Il Tar ferma la centrale a carbone di Saline Joniche

La centrale a carbone di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria, è stata bloccata perché l’iter autorizzativo era viziato da evidenti irregolarità e forzature. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, accettando il ricorso delle associazioni ambientaliste.salinejoniche

Il ricorso era stato presentato contro il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri e la valutazione d’impatto ambientale; il ricorso era stato presentato a fine novembre 2012 da Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF e poi unificato a quello della Regione e di altre associazioni nazionali e locali. Gli ambientalisti  avevano evidenziato le violazioni delle norme di tutela ambientale, le notevoli carenze progettuali e il parere contrario delle istituzioni, a partire dalla Regione, e delle comunità locali. “La proposta di centrale di Saline Joniche – sottolineano le associazioni – rispondeva a una visione vecchia e ormai superata della politica energetica italiana. Un impianto del genere non solo sarebbe stato molto dannoso per il clima, per l’ambiente, per la salute e per le comunità locali: oggi la centrale sarebbe anche inutile, visto che ormai il 37,5% elettrici della domanda elettrica del Paese è soddisfatta da fonti rinnovabili e che abbiamo una sovrabbondanza di capacità di produzione elettrica e di centrali. Il Mise prenda atto di questa sentenza e chiuda una volta per tutte la Conferenza dei servizi sulla centrale con il diniego a un progetto che non ha alcun senso” Lo stesso TAR del Lazio sottolinea la necessità di dare ascolto anche alle popolazioni locali, alle istanze della società civile volte alla tutela del paesaggio e del territorio, alle realtà produttive locali che sarebbero state danneggiate dalla centrale,

Fonte. ilcambiamento.it

Muos, Tar: Stop ai lavori. E’ pericoloso per la salute

Per i giudici, lo studio dell’Iss non è documento condiviso. No Muos: “abbiamo sempre avuto ragione”mous

I giudici del Tribunale di Palermo hanno accolto il ricorso inoltrato dal comune di Niscemi (provincia di Caltanissetta). Il Muos (Mobile User Objective System), il sistema di comunicazioni satellitari, in fase di allestimento in Sicilia, è stato bloccato. L’opera, secondo il Tar, sarebbe dannosa per la salute dei cittadini. Ipotesi, questa, da sempre sostenuta dai comitati che si battono contro la sua realizzazione. Il movimento No Muos e Legambiente hanno accolto con favore la sentenza, che ha rimesso in discussione il parere dell’Istituto Superiore della Sanità. A tale riguardo, dal testo del dispositivo si legge: “lo studio dell’Iss costituisce un documento non condiviso da tutti i professionisti che hanno composto il gruppo di lavoro e – fatto ancor più significativo – risulta non condiviso proprio dai componenti designati dalla Regione siciliana” (via Meridionenews). I due esperti, Mario Palermo e Massimo Zucchetti, in una loro relazione autonoma, rimarcano che rimangono aperte le valutazioni previsionali in campo vicino. Inoltre, non sarebbe stato opportunamente indagato l’impatto dell’impianto della Marina militare statunitense sulla salute dei cittadini. Rosario Crocetta, in un primo momento aveva fermato l’opera, affermando di voler attendere il parere dell’Iss. Dopo il pronunciamento positivo, il governatore della Regione Sicilia ha dato il via libera definitivo. Tuttavia, l’Istituto, il 5 settembre del 2013, ha scelto di pubblicare una nota, tramite ufficio stampa, che suonava come una sorta di preventiva marcia indietro. Nel comunicato si legge che il Muos “non impatterebbe negativamente sulla salute della popolazione“, ma viene allo stesso tempo sottolineata “la necessità di un’’attenta e costante sorveglianza sanitaria della popolazione delle aree interessate, oltre che dell’’attuazione di un monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico successivamente alla messa in funzione delle antenne, anche in considerazione della natura necessariamente teorica delle valutazioni effettuate su queste specifiche antenne“.

Per i magistrati, Marcello D’Amore, verificatore nominato dal Tar dopo il ricorso del Comune siciliano, “afferma che le problematiche riguardanti la mappa del campo elettromagnetico irradiato dalle parabole satellitari del Muos in asse, fuori asse e in particolare in prossimità del terreno, il livello del campo elettromagnetico irradiato dalle antenne della base Nrtf nel breve e nel lungo periodo, i possibili effetti causati dall’interazione di aeromobili con il fascio del Muos sono trattate rispettivamente dall’Iss, dall’Ispra e dall’Enav in maniera non esaustiva e come tale suscettibile di ulteriori doverosi approfondimenti“.

No Muos, in un comunicato stampa, salutano la sentenza come una vittoria, ma attendono di leggere il testo integrale per capirne meglio la portata: “Leggere il testo servirà solo a comprendere la misura di questa vittoria, ossia quanto essa è grande. E l’entità della disfatta americana. E, accanto a quella degli americani, la sconfitta, senz’altro sonora, si estende a tutto l’apparato politico-militare (e affaristico) internazionale“. E in conclusione aggiungono: “Nessuno potrà ignorare quanto stabilito dal TAR, vale a dire che i No MUOS abbiamo sempre avuto ragione […] È tempo di restituire la sughereta alla libera e pacifica fruizione dei cittadini e della fauna

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Cascina Campazzo ritorna pubblica. Respinte le richieste al TAR della proprietà Ligresti

Dopo un contenzioso durato 32 anni, Cascina Campazzo (Milano sud, M2 Abbiategrasso), luogo simbolo dell’agricoltura milanese, ritorna al Comune. Per la vicesindaco De Cesaris “una vittoria della città e degli agricoltori”. Ora si procederà nella riqualificazione dell’edificio e nella creazione del parco Ticinello380078

La Cascina Campazzo, all’interno del parco Sud, è passata ieri al Comune di Milano dopo uno storico contenzioso con la proprietà Ligresti. Lo ha annunciato il vicesindaco e assessore all’Urbanistica con delega all’Agricoltura Ada Lucia De Cesaris, che ha partecipato alla presa in possesso della Cascina di via Dudovich, ad est di via dei Missaglia, nei pressi della fermata M2 Abbiategrasso. Per il Comune si tratta di un tassello fondamentale nel progetto di riqualificazione dell’edificio e di creazione del grande parco agricolo Ticinello di oltre 90 ettari, che gli abitanti e gli agricoltori attendono da decenni. Il Tar Lombardia ha infatti respinto le richieste di sospensiva avanzate dalla proprietà dell’immobile contro due provvedimenti dell’Amministrazione comunale: il decreto di esproprio dell’11 dicembre 2013 e l’avviso di esecuzione del decreto del 20 maggio 2014. “E’ una vittoria della città e degli agricoltori – ha dichiarato il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris – resa possibile grazie alla modifica del Pgt: non abbiamo mai accettato di barattare questo simbolo dell’agricoltura milanese con i tentativi di speculazione sul parco e abbiamo difeso l’attività agricola che è parte fondamentale dell’identità della nostra città”. “Abbiamo voltato pagina rispetto al passato, dopo un lungo contenzioso con laproprietà Ligresti, che non ha mai voluto realizzare le opere di riqualificazione e ha ostacolato lo sviluppo dell’attività agricola – ha aggiunto De Cesaris –. Il Comune è già intervenuto per mettere in sicurezza la Cascina, che presto sarà oggetto di lavori più incisivi nel quadro di una ristrutturazione complessiva. Il recupero della Cascina Campazzo, dove da sessant’anni vive e lavora la famiglia di Andrea Falappi, presidente del Distretto agricolo milanese – ha spiegato il vicesindaco De Cesaris – si affianca alla realizzazione del parco Ticinello dedicato all’agricoltura e alla biodiversità. La prima parte, sei ettari di verde e bosco didattico con 10 mila piante inaugurati lo scorso maggio e la ciclabile in via di costruzione, rendono concreto l’impegno assunto con i cittadini e le associazioni della zona per riqualificare quest’area del parco Sud, salvaguardando il territorio e rafforzando il patrimonio agricolo di Milano”. “Finalmente giunge a conclusione una vicenda nata nel 1982“, ha detto il Presidente di Zona 5 Aldo Ugliano. “Con il ritorno della Cascina Campazzo al Comune si è chiuso un ciclo che ha visto la svendita di beni pubblici importanti e si è fatta giustizia nei confronti di chi ha opposto resistenza alla realizzazione del parco del Ticinello. Hanno vinto i cittadini e il Consiglio di Zona che ha lavorato in sintonia con questa Amministrazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti”. “Dopo 32 anni di battaglie – ha ricordato Andrea Falappi presidente del Distretto agricolo milanese – abbiamo ottenuto questo risultato grazie a questa Amministrazione comunale e alla solidarietà del territorio e del quartiere: tutti sono sempre stati consapevoli dell’importanza di mantenere viva questa realtà, per questo la giornata di oggi dà un senso al vivere insieme”.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Piemonte: il TAR sospende i tagli al trasporto pubblico decisi dalla giunta Cota

E’ stata accolta la richiesta dell’ATAP, società che gestisce il tpl a Biella e Vercelli, per la sospensione della delibera con cui la Regione Piemonte aveva deciso di tagliare del 16% i trasferimenti per i trasporti pubblici su gomma e ferrovia per il triennio 2013-2015

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Con un’ordinanza il TAR del Piemonte ha accolto l’istanza cautelare presentata dall’ATAP, la società che gestisce il trasporto pubblico nei territori di Biella e Vercelli, sospendendo la delibera di Giunta della Regione Piemonte del 6 maggio 2013 con cui venivano tagliati drasticamente i trasferimenti per il trasporto pubblico locale. L’atto impugnato prevedeva per il triennio 2013-2015 una riduzione del 16,21% degli importi messi a disposizione per i trasporti pubblici su gomma e ferrovia a favore di Province e Comuni piemontesi. Con il provvedimento cautelare il TAR intima quindi alla Regione Piemonte “di riesaminare gli atti di programmazione dei servizi alla luce dei vizi evidenziati nel ricorso introduttivo e palesati nella motivazione dell’ordinanza”, come spiega una nota dello Studio Massimo Malena & Associati che ha assistito la società di tpl del biellese. L’ATAP ha deciso di fare ricorso al TAR in quanto la delibera della Giunta Cota penalizzava particolarmente la città di Biella, con un taglio di risorse del 35% (pari a 425.064 euro, passando da 1.139.194 a 714.130 euro), e l’intera provincia, con un taglio del 34% per il 2013 (per complessivi 1.589.652 euro, da 4.646.197 a 3.066.245). Nel triennio 2013-2015, secondo il piano messo a punto dalla Giunta Cota, la Provincia di Biella avrebbe dovuto rinunciare complessivamente al 37,5% delle risorse (da 4.646.982 a 2.811.838 euro) contro una media del 16,35% prevista per le restanti province piemontesi. Nello stesso triennio la città di Biella avrebbe perso addirittura il 66% delle risorse a fronte di una media del 32,25 per cento delle altre città capoluogo di provincia.

Fonte: ecodallecittà

Acqua pubblica, Tar Toscana: “profitti in bolletta sono illegittimi”

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Il Tar della Toscana accoglie il ricorso presentato dal Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua: le tariffe presentate dai gestori dopo il referendum sono illegittime. È una sentenza storica quella che arriva nella Giornata mondiale dell’Acqua, destinata ad affondare profitti privati in bolletta. Il Tar della Toscana accoglie il ricorso presentato dal Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua: le tariffe presentate dai gestori dopo il referendum sono illegittime in quanto comprendono ancora la “remunerazione del capitale investito” abolita dal referendum del 12 e 13 giugno 2011. Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha sempre sostenuto l’illegittimità delle bollette post referendarie, al punto di dare vita alla Campagna di Obbedienza Civile, con la quale i cittadini si sono autoridotti le bollette “obbedendo” agli esiti referendari. Ora il Tar della Toscana conferma pienamente quella impostazione, scrivendo nella sentenza che “il criterio della remunerazione del capitale (…) essendo strettamente connesso all’oggetto del quesito referendario, viene inevitabilmente travolto dalla volontà popolare abrogatrice…”. Una sentenza quindi destinata a travolgere chi sull’acqua intende continuare a fare profitti, ignorando e tentando di aggirare la volontà popolare, anche attraverso atti amministrativi come la truffa di capodanno dell’AEEG che tenta di reinserire nel nuovo metodo tariffario la remunerazione celata sotto altro nome. La Giornata Mondiale dell’Acqua non poteva essere festeggiata in modo migliore dai movimenti dell’acqua di tutta Italia che in questo fine settimana stanno dando vita a moltissime iniziative in sostegno all’Iniziativa dei Cittadini Europei per l’acqua pubblica. Una sentenza che conferisce un’ulteriore slancio a quel processo di ripubblicizzazione dell’acqua che è in marcia in molte città italiane: il Tar toscano oggi ribadisce “fuori i profitti dall’acqua”, il Forum rilancia “fuori l’acqua dal mercato, verso la completa ripubblicizzazione” Il rispetto del voto referendario è più vicino. Buona Giornata Mondiale dell’Acqua a tutti!

Fonte: il cambiamento

Acqua in Vendita?
€ 15

URANIO IMPOVERITO: un militare italiano racconta le verità nascoste


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Lorenzo Motta è uno degli oltre tremila militari italiani ammalatisi per essere stati esposti all’uranio impoverito. Ecoblog – che nelle scorse settimane si era occupato dell’argomento riguardo alla situazione irachena e alla questione del poligono di Torre Veneri – lo ha intervistato. 

Tu ti sei arruolato nel 2002, poco più che ventenne. Puoi raccontarci a quali missioni hai preso parte e in quali Paesi? 

Sì, mi sono arruolato nel 2002. Le missioni da me effettuate sono state la Stanavformed(area mare Mediterraneo) con soste in Turchia, Grecia, Tunisia, Francia, Portogallo e Spagna occupandoci dell’antiterrorismo; la SNMG2 sotto l’egida della Nato, con la stessa operazione della precedente, ma sostando inoltre ad Algeri e Casablanca; la Enduring Freedom per la pacificazione del territorio afghano con zona di pattugliamento del mare arabico, subito dopo il canale di Suez. In quella missione ci siamo occupati anche di campagne umanitarie e contrasto alla pirateria sostando a Djbouti, al confine con Somalia, Bharein, El Manahma, Dubai, Salalah e Muscat.

In quale circostanza ti sei accorto che l’esercito italiano non utilizzava le stesse precauzioni dei corpi militari stranieri? 

Ci trovavamo a Djbouti per effettuare una campagna umanitaria ad un centro ecclesiastico italiano che si occupava di bimbi malati. Mentre i nostri alleati andavano protetti con maschere monofiltro e tute specifiche, noi italiani, a causa delle alte temperature, andavamo in calzoncini, maglia a maniche corte e scarpe in tela come un gruppo di boyscout.

Qual è stato il tuo iter terapeutico?

Mi sono sottoposto a 8 cicli di chemioterapia e a 35 sedute di radioterapia. Proprio in quel periodo ho saputo che sarei diventato padre. Questa notizia mi ha dato la forza per reagire e combattere contro la malattia. Un giorno, qualche tempo dopo la diagnosi, i carabinieri mi hanno consegnato una lettera della marina militare nella quale mi veniva notificata la riduzione del 50% dello stipendio per i successivi tre mesi e, dopo quella scadenza, la totale cessazione dei pagamenti a causa della non idoneità al servizio. È stato un momento difficilissimo: non avevo più i soldi necessari a pagare l’affitto e nemmeno quelli per pagare le visite mediche di mia moglie. Lo stesso giorno della nascita della mia primogenita, il 15 ottobre 2006, sono dovuto partire per Taranto dove, stranamente, ho superato la visita per diventare militare in servizio permanente effettivo. Successivamente sono stato nuovamente visitato ad Augusta e sono stato dichiarato non idoneo al servizio e congedato senza alcuna percentuale di invalidità.

E poi cosa è successo?

Nel novembre del 2008, arrivato l’impiego civile al Ministero della Difesa, mi sono visto costretto a chiedere delle trattenute per far fronte ai debiti che avevo contratto durante la malattia. Una volta trasferitomi in Piemonte, nel luglio 2010, ho ricevuto una comunicazione del Comitato di verifica per le cause di servizio nella quale mi si diceva che la malattia non era stata causata da fatti di servizio.  A quel punto ho spedito i miei campioni biologici al centro Nanodiagnostic di Modena: la mia biopsia ha evidenziato nanoparticelle di tredici diversi metalli nel mio corpo, nanoparticelle con le quali devo e dovrò convivere.

Quali altre azioni ha intrapreso?

Nel 2011 ho fatto richiesta di inclusione fra le vittime per il dovere alle quali va riconosciuto un vitalizio commisurato al grado di invalidità. Il 25 gennaio 2012 ho esposto il mio caso in Senato e mi è stato detto che ci si sarebbe occupati di questa questione. Attualmente attendo la fissazione dell’udienza al TAR Lazio, affinché venga annullata la valutazione che svincola la mia malattia dal rapporto di causalità con le missioni alle quali ho preso parte, ma c’è un cambiamento sull’evoluzione della definizione di vittima del dovere. Convocato dall’Ospedale militare di Torino per sottopormi a una visita, ho portato con me i documenti inerenti il mio linfoma e i documenti inerenti la contaminazione. Seduto davanti alla commissione, il Presidente ha preso i miei documenti e ha rifiutato la relazione che parla della contaminazione, dicendomi che Roma aveva richiesto di quantificare la percentuale d’invalidità solo sul linfoma e non sulla contaminazione affidandomi il 23% d’invalidità. Trasmesso il verbale dove viene citata la mia invalidità a Roma area SBA (Speciali Benefici Assistenziali), la stessa inoltra il tutto al Comitato di Verifica per l’azione di competenza. Purtroppo, appena tre giorni fa, ho saputo che lo stesso comitato si è espresso in maniera negativa in merito alla concessione dello status di vittima del dovere.

Sei entrato in contatto con altri militari ammalati? 

Sì, conosco ragazzi affetti da patologie oncologiche ai quali comunico la mia esperienza affinché non cadano negli stessi errori burocratici.

Sei stato in grado di capire dove sia avvenuta la contaminazione?

Ormai non si parla più di zone ma di intere aree contaminate e, sinceramente, la cosa che mi preoccupa è che anche in Italia si siano scoperte zone altamente contaminate come, per esempio, i poligoni della Sardegna. Sinceramente non ho la più pallida idea di dove possa essere avvenuta la mia contaminazione essendo un ex militare della Marina militare e sapendo che, ultimamente, nei fondali marini dell’arsenale di La Spezia sono stati trovati elementi tossici. 

Voi che tipo di protezione utilizzavate?

Noi militari Italiani nelle missioni all’estero non avevamo nessun tipo di protezione, eravamo solo delle persone mandate allo sbaraglio, senza nessuno che si preoccupasse della nostra salute. Eravamo totalmente inconsapevoli dei rischi che stavamo correndo.  Tanto per fare un esempio ricordo che le guardie sottobordo delle forze alleate avevano i normali giubbotti antiproiettile, noi, invece, ci limitavamo ai giubbotti antischeggia. 

Come procedono le cause di servizio dei militari ammalati?

Ultimamente un mio carissimo amico di Bari, al quale ho dato molti consigli per non essere infarinato dalla burocrazia e dalle istituzioni, ha saputo che gli è stata concessa la dipendenza da causa di servizio… Non basta: sono troppi i casi dimenticati e rifiutati dai tribunali militari, a differenza dei tribunali civili, che concedono risarcimenti che vanno dai 545mila ai 1,4 milioni di euro. 

Secondo te l’Uranio Impoverito viene ancora utilizzato nei conflitti in corso? 

Spero realmente che non si sia fatto più uso di Uranio Impoverito ma le notizie parlano di un’agente ancora più tossico dell’uranio denominato torio.

Recentemente si è parlato del ritrovamento di bossoli tossici nel poligono di Lecce. In passato aveva fatto discutere il poligono di Salto di Quirra, voi militari che informazioni avevate sulle armi utilizzate nei poligoni? Avevate notizie sull’utilizzo di munizioni all’uranio impoverito?

Essendo un militare della marina non frequentavo molto i poligoni, ma ti posso garantire che quando facevamo imbarco munizioni sulle unità navali mai nessuno ha parlato di uranio, tanto da farci imbarcare questi grandi bossoli con le mani protette soltanto da guanti in lattice.

Fonte: ecoblog