Piemonte: una ferrovia abbandonata dal 1966, che cerca di diventare pista ciclabile…

A Bagnolo Piemonte passa il tracciato di una ferrovia dismessa da cinquant’anni, che il Sindaco vorrebbe acquistare da Trenitalia in modo da poterla trasformare in pista ciclabile. Il problema? il pagamento, (550.000 euro) che da anni blocca l’accordo. La proposta di rateizzazione convincerà le Ferrovie dello Stato?377876

Il sindaco di Bagnolo PiemonteFabio Bruno Franco, ha inviato una lettera all’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, e al Presidente Lamberto Cardia.

Il testo della lettera:

“Mi permetto disturbare le SS.VV., per segnalare che nel Comune di cui mi onoro essere Sindaco dal 2012, vi è il tracciato di una ferrovia dismessa (tronco Bricherasio/Barge di chilometri 12) nel lontano1966 e da allora sia i fabbricati che il tragitto versano in condizioni precarie con piante, rovi ed erbacce in ogni dove. Già nei decenni passati, le Amministrazioni Comunali sul cui territorio insistono gli ex sedimi (Bricherasio, Campiglione Fenile, Bibiana, Bagnolo Piemonte e Barge) hanno più volte manifestato il particolare interesse affinché sia salvaguardato questo patrimonio pubblico in funzione del collegamento che assicura tra le comunità della pianura del pinerolese e del saluzzese a favore della collettività ivi esistente nell’ottica di una strategia di sviluppo turistico ed economico, preservando l’integrità dell’intero percorso per scopi di pubblica utilità. Grazie all’interessamento della Provincia di Torino una parte del tragitto da Bricherasio al confine con la Provincia di Cuneo, è stata oggetto di sistemazione a pista ciclabile. L’Amministrazione Comunale da me presieduta, sarebbe intenzionata ad effettuare per la parte insistente il mio Comune per il completamento della pista ciclabile fino al confine con il Comune di Barge. A tal fine si vorrebbe trovare un accordo con la Vs. Spettabile società per acquisire il terreno dal confine con la Provincia di Torino fino al confine con il Comune di Barge. Su specifico incarico del sottoscritto, il nostro ufficio tecnico comunale ha effettuato un attenta analisi dell’eventuale importo di trattativa economica così suddiviso, tenendo conto che dal punto di vista urbanistico-edilizio tali sedimi sono collocati in base al P.R.G.C., in area agricola senza alcuna destinazione; e per una stima sul probabile valore di mercato di tali sedimi si ritiene in prima istanza di calcolare il valore del terreno facendo riferimento alle colture prevalenti nella zona attigua”.

“Siccome il ns. Ente al momento non è nelle condizioni di disporre della somma stabilita(NdR: 528.145 euro), si propone alla Vs. Spettabile società, in attesa di incontro interlocutorio da effettuare nella sede da Voi proposta; una liquidazione frazionata nell’arco di 10 anni a partire dal corrente anno 2014, oppure in subordine l’esecuzione di un comodato gratuito a favore del Comune per un tempo di almeno 20 anni (tale periodo è da ritenersi il periodo minimo al fine di giustificare l’investimento finanziario da parte del Comune per la sistemazione da strada ferrata a pista ciclabile)”.

Fonte: ecodallecittà

Cacciare i Masai dalle loro terre per farne una riserva di caccia per ricchi

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Quello dei Masai potrebbe passare alla storia come uno dei soprusi peggiori che l’uomo possa concepire, per di più perpetrato a danno di una delle tribù africane più antiche e leggendarie del mondo. I 48.000 componenti di questa etnia, nota anche come Maasai, che da millenni vivono in un uno degli angoli più sperduti della Tanzania, infatti, rischiano di essere cacciati dalle loro terre per far posto ad una riserva di caccia sportiva per un target esclusivo di clienti danarosi. L’idea è di una multinazionale con sede a Dubai che ha già messo gli occhi su un corridoio di 1500 chilometri quadrati che permette l’accesso alle terre del pascolo utilizzate dai Masai nella stagione ‘secca’ per il tradizionale allevamento ‘nomade’ del bestiame: cacciare la tribù per poter cacciare liberamente leoni e ghepardi, con sommo gaudio dei ricchi (e annoiati) sceicchi e principi del Medio Oriente che trovano nella caccia sportiva uno dei loro passatempi preferiti. Le autorità locali hanno già definito il progetto una minaccia esistenziale gravissima per le tribù Masai, poiché l’allevamento è da sempre la fonte primaria di cibo che garantisce la sopravvivenza di migliaia di persone. Gli stessi leader delle tribù hanno annunciato le dimissioni dalle proprie cariche in segno di protesta promettendo di combattere fino alla fine per proteggere i diritti e l’identità delle loro comunità. Il Governo della Tanzania, tuttavia, sembra intenzionato ad accogliere il progetto considerandolo un traino fondamentale per lo sviluppo del turismo e dell’economia del Paese, nonostante questo significherebbe ridurre del 40% il territorio in cui vivono dall’epoca pre-coloniale i Masai. Un colpo durissimo per questa gente la cui sopravvivenza è già appesa un filo a causa dei cambiamenti climatici che hanno ridotto la stagione delle piogge e con essa la disponibilità di riserve idriche per uomini e fauna. Per contribuire alla causa e aiutare i Masai a non essere ‘sfrattati’ dalle loro terre native, potete firmare e diffondere una petizione che punta ad arrivare a raccogliere almeno 2 milioni di firme. Manca poco e noi l’abbiamo fatto.

Ecco come: http://www.avaaz.org/it/save_the_maasai/?bOefqdb&v=17062

Il nostro contributo potrebbe essere fondamentale per salvare i Maasai e tutelare uno dei territori più selvaggi e incontaminati del Pianeta!

Fonte: tuttogreen