Nel 2019 in Italia un reato contro l’ambiente ogni 4 ore: l’ultimo rapporto Ecomafia

Presentato il report di Legambiente: 34.648 reati accertati nel 2019, alla media di 4 ogni ora. Un incremento del +23.1% rispetto al 2018. Campania, Puglia, Sicilia e Calabria le regioni dove si commettono più illeciti, in Lombardia più arresti

Il “virus” dell’ecomafia non si arresta né conosce crisi. Nel 2019 aumentano i reati contro l’ambiente: sono ben 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23.1% rispetto al 2018. In particolare preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, con ben 11.484 (+74,6% rispetto al 2018), che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018). Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli connessi agli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018).
La Campania è, come sempre, in testa alle classifiche, con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita nel 2019 da Puglia, Sicilia e Calabria (prima regione del Sud come numero di arresti). E, come ogni anno, in queste quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali accertati grazie alle indagini, esattamente il 44,4%. La Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86. Da capogiro il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 mld di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 mld. 

A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.

È questa la fotografia scattata dal Rapporto Ecomafia 2020. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia, realizzato da Legambiente, con il sostegno di COBAT E NOVAMONT, che ha analizzato i dati frutto dell’intensa attività svolta da forze dell’ordine, Capitanerie di porto, magistratura, insieme al lavoro del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, nato dalla sinergia tra Ispra e Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Il volume, edito da Edizione Ambiente, a cui hanno collaborato giornalisti e ricercatori, come Rosy Battaglia, Fabrizio Feo, Toni Mira e Marco Omizzolo, è stato presentato questa mattina attraverso la formula del talk on line in diretta streaming sulle pagine fb di Legambiente e La Nuova Ecologia. Il lavoro di ricerca, analisi e denuncia è stato dedicato quest’anno al consigliere comunale Mimmo Beneventano, ucciso dalla camorra il 7 novembre del 1980, antesignano delle battaglie di Legambiente contro l’assalto speculativo e criminale a quello che è oggi il Parco nazionale del Vesuvio; e a Natale De Grazia, il capitano di corvetta della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria scomparso 25 anni fa, il 12 dicembre del 1995, mentre indagava sugli affondamenti delle cosiddette navi “dei veleni” nel mar Tirreno e nel mar Ionio. Una vicenda ancora oscura su cui Legambiente chiede con forza che si faccia piena luce, anche grazie alle nuove iniziative assunte dal ministero dell’Ambiente, per quanto riguarda la ricerca di navi affondate al largo delle coste italiane, e dalla Commissione parlamentare Ecomafia proprio sulla morte di De Grazia. A lui è dedicato anche il webinar dal titolo “Il Capitano Umano” organizzato oggi pomeriggio, ore 17.30, in diretta streaming sulle pagine fb di Legambiente, La Nuova Ecologia, Lavialibera e Libera.  La presentazione del Rapporto Ecomafia 2020, moderata da Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità Legambiente, ha visto la partecipazione di: Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, Sergio Costa, ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Federico Cafiero De Raho, Procuratore nazionale antimafia, Alessandro Bratti, direttore generale ISPRA, Stefano Vignaroli, presidente della Commissione d’inchiesta sulle attività illecite, Luca Briziarelli, vicepresidente della Commissione d’inchiesta sulle attività illecite, Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente Camera dei deputati, Chiara Braga, Commissione Ambiente Camera dei deputati, Silvia Fregolent, Commissione Ambiente Camera dei deputati, Andrea Di Stefano, responsabile progetti speciali Novamont.

La presentazione di oggi è stata anche l’occasione per l’associazione ambientalista per che è fondamentale completare il quadro normativo di contrasto all’aggressione criminale ai tesori del nostro Paese a partire dall’approvazione dei seguenti provvedimenti legislativi: il ddl Terra Mia, che introduce nuove e più adeguate sanzioni in materia di gestione illecita dei rifiuti; i regolamenti di attuazione della legge 132/2016 sul Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente; il disegno di legge contro le agromafie, licenziato dal governo nel febbraio di quest’anno e ancora fermo alla Camera; il disegno di legge contro chi saccheggia il patrimonio culturale, archeologico e artistico del nostro paese, approvato dalla Camera nell’ottobre del 2018 e ancora fermo al Senato, l’approvazione dei delitti contro la fauna per fermare bracconieri e trafficanti di animali, promessa che si rinnova da oltre venti anni ed ancora in attesa che Governo e Parlamento legiferino.

“I dati e le storie presentati in questa nuova edizione del rapporto Ecomafia 2020 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – raccontano un quadro preoccupante sulle illegalità ambientali e sul ruolo che ricoprono le organizzazioni criminali, anche al Centro-Nord, nell’era pre-Covid. Se da un lato aumentato i reati ambientali, dall’altra parte la pressione dello Stato, fortunatamente, non si è arrestata. Anzi. I nuovi strumenti di repressione garantiti dalla legge 68 del 2015, che siamo riusciti a far approvare dal Parlamento dopo 21 anni di lavoro, stanno mostrando tutta la loro validità sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione. Non bisogna però abbassare la guardia, perché le mafie in questo periodo di pandemia si stanno muovendo e sfruttano proprio la crisi economica e sociale per estendere ancora di più la loro presenza”. “Per questo – continua Ciafani – è fondamentale completare il quadro normativo: servono nuove e più adeguate sanzioni penali contro la gestione illecita dei rifiuti, i decreti attuativi della legge che ha istituito il Sistema nazionale protezione ambiente, l’approvazione delle leggi contro agromafie e saccheggio del patrimonio culturale, archeologico e artistico, una forte e continua attività di demolizione degli immobili costruiti illegalmente per contrastare la piaga dell’abusivismo, l’introduzione di sanzioni penali efficaci a tutela degli animali e l’accesso gratuito alla giustizia per le associazioni che tutelano l’ambiente. Noi non faremo mancare il nostro contributo per arrivare entro la fine della legislatura all’approvazione di queste riforme fondamentali”. 
L’efficacia degli anticorpi – Oltre alle denunce dei cittadini, alle attività svolte da forze dell’ordine, Capitanerie di porto e magistratura, si conferma la validità di provvedimenti legislativi, spesso faticosamente approvati, come la legge sugli ecoreati (68/2015) e quella contro il caporalato, la 199/2016. Con il primo provvedimento, entrato in vigore a fine maggio del 2015, l’attività svolta dalle Procure, secondo i dati elaborati dal ministero della Giustizia, ha portato all’avvio di 3.753 procedimenti penali (quelli archiviati sono stati 623), con 10.419 persone denunciate e 3.165 ordinanze di custodia cautelare emesse. Grazie alla legge sul caporalato, nel 2019 le denunce penali, amministrative e le diffide sono state complessivamente 618, contro le 197 del 2018 (+313,7%) e sono più che raddoppiati gli arresti, passati da 41 a 99. Le aziende agricole sono quelle più coinvolte ma i controlli sui cantieri edili effettuati dal Comando carabinieri tutela del lavoro stanno rivelando un’illegalità sempre più diffusa, con 2.766 reati, 3.140 persone denunciate e 32 sequestri. 
Le piaghe da sanare – Anche nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono ben 198 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%. A guidare la classifica per numero di reati è la Campania, con 1.930 reati, seguita a grande distanza dalla Puglia (835) e dal Lazio, che con 770 reati sale al terzo posto di questa classifica, scavalcando la Calabria. Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti: dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre del 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.  
Oltre ai reati legati al ciclo del cemento, resta diffusa la piaga dell’abusivismo edilizio con 20 mila nuove costruzioni (ampliamenti compresi) che secondo le stime utilizzate dall’Istat nell’ambito del Bes (l’indicatore del Benessere equo e sostenibile), resta su livelli intollerabili per un paese civile: quella, provvisoria, del 2019 è del 17,7% sul totale delle nuove costruzioni e degli ampliamenti significativi.


“La causa di questa persistenza dell’abusivismo edilizio in Italia – spiega Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità Legambiente – è duplice: le mancate demolizioni da parte dei Comuni e i continui tentativi di riproporre condoni edilizi da parte di Regioni, ultima in ordine di tempo la Sicilia, leader e forze politiche. Per questo diventa indispensabile, oggi più che mai, lanciare una grande stagione di lotta all’abusivismo edilizio, prevedendo in particolare un adeguato supporto alle Prefetture nelle attività di demolizione, in caso di inerzia dei Comuni, previste dalla legge 120/2020;  la chiusura delle pratiche di condono ancora giacenti presso i Comuni; l’emersione degli immobili non accatastati, censiti dall’Agenzia delle entrate, per avviare la verifica della loro regolarità edilizia e sottoporre quelli abusivi all’iter di demolizione”.

Una particolare attenzione dovrà essere dedicata agli investimenti in appalti e opere pubbliche, soprattutto nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, anche alla luce delle ingenti risorse in arrivo dall’Europa attraverso il Next generation Eu. “I dati che pubblichiamo in questo Rapporto – aggiunge Fontana – dimostrano come in tutti i casi di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose (29 quelli ancora oggi commissariati, dei quali ben 19 sciolti soltanto nel 2019) il principale interesse dei clan è proprio quello di condizionare gli appalti di ogni tipo, dalla manutenzione delle strade alla gestione dei rifiuti. Un fenomeno che s’intreccia con quello della corruzione”. 
A crescere è, non a caso, anche il numero di inchieste sulla corruzione ambientale, quelle rilevate da Legambiente dal primo giugno 2019 al 16 ottobre 2020 sono state 134, con 1.081 persone denunciate e 780 arresti (nel precedente Rapporto le inchieste avevano toccato quota 100, con 597 persone denunciate e 395 arresti). Il 44% delle inchieste ha riguardato le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, con la Sicilia in testa alla classifica (27 indagini). Da segnalare, anche in questo caso, il secondo posto della Lombardia, con 22 procedimenti penali, seguita dal Lazio (21). 
Nella Terra dei Fuochi, nel 2019 sono tornati a crescere di circa il 30% rispetto al 2018 i roghi censiti sulla base degli interventi dei Vigili del fuoco, arrivati quasi a quota 2.000.  Preoccupanti anche i dati sugli incendi boschivi scoppiati nella Penisola: nel2019 sono andati in fumo 52.916 ettari tra superfici boscate e non, con un incremento del 261,3% rispetto al 2018. I reati accertati sono stati 3.916, con una crescita del 92,5% sull’anno precedente. Il 50,3% dei reati si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove è andato in fumo il 76% del territorio percorso dal fuoco a livello nazionale, con la Calabria (548 reati) in cima alla classifica. Tra le altre piaghe da sanare,anche quella dei reati contro gli animali. Parliamo di 8.088 reati, più di 22 al giorno, con 7.046 persone denunciate, 2.629 sequestri effettuati e 39 arresti. Legambiente stima che i fatturati illegali legati a queste attività ammontino a 3,2 mld di euro l’anno.

Sul fronte agromafie, nel 2019 aumentano del 54,9% i reati penali e gli illeciti amministrativi in questo settore. Crescono gli arresti (193 quelli eseguiti lo scorso anno, +22,2%), i sequestri (+12,3%, a quota 11.975), le sanzioni, sia penali che amministrative (59.036, con un incremento del 24,6% rispetto al 2018). Un’attenzione particolare meritano i risultati dei controlli effettuati contro l’utilizzo illegale di pesticidi e altri prodotti chimici, compresi quelli messi al bando perché cancerogeni, come hanno rivelato recenti inchieste giornalistiche: 268 i reati penali e gli illeciti amministrativi contestati, 162 persone oggetto di denunce e diffide, 23 sequestri e 216 sanzioni penali e amministrative emesse.  
Per quanto riguarda le archeomafie, nel 2019 sono significativamente in crescita le denunce (1.730 contro le 1.526 del precedente Rapporto), le persone arrestate (73, più del doppio del 2018), i sequestri, 640, con un aumento del 238,6% rispetto a quelli del 2018 ma il dato più significativo è quello che riguarda le opere e i reperti recuperati grazie al lavoro delle forze dell’ordine: ben 905.472, con una crescita del 1.397,7% rispetto al 2018. 
Infine il Rapporto descrive le illegalità sulla gestione di Pneumatici fuori uso (PFU), buste di platica e gas HFC. Le stime, elaborate sulla base delle conoscenze acquisite grazie alle attività svolte dall’Osservatorio flussi illegali di pneumatici e pneumatici fuori uso, fanno oscillare i flussi di pneumatici messi illegalmente in commercio tra le 30.000 e le 40.000 tonnellate annue, con il mancato versamento del contributo ambientale per circa 12 milioni di euro e un’evasione dell’Iva di circa 80 milioni di euro. Uno scenario confermato dalle segnalazioni raccolte attraverso la piattaforma di whistleblowing “Cambio pulito”, attraverso 361 denunce con 301 società, italiane e straniere, segnalate per la vendita illegale di pneumatici, dall’online al dettaglio.  Secondo l’Osservatorio di Assobioplastiche, nel nostro paese vengono commercializzate circa 23.000 tonnellate di buste usa e getta fuori legge, per un valore complessivo di 200 milioni di euro. In media, su 100 buste in circolazione 30 sarebbero completamente fuori norma. Non si tratta soltanto di quelle di plastica ma anche di buste “pseudo-compostabili”: nel corso degli ultimi 5 anni il tasso di non conformità verificato dai laboratori Arpa si è attestato intorno al 60%. Infine, il mercato parallelo e illegale di gas HFC ammonterebbe nel 2019 in Europa ad almeno 3.000 tonnellate. In termini di impatto ambientale, questo commercio illecito può essere valutato in circa 4,7 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, pari alle emissioni generate dall’utilizzo medio annuale di 3,5 milioni di automobili di ultima generazione. Secondo l’EFCTC si tratta, con ogni probabilità, soltanto della punta dell’iceberg. Con la presentazione del Rapporto Ecomafia 2020 si concludono i sette incontri tematici organizzati da Legambiente con istituzioni, imprese e associazioni per individuare le migliori proposte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo italiano dovrà presentare in Europa entro aprile 2021.

Fonte: ecodallecitta.it

Ecocidio, la denuncia delle mamme campane: “8 bimbi morti in poco tempo”

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Protesta nei pressi della prefettura di Napoli per richiamare l’attenzione sull’ecocidio infantile in corso. Ben 8 bambini morti di tumore da novembre ad oggi. Ma i vertici ospedalieri ne confermano solo 5, in linea con la media nazionale.

Sono persone che prima non si conoscevano tra loro, diverse tra loro e senza niente in comune. Se non di essere genitori di bambini uccisi dal cancro. E di vivere in una terra conosciuta come “quella dei Fuochi”. Una terra che invece di essere casa e rifugio si è rivelata killer silenzioso per molti. Un luogo dove per anni si è consumato un vero e proprio ecocidio, “l’uccisione” dell’ambiente naturale. Che ha significato la morte per tanti, adulti e bambini. Lunedì 6 Febbraio la decisione di risvegliare l’attenzione delle istituzioni, cadute nell’immobilismo sulla questione. Le mamme denunciano le bonifiche non fatte (ma i fondi ricevuti?), gli screening promessi e mai realizzati, o realizzati in misura non sufficiente. Tante, troppe promesse che non hanno trovato riscontro nella realtà. E intanto i figli di questa terra muoiono.

Otto bambini morti, ma l’ospedale ne conferma solo cinque

Gli Angeli guerrieri della terra dei fuochi sono un gruppo di genitori, per lo più mamme che, come si legge dalla pagina Facebook, hanno pubblicamente denunciato l’ecocidio che sta avvenendo ai danni dei loro figli. Perché “la prima causa del cancro infantile è l’inquinamento ambientale e dunque tutti noi siamo chiamati a fare prevenzione primaria e politiche a tutela dell’ambiente perché nessun bambino merita il cancro e noi dobbiamo evitare in ogni modo che ciò avvenga”.

Pubblicano i nomi di 14 piccoli, tra i 7 mesi e i 14 anni, di cui ben 8 deceduti tra novembre e gennaio. Ma i dati del comitato non coincidono con quelli forniti dai vertici ospedalieri. Domenico Ripaldi, il direttore di Oncoematologia dell’ospedale Santobono Pausillipon (struttura partenopea di riferimento per la pediatria), replica che i decessi sarebbero solo 5 (e non 8). Dato considerato perfettamente in linea con la media nazionale.

I don Chichotte contro l’ecocidio

La preoccupazione delle mamme è l’immobilismo avvertito da parte delle istituzioni. Dopo lo scalpore iniziale e le promesse dei politici davanti alle telecamere, la Terra dei Fuochi non fa più notizia. È una realtà a cui ormai ci si è abituati. I riflettori si sono spenti sull’ecocidio e l’attivismo sembra una battaglia contro i mulini al vento. Intanto, pochi giorni fa un pentito della camorra rivela che non è solo la Terra dei Fuochi a essere stata utilizzata per lo smaltimento illegale dei rifiuti. Ha indicato anche la zona vesuviana, all’interno del Parco Nazionale che, da oasi verde all’ombra del Vesuvio, è diventata una discarica a cielo aperto.

È necessaria la cooperazione tra istituzioni e cittadini

«Vivere qui non è normale. Noi qui non abbiamo avuto nessun intervento – spiega la mamma di Enrico, 8 anni, membro degli Angeli, delle mamme guerriere – Lottiamo. Noi non siamo medici. Non abbiamo soluzioni, ma le istituzioni non possono negare che qui si muore. Mio figlio si chiama ancora Enrico. Per me è vivo ancora. Aveva otto anni e oggi non lo vedo giocare in strada. Fa male pensare che le istituzioni, i politici, la gente si abituino tutti alla morte dei bimbi. Fa male».
Sulla questione dell’illegalità ambientale, riportiamo la testimonianza di Don Maurizio Patriciello, sacerdote da sempre attivo nella lotta contro l’ecocidio, che su Facebook scrive: «Napoli ha bisogno di uomini e donne che facciano il proprio dovere con magnanimità, coraggio, severità. Ha bisogno di complicità buona tra la politica locale, regionale e nazionale dove i responsabili sappiano ascoltarsi e rispettarsi e non litigare come sta avvenendo tra il governatore e i commissari della sanità inviati dal governo. I cittadini hanno il diritto di essere tutelati».

Fonte: ambientebio.it

Terra dei Fuochi, scoperta discarica interrata: è la più grande d’Europa

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Nell’area ex Pozzi di Calvi Risorta (Caserta) gli uomini del Corpo Forestale dello Stato hanno rinvenuto quella che potrebbe essere la discarica abusiva interrata più grande d’Europa: secondo il comandante del Corpo forestale Sergio Costasi tratta di un sito che ha un’estensione (quella certa sino a questo momento) di circa 25 ettari e un volume di 2 milioni di metri cubi di rifiuti. Le indagini sono partite circa un anno fa, quando alcuni giornalisti pubblicarono notizie e reportage su un presunto sito abusivo di smaltimento rifiuti pericolosi: sono quattro le aree nelle quali le indagine del Corpo forestale dello Stato, con l’ausilio dei mezzi del Genio militare e coordinati dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, si stanno concentrando e dove sono stati trovati interrati dei fusti di solvente. Anche questa mattina, scrivono le agenzie stampa, sarebbero stati rinvenuti fusti deteriorati e contenitori contenenti solventi, vernici e tracce di idrocarburi, plastica lavorata dalle industrie, buste con Pvc mentre il terreno presenta diverse colorazioni, in particolare rosse, azzurre e grigio. I rifiuti sono presenti a livello della superficie e arrivano ad una profondità di 8-9 metri.

“Il materiale è in fase di campionamento solo all’esito delle analisi si potrà valutare l’effettiva natura dei rifiuti e quindi la loro eventuale potenzialità dannosa”

si legge in una nota diffusa dalla procura.

Foto | Il Velino

Fonte: ecoblog.it

Oscar Green 2014, ecco i 7 vincitori del premio di Coldiretti

Coldiretti ha assegnato 7 Oscar Green a altrettanti giovani agricoltori che hanno sviluppato soluzioni intelligenti che puntano alla sostenibilità ambientale. Oscar Green 2014 quest’anno ha premiato 7 soluzioni intelligenti e rispettose dell’ambiente. Il consueto appuntamento di Coldiretti dunque è stata anche l’occasione per evidenziare, attraverso il Premio Oscar Green, come i giovani agricoltori italiani siano assolutamente al passo con i tempi rispetto all’innovazione e alle soluzioni smart. Ecco dunque premiate idee come le api sentinelle o le chips di pane, o ancora l’afrodisiaco dei Maya che si propongono già come prodotti innovatovi anti crisi.  Ma ecco nel dettaglio i vincitori degli Oscar Green 2014.coldiretti-oscar-green-620x350

Coltivare microalghe

Questo progetto si è aggiudicato l’Oscar Green 2014 nella categoria Ideando. Arriva dal Veneto e l’ideatore è Matteo Castioni che ha progettato la coltivazione di microalghe Spiruline e Haematococcus usate per la cosmetica, o come integratori e ricostituenti nelle diete ipocaloriche perché particolarmente ricche di proteine sali minerali e antiossidanti naturali. Le microalghe sono usate però anche in agricoltura grazie alla ottima resa come fertilizzanti naturali: con soli 5 grammi di microalghe si fertilizza un ettaro di terreno. Matteo ora progetterà impianti per la produzione casalinga di microalghe.

Le chips di pane ai mille sapori

Per la Categoria Esportare il territorio, ha conquistato l’Oscar Green 2014 l’idea di Domenico D’Ambrosio che ha proposto sottili sfoglie di pane, le chips appunto, aromatizzate ai mille sapori mediterranei: dall’olio d’oliva extravergine al formaggio. Queste panatine di grano, una sottilissima sfoglia di semola di grano duro, sono altamente digeribili. Queste chips saranno presto esportate negli Stati Uniti.

La canapa, stupefacente in cucina

Psquale Polosa si aggiudica l’Oscar Green 2014 nella categoria Stile e cultura d’impresa. Ebbene dai suoi 10 ettari di terreno coltivato a canapa da cui ricava olio, farina destinati all’alimentazione umana e ricchi di proprietà nutritive ma anche fibra che viene impiegata per produrre tessuti materiale per la bioedilizia.

Api sentinelle nella Terra dei fuochi

Sono le api, le sentinelle naturali, scelte da Salvatore Sorbo, giovane apicoltore campano a monitorare l’inquinamento nella Terra dei Fuochi. Infatti, le sue arnie partecipano al progetto Cara Terra, che prevede il biomonitoraggio dell’ambiente messo a punto dalle Università di Napoli e del Molise. Infatti ogni ape è in gradi controllare circa 7 chilometri quadrati di territorio e volando di fiore in fiore non catturano solo polline, ma anche PM10. Così sono poi analizzate dagli esperti che raccolgono così preziose informazioni sullo stato dell’inquinamento ambientale. Spiega Salvatore Sorbo:

Il loro lavoro è l’indagine più attendibile che possa esistere. Più di quanto gli strumenti classici di rilevamento possano raccontare.

Le api di salvatore sono sanissime e non hanno subito danni dall’inquinamento e i suoi prodotti sono tra i più apprezzato in Italia.

Fragole volanti con carta d’identità

E’Guglielmo Stagno D’alcontres a aggiudicarsi il premio Oscar Green 2014 per la categoria Campagna Amica grazie alla coltivazione di fragole in serre alimentate da pannelli fotovoltaici. Le piantine di fragola, poi sono coltivate grazie a orti sospesi e ogni pianta è certificata grazie anche a un QR code che ne ricostruisce la filiera produttiva.

Il pecorino che piace al cuore

Per la Categoria in filiera si aggiudica l’Oscar Green 2014, il pecorino anticolesterolo. L’idea è di Carlo Santarelli che nel suo caseificio e con la collaborazione delle Università di Pisa e Cagliari hanno realizzato la semplice rivoluzione che rende il pecorino un alimento anticolesterolo: è stata cambiata l’alimentazione delle pecore rendendola più sana. Le pecore brucano il lino e l’alimentazione è integrata con olio di soia: tutto qui. I risultati sono sorprendenti poiché le pecore sono più sane e il formaggio ha qualità migliori. Il consorzio ricerca allevatori che si convertano a questa nuova filosofia di produzione del formaggio. MENZIONE SPECIALE” PAESE AMICO”

La libertà dell’orto anche in carcere

Veniamo, infine alla menzione speciale che è stata assegnata al carcere di Capanne a Perugia. Qui c’è un orto di dodici ettari, il frutteto, l’oliveto, quattro serre e l’allevamento di polli con il macello aziendale. Qui alcuni ospiti scontata la pena hanno chiesto di rimanere a lavorare e per questo a Perugia questa struttura è motivo di orgoglio. Come ricordano gli organizzatori di questo progetto:

Se carcere vuol dire rieducazione, metti un orto nella cella e l’obiettivo è a portata di mano.oscargreen-620x350

Foto | Manuel Lombardi Le Campestre @ facbook

Fonte: ecoblog.it

Terra dei Fuochi: senza don Maurizio Patriciello chi l’avrebbe conosciuta?

Don Maurizio Patriciello incanta la platea di giornalisti di Caserta e provincia e racconta com’è nato il fenomeno mediatico della Terra dei Fuochi e di come la gente continui a morire e soffrire.

Il video in alto è stato girato venerdì pomeriggio 3 ottobre all’ auditorium “Caianiello” di Aversa in occasione del corso di aggiornamento per giornalisti “Emergenze ed eccellenze” dell’Ordine dei Giornalisti della Campania proposto dall’Associazione “Giornalisti Terra di Lavoro” e in collaborazione con la redazione di “Cronache di Napoli e Caserta”. Siamo nel cuore della gloriosa Terra di Lavoro e della Terra dei Fuochi balzata alle cronache due estati fa dopo le rivelazioni (vecchie per i cittadini coinvolti ma nuove per il mainstream) fatte dal pentito Carmine Schiavone ai microfoni di Sky Tg24. Schiavone era un po’ come il ministro per l’Economia all’interno del clan camorristico dei Casalesi e gestiva tutti i traffici illeciti di rifiuti dal nord Italia alla provincia di Caserta. Qualche mese prima, era l’ottobre 2012, don Maurizio Patriciello, parroco al Parco Verde a Caivano, il comune che probabilmente sta immolando più vittime tra i suoi cittadini a causa dell’inquinamento da rifiuti, fu protagonista del richiamo dell’allora Prefetto di Napoli Andrea De Martino poiché ebbe a rivolgersi a Carmela Pagano, Prefetto di Caserta appellandola con “Signora”. I 3 minuti del video con il “cazziatone” divennero virali tant’è che poi la questione rimbalzo sui media nazionali finendo a tarallucci e vino (con De Martino che andò in pensione un mese dopo). E proprio un mese dopo, nel novembre del 2012 don Maurizio Patriciello celebra messa per i morti di inquinamento nella sua terra e diventa così punto di riferimento e interlocutore, nonché firma per Avvenire, su quanto accade nella ex Terra Felix, come la chiamavano i Latini. Da quel momento in poi la questione Terra dei fuochi assunse una dimensione nazionale divenendo poi cronaca dopo le parole di Schiavone. E quindi la considerazione è stata: senza quell’incidente diplomatico tra don Maurizio Patriciello e l’ex prefetto di Napoli, cosa sarebbe oggi la Terra dei Fuochi? Noi ovviamente non lo sapremo mai, ma sappiamo cosa è oggi.

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Nel video ascolterete le sue considerazioni sullo Stato dell’arte degli interventi dopo l’approvazione del decreto nominato appunto Terra dei Fuochi: il territorio è vasto e i militari che lo presidiano sono pochi. I fuochi continuano a bruciare così come le persone continuano a morire di cancro in tutto il casertano, nolano e aversano. Eppoi, no le colture non sono inquinate, ma le persone sì sono contaminate sopratutto i bambini perché a essere malata è l’aria che respiriamo qui (io abito in provincia di Caserta). L’ISS qualche mese fa, lo scorso luglio, ha pubblicato SENTIERI, lo studio epidemiologico sulle cause di morte nella zone inquinate, ammettendo che nella Terra dei Fuochi si muore prima e più che nella media nazionale per cancro. Don Maurizio Patriciello è arrabbiato e ricorda che il ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin non può ripetere il mantra che nella Terra dei Fuochi si muore a causa dello stile di vita. Il che non è una menzogna sia chiaro, se intendiamo come stile di vita errato abitare in una zona densamente inquinata. Veniamo infine al capitolo bonifiche, capitolo appena aperto. Proprio venerdì 3 ottobre c’è stato il primo sopralluogo per le bonifiche con la visita di due funzionari di Campania Ambiente, il commissario straordinario del Comune di Caivano Antonio Contarino, impiegati dell’ufficio ambiente, don Maurizio Patriciello, membri del Coordinamento Comitato Fuochi e le guardie ambientali, nei campi di via Clanio e via Cinquevie (terreno sito fra l’ex villa Moccia e il campo rom).

Il commissario Contarino ha detto:

La Regione ha stanziato 725 mila euro per il Comune di Caivano (già firmata la convenzione), la prima amministrazione a ricevere i finanziamenti, denaro che servirà per intervenire su circa 25 siti.I lavori verranno effettuati dalla società regionale sotto la supervisione dell’ufficio ambiente e del Coordinamento Comitato Fuochi.

Dicevamo che siamo solo all’inizio considerato che le zone inquinate censite sono almeno il doppio e che si estendono su circa 27 Km quadrati, ovvero su tutto il comune di Caivano. Ora si spera che vi sia un accelerazione negli aiuti anche se il problema più grave, ovvero i roghi appiccati ora di notte resta in tutta la sua tragica fenomenologia. Una grande mobilitazione è prevista per il prossimo 25 ottobre a Napoli, proprio per chiedere interventi più consistenti.

Fonte: ecoblog.it

Frattaminore: nella Terra dei fuochi il comune più virtuoso d’Italia

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È il comune di Frattaminore (NA) ad aggiudicarsi l’ottava edizione del Premio Comuni Virtuosi. a La cerimonia di premiazione si è svolta il 20 settembre nella splendida cornice del comune virtuoso di Agerola (NA). Ad assegnare il Premio una giuria di esperti composta, tra gli altri, da Luca Mercalli, Andrea Segré e Paolo Pileri.

“Frattaminore – spiega la giuria – è nel cuore della cosiddetta Terra dei fuochi. Da anni questo è l’epicentro delle cattive notizie, il luogo simbolo dove lo Stato perde e a vincere è sempre e comunque l’inquinamento e il malaffare. Ma come spesso accade quando si guardano le cose più da vicino, tolte le lenti dei media urlanti, si può scorgere una realtà parallela, diversa”.

“Il Comune di Frattaminore – prosegue la giuria – è a pieno titolo il vincitore 2014 del Premio Comuni Virtuosi. Per la somma della grandi e piccole progettualità messe in campo. Per la raccolta differenziata, la cura del territorio, le politiche energetiche. Perché è l’esempio della possibilità di cambiare (in meglio) anche nelle situazione più compromesse, apparentemente irrecuperabili”.

Il Comune di Frattaminore si è aggiudicato un audit energetico del valore commerciale di 3.500 euro, che realizzerà su un edifico comunale indicato dal comune il Polo Tecnologico per l’Energia di Trento, partner tecnico del Premio. Ecco invece i premi di categoriaRivalta (TO)  si aggiudica il primo posto nella categoria “Gestione del territorio”, dove riceve una menzione speciale il Comune di Gangi (PA). Per la categoria “Impronta ecologica” il primo classificato è il Comune di Casteldidone (CR). Per i rifiuti vittoria ex-equo per i comuni di Trento e Zero Branco (TV). Per la “Mobilità sostenibile” il primo classificato è il Comune di Saronno (VA). Infine, nella categoria “Nuovi stili di vita”, il migliore è risultato il Comune di Este (PD). Tutti i progetti dei vincitori sono visionabili nell’apposita sezione del sito dell’Associazione dei Comuni virtuosi.

 

Fonte: italiachecambia.org/

Terra dei Fuochi: nuova denuncia collettiva dei cittadini dell’agro nolano

Circa 400 cittadini del mariglianese denunciano roghi notturni, fumi neuseabondi e la presenza di una strana “sostanza appiccicosa” di natura ancora incerta. Chiedendo alle autorità competenti un intervento immediato380172

Roghi clandestini, deposito illegale di rifiuti, abbandono notturno di oggetti ingombranti. Sono i comportamenti illeciti oggetto della denuncia che circa 400 cittadini, residenti nei comuni di Marigliano e San Vitaliano, in provincia di Napoli, hanno presentato nei giorni scorsi alla Procura della Repubblica e alle locali Forze dell’ordine. Si tratta dell’ennesima iniziativa popolare che tenta di reagire all’emergenza ambientale nella cosiddetta Terra dei Fuochi, dove gli episodi di roghi sospetti, emissione di fumi dagli odori nauseabondi e abbandono di rifiuti solidi lungo i margini di strade, campagne e sotto i cavalcavia si ripetono a intermittenza da anni.  Questa volta, inoltre, i cittadini denunciano «la deposizione di sostanze fuligginose, talvolta appiccicose, accumulatesi diffusamente su suolo, edifici» e oggetti esposti all’aria aperta. «Nei mesi di luglio ed agosto, nell’agro nolano e più precisamente in vari punti nei comuni di Marigliano e San Vitaliano, sono state frequentemente svolte attività (roghi e probabilmente anomale emissioni da attività industriali e commerciali) che hanno prodotto fumi nauseabondi rendendo spesso l’aria irrespirabile – spiega un firmatario della denuncia – Contemporaneamente, numerose zone sono state interessate dalla presenza di estese patine appiccicose, fuligginose, di colore scuro, depositatesi su balconi, pavimenti e in genere su beni esposti all’aria aperta, anche all’interno delle abitazioni. Tali patine spesso risultavano difficili da rimuovere, se non mediante l’uso di sgrassatori e solventi». Su questa “patina appiccicosa”, in realtà, sono in corso di svolgimento analisi dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, volte ad appurarne l’effettiva origine e composizione. «Secondo fonti ufficiose, potrebbe anche trattarsi di una sostanza di origine naturale, legata a una proliferazione anomala di alcune specie di insetti, ma aspettiamo il responso dell’ARPAC per dirlo – spiega lo stesso cittadino – Lo stesso non si può dire, in ogni caso, dei roghi appiccati e delle emissioni maleodoranti».  La denuncia della popolazione ha raggiunto anche i social network, dove si sottolinea tra l’altro la «cronica carenza di organico dei Vigili del Fuoco», chiamati a contrastare un fenomeno, quello dei roghi tossici, di portata massiccia. Ora nella Terra dei Fuochi si continua ad attendere l’intervento delle autorità, cui i cittadini chiedono di «verificare la consistenza degli inquinanti e adottare tutte le azioni atte ad impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze».

(Foto: pagina Facebook “La Terra dei fuochi”)

 

Fonte: ecodallecitta.it

Terra dei fuochi: mortalità elevata, ma poi l’ISS ridimensiona

L’ISS pubblica i dati SENTIERI e si evidenzia un aumento dei casi di cancro nei 55 comuni della Terra dei Fuochi e a Taranto

E’ più facile ammalarsi di tumore nella Terra dei Fuochi e a Taranto, questo possiamo dirlo con serenità dopo aver letto i risultati dello studio Sentieri pubblicato dall’ISS qualche giorno fa. E’ guerra sulle cifre però, ossia sul quanto ci si ammali di più rispetto ai trend nazionali e sulle cause, ossia se è l’inquinamento a far crescere i casi di tumore. Scrivono gli studiosi nella premessa relativamente alla Terra dei fuochi nelle province di Napoli e Caserta:

Il quadro epidemiologico della popolazione residente nei 55 comuni TdF è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità e dell’ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale ( che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani). Nell’insieme dei comuni della TdF della provincia di Napoli (32 comuni) e della provincia di Caserta (23 comuni) la mortalità generale è in eccesso in entrambi i generi. Nella provincia di Napoli SMR 110 per gli uomini e 113 per le donne. Nella provincia di Caserta SMR 104 per gli uomini e 106 per le donne

E aggiunge l’analisi in relazione alla salute infantile più dettagliatamente studiato in Sentieri Kids:

Per quanto riguarda la salute infantile emerge un quadro di criticità meritevole di attenzione, in particolare eccessi di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori e eccessi di tumori del sistema nervoso centrale nel primo anno di vita e nella fascia di età 0-14 anni sono stati osservati in entrambe le province.terra-dei-fuochi-620x350

Ma il giorno dopo aver pubblicato i dati di aumento dei casi di cancro,balzati al 10 per cento tra gli uomini e al 13 per cento tra le donne, specifica l’ISS in una nota rivolta alla stampa che:

SENTIERI è uno studio di tipo “ecologico” ovvero non prende in considerazione le esposizioni dei singoli individui a particolari inquinanti, ma piuttosto esamina la situazione sanitaria delle popolazioni che risiedono in luoghi in cui sono presenti sorgenti di inquinamento. Pertanto le sue caratteristiche metodologiche non consentono, in linea generale, la valutazione di nessi causali, permettono tuttavia di individuare situazioni di possibile rilevanza sanitaria da approfondire con studi mirati. La metodologia, inoltre, si basa sulla individuazione a priori, in base a una revisione sistematica e standardizzata della letteratura scientifica, delle patologie associabili a quadri di contaminazione ambientale. Si tenga conto che queste ultime patologie sono peraltro ad eziologia multifattoriale e l’inquinamento può concorrere o esserne causa. Pertanto i risultati che derivano dall’impostazione seguita dallo studio SENTIERI non consentono di attribuire all’esposizione individuale a specifici inquinanti eccessi di mortalità o ospedalizzazione o incidenza tumorale, ma consentono invece di segnalare che le popolazioni che risiedono in territori ove sono presenti sorgenti di inquinamento presentano eccessi di occorrenza (mortalità, ospedalizzazione, incidenza) di patologie che sono associate alla presenza di tali sorgenti.Tali dati, lo ricordiamo, sono coerenti con la precedente Relazione Situazione epidemiologica della Regione Campania e in particolare delle province di Caserta e Napoli (città esclusa), con riferimento all’incidenza della mortalità per malattie oncologiche pubblicata sul sito del Ministero della Salute il 19 dicembre 2012.

A Taranto pure si muore per inquinamento e probabilmente la situazione è ancora più grave che nella Terra dei Fuochi e il cancro colpisce sopratutto in una forma, il mesotelioma pleurico associato anche a malattie respiratorie acute:

Il tumore del polmone è in eccesso rispetto al riferimento in entrambi i generi nelle tre basi di dati analizzate. L’analisi della mortalità per mesotelioma pleurico e di ricoverati per tumore della pleura mostra un eccesso negli uomini e nelle donne, l’incidenza del mesotelioma è in eccesso tra i soli uomini. La mortalità per il complesso delle malattie dell’apparato respiratorio, e in particolare quelle acute supera l’atteso in entrambi i generi; l’analisi dei ricoverati mostra un eccesso per malattie respiratorie acute tra gli uomini.

Per il Ministro Beatrice Lorenzin la cautela è d’obbligo e ha detto:

Le precisazioni dell’ISS non permettono di fare alcun facile allarmismo sulla situazione della Terra dei fuochi. Occorre infatti attendere i dati conclusivi degli screening, previsti da una norma che personalmente ho promosso nell’ambito della conversione in legge del decreto-legge n.136 del 2013, a favore sia della popolazione dell’area campana in questione, che della popolazione dell’area ILVA di Taranto, con un finanziamento finalizzato di 25 milioni di euro annui, sia per il 2014 che per il 2015. Solo a conclusione dei predetti screening si potrà avere un quadro sanitario su cui effettuare le conseguenti valutazioni e adottare tutti i provvedimenti e le iniziative che si renderanno necessarie per garantire il primario diritto alla salute dei cittadini.

Certo gli screening per cui in Campania sono in atto polemiche per l’esclusione delle analisi ai cittadini di Caserta e Napoli.

Fonte:  Il MattinoSalute Il Secolo XIX

Foto : Vincenzo Musto @ Facebook

Cinemambiente 2014: criminalità e ambiente, due documentari contro le ecomafie

Nella manifestazione torinese due documentari che puntano il dito contro le conseguenze ecologiche dei business della criminalità organizzata

Due documentari contro le ecomafie che le ecomafie le lasciano sullo sfondo sono stati presentati al festival CinemambienteNella Terra dei Fuochi di Marco La Gala entra nelle vite di alcune persone toccate dal dramma degli sversamenti illegali nelle campagne ai piedi del Vesuvio. In quella stessa terra che i Romani chiamavano “terra felix” sono state stimate 2500 discariche illegali di rifiuti. Da decenni a questa parte, in particolare nelle provincie di Napoli e Caserta, sono infatti centinaia i terreni abbandonati dagli agricoltori che sono diventati aree gestite dai clan camorristici per smaltire scarti industriali spesso tossici. Ed è proprio qui che la cooperativa sociale Ottavia di Marigliano ha deciso di recuperare un campo inutilizzato da più di vent’anni, riportandolo alla sua funzione originaria: la produzione agricola. Riscoprendo così una cultura, come quella contadina, che è sempre più a rischio estinzione. Alle voci dei coraggiosi contadini e abitanti del luogo che raccontano i “fuochi” si alternano in uno straniante controcanto quelle dei festeggiamenti, con altri fuochi, della festa di Sant’Antonio. Tematiche affini a quelle toccate dal documentario di La Gala si ritrovano anche in Patti sacri del collettivo artistico Dott. Porka P-Proj formato da tre fratelli che, a partire dal 2002, si sono distinti per performance e interventi in zone rosse, aree sequestrate e vietate al pubblico. In Patti Sacri la loro attenzione si concentra sulla cementificazione sulle Alpi e sull’intreccio fra politica, malavita organizzata ed edilizia.Immagine29-620x395

Foto | Nella Terra dei Fuochi

Fonte: ecoblog.it

Morto di cancro Roberto Mancini, il poliziotto che per primo denunciò la Terra dei Fuochi

Aveva scoperto la Terra dei Fuochi e stava lottando duramente contro il cancro. Roberto Mancini è stato l’investigatore della Polizia di Stato che per primo ha denunciato quanto stava avvenendo nella Terra dei Fuochi: un lavoro preciso, puntuale tanto che la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti (a cavallo della fine degli anni ‘90 e i primi del 2000) ha utilizzato le sue doti di investigatore per condurre un’intensa indagine diretta da Massimo Scalia proprio sullo scempio in atto in quel territorio campano a nord di Napoli. Un poliziotto integerrimo, preciso e dedito al suo lavoro di investigatore, che per anni è stato un vero e proprio Don Quijote della Terra dei Fuochi, unico a lottare contro i mulini a vento dei veleni che hanno massacrato quel territorio: un poliziotto ammalatosi di cancro proprio per il suo servizio allo Stato, un servizio che a maggio 2012 l’allora ministro dell’Interno Cancellieri ha riconosciuto, concedendo a Roberto mancini un indennizzo di 5.000 euro da parte del Viminale. Roberto Mancini è morto a 53 anni dopo una battaglia lunga 12 anni contro la leucemia. Lascia una moglie e una figlia. Si legge sul blog di Beppe Grillo, che due giorni fa postava un articolo proprio sulla vicenda di Mancini:

“[…] più volte sollecitato dai legali della famiglia mancini, l’ufficio di Presidenza della camera dei Deputati si è sempre scrollato di dosso qualsiasi responsabilità risarcitoria in merito.

L’ultima risposta da parte della presidente Laura Boldrini è giunta lo scorso luglio, quando è intervenuta per escludere che tra Mancini e l’Istituzione da lei presieduta sia mai intercorso alcun rapporto di lavoro. […]”

L’indennizzo da parte dell’Ufficio di Presidenza della Camera doveva essere discusso, ironia della sorte, proprio ieri pomeriggio: Roberto Mancini non ha fatto in tempo a ricevere la risposta che attendeva da anni. Lo scorso 7 aprile una delegazione dell’organizzazione Change.org (che si occupa di petizioni online), guidata dalla moglie di Roberto, si è recata dalla Presidente della Camera Laura Boldrini per consegnare una petizione firmata da migliaia di cittadini indignati per l’atteggiamento delle nostre istituzioni. Ma è stato tutto troppo tardi: il destino di Roberto Mancini, ancora una volta, si è legato con quello della Terra dei Fuochi.Bmc6oMQIAAA5Q5I

“Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell’indifferenza delle istituzioni e dell’opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite […]”

ha dichiarato ieri la moglie a Mediterraneo News, prima che Roberto se ne andasse.

Fonte: ecoblog.it