Ad Ecomondo arrivano Ecopunti ed Ecoquiz, per stimolare le buone pratiche di sostenibilità

ecoquiz

A poco più di un mese dall’inizio di Ecomondo 2014 (5-8 novembre, Fiera di Rimini),Achab Group anticipa le novità che presenterà in occasione della fiera dedicata allo sviluppo sostenibile. Si tratta di due nuovi progetti per stimolare la conoscenza e le buone pratiche per la difesa dell’ambiente: Ecopunti, formula di marketing non convenzionale che incentiva i comportamenti virtuosi dei cittadini, ed Ecoquizgioco per smartphone e pc che permette di migliorare le proprie conoscenze sui temi della sostenibilità. Dal 5 all’8 novembre torna Ecomondo, il principale evento fieristico dedicato alle soluzioni e alle tecnologie per lo sviluppo sostenibile che trasformerà la Fiera di Rimini nel centro internazionale della green economy. Tra le realtà che animeranno il programma 2014 della fiera anche Achab Group, agenzia di comunicazione ambientale che opera in tutta Italia a fianco di aziende e comunità, per migliorare la qualità ambientale e costruire processi concreti di sostenibilità. In occasione di Ecomondo, Achab Group presenterà al pubblico due nuovi progetti che hanno al centro i cittadini e la sostenibilitàEcopunti ed Ecoquiz. Ecopunti è una formula di marketing non convenzionale che ruota intorno alla stimolazione dei comportamenti virtuosi dei cittadini. Il progetto punta ad incentivare buone pratiche come la raccolta differenziata, il compostaggio domestico o l’utilizzo di trasporto pubblico, che il comune premierà generando degli “ecosconti” da spendere nelle attività commerciali locali convenzionate. Promuovendo valori condivisi, si innescherà un circolo virtuoso che rafforzerà il senso di comunità e incentiverà a raggiungere obiettivi comuni, come l’abbattimento dell’impatto ambientale, il sostegno all’economia locale e alla diminuzione delle spese quotidiane delle persone. Con Ecoquiz, invece, ogni utente potrà verificare e migliorare le sue conoscenze sui temi della sostenibilità attraverso il concetto dell’edutaiment, ovvero l’intrattenimento a sfondo educativo. Si tratta di una app personalizzabile con domande a risposta multipla, integrata con Facebook, utilizzabile per partite singole o tornei con amici e avversari casuali. Con quasi 1.000 domande a risposta multipla su ambiente, energia, rifiuti e mobilità, è un gioco divertente rivolto sia agli studenti che agli adulti che coniuga informazione e intrattenimento, e stimola la curiosità su temi importanti come la difesa dell’ambiente. “Siamo fieri di essere presenti a questa nuova edizione di Ecomondo dove avremo l’opportunità di presentare al pubblico queste due nuove creazioni ideate da Achab per favorire lo sviluppo di una coscienza green tra cittadini e consumatori” ha sottolineato Paolo Silingardi, presidente Achab Group.

Qui il press kit: https://www.dropbox.com/sh/9l46i2dvrdpj6w0/AACWi8O2hMYZeVdP8PXPuF1Ta?dl=0

Achab Group è un’agenzia di comunicazione ambientale che sviluppa idee e progetti per la sostenibilità. Dal 1999 ha consolidato la propria esperienza grazie a centinaia di progetti realizzati con clienti pubblici e privati: attivazione raccolte porta a porta, progetti riduzione rifiuti, gruppi acquisto fotovoltaico, mobilità sostenibile, processi di partecipazione.
In questi anni l’agenzia ha coniugato passione, esperienza, e investito sulle competenze di chi lavora con Achab Group, impegnandosi sempre più per ideare progetti di sostenibilità e svilupparli a fianco dei propri clienti. Achab Group è attiva in tutta Italia e opera con clienti sia pubblici che privati per migliorare la qualità ambientale e costruire processi concreti di sostenibilità.

Maggiori informazioni sul sito: http://www.achabgroup.it/

Fonte: PressPlay

Presentato l’Italian Council for Eco Innovation, volano per imprese green italiane

Un volano d’innovazione e tecnologia per le imprese green del ‘made in Italy’: con questo scopo nasce l’Italian Council for Eco Innovation che intende incentivare il potenziale innovativo di queste imprese e darne visibilità anche verso gli investitori e i mercati internazionali379328

Circa un quarto delle imprese italiane è ‘green oriented’. Si tratta di imprese che hanno saputo fare di innovazione e ambiente un fattore di competitività e una ricetta anticrisi. Ci sono imprese legate all’agricoltura che hanno riscoperto il valore del territorio come fonte di competitività, ci sono quelle appartenenti a settori industriali in cui l’evoluzione green è ormai un dato acquisito o quelle dell’edilizia o dei trasporti che hanno adottato processi innovativi sostenibili. Proprio per incentivare il potenziale innovativo delle imprese green “made in Italy” e darne visibilità anche verso gli investitori e i mercati internazionali è stato presentato l’Italian Council for Eco Innovation, l’Osservatorio Innovazione e Tecnologia per la Green Economy, frutto di un partenariato tra il Ministero dell’Ambiente e la Fondazione per lo sviluppo sostenibile con il supporto dell’ICE- Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

L’Osservatorio che dovrà sostenere lo sviluppo del cleantech nazionale, ha alcuni obiettivi immediati:

– Individuare e sostenere le eccellenze italiane per innovazione e ricerca nel campo della green economy, favorendo l’internazionalizzazione delle imprese;

– Definire i settori tecnologici più avanzati su cui investire nel breve-medio periodo, in base alle prospettive di mercato e del contesto internazionale;

– Identificare partner internazionali per dare visibilità al Sistema Italia sia per attrarre interesse e investimenti in campo internazionale sia per facilitare i contatti a livello nazionale tra il mondo della ricerca e dell’innovazione e il mondo industriale;

-Individuare le opportunità di finanziamento disponibili, incluso il venture capital e i fondi di co-finanziamento nazionali e comunitari.
L’ Osservatorio prevede la creazione di uno Steering Committee, composto da personalità riconosciute nel campo della green economy e dell’innovazione, che indichi le linee di indirizzo generale dell’attività e contribuisca a coinvolgere il più alto numero di stakeholder possibile. L’istituzione di un Advisory Board che approfondisca lo stato dell’arte in Italia e che proponga misure per facilitare e sviluppare innovazione e ricerca nel settore cleantech da una parte e sviluppo di venture capital e investimenti privati dall’altra. Tra un anno verrà poi redatto un “Rapporto Innovazione e Tecnologia della green economy italiana”. L’attività sarà svolta oltre che dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, dal Desk Ambiente dell’ICE-New York, dagli organi di advisoring dell’Osservatorio, in particolar modo da ENEA e Confindustria, in collaborazione con i quali saranno curati i rapporti internazionali e organizzata la partecipazione di rappresentanti Italiani agli eventi in Europa e negli USA.

 

Fonte: ecodallecittà.it

Cinemambiente 2014: a Torino il festival più green d’Italia

Un centinaio di film da tutto il mondo per fare il punto su inquinamento, energia, clima, demografia e sviluppo sostenibile. La più importante rassegna cinematografica a tematica ambientale d’Italia si svolgerà dal 31 maggio al 5 giugno

Da sabato 31 maggio a giovedì 5 giugno Torino ospita la diciassettesima edizione di Cinemambiente, la più importante manifestazione cinematografica italiana dedicata all’ambiente e all’ecologia. Nonostante i venti di crisi che ciclicamente ne mettono a rischio la prosecuzione, la “creatura” di Gaetano Capizzi continua a crescere e a essere un punto di riferimento a livello globale nel ricco settore dei documentari a tematica ambientalista. Sono circa 100 i titoli che verranno proiettati nelle tre sale del Cinema Massimo e (novità di quest’anno) al Centro Studi Sereno Regis, al Cecchi Point, al Piccolo Cinema e al Cineteatro Baretti. Una novità importante che permetterà al festival di andare oltre la sede consueta di via Verdi 18, per “invadere” altri luoghi del centro cittadino e i quartieri di San Salvario, Aurora e Barriera di Milano. L’idea che Cinemambiente porta avanti da oltre tre lustri è quella di un cinema capace di intervenire sulle coscienze, di informare la cittadinanza e di farne crescere la consapevolezza. L’ambiente viene inteso nella sua accezione più ampia, come ambiente umano e come rapporto fra l’uomo e il territorio, anche quello urbano. Davvero difficile scegliere i titoli di punta in un programma che appare davvero più ricco che mai. Ad aprire il festival sarà Virunga di Orlando von Einsiedel, un’inchiesta sulle pressioni messe in atto da una compagnia petrolifera inglese sui volontari che tutelano il parco della Repubblica del Congo, un vero e propri scrigno di biodiversità minacciato dalla presenza di grandi giacimenti di petrolio nel sottosuolo. Fra i film nel concorso internazionale documentari segnaliamo Divide in Concord di Kris Kaczor, sulla battaglia di Jean Hill contro le bottiglie di plastica nel paesino di Concord nella quale nacque Henry David Thoreau, fondatore dell’ambientalismo, The Horses of Fukushimadi Matsubayashi Yoju, sulla sorte dei cavalli dopo l’incidente nucleare del 2011, The Ghost in Our Machine di Liz Marshall, un’indagine sull’utilizzo industriale degli animali, Just Eat It – A Food Waste Story di Grant Baldwin sullo spreco alimentare, Population Boom di Werner Boote sull’emergenza demografica, Vendages di Paul Lacoste sulle storie di alcune persone impegnate in una vendemmia nel Sud della Francia. Temi molto forti anche nel concorso documentari italiani. Buongiorno Taranto di Paolo Pisanelli racconterà il dramma di una città avvelenata dal più grande stabilimento siderurgico d’Europa, Là suta – La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua di Daniele Gaglianone, Cristina Monti e Paolo Rapalino. Si parlerà anche di rifiuti a Napoli (Zero Waste di Raffaele Brunetti), del Black Rock Desert del Nevada (A Burning Dream di Massimiliano Davoli) e delle allergie stagionali (The Toxic Burden di Patrizia Marani). Prevista anche una sezione dedicata ai documentari della durata di un’ora e la sezione Panorama Italia. Sono previsti alcuni eventi speciali come il Bike Gala in programma nella giornata di apertura, incontri, dibattiti e proiezioni speciali fuori concorso come quella di Energized di Hubert Canaval sull’emergenza energetica e Thule Tuvalu che mette in relazione una cittadina nel nord della Groenlandia e un atollo del Pacifico entrambi minacciati dallo scioglimento dei ghiacciai.17-cinemambiente-locandina-620x654

Fonte:  Cinemabiente

Foto © Getty Images

Remedia: Hi tech, riciclo e ambiente per un’economia sostenibile

Remedia e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile lanciano la sfida delle materie prime e mettono a confronto autorevoli ospiti nazionali e internazionali sul recepimento della direttiva europea RAEE e sulla strategia dell’Europa per un’economia circolare376772

Sono circa 800.000 le tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche (frigo, pc, lavatrici, Tv, piccoli elettrodomestici, lampadine ecc) che sono state vendute sul mercato italiano nel 2012. Tuttavia non sempre questi prodotti, una volta dismessi, vengono raccolti e riciclati correttamente per tornare ad alimentare il mercato delle materie prime: si tratta, infatti, di una vera e propria “miniera” da cui si può estrarre oro, metalli preziosi e le ricercatissime “terre rare”. Questi temi, insieme alla nuova direttiva europea, sono oggetto di discussione nel convegno“La sfida delle materie prime: può l’industria del riciclo ridurre i rischi dell’approvvigionamento?”, organizzato a Roma il 24 ottobre da Remedia in collaborazione con la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile , nell’ambito da Hi-Tech & Ambiente 2013. In particolare, il dibattito mira a stimolare la discussione sulla nuova Direttiva RAEE 2012/19 che dovrà essere recepita entro febbraio 2014. “Il recepimento della normativa non é solo un atto formale, ma un’opportunità per dare nuovo impulso al sistema RAEE e favorire così politiche industriali orientate all’efficienza delle risorse”, ha dichiarato Danilo Bonato, Direttore Generale di ReMedia . “L’Europa infatti vuole accelerare il processo di sviluppo di una moderna società di riciclo: l’utilizzo più efficiente e sostenibile delle risorse naturali è una priorità, come dimostra il programma di finanziamenti all’anno azione denominato Horizon 2020 nell’ambito del quale verranno stanziati oltre 3 miliardi di euro”. Hi-tech, riciclo e ambiente sono dunque parole legate in maniera molto forte per due aspetti fondamentali. “Il primo é l’effetto negativo che hanno sull’ambiente i rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche se non vengono riciclati. Inoltre, il secondo aspetto riguarda una questione a lungo termine, cioè le materie prime”, ci ha spiegato Raimondo Orsini, Direttore Generale di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile . “L’utilizzo delle apparecchiature elettroniche cresce sempre più, di pari passo con la popolazione e di conseguenza le materie prime nel mondo per produrre queste apparecchiature scarseggiano. Quindi il riciclo – afferma Orsini – non serve solo a ridurre l’impatto ambientale ma anche a fornire quelle materie prime per poterle ricostruire. Si parla quindi – conclude – di economia circolare nel senso che invece di dissipare e abbandonare le materie prime si riutilizzano e si evita di sprecare risorse importanti”. Con un cambiamento sistematico nell’uso e nel recupero delle materie prime infatti l’Europa non dovrebbe più dipendere dalle importazioni, contribuendo così ad alimentare un’economia europea sostenibile. In tal modo, secondo stime riportate da Remedia, l’Unione Europea potrebbe ridurre la quantità di materie prime necessaria a far girare l’economia di circa il 25% a parità di produzione entro il 2020.L’economia ne trarrebbe beneficio e la crescita del PIL porterebbe anche la creazione di nuovi posti di lavoro, tra 1,4 e 2,8 milioni. A ciascun cittadini europeo é associato un consumo medio di 25 tonnellate annue di minerali e di metalli. Solo in Italia, per avere un’economia sostenibile, si dovrebbero utilizzare 360 milioni di tonnellate di risorse, mentre il consumo attuale arriva a 1 miliardo. L’impiego di materie prime nel nostro Paese quindi dovrebbe essere ridotto ad un terzo.

 

fonte: eco dalle città

2. Il cammino verso la sostenibilità globale

È stata la conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano, tenutasi a Stoccolma nel 1972, a fornire alla comunità internazionale la prima occasione di incontro, con l’obiettivo di considerare come un tutt’uno le esigenze globali in materia di ambiente e di sviluppo. Il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), che nel 2012 celebrerà il suo 40º anniversario, è stato istituito alla conclusione di tale conferenza, al cui termine sono stati introdotti per la prima volta anche i ministeri dell’Ambiente di molti paesi del mondo. Lo sviluppo sostenibile assume svariati significati per le diverse persone. Tuttavia, a segnare una svolta è una definizione del 1987, secondo cui lo sviluppo sostenibile è «uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie» (relazione della commissione Brundtland intitolata «Il nostro futuro comune»). Tali «esigenze» non comprendono soltanto gli interessi economici, ma anche i fondamenti ambientali e sociali su cui poggia la prosperità globale. Nel giugno 1992, i responsabili politici di 172 paesi si sono riuniti a Rio de Janeiro in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo. Il loro messaggio era chiaro: «modificare i nostri atteggiamenti e i nostri comportamenti è l’unico modo per realizzare i cambiamenti necessari». Il vertice del 1992 è stato decisivo nel proiettare stabilmente sulla scena pubblica i problemi dell’ambiente e dello sviluppo. Il vertice della terra ha gettato le basi per numerosi e importanti accordi internazionali in materia di ambiente:

• l’Agenda 21, un piano d’azione per lo sviluppo sostenibile,

• la dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo,

• la dichiarazione sui principi concernenti le foreste,

• la convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico,

• la convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica,

• la convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione.

A vent’anni esatti dallo storico vertice di Rio, il mondo torna ancora una volta a confrontarsi e a decidere su come procedere. Quello del 2012 sarà il quarto vertice della terra e rappresenterà un’altra pietra miliare negli sforzi messi in campo dalla comunità internazionale per la realizzazione dello sviluppo sostenibile. L’economia verde e la governance globale in materia di ambiente sono in cima all’agenda.1

«Parlo per più della metà della popolazione mondiale. Siamo la maggioranza silenziosa. Ci avete dato un posto a sedere in questa sala, ma i nostri interessi non sono sul tavolo. Cosa si deve fare per poter partecipare a questo gioco? Bisogna appartenere a una lobby? Essere un’azienda potente? Avere denaro? È da quando sono nata che non fate altro che negoziare. Per tutto questo tempo, avete disatteso gli impegni, avete mancato gli obiettivi e avete infranto le vostre promesse».

Anjali Appadurai, studentessa presso il College of the Atlantic, parla a nome delle organizzazioni non governative giovanili il 9 dicembre 2011 a Durban (Sud Africa)

Giornata conclusiva della conferenza delle Nazioni Unite sul clima2

Non esiste una via facile e veloce per raggiungere la sostenibilità. La transizione richiede uno sforzo collettivo da parte dei responsabili politici, delle aziende e dei cittadini. In alcuni casi, i responsabili politici devono fornire incentivi per promuovere l’innovazione oppure offrire un sostegno alle aziende che rispettano l’ambiente. Altre volte, i consumatori possono essere chiamati a sostenere costi aggiuntivi derivanti da processi produttivi più sostenibili. Potrebbero persino dover diventare più esigenti nei confronti dei produttori dei loro marchi preferiti oppure scegliere prodotti più sostenibili. Le aziende potrebbero dover sviluppare processi produttivi puliti ed esportarli in tutto il mondo.

A problemi complessi, soluzioni complesse

La complessità delle nostre strutture decisionali globali rispecchia la complessità che si riscontra nell’ambiente. Trovare il

giusto equilibrio tra le leggi, le iniziative del settore privato e le scelte dei consumatori è un’impresa ardua. Altrettanto lo è

individuare il «giusto livello» su cui puntare, tra quello locale e quello globale. La politica ambientale diventa più efficace

se viene definita e attuata su diverse scale e il «giusto livello» varia a seconda del problema. Consideriamo la gestione

del patrimonio idrico. L’acqua dolce è una risorsa locale esposta a pressioni globali. Nei Paesi Bassi, ad esempio, la gestione delle risorse idriche è affidata agli enti locali ma è soggetta alla normativa nazionale ed europea. La gestione delle risorse idriche nei Paesi Bassi non deve solo affrontare le problematiche locali e guardare a quanto accade nei paesi a monte. Secondo le previsioni, il surriscaldamento del pianeta provocherà l’innalzamento del livello dei mari, il che

significa che gli enti responsabili della gestione delle risorse idriche nei Paesi Bassi devono iniziare a pianificare in base

ad esse. Le politiche e le istituzioni mondiali esistenti, incluso l’UNEP, sono nate, nella maggior parte dei casi, perché le soluzioni individuate a livello locale o nazionale non erano in grado di far fronte ai problemi e da un coordinamento globale o internazionale si attendevano risultati migliori. L’UNEP è stato istituito a seguito della conferenza di Stoccolma perché i partecipanti erano concordi nel ritenere che alcune tematiche ambientali avrebbero trovato una risposta migliore a livello globale. 3

Estratto della dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo

Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, 3–14 giugno 1992, Rio de Janeiro, Brasile

Principio 1

Gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto a una vita sana e produttiva in armonia con la natura.

Principio 2

Conformemente alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale, gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse secondo le loro politiche ambientali e di sviluppo e hanno il dovere di assicurare che le attività sottoposte alla loro giurisdizione o al loro controllo non causino danni all’ambiente di altri Stati o di zone situate oltre i limiti della giurisdizione nazionale.

Principio 3

Il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative allo sviluppo e ambientali delle generazioni presenti e future.

Principio 4

Al fine di pervenire a uno sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo.

Principio 5

Tutti gli Stati e le persone coopereranno al compito essenziale di eliminare la povertà, come requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile, al fine di ridurre le disparità tra i tenori di vita e soddisfare meglio i bisogni della maggioranza delle popolazioni del mondo.

 

Impegno rinnovato cercasi

Oggi il commercio globale fa sì che molti di noi possano mangiare pomodori e banane tutto l’anno e usufruire di prodotti che riuniscono insieme componenti provenienti da tutto il mondo. Una simile connettività offre numerosi vantaggi ma può comportare anche alcuni rischi. L’inquinamento provocato da un’altra persona può andare a finire nel giardino di casa nostra. Ciò significa che non possiamo ignorare le nostre responsabilità nella tutela di un ambiente globale. La convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC) rappresenta una delle conquiste del vertice della terra di Rio del 1992. Il suo obiettivo è stabilizzare le emissioni di gas a effetto serra, che contribuiscono al cambiamento climatico. Il successo di numerosi accordi internazionali, fra cui l’UNFCCC, dipende dalla partecipazione dei soggetti interessati. Purtroppo, se ad assumersi l’impegno sarà soltanto un numero ristretto di paesi, difficilmente ciò sarà sufficiente a proteggere l’ambiente, anche qualora i pochi aderenti rispondessero appieno ai principi dell’economia verde. Il vertice di quest’anno offre l’opportunità di rinnovare l’impegno globale per la sostenibilità. Come cittadini, consumatori, scienziati, imprenditori, responsabili politici, noi tutti dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre azioni, e delle nostre inazioni.

Fonte: EEA (agenzia europea ambiente)

 

A Nantes vertice mondiale delle città ecologiche anteprima del 2015 anno mondiale dello sviluppo sostenibile

Il 2015 è stato dichiarato anno mondiale dello sviluppo sostenibile e i primi incontri si terranno per Ecocity, manifestazione che si tiene a Nantes dal 22 al 25 settembredessin-ecocity-builders-620x350

Il 2015 è stato dichiarato anno mondiale per lo sviluppo sostenibile, e come importanza si può dire che sia pari a quella tenuta in Brasile e conosciuta come Rio20+ nel 2012. A Nantes (Green capital 2013) dal 22 al 25 settembre durante Ecocity, summit mondiale delle città sostenibili si discuterà della timeline per il 2015 e di come le città possano essere rese pulite e con emissioni di CO2 pressoché pari allo zero. Spiega Ronan Dantec vice presidente del comité d’orientation d’Ecocity alla rivista youphil:

La metà della popolazione urbana vive nelle città e il 70% delle emissioni di gas a effetto serra sono prodotte in città. Se vogliamo rispondere quantitativamente alle grandi sfide dello sviluppo sostenibile quali clima, biodiversità, questioni sociali, dobbiamo intervenire nelle città. la città di Copenhagen con cui collaboriamo da tempo ha oggi l’obiettivo di diventare neutra e ciò passa per una mobilità che vede la bicicletta giocare un ruolo essenziale o forti investimenti nell’eolico off shore, ad esempio.

Ma non è tutto oro quel che luce, Nantes dista anche 30 KM dal contestatissimo aeroporto di Notre Dame des Landes che ha prodotto anche le dimissioni un paio di giorni fa del giornalista de Le Monde, Hervé kempf perché messo sotto censura per i dossier proprio sull’Aéroport du Grand Ouest. In merito dice Ronan Dantec:

Questo progetto non si trova nel territorio del comune e dunque non è rientrato nella valutazione per Nantes Green Capital. Ma qui si vive un intenso dibattito e tutti sono a conoscenza della mia opposizione al progetto. Il vertice mondiale di Ecocity è l’occasione per confrontare diverse visioni. Anche se c’è forte opposizione al progetto siamo tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo prenderci la nostra parte di responsabilità per proteggere il clima.

Fonte:  Youphil

 

Caro bolletta energetica: è colpa delle fonti fossili e dei costi non detti

Secondo uno studio presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, gli italiani spendono per l’energia (elettricità, gas e carburanti) il 18% in più rispetto alla media europea. La colpa non è degli incentivi alle rinnovabili, ma dei sussidi alle fonti fossili e dei costi occulti per nucleare e carbone375603

La “bolletta energetica” pagata da famiglie e imprese in Italia è del 18% più alta rispetto alla media europea e allineare i prezzi dei prodotti energetici italiani (energia elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei permetterebbe di risparmiare 25 miliardi di euro ogni anno. A incidere così tanto sui costi, non solo le tasse elevate, ma anche una dipendenza dai combustibili fossili tra le più alte in Europa. Queste sono solo alcune delle valutazioni che emergono dal dossier presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso del convegno “I costi dell’energia in Italia”, organizzato in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013. Il documento trae ispirazione dall’analisi comparativa dei prezzi dei prodotti energetici, arrivando a stimare una bolletta di gas, elettricità e carburanti pagata dagli italiani nel 2012 di oltre 160 miliardi di euro. Si tratta di un valore in crescita, a causa dell’aumento dei prezzi petroliferi, del 10% rispetto all’anno precedente, nonostante la contrazione dei consumi. L’analisi, in particolare, evidenzia come le famiglie siano particolarmente penalizzate nei consumi di gas naturale, che pagano dal 24 al 35% in più della media europea (circa 300 euro/anno per famiglia). Le imprese, specie quelle medio-piccole, risentono invece degli alti costi dell’elettricità, dovendo fare i conti con un kWh dal 30% fino all’86% più della media europea. A questo si aggiunge che i prezzi di benzina e diesel, che rappresentano la voce principale di spesa della bolletta energetica, sono mediamente più alti del resto d’Europa e questo differenziale è aumentato in modo sensibile negli ultimi anni. “Quello energetico – ha detto Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – è uno dei settori produttivi più importanti a livello nazionale, con un giro d’affari, in crescita, attorno al 20% del PIL e quasi mezzo milione di posti di lavoro creati. Renderlo più efficiente dal punto di vista economico riducendo i costi dell’energia per il Paese richiederà, ad esempio, di intervenire sul mix energetico riducendo la dipendenza dai fossili che, negli ultimi vent’anni, è già costata al Paese 45 miliardi di euro in più, tutti soldi dati all’estero, e che se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 Mld€.”
Il peso dei fossili

L’alta dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili, che soddisfano l’82% della domanda interna, uno dei valori più alti in Europa, ha rappresentato il primo driver dell’aumento dei prezzi energetici negli ultimi anni: tra il 2000 e il 2012 i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 200% (triplicati), quelli del carbone del 160% e del gas sul mercato europeo di circa il 300%. A parità di consumi e al netto dell’inflazione la fattura pagata dall’Italia per l’import dei fossili è passata da metà degli anni ’90 a oggi da 20 a 65 Mld€. Gli scenari mondiali più accreditati prevedono che per i prossimi vent’anni i prezzi dei fossili, a meno che non si riduca drasticamente la domanda, rimarranno alti o addirittura continueranno a crescere, sancendo la fine dell’epoca dei combustibili fossili a basso costo. Il dossier rivela come negli scenari internazionali l’effetto dello shale gas americano si vada ridimensionando rispetto alle aspettative iniziali, con prezzi del mercato americano che riprenderanno a crescere, benché ancora molto più bassi di quelli europei; ma anche come secondo il Dipartimento dell’Energia statunitense la generazione elettrica da carbone e nucleare sia più costosa del gas o del vento.
I costi non detti

Ma i prezzi dei prodotti energetici non dicono tutto circa i costi che i cittadini e le imprese devono pagare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. La Fondazione propone per questo di passare da una analisi dei prezzi a una dei veri costi dell’energia, includendo ad esempio i sussidi che in Italia vengono pagati ai combustibili fossili, attraverso agevolazioni fiscali o quant’altro, e che, a differenze di quelli per le rinnovabili, non rientrano in bolletta e non contribuiscono a formare i prezzi dell’energia (ma vengono comunque pagati dai cittadini e dalle imprese ad esempio attraverso la fiscalità generale). Eppure questi sussidi non vengono monitorati dal Governo, nonostante siano ingenti: secondo l’OCSE sono 2,1 miliardi di euro l’anno su alcuni settore chiave, che salgono secondo il Fondo Monetario Internazionale a 5,3 Mld€/anno includendo altre voci tra cui alcune esternalità. E sono proprio le esternalità l’altra voce importante dei costi nascosti dell’energia. Anche in questo caso non esistono studi ufficiali sull’argomento, ma una ricerca condotta sulla Germania stima che l’inclusione dei costi esterni, a carico principalmente di nucleare e carbone, farebbe aumentare la bolletta energetica di 40 miliardi di euro, con un +40% per una famiglia tipo.
Il peso delle rinnovabili

Il dossier prende anche in esame l’incidenza degli incentivi alle rinnovabili sui prezzi e sui costi dell’energia in Italia analizzando i costi diretti, i costi e i benefici indiretti e le implicazioni sul piano strategico. Per quanto riguarda i costi diretti, gli incentivi alle rinnovabili del settore elettrico (che rappresentano la maggior parte degli incentivi) hanno raggiunto nel 2012 circa 10 milardi di euro, il 16-17% della bolletta elettrica nazionale. Ma questi hanno inciso sull’aumento del prezzo del kWh degli ultimi anni solo per il 33%, mentre per il 57% questo è stato causato dall’aumento dei prezzi dei fossili. Sul piano dei costi e dei benefici indiretti il saldo economico è senz’altro positivo. Tra i benefici da ascrivere alle rinnovabili c’è infatti la riduzione del prezzo medio orario dell’energia elettrica (a maggio si è quasi dimezzato tra il 2006 e il 2012) e la creazione di ricchezza e occupazione nazionale (su 1000 euro spesi sulle rinnovabili ne rimangono in Italia 500-900, mentre su 1000 euro investiti sulla produzione elettrica da gas ne restano sul territorio nazionale 200, il resto va alle economie straniere). Per non parlare poi del lato ambientale: 70Mt di CO2 risparmiate ogni anno e un minore inquinamento atmosferico.

“Il settore energetico è nel pieno di una trasformazione epocale, e se come Paese non saremo in grado di comprenderne a pieno tutte le implicazioni e operare le scelte più giuste, rischieremo alla fine di pagare un conto molto alto. – afferma Andrea Barbabella, responsabile Energia per la Fondazione – Quello dei costi dell’energia è un tema strategico che va affrontato seriamente, anche perché tali costi sono molto probabilmente destinati a crescere e a incidere sempre di più sulla nostra economia. Guardare solo ai prezzi dei prodotti energetici è fuorviante, e i risultati di una analisi esaustiva sui veri costi dell’energia potrebbe fornire una rappresentazione molto diversa da quella usuale, con una situazione per l’Italia molto migliore di quanto generalmente si pensi.”

 

Scarica il dossier della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile [3,30 MB]

I Costi dell’energia in Italia – Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile

 

Fonte: eco dalle città

 

Anavra, il villaggio greco senza disoccupati

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Anche grazie alla green economy, un piccolo borgo della Tessaglia diventa un modello di sviluppo, in controtendenza rispetto a quanto accade in Grecia. Nella nostra epoca di crisi le favole non sono quelle di mirabolanti trasformazioni da rospi a principi: anche le fiabe, con la recessione, subiscono i loro tagli e talvolta diventa incredibile quello che fino a una decina d’anni fa, magari, era la norma. È lo scotto che il nostro mondo paga al benessere irreale degli anni Novanta e della prima metà degli anni Zero. Dicevamo che ciò che era ordinario può diventare straordinario. Per esempio la storia di Anavra, un piccolo paese di 500 abitanti della Tessaglia dove lo tsunami che ha travolto tutta l’economia greca è stato percepito solamente come un’eco lontana. Gli abitanti dichiarano un reddito fra i 30mila e 150mila euro l’anno, merito del lavoro certosino del sindaco (anche se lì si chiama presidente della comunità) Dimitris Tsoukalas che nei primi anni Novanta è giunto in questo borgo privo di acqua corrente e strada e in sedici anni da “presidente della comunità” ha creato un modello di sviluppo sostenibile da far invidia a tutta Europa. Tsoukalas ha creato un modello economico cooperativistico fra gli abitanti, attirando i giovani e scommettendo sulla green economy. Gran parte dei residenti sono allevatori con metodi biologici, ma importanti risorse economiche arrivano dalla collaborazione fra i residenti e un parco eolico che permette di vendere energia e ricavare soldi da destinare alla comunità. Le pale installate sul monte Orthris che domina Anavra produce energia elettrica per 13mila famiglie e fa entrare nelle casse pubbliche tra i 50 e i 100mila euro l’anno. E la disoccupazione è a zero. Niente male per un paesino di 500 abitanti.

Fonte: Greek Reporter

 

Timelapse: un’altra magia di Google per riflettere sullo sviluppo sostenibile

Google Earth diventa diacronico e permette agli utenti di valutare i cambiamenti in atto sulla Terra timelapse-586x319

Fra le tante “invenzioni” di Google ce n’è una che più di ogni altra sembra essere fatta apposta per riflettere sullo sviluppo e sui cambiamenti macroscopici cui l’uomo sottopone con la propria opera la Terra. Timelapse è una sorta di Google Earth spalmato su un asse diacronico di trent’anni. Dal 1984 al 2013 viene mostrata l’evoluzione dei territori, un’immagine che comprime sei lustri in pochi secondi e che pone qualsiasi utente in una posizione semi-divina. Le città “pulsano” con una progressione inarrestabile e una crescita irreversibile. Timelapse propone alcune immagini campione che con un’ottima definizione mostrano lo sviluppo delle città e, purtroppo, anche la contrazione di bacini idrici e foreste. Prendiamo come esempio l’esplosione di Las Vegas di cui assistiamo a una vera e propria esplosione che riduce, a occidente, il bacino della Las Vegas Bay. L’esempio più drammatico è quello del Lago d’Aral: circa il 90% del bacino scompare a causa dell’evaporazione non sostituita dagli emissari eccessivamente sfruttati dai consorzi agricoli. Un’altra immagine di grande impatto è quella della deforestazione dell’Amazzonia: in questo Timelapse vediamo scomparire centinaia di chilometri quadrati di foresta amazzonica a un ritmo vertiginoso. L’idea di far scorrere trent’anni in tre secondi è emblematica della limitatezza di una generazione in un’ottica geo e non antropocentrica. In milioni di anni di natura sovrana (con i tempi di timelapse un nostro giorno vale 864mila anni…) la faccia della Terra non è mai cambiata così velocemente come accade ora. Con l’uomo che costruisce penisole ed isole artificiali come accade a Dubai oppure con i ghiacci che regrediscono costringendo i geografi a ridisegnare le mappe come in Alaska, nella zona del ghiacciaio Columbia.

Fone: Timelapse

Chomsky: “Cinque anni al punto di non ritorno energetico”

Nelle librerie italiane l’ultimo saggio del linguista e politologo statunitense che guarda con attenzione alla questione ambientale

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Visto l’ampio raggio della sua imponente opera saggistica Noam Chomsky si è guadagnato un posto nella top ten delle dieci fonti più citate nella storia della cultura. Con lui ci sono William Shakespeare e Karl Marx, tanto per fare qualche esempio di “opinion maker” in carne d’ossa. L’ottantacinquenne linguista e politologo esce in Italia con un nuovo saggio intitolato Sistemi di potere ed edito da Ponte alle Grazie. Nella sua analisi del mondo contemporaneo e delle tensioni che lo animano Chomsky ha un occhio di riguardo per l’ambiente visto come punto nodale del presente e del futuro (prossimo) dell’umanità. Oggetto della sua attenta analisi sono i sistemi di potere – governi, organismi finanziari – che alimentano le divisioni all’interno della società con lo scopo di controllare e assoggettare gli individui. La lettura del mondo di Chomsky include Occupy e la Primavera araba, gli indignados e Twitter, Wikileaks e Youtube, le multinazionali e la Banca Centrale Europea. In questo sguardo ad ampio raggio sul nostro presente, Chomsky parla in maniera specifica di sopravvivenza della specie poiché

i rischi derivanti dal sistema finanziario possono essere sanati dal contribuente, ma nessuno accorrerà in aiuto se l’ambiente sarà distrutto. E che l’ambiente debba essere distrutto sembra quasi un imperativo istituzionale.

Provocazione o constatazione? Di certo le parole di Chomsky sono pesanti, proprio in virtù dell’ampia influenza di cui il pensatore gode a livello globale e della profondità delle ricerche che sono alla base delle sue riflessioni. Citando l’Agenzia Internazionale per l’Energia, Chomsky spiega come manchino all’incirca cinque anni al “punto di non ritorno” energetico ovvero al momento in cui le risorse energetiche non potranno più far fronte alla richiesta da parte della popolazione. A rafforzare questa tesi ci sono anche i dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change che vede nella dipendenza dal carbone un serio pericolo per la sostenibilità del pianeta. Soltanto la scorsa settimana il premier cinese Li Keqiang messo di fronte agli 1,2 milioni di decessi causati dallo smog in Cina nel 2010 ha affermato che

“non è buono essere poveri in una natura meravigliosa, ma non è buono neppure essere ricchi in un sistema degradato. E in definitiva respiriamo tutti la stessa aria, poveri, ricchi e governanti”.

Cinque anni per accelerare su tutti i fronti dello sviluppo sostenibile. E tocca alla politica fissare i paletti dello sviluppo, bloccare il consumo sconsiderato di suolo e risorse fossili e incentivare l’innovazione da cui dipende il mondo che verrà.

Fonte: Sole 24 Ore