in testa ad ogni terremoto. Il legno da solo però non basta; servono tecnici preparati, qualificati dall’esperienza sul campo, guidati dall’onestà e dai valori etici e non esclusivamente dai soldi, dal numero di certificati, lauree, master e ridicoli fogli che attestano il nulla, magari comprati in internet. Ci sono tecnici che non hanno mai preso in mano un martello da carpentiere in vita loro e un cantiere lo visitano attraverso un computer. Se non ci sarà una chiara volontà di cambiamento, si piangeranno i morti, ci si accuserà a vicenda sulle responsabilità, nessuno sarà colpevole e tutto proseguirà come se nulla fosse, fino al prossimo terremoto, fino ai prossimi morti.

Fonte: ilcambiamento.it

In Oklahoma terremoti in serie dovuti al fracking

La correlazione fra la fratturazione idraulica per l’estrazione del gas scisto e i terremoti è ormai innegabileshale-tubature

La correlazione fra la pratica del fracking e i terremoti e una delle ragioni della lotta degli ambientalisti contro l’estrazione del gas scisto grazie alla fratturazione idraulica. Per gli abitanti dell’Oklahoma i sismi sono diventati famigliari proprio da quando si è iniziato a estrarre il gas scisto con questa tecnica. Il 6 gennaio 2016due scosse di magnitudo 4,7 e 4,8 hanno fatto tremare la terra nella regione più settentrionale di questo Stato. Nel corso del 2015 l’Oklahoma ha registrato 900 terremoti di magnitudo prossima al grado 3, vale a dire due casi e mezzo per giorno. Per il 2016 le previsioni sono poco confortanti: secondo il National Earth­quake Information Center di Golden, in Colorado, verranno superati i mille sismi. Fra il 1973 e il 2008 erano stati registrati 21 sismi di magnitudo 3 in questa regione centrale del Paese, ma dal 2008 i casi sono aumentati esponenzialmente, proprio con il moltiplicarsi degli impianti che compiono la fratturazione idraulica. Il settore petrolifero rappresenta il 20% dell’impiego in Oklahoma e due terzi dei nuovi impieghi creati dopo il 2010 sono attribuibili alla fratturazione idraulica. Per estrarre un barile di petrolio è necessario iniettare – mediamente – dieci barili di acqua. Oltre ai terremoti le conseguenze riguardano anche la potabilità dell’acqua visto che alcuni prodotti chimici vengono utilizzati nelle operazioni di fratturazione idraulica. Secondo quando affermato da Bloomberg, l’Oklahoma Geological Survey avrebbe subito pressioni dalle società petrolifere per non rendere pubblica la correlazione fra il fracking e i terremoti. Inoltre l’ente regolatore del settore, l’Oklahoma Corporation Commission, non ha fatto abbastanza, limitandosi a limitare i nuovi pozzi per far fronte alle proteste della popolazione dello Stato. Secondo Daniel McNamara, geologo del National Earthquake Information Center intervistato dal New York Times, esiste una forte possibilità che l’Oklahoma debba confrontarsi con una forte scossa, nell’ordine di magnitudo 6. L’Oklahoma non è il solo Stato ad avere registrato terremoti connessi al fracking: fenomeni analoghi si sono infatti verificati in CaliforniaNorth Dakota e Texas.

Fonte:  Le Monde | New York Times 

Spagna, il progetto Castor provoca i terremoti

Le iniezioni di gas nel centro di stoccaggio sottomarino al largo delle coste spagnole hanno causato circa mille terremoti a partire dallo scorso settembre

In Spagna il caso Castor tiene banco da mesi, ma ora nella questione che vede opposti l’industria estrattiva e gli ambientalisti, sembra essere giunta a un punto di svolta. Perché quello che sta accadendo nella zona di Vinaròs è una situazione senza precedenti. Coerentemente con molte altre ricerche in giro per il mondo, anche gli scienziati e i geologi iberici hanno riscontrato un rapporto di causalità fra l’iniezione di gas nel sottosuolo e le centinaia dieventi sismici registrati nella zona del centro di stoccaggio di Castor. Ma c’è di più. A spiegarlo è Alvaro Gonzalez del Departamento de Ciencias de la Tierra dell’Universidad de Zaragoza: raramente i terremoti causati questo tipo di pratiche superano magnitudo 3, mentre nella zona dei pozzi Castor è stata raggiunta una magnitudo di 4,3. Il progetto Castor ha trasformato un vecchio giacimento petrolifero sottomarino, situato a 21 km dalle coste spagnole e a 1800 metri di profondità, per stoccare sotto il mare l’equivalente di tre mesi di gas nella regione di Valencia, questo per far fronte a eventuali picchi di consumo o a problemi di rottura nei sistemi di approvvigionamento. Sia l’Instituto Geográfico Nacional (IGN) che l’Instituto Geológico y Minero de España(IGME), nello studio pubblicato sul Geophysical Journal International, sono giunti alla stessa conclusione: l’iniezione di gas provoca i terremoti. Ma i ricercatori invitano a mantenere alto il livello di guardia: finora sono state iniettate piccole quantità di gas, ma cosa succederà quando si inizierà a riempire il centro di stoccaggio in maniera più massiccia?SPAIN-QUAKE ENVIRONMENT-GAS

 

Fonte:  El Pais

Foto © Getty Images

Il fracking potrebbe causare i terremoti

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Se ne parla da anni, ma di dubbi ormai sembrano essercene veramente pochi: il fracking potrebbe effettivamente causare terremoti. Gli ultimi indizi arrivano da un recente studio della Cornell University, pubblicato sulle pagine di Science, che ha messo in relazione l’attività dei quattro principali impianti di fracking dello stato americano dell’Oklahoma con oltre 100 terremoti di piccola e media entità registrati nella regione tra il 2008 e il 2013. Il fracking, o fratturazione idraulica, è una tecnica che consente di estrarre gas naturali e petrolio dal suolo utilizzando getti di liquidi ad alta pressione. Per i produttori è particolarmente conveniente, perché permette di evitare la costruzione dei più costosi impianti di estrazione tradizionali, ma negli ultimi anni in molti hanno sollevato dubbi sui rischi ambientali legati a queste procedure. L’acqua prodotta nel processo di fratturazione si disperde infatti nel terreno, e negli Stati Uniti, dove il fracking è particolarmente diffuso, sono state moltissime le segnalazioni di danni collaterali provocati da questi liquidi di scarto, come l’avvelenamento delle falde acquifere, o per l’appunto, terremoti. Guardando ai numeri, in Oklahoma la situazione è particolarmente eclatante. Stando ai dati raccolti dai ricercatori della Cornell University, tra il 1976 al 2007 nello stato veniva registrato non più di un terremoto di magnitudo 3 o superiore (abbastanza intenso cioè da essere percepito facilmente) ogni anno. Dal 2008 (anno in cui si sono intensificate le operazioni di fracking) fino al 2013 se ne sono registrati invece oltre 100, e dall’inizio di quest’anno l’attività sismica in Oklahoma si è intensificata ulteriormente, superando quella di una zona ad alto rischio come la California. Nel loro studio, i ricercatori hanno utilizzato un modello computerizzato per simulare il percorso compiuto dalle acque di scarto prodotte da quattro impianti di fracking nell’area della cittadina di Jones, dove ha avuto inizio il principale sciame sismico degli ultimi anni. I quattro impianti, tra i più grandi dello stato, riversano ogni giorno oltre20 milioni di litri di acqua nel terreno, liquidi che, dimostra il modello, potrebbero essere direttamente responsabili dei terremoti. Lo studio ha messo inoltre in evidenza come gli effetti degli impianti di fracking possano farsi sentire in zone distanti anche 35 chilometri dall’area di estrazione (molto più di quanto ritenuto fin’ora), e che con il passare del tempo la pressione accumulatasi produce eventi sismici di entità sempre maggiore. Nonostante i rischi emersi dallo studio, gli scienziati della Cornell University ricordano però come nell’area centrale degli Stati Uniti siano attivi migliaia di impianti di fracking, di cui la maggior parte opera senza provocare nessun tipo di attività sismica. Per questo, i ricercatori sottolineando la necessità di continuare gli studi sull’effetto delle acque di scarto, per comprendere meglio in quali casi questi impianti di estrazione possono diventare pericolosi.

Fonte:  Wired.it

Credits immagine: Joshua Doubek

Oceani di acqua sotto la superficie terrestre individuati grazie ai terremoti

Le prove delle presenza di Oceani di acqua sommersi sotto il manto terrestre individuati grazie alla presenza di ringwoodite

Un serbatoio di acqua pari a tre volte il volume degli oceani del mondo è stato trovato in prossimità del nucleo del nostro Pianeta il che potrebbe spiegare l’origine dei mari. L’acqua è stata individuata grazie a un minerale, la ringwoodite che si trova a 700 km sotto il mantello terrestre. L’acqua liquida copre quasi il 75% della superficie terrestre, ma cotituisce solo lo 0,025% della massa dell’intero pianeta ma per gli scienziati esiste sebbene nascosto un grande serbatoio di acqua sotto la crosta terrestre. A fare la scoperta Steven Jacobsen della Northwestern University di Evanston in Illinois, con altri ricercatori che grazie ai sismometri hanno studiato le onde sismiche provenienti da più di 500 terremoti. Misurando la velocità delle onde a diverse profondità, la squadra ha iniziato a determinare le tipologie di rocce coinvolte. Il livello dell’acqua si è rivelato poiché le onde hanno rallentato, poiché occorre più tempo per attraversare una roccia bagnata rispetto a una roccia asciutta. La scoperta sostiene le ipotesi presentate in un recente studio condotto da Graham Pearson dell’Università di Alberta a Edmonton, Canada che appunto si è concentrato sull’evoluzione di un diamante presente nella zona di transizione tra il mantello superiore e inferiore della crosta terrestre scoprendo la presenza di ringwoodite. La presenza di questo immenso serbatoio getta luce sull’origine dell’acqua della Terra, poiché vi sono due scuole di pensiero tra studiosi che ritengono che l’acqua sia giunta attraverso le comete e altri che sostengono che si sia formata sul nostro Pianeta. E dunque questa recente scoperta suggerisce che gli oceani possano essere come esondati dall’interno della Terra.earthquake-620x346

La crosta terrestre raggiunge profondità di circa 100 chilometri. Da lì, il mantello superiore occupa altri 300 chilometri circa. Tra lì e il mantello inferiore si trova il ringwoodite ossia tra i 410 km e 660 km sotto la superficie terrestre nota appunto come “zona di transizione”. Gli scienziati sono stati a lungo divisi su cosa, esattamente, si trovi nella zona di transizione. Sappiamo che la maggior parte del mantello superiore è costituito da olivina un minerale che sotto pressione e temperature molto elevate genera la ringwoodite. Studi di laboratorio hanno dimostrato che il minerale può contenere acqua, che non è presente come liquido, ghiaccio o vapore ma intrappolato nella struttura molecolare del ringwoodite come ioni idrossido (atomi di ossigeno legati e idrogeno). Ora la domanda a cui gli scienziati dovranno rispondere è: Quanta acqua c’è sotto la Terra?

Fonte:  News discoveryMotherboard, News Scientist

Foto | jacobsen

La grande illusione dello shale oil californiano: la stima delle riserve estraibili ridotta del 96%

L’Energy Information Administration ha drasticamente ridotto le stime del petrolio estraibile con fracking dalla formazione di Monterey in California da 13700 a 600 milioni di barili, pari a un mese di consumo americano. E’ un incredibile doccia fredda sulle speranze delle lobbies del petrolio: secondo il LA Times, in questi giorni la Energy Information Administration rivedrà drasticamente al ribasso le stime del petrolio estraibile con fracking dalla formazione di roccia compatta di Monterey. Fino ad ora si favoleggiava che questo giacimento potesse essere un vero e proprio Eldoradoe che si potessero estrarre qualcosa come 13700 milioni di barili, ovvero più del doppio delle formazioni attualmente sfruttate di Bakken (North Dakota) e Eagle Ford (Texas) messe insieme. Secondo l’EIA il petrolio estraibile è in realtà pari a soli 600 milioni di barili, poco più del 4% delle stime precedenti. Mentre i depositi di Bakken e Eagle Ford sono infatti stratificati, come in una torta, nella formazione di Monterey (California centro-meridionale, vedi mappa in fondo al post), sono stati piegati e frantumati dall’intensa attività sismica della zona, per cui il petrolio si trova troppo in profondità per poter essere estratto con le tecnologie attuali.Fracking In California Under Spotlight As Some Local Municipalities Issue Bans

Come si vede dalla mappa il giacimento si trova proprio sul limitare della celebre faglia di Sant’Andrea; visto i possibili legami con i terremoti, usare il fracking in questa zona non sembra proprio una grande idea. Le nuove stime dell’EIA rappresentano un duro colpo per chi sognava un nuovo futuro americano nel campo del petrolio e rendono del tutto implausibile la prospettiva di 2,8 milioni di nuovi posti di lavoro. La lobby petrolifera non si arrenderà tanto facilmente e continuerà a trivellare, ma dovrà fare i conti con la crescente ostilità dei cittadini e delle amministrazioni. Due mesi fa la città di Los Angeles ha vietato il fracking sul suo territorio e questa settimana si è aggiunta la contea di Santa Cruz (poco a sud di San Francisco).Monterey-shale-map

Fonte: ecoblog.it

Fracking e terremoti, la questione arriva al parlamento del Texas

Il numero di terremoti nella zona di Azle e Reno è in aumento negli ultimi sei mesi in concomitanza con le attività di fracking. Gli amministratori locali iniziano ad essere allarmati

Per la prima volta il legame tra fracking e terremoti è stato discusso in una sede istituzionale. Ed è avvenuto qualche giorno fa proprio nello stato dei petrolieri, il Texas, in una audizione presso una commissione parlamentare. Sono state ascoltate testimonianze di esperti e amministratori sulla recente esplosione di micro attività sismica  e dei suoi possibili legami con il boom delle attività di fracking per “spremere” il petrolio dalla roccia compatta. Secondo l’USGS dal 1° novembre 2013 a oggi ci sono stati almeno 27 terremoti di magnitudo compresa tra 2,1 e 3,7 nei pressi delle città di Azle e Reno nel nord del Texas. Diversi residenti si sono lamentati di crepe nelle fondamenta delle case e rotture di tubi dell’acqua. L’area si trova proprio sopra la formazione geologica di Barnett, dove viene praticato il fracking. Se in Ohio è stato dimostrato il link tra 100 terremoti e le attività dell’industria petrolifera, i dati per il Texas sono scarsi, per i pochi sismografi sul territorio e soprattutto per la mancanza di dettagli sulle attività delle industrie. Si ritiene che i terremoti avvengano soprattutto a causa della re-iniezione sottoterra di fanghi e acque reflue. Questa operazione aumenta infatti la pressione sotterranea e introduce un lubrificante per lo spostamento delle faglie. I politici dicono naturalmente che non c’è fretta di agire; per evitare di creare problemi all’industria petrolifera intendono muoversi in modo molto prudente, anche se gli amministratori locali sono di un altro parere: “Il diritto dell’industria di fare profitti non deve sperare il nostro diritto alla qualità della vita“, ha affermato Lynda Stokes, sindaco di Reno. Poiché in Texas sono attivi oltre 3600 pozzi, il rischio che possa sopraggiungere un terremoto di maggiore intensità – ormai c’è chi parla di frackquakes – tende a crescere con il tempo. Anche nel vicino stato dell’ Oklahoma dove il fracking viene pesantemente praticato il numero di terremoti è cresciuto del 50% nell’ultimo anno. Secondo l’USGS c’è il pericolo che in futuro potrebbero manifestarsi eventi con magnitudo superiore a 5. I residenti hanno iniziato a reagire: le assicurazioni per eventi sismici sono cresciute dal 4% al 18% della popolazione nell’arco di tre anni

Fracking In California Under Spotlight As Some Local Municipalities Issue Bans

 

Fonte: ecoblog.it

Dimostrata una relazione tra fracking e terremoti in Texas

Uno studio della South Methodist University correla 50 terremoti avvenuti tra il 2009 e il 2010 con l’inizio delle attività di fracking nell’area a Nord di Dallas nel 2005, in una zona che prima non aveva mai registrato attività sismiche.Pozzo-texas-2

Se ci fosse bisogno, dal Texas arriva un ulteriore conferma del legame tra fracking e attività sismica dopo analoghi studi effettuati in Ohio, New Mexico e Colorado. La South Methodist University ha analizzato circa 50 terremoti di piccola magnitudo (ma percepiti dalla popolazione) avvenuti tra il 2009 e il 2010 non lontano da Dallas in prossimità di pozzi di ri-iniezione delle acque di scarto usate per il fracking. Un singolo pozzo di ri-inieizione può ricevere circa 300000 barili al mese di acqua salata di scarto. Prima del 2008 in questa zona non c’era mai stata attività sismica e questo fa propendere i ricercatori a pensare che sia stato proprio il fracking a indurre i terremoti. Il ritardo di quattro anni tra l’inizio dell’attività petrolifera e il movimento delle faglie viene spiegato con un modello probabilistico: la presenza di acqua salata iniettata a forza nelle faglie crea una sorta di lubrificante tra gli strati di roccia che rende più probabile i movimenti tettonici quando venga applicata una forza appropriata. Questo può accadere anche anni o decenni dopo, visto che la geologia ha i suoi tempi, che sono un po’ diversi da quelli della quotidianità. L’USGS ha rilevato una significativa crescita dell’attività sismica nel sud degli Stati Uniti. Questo al momento non fermerà di certo le attività di trivellazione, perchè le correlazioni trovate dagli scienziati non rappresentano ancora una “prova” nel senso forense del termine. Anche se agli scienziati e agli amministratori locali non sembra una buona idea continuare a bucherellare il territorio intorno alle città di Dallas e Fort Worth, molto probabilmente tutto continuerà come prima finché “non ci scapperà il morto”.

Fonte: ecoblog

E’ ufficiale: 100 terremoti provocati dal fracking in Ohio

Gli eventi sismici avvenuti tra il 2011 e il 2012 sono correlati alle attività del pozzo NS1 adiacente alla città di Youngstown, Ohio in quanto avvenuti in concomitanza con l’aumento della pressione sotterranea dovuta allo stoccaggio dei fanghi di perforazioneOhio-mappa-fracking-e-terremoti-Youngstown-586x414

Il legame tra attività di fracking e terremoti è confermato da un’analisi sismologica apparsa recentemente sul Journal of Geophysical Research; lo studio riguarda l’area di Youngstown nell’Ohio e rappresenta un’ulteriore conferma dell’impatto ambientale del fracking dopo quanto emerso già in New Mexico e Colorado. Tra il gennaio 2011 e il febbraio 2012 sono avvenuti nell’area oltre 100 terremoti di piccola scala (magnitudo da 0,4 a 3,9 (1)). Nell’immagine in alto sono indicati in rosso gli epicentri dei principali eventi sismici, tutti collegabili al pozzo Northstar #1 scavato nell’immediata periferia della città di Youngstown. E’ tra l’altro assolutamente incredibile che sia stato permessa una perforazione in un luogo così prossimo al centro abitato come è possibile vedere dalla mappa in fondo al post (2). Il pozzo incriminato non era un pozzo produttivo, ma un pozzo di stoccaggio dei fanghi di perforazione del fracking effettuato in Pennsylvania. I ricercatori hanno anche correlato temporalmente il verificarsi dei terremoti con i maggiori incrementi della pressione sotterranea, mentre i periodi di calma sismica sono quelli collegati alla minore pressioneMappa-Youngstown-586x350

(1) La scala Richter è logaritmica, per cui aggiungendo 1 alla magnitudine, l’energia liberata dal sisma viene moltiplicata circa per 30.

(2) Entrambe le mappe di questo post provengono da uno studio preliminare dell’Ohio Department on Natural Resources, più chiare di quelle presenti nell’articolo che sono in bianco e nero.

Fonte: ecoblog

Terremoti in Italia causati dalle estrazioni petrolifere? Il parere dei sismologi

Terremoti naturali o terremoti indotti da attività estrattive?

Daniela Patrucco ha intervistato per Scienza in Rete Aldo Zollo docente di Sismologia all’Università Federico II di Napoli e autore dello studio sulla sismicità indotta negli impianti geotermici. In pratica lo scienziato spiega come anche attività umane possano provocare terremoti, spesso percepiti solo da strumenti molto sofisticati. Causano terremoti la costruzione di dighe, la geotermia, l’estrazione di idrocarburi e lo stoccaggio di anidride carbonica. In Olanda, ad esempio lo sciame sismico che si verifica nella regione Nord est del Paese è causato dalle estrazioni di gas e per questo la NAM rimborsai i danni alle abitazioni ai cittadini. In Italia dubbi in merito allo sciame sismico causato dalle attività estrattive in Pianura Padana sono sorti dopo il terremoto de l’Aquila del 2009. Ma in Italia sembra ci sia timore rispetto ai terremoti indotti e nell’affrontare con studi la questione. Infatti come spiega Mario Mucciarelli docente del Dipartimento di Strutture, Geotecnica e Geologia Applicata dell’Università della Basilicata:sisma-594x350

Uno degli aspetti problematici emersi dalla ricerca è la carenza in questo ambito di studi e ricerche italiane.

E infatti ciò che manca è proprio uno studio completo che verifichi i casi di sismicità di volta in volta e di zona in zona. IN proposito Zollo dice a Daniela Patrucco:

In Italia esistono zone di giacimenti che sono fuori dalla catena appenninica, ad esempio la pianura padana, e poi esistono un gran numero di pozzi e giacimenti situati a ridosso della catena. L’ambiente tettonico dell’Appennino è un ambiente geologico adatto alla formazione di giacimenti di idrocarburi. La correlazione spaziale tra alcune zone dove si estrae il petrolio in Italia e le zone sismiche adiacenti è pertanto ovvia. Altrettanto ovviamente non possiamo dire, basandoci solo sulla prossimità tra siti di estrazione e zone sismiche, che l’estrazione di petrolio in Italia sia la causa dei terremoti. Molto banalmente si potrebbe ricordare che l’Italia è un Paese dalla storia sismica millenaria, mentre l’attività industriale petrolifera risale a poco più di 50-60 anni fa. Quindi la correlazione tra l’attività di estrazione petrolifera e la sismicità va verificata caso per caso considerando anche la corrispondenza temporale con le attività industriali in corso, non solo quella spaziale, e utilizzando strumenti di osservazione e dati ad alta precisione. Questo vale anche per il caso della sequenza di terremoti accaduti in Emilia nel Maggio 2012 che alcuni vorrebbero essere correlati all’attività estrattiva dell’ENI nell’area.

Ma ovviamente a tutto cià c’è da aggiungere il capitolo costi/benefici tant’è che Patrucco chiede:

A quando l’ingresso dell’Italia tra i “paesi avanzati” nella ricerca, controllo e prevenzione della sismicità indotta? I costi? Se le imprese non si accollano il costo della prevenzione e del monitoraggio, sarà la collettività a doversi far carico delle eventuali conseguenze. La sismicità indotta è un fatto assodato. Le sue conseguenze non sono sempre accertate ma non sono escluse.

Fonte: Scienza in Rete