Dal Brasile il miele delle api senza pungiglione

La preservazione di queste api è un tassello importante nella conservazione della biodiversità degli ecosistemi brasiliani. A Terra Madre 2014 noi di Blogo abbiamo incontrato tre ragazzi che hanno attraversato l’Oceano Atlantico per far conoscere nel Vecchio Continente le api indigene senza pungiglione che sono native del Brasile e e producono piccole quantità di miele con proprietà nutrizionali e medicinali ineguagliabili. Pedro Faria Gonçalves (portavoce del gruppo nel video di apertura), Francisco Melo Medeiros ed Ezinaldo Belfort Mendes provengono da diverse aree del Brasile ma si sono uniti per “raccontare” questo miele che, grazie alla minore concentrazione di zuccheri e alla consistenza più liquida è ricco di antibiotici. Queste sostanze antibiotiche, associate a grandi quantità di vitamine, minerali e zuccheri fanno di questo miele uno dei prodotti naturali con il maggior potere medicinale che si conosca. Prodotto in forma artigianale e in piccola scala, il miele di ape senza pungiglione è un prodotto nobile, che presenta sapori sorprendenti e un aroma concentrato di fiori silvestri. Fra i tipi di miele prodotti da queste api, ne segnaliamo sei: Mandaçaia, Jataí, Tujuba, Tubuna, Guaraipo e Manduri. Di questi ne abbiamo testati tre e possiamo assicurarvi che sono diversissimi fra loro e altrettanto differenti dai sapori e dagli aromi dei nostri mieli: la consistenza liquida e la scarsità di zuccheri li rende molto intensi e simili ad alcuni liquori. Le api indigene senza pungiglione sono essenziali per la perpetuazione delle foreste selvagge e sono responsabili dell’80% dell’impollinazione di questi ecosistemi. Un tassello importantissimo per salvare la biodiversità: in tutto il Brasile sono addirittura 400 le specie di api che garantiscono la conservazione di alcuni fra gli ecosistemi più vari ed eterogenei del pianeta.terra-madre-2-620x311

Foto e video | Davide Mazzocco

Fonte: ecoblog.it

Da Terra Madre 2014 il Gliko shalqini albanese e il sottaceto statunitense per recuperare le bucce d’anguria

Lavorata tradizionalmente e artigianalmente, la buccia d’anguria da scarto diventa Gliko shalqini in Albania, composta deliziosa e di grande qualità, e gustoso sottaceto negli Stati Uniti. Ci siamo imbattuti al Salone del Gusto in questi due prodotti in grado di ridurre l’enorme spreco alimentare.380832

Il 23 settembre 2014 abbiamo redatto un articolo dal titolo“Eco-ricette dal mondo contro lo spreco di bucce d’anguria”, in cui venivano portati come esempi il Gliko shalqini albanese e un sottaceto statunitense contro lo spreco delle bucce, perfettamente commestibili. Durante l’ultima edizione del Salone del Gusto e Terra Madre, conclusa il 27 ottobre, esplorando il Padiglione Oval, abbiamo visto esposti i due prodotti sopracitati, che ci sono stati presentati dai loro produttori. Il gliko è una composta tipica albanese di frutta intera o a pezzettini o di verdura che si prepara seguendo un procedimento diverso a seconda della tipologia. Per quanto riguarda il Gliko shalqini, gliko di buccia d’anguria, per prima cosa si elimina la parte sottile verde, si taglia a pezzettini la buccia e si lascia ammollo in acqua di calce fredda. Questo liquido si ottiene agitando acqua e calce. Facendo riposare il miscuglio per qualche minuto, la calce si sedimenta sul fondo del contenitore. In questo modo, si ottiene, appunto, l’acqua di calce che bisogna versare, con l’aiuto di una tazza o un bicchiere, in un altro recipiente pulito in cui immergere la buccia. Quest’ultima, dopo circa un’ora, deve essere sciacquata e messa a bollire in un pentolone di rame su fiamma viva, cambiando varie volte l’acqua. Anche la bollitura dura circa un’ora. Infine, cambiata l’acqua per l’ultima volta e mentre le bucce cuociono, viene aggiunto lo zucchero insieme a un po’ di succo di limone, per mantenere vivo il colore del materiale alimentare. L’acqua di calce, invece, si utilizzata per rendere la buccia croccante e resistente alla bollitura, così i pezzetti di buccia d’anguria possono avere una forma ben preservata e definita. Solamente quando lo sciroppo viene assorbito e il gliko si è raffreddato, si procede al suo confezionamento in vasetti di vetro. Al Salone del Gusto e Terra Madre 2014, questo prodotto è stato portato dall’azienda albanese artigianale Almeg, fondata nel 1992 dalle signore Eftali Qerimi e Odeta Nasi a Mejden, Përmet. Nell’azienda albanese lavorano più di 25 donne, da aprile a gennaio, partecipando a tutte le fasi della produzione delle varie tipologie di gliko artigianale. Almeg produce gliko di frutti (noci, ciliegie, fichi selvatici, albicocche, cedri, arance, limoni) e di verdure (melanzane e pomodori), oltre a quella di buccia d’anguria. Il totale annuale di gliko è di 20 tonnellate, utilizzando frutta e verdura biologica, 2 tonnellate sono Gliko shalqini. Questi prodotti vengono venduti non solo a Përmet, ma anche in altre città albanesi come Tirana, Durazzo, Fier, Valona, Argirocastro, Korça.  L’azienda, fiore all’occhiello dell’imprenditoria femminile albanese, fa parte del Consorzio “Pro Përmet”, che si occupa della promozione e valorizzazione del territorio della valle di Vjosa, dei prodotti tipici agroalimentari e delle risorse naturali, oltre all’incoraggiamento del turismo tramite il miglioramento dei servizi di ricezione. La signora Eftali Qerimi racconta che “Almeg ha partecipato a importanti fiere internazionali in Francia, Croazia, Bulgaria e a fiere italiane come quella di Pistoia e di Grottaglia (Puglia). Molti turisti, che visitano l’Albania e la zona della Valle di Vjosa, sono interessati ai prodotti locali e si recano in azienda per vedere personalmente la lavorazione artigianale. Siamo molto contente, perché non vendiamo i nostri prodotti solo in Albania, ma anche in Francia, Italia, Grecia, grazie alle richieste e prenotazioni, via telefono o e-mail, dei migranti che vivono in questi stessi paesi.”  Almeg è un Presidio albanese di Slow Food e fa parte, a pieno titolo, del progetto dei Presìdi nato in Italia nel 1999 per proteggere centinaia di prodotti a rischio di estinzione. Slow Food ha una funzione cruciale in Albania e lavora insieme ad Almeg e ai proprietari dei frutteti per individuare le varietà locali più adatte alla produzione di gliko, migliorare la qualità del prodotto e il packaging, promuoverlo sul mercato nazionale e internazionale, trasformandolo in uno strumento per preservare la biodiversità della valle Vjosa. Il Presidio albanese collabora anche con l’Cesvi, organizzazione laica e indipendente, per rinnovare un locale di produzione e metterlo a norma. I Presìdi, più di 400 in tutto il mondo, vengono promossi e coordinati dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e sono i veicoli più efficaci per tradurre in realtà ed esemplificare la politica di Slow Food sull’agricoltura e sulla biodiversità.
Un altro prodotto, che è stato catalogato da Slow Food ed è salito a bordo dell’Arca del Gusto, è l’anguria Bradford, coltivata dall’omonima famiglia e nata nel XIX secolo nel Sumter, capoluogo della contea dallo stesso nome nello Stato della Carolina del Sud. Quest’anguria, incrocio tra le varietà Lawson e Mountain Sweet, è particolarmente dolce e ottima per melasse e sciroppi, mentre con la sua buccia si possono preparare gustosissimi sottaceti. In passato l’anguria Bradford veniva prodotta anche in Georgia, Florida, Alabama, Mississippi, Carolina del Nord e Tennessee, ma a causa del suo declino, iniziato nel XX secolo, oggi si trova solamente in Carolina del Sud e viene coltivata in soli due appezzamenti, rischiando di scomparire negli anni a venire. Tale declino è dipeso dai coltivatori che l’hanno sostituita con una varietà più resistente da trasportare, preferendo così la resistenza alle sue caratteristiche saporiali.
La ricetta statunitense per il sottaceto di buccia d’anguria Bradford o altre varietà, che possono essere reperite più facilmente, è la seguente: Mettete a bollire due chili di bucce d’anguria. A fine cottura, quando le bucce diventano tenere, scolatele per bene. Nel frattempo preparate uno sciroppo con due chili di zucchero, un litro di aceto, un pizzico di macis e cannella, alcune radici di zenzero. Bollite il tutto fino ad ottenere una giusta consistenza. Versate lo sciroppo caldo sopra le bucce d’anguria. Dopodiché, scolate lo sciroppo, riscaldatelo fino al punto di ebollizione e riversatelo sulle bucce d’anguria. Ripete quest’ultima operazione per tre giorni consecutivi. Infine, mettete il sottaceto di bucce d’anguria nei barattoli di vetro. In questo modo sarà possibile conservare il sottaceto per ben due anni.
Secondo il National Watermelon Promotion Board la buccia rappresenta il 30% del frutto stesso. Di conseguenza, le ricette sopracitate hanno un importante ruolo nel combattere il grande spreco di bucce d’anguria.ecodallecitta

Fonte: ecodallecitta.it

Terra Madre 2014: il cemento non si mangia

Nell’ultimo decennio, in Europa, si è persa una superficie grande come l’isola di Cipro. L’isola di Cipro interamente coperta dal cemento: è questo il suolo consumato in Europa nell’ultimo decennio. Il consumo del territorio e la tutela del paesaggio sono due temi molto cari a Slow Food e della questione si è parlato sabato scorso a Terra Madre. Anche il nostro Paese – in passato numero uno al mondo per numero di turisti – non brilla certo per quanto riguarda le politiche di contenimento del fenomeno: 22mila km quadrati della superficie dell’Italia è costruita, occupata da edifici, strade, infrastrutture, cave. Ciò significa che non è disponibile, non è utilizzabile ed è compromessa per sempre. Tra il 2009 e il 2012 sono stati persi 720 km quadrati di suolo, come se prendessimo le città di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo e le mettessimo una di fianco all’altra. Il consumo di territorio “galoppa” a un ritmo di 8 mq al secondo e sarebbe ancora peggio se la crisi non avesse frenato la speculazione edilizia dilagante. Ad aggravare la situazione nelle ultime ore si è messa anche l’approvazione della conversione in legge del cosiddetto Decreto Sblocca Italia, definito “surreale” da Carlo Petrini, che acuirà le problematiche legate al controllo e all’investimento in attività edilizie e di costruzione di infrastrutture. Questo nonostante circa il 47% della superficie costruita in Italia sia occupata da infrastrutture lineari, ossia strade, autostrade e ferrovie. In Italia si continuerà a costruire male, in modo forse più o meno lecito o dove non si potrebbe farlo, con una pianificazione del territorio che ignora il rischio idrogeologico, causa un’alterazione del paesaggio e riduce il terreno coltivabile. Ma come sarà possibile nutrire un pianeta che cresce in maniera esponenziale se stiamo perdendo terreni agricoli? Quali saranno le conseguenze sull’agricoltura? Queste le domande che sono state poste nell’incontro di sabato scorso. Il peggiore degli scenari vedrebbe la diffusione delle monocolture per ottimizzare le produzioni, un aumento nell’uso di concimi chimici e pesticidi, una conseguente riduzione della biodiversità, l’inquinamento delle falde acquifere e del suolo e il suo impoverimento. Fra i movimenti che si battono contro la progressiva cementificazione delle aree di suolo libero spicca il Forum nazionale “Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori”, un movimento di quasi 1.100 associazioni e circa 10.000 cittadini, che hanno come obiettivo quello di tutelare il nostro territorio dalla deregulation e quindi da decreti come lo Sblocca Italia) e dal cemento selvaggio. I rischi di simili politiche sono sotto gli occhi di tutti, primo fra tutti quello delle alluvioni, cui assistiamo con spaventosa regolarità. E poi frane, smottamenti, che insieme alla riduzione della terra coltivabile, costituiscono un serio pericolo per la vita delle persone. Ma le reazioni dal basso non mancano, come quelle dei vignaioli del Lugana, che combattono contro i cantieri per la realizzazione della Tav nella tratta tra Brescia e Verona, che comprometterebbero seriamente la produzione del vino Doc della valle, oltre che l’indotto turistico di una zona come quella del Lago di Garda. Oppure il comune di Tronzano Vercellese, in provincia di Vercelli, che cerca da anni di contrastare l’attuazione di obsolete decisioni politiche sulla realizzazione di nuove cave nel proprio territorio.ormadinosauro5-620x348

Fonte:  Comunicato stampa

Foto | Davide Mazzocco

Terra Madre 2014: date, orari, programma e ospiti

Tutto quello che c’è da sapere sull’evento che, dal 23 al 27 ottobre, riunirà a Torino agricoltori, allevatori, coltivatori, studiosi e attivisti accomunati dall’impegno nella difesa della biodiversità

Il Salone del Gusto e Terra Madre, le due grandi manifestazioni dedicate al buon cibo e alla tutela delle Comunità del cibo tornano dal 23 al 27 ottobre 2014 rispettando la consueta cadenza biennale. Per il Salone del Gusto – nato nel 1996 – si tratta della decima edizione, mentre per la manifestazione che fa incontrare contadini, allevatori e pescatori delle Comunità del cibo che lottano per conservare la propria identità e sovranità alimentare si festeggia il decennale.

Per quanto riguarda Terra Madre, il tema dell’edizione 2014 – organizzata da Slow Food in collaborazione con Regione Piemonte, Città di Torino e Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – è l’agricoltura familiare. La scelta non è causale, la Fao ha infatti dedicato il 2014 a questo tema specifico. Altro tema condiviso con il Salone del Gusto è quello dell’Arca del Gusto ovverosia della difesa della biodiversità.

L’evento torinese si celebra a sei mesi dall’apertura dell’Expo 2015 che avrà come tema portante Nutrire il pianeta: il dossier di candidatura della città di Milano è stato fortemente ispirato dalle prime due edizioni di Terra Madre, quelle del 2004 e del 2006. E a Torino si “semineranno” idee che si spera di far germogliare nel grande appuntamento milanese dove la presenza dell’associazione Slow Food sarà caratterizzata dalla tutela della biodiversità.

Che cos’è la rete di Terra Madre

Terra Madre è una rete formata da agricoltori, allevatori, pescatori, trasformatori e cuochi che contribuiscono, con la loro visione e i loro saperi, alla promozione di una gastronomia non omologata, basata sulla tutela della biodiversità, sulla protezione dell’ambiente, sul rispetto delle culture e delle tradizioni locali e su di un approccio etico al lavoro. Si tratta di una rete diffusa in 150 Paesi che cerca d affrontare le diverse problematiche connesse all’agricoltura e alla pesca, dal land grabbing al sovra sfruttamento delle risorse marittime, dall’inquinamento alla deforestazione.

Le comunità del cibo sono gruppi di persone che producono, trasformano e distribuiscono cibo di qualità in maniera sostenibile e sono fortemente legate a un territorio dal punto di vista storico, sociale e culturale. Le comunità condividono i problemi generati da un’agricoltura intensiva lesiva delle risorse naturali e da un’industria alimentare di massa che mira all’omologazione dei gusti e mette in pericolo l’esistenza stessa delle piccole produzioni,

si legge nella presentazione della Rete presente sul sito di Terra Madre.

Terra Madre 2014: date, orari e biglietti

Terra Madre si svolgerà da giovedì 23 ottobre a lunedì 27 ottobre 2014 nello spazio espositivo di Lingotto Fiere di via Nizza 280 a Torino. Da giovedì 23 a domenica 26 ottobre l’orario sarà dalle 11 alle 23, mentre lunedì 27 si aprirà alle 11 per chiudere alle 20.

Il biglietto intero costa 20 euro, quelli ridotti 16 o 12 euro a seconda del tipo di riduzione. I soci Slow Food pagano 10 euro, le scuole 5 euro, mentre entrano gratuitamente i bambini fino al compimento degli 11 anni, i visitatori diversamente abili. Previsti sconti per le famiglie e un abbonamento ai cinque giorni al costo di 60 euro.

Terra Madre 2014: come arrivare al Lingotto

Il centro espositivo Lingotto Fiere di via Nizza 294 è facilmente raggiungibile: 1) in automobile, uscendo in corso Unità d’Italia e seguendo le indicazioni stradali; 2) in treno, scendendo alla stazione di Lingotto Fiere e percorrendo la passerella olimpica, 3) in metropolitana, scendendo alla stazione di Lingotto Fiere che è attualmente capolinea, 4) inbus con le linee 1, 18 e 35.

Terra Madre 2014: programma e ospiti

Salone del Gusto e Terra Madre ospiteranno 1000 espositori provenienti da 100 Paesi: fra questi vi saranno 400 Comunità del cibo provenienti da 100 Paesi e sono previsti 4 mercati della Terra Internazionali: Maputo (Mozambico), Tcherni Vit (Bulgaria), Tel Aviv (Israele), eFoça (Turchia). I prodotti dell’Arca del Gusto che verranno raccontati saranno 1000, in rappresentanza di 60 Paesi.

Quest’anno il programma degli incontri e dei dibattiti, da sempre fiore all’occhiello del doppio evento torinese, dà il benvenuto alle lectio magistralis, analisi più profonde di esperti e studiosi: le lezioni più attese dell’edizione 2014 saranno quelle di Stefano Rodotà, Tomaso Montanari, Woody Tasch e Eric Holt-Giménez, Luca MercalliMaurizio PallanteGilberto Gil,Luis Sepúlveda e Adolfo Pérez Esquivel.

Scorrendo l’articolato programma che prevede 38 conferenze, 12 lectio magistralis, 4 proiezioni di film e spettacoli serali, 32 incontri nelle sale Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e Terra Madre, 18 appuntamenti riservati alle scolaresche, 10 attività nella Cucina Didattica pensati per le famiglie segnaliamo Indovina chi viene a mensa?sull’interscambio gastronomico e interculturale del nostro Belpaese, Cibo senza territorio sulle gastronomie della diaspora, dalle comunità ebraiche e armene agli emigrati italo-americani fino a quelli turchi e greci e Il volo spaziale dei Presìdi Slow Food che presenta il viaggio di quattro legumi scelti da Argotec, azienda responsabile dello space food, che faranno parte dell’alimentazione dell’astronauta Samantha Cristoforetti, prima donna italiana a vivere sei mesi nella Stazione Spaziale Internazionale. Nell’incontro In principio era un seme si discute di sovranità alimentare, mentre il tema sempre attuale degli organismi geneticamente modificati verrà sviscerato nella conferenza Ogm: una questione di regole, diritti, responsabilità.Visual_ITA_ORIZZ_NO_LOGHIl-620x356

Fonte:  Salone del Gusto