Conclusa la VI edizione degli Stati Generali della Green Economy

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Partecipazione record con 2600 presenze. Edo Ronchi: “Ci aspettiamo che la green economy entri nei programmi politici dei principali partiti italiani”

Imprenditoria verde e mondo politico italiano cominciano a dialogare per una concreta transizione verso la green economy. Agli Stati Generali della Green economy 2017 si sono confrontati, infatti, la green economy italiana e gli esponenti dei partici politici. La due giorni verde, che è stata organizzata dal Consiglio Nazionale della Green Economy in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, il Ministero dello Sviluppo Economico e la Commissione Europea, con il supporto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, si è conclusa oggi a Rimini nell’ ambito di Ecomondo. Partecipazione record per questa sesta edizione degli Stati Generali della Green economy: 2.600 presenze, oltre 1.500 utenti per la diretta streaming italiana, cui vanno aggiunti tutti coloro che hanno seguito la diretta streaming in inglese dedicata agli utenti internazionali, più di 80 relatori italiani e stranieri. Anche quest’anno grande partecipazione on line al dibattito. Su Twitter, l’hashtag #statigreen17 è stato tra i primi cinque trending topic in Italia nella giornata del 7 novembre tra le 12 e le ore 16. Quasi 2.000 tweet complessivi, oltre 160.000 gli account raggiunti (317.000 impressions, visualizzazioni nella timeline) e circa 300 utenti che hanno partecipato attivamente alla discussione. Bene anche il live streaming dalla pagina Facebook dell’iniziativa: la diretta della sessione plenaria con la partecipazione del ministro Galletti ha raccolto 2.300 visualizzazioni raggiungendo nella giornata una copertura di oltre 23.000 utenti.

“Abbiamo registrato – ha detto Edo Ronchi, del Consiglio Nazionale della Green Economy- una positiva disponibilità degli esponenti delle forze politiche ad aprire un dialogo sul programma di transizione alla green economy. Ci proponiamo di proseguire su questa strada per far sì che la green economy entri nei programmi dei partiti politici in vista del prossimo appuntamento elettorale. Che questo tema sia di grande attualità lo ha dimostrato il record di partecipazione registrato quest’ anno”

Oltre a Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente, sono intervenuti Simona Bonafè – Partito Democratico, Massimo De Rosa – Movimento 5 Stelle, Stefano Parisi – Energie per l’Italia, Claudia Maria Terzi – Lega Nord e  numerosi e esperti internazionali come Cao Jianye, Consigliere scientifico – Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia, Woodrow Clark, l’ economista americano sostenitore della green economy, l’eurodeputata Monica Frassoni e rappresentati di gruppi industriali italiani e stranieri.,

Per maggiori informazioni sugli Stati Generali della Green Economy: www.statigenerali.org

Fonte: ecodallecitta.it

Stati Generali delle Green Economy su SEN: ‘Troppo ottimismo su efficienza e rinnovabili’

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Un sostanziale disallineamento con gli obiettivi posti dall’Accordo di Parigi e un quadro troppo ottimistico sull’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Alcune osservazioni sulla Strategia Energetica Nazionale. Mancanza di un raccordo tra la SEN, la Strategia Energetica Nazionale, e il processo di elaborazione del Piano nazionale energia e clima e un sostanziale disallineamento con gli obiettivi posti dall’Accordo di Parigi; un quadro troppo ottimistico sull’ efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Queste alcune osservazioni sulla nuova SEN presentate, quale contributo alla consultazione, dal Gruppo di lavoro Politiche climatiche ed energetiche, composto da oltre 50 tra esperti e rappresentanti di associazioni di diversi settori, nell’ambito del processo partecipativo degli Stati generali della green economy. Il documento inoltrato al Ministero dello sviluppo economico rappresenta una piattaforma condivisa per una serie di proposte sulla SEN e anche alcune indicazioni per il futuro Piano nazionale energia e clima. In particolare il disallineamento della SEN con l’accordo di Parigi sul clima, appare evidente nella scelta di un orizzonte temporale di poco più di un decennio, che non consente di valutare in modo adeguato la compatibilità di investimenti ritenuti strategici nella transizione energetica, a cominciare da quelli sulle infrastrutture. Inoltre, sottolinea il Documento del gruppo di lavoro, l’adozione dei target del Pacchetto europeo clima ed energia, che è già oggi insufficienti a conseguire gli obiettivi di Parigi, porta a sovrastimare il carbon budget realmente disponibile per l’Italia. Secondo il Documento, per limitare l’aumento della temperatura media globale tra 1,5 e 2°C rispetto al periodo pre-industriale le emissioni italiane di gas serra dovrebbero dimezzarsi tra il 1990 e il 2030, mentre lo scenario di riferimento utilizzato nella SEN prevede un taglio del 30% (oggi il taglio conseguito è già di circa il 20%).

Secondo l’unico scenario emissivo adottato nella SEN, da qui al 2030 dovremmo rallentare il processo di decarbonizzazione già in corso, ma per poter rispettare gli impegni di Parigi a partire dal 2030 dovremmo nuovamente accelerare, arrivando a neutralizzare le nostre emissioni di carbonio entro il 2050” – afferma Andrea Barbabella, Coordinatore insieme a Natale Massimo Caminiti del Gruppo di lavoro e Responsabile ricerche e progetti della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – per evitare nuovi stop and go, che sarebbero dannosi all’ambiente quanto alla competitività del nostro sistema industriale, è necessario introdurre nella SEN almeno un secondo scenario compatibile con gli obiettivi di decarbonizzazione a medio e lungo alla base dell’Accordo globale sul clima”.

Il documento critica anche le valutazioni ottimistiche fatte in materia di efficienza energetica e fonti rinnovabili. Sul lato dell’efficienza si fanno continui riferimenti al fatto che l’Italia, che ha valori di intensità energetica (ossia quantitativi di energia consumata per unità di PIL) inferiori agli altri partner europei, sia già a buon punto. Ma, considerando anche le differenze in termini di clima o di struttura produttiva, e guardando non solo al valore assoluto ma agli avanzamenti compiuti negli ultimi anni, l’Italia in realtà farebbe peggio della media e delle altre principali economie europee. Per quanto riguarda le rinnovabili, i buoni risultati raggiunti, più volte richiamati dalla SEN, sono in realtà messi in crisi da quanto accaduto negli ultimissimi anni, con un forte rallentamento nella crescita di queste tecnologie che addirittura, nel settore della produzione elettrica, ha portato per la prima volta nella storia recente a un calo della produzione rinnovabile e a una ripresa di quella da fonti fossili, con le emissioni che sono passate da 309 gCO2eq nel 2014 a 331 nel 2016). Il Documento chiede, pertanto, di puntare a obiettivi più ambiziosi, in linea con gli impegni di Parigi, e pari a un taglio dei consumi finali di energia del 40% rispetto allo scenario tendenziale e ad almeno il 35% di rinnovabili. Per conseguire tali obiettivi dagli Stati generali arriva la proposta di attivare un fondo nazionale per la transizione energetica, alimentato da un processo di riallocazione degli incentivi ambientalmente dannosi e da un meccanismo efficace di carbon pricing. Per quanto riguarda gli strumenti di promozione dell’efficienza energetica, quelli attuali andranno resi più efficaci e armonizzati per riuscire a promuovere la riqualificazione profonda degli edifici, sfruttare il potenziale significativo ma ancora inespresso del terziario e dell’industria e sviluppare la mobilità sostenibile e sistemi di trasporti più efficienti. Altri due temi vengono richiamati nel documento predisposto dal Gruppo di lavoro degli Stati generali. Il primo riguarda il ruolo del comparto forestale e agro-zootecnico che nella SEN risulta marginale ma che, invece, presenta potenziali importanti, legati ad esempio alla filiera del biogas/biometano o alla capacità di assorbimento della CO2. L’altro tema fa riferimento alla necessità di verificare l’effettivo fabbisogno di nuovi impianti e infrastrutture, anche alla luce di un nuovo scenario al 2050 allineato con Parigi, e di valutare più accuratamente le ricadute in termini di politica industriale per evitare di ripetere gli errori del passato, come quelli che hanno portato al crollo degli investimenti e degli occupati nel settore strategico delle fonti rinnovabili.

Fonte: ecodallecitta.it

 

Stati Generali della Green economy, tutti gli articoli

Gli Stati Generali della Green economy si sono conclusi in presenza del Ministro del Lavoro Poletti. “Dovremmo smettere di dire che l’economia green è un’altra economia e iniziare a pensare che questa, oggi, è semplicemente l’economia”380904

Durante la fiera di Ecomondo, l’evento di Rimini dedicato all’economia sostenibile e al recupero di materiali si sono tenuti gli Stati Generali della Green economy promossi dal Ministero dell’Ambiente e dal Consiglio Nazionale della Green Economy, formato da 67 organizzazioni di imprese green, con il supporto tecnico della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, gli Stati Generali della Green Economy come ogni anno si svolgono a Rimini nell’ambito di Ecomondo-Key Energy-Cooperambiente.

Ecco tutti gli articoli:

Al via gli Stati Generali della Green economy ad Ecomondo 2014

“L’economia green non è un’economia alternativa” , il ministro Poletti ad Ecomondo

Stati generali della Green economy: “un piano nazionale per l’occupazione giovanile”

 

Fonte: ecodallecitta.it

Stati Generali del Lavoro: proposte e prospettive

La cooperativa MAG4 ha partecipato alla tre giorni di incontri, dibattiti e tavoli tematici organizzata da Etinomia in collaborazione con il Movimento NOTAV al fine di gettare le basi per la costruzione di un nuovo modello economico-sociale che possa ribaltare quei paradigmi che sono sempre stati presentati come degli assiomi incontrovertibili.sd

Gli Stati Generali del Lavoro organizzati a Vaie (TO) il 27, 28 e 29 settembre 2013 hanno visto la partecipazione di più di 300 aderenti divisi in 8 tavoli tematici nei quali si sono gettate le basi per un percorso che punta a costruire un nuovo modello economico-sociale che possa ribaltare quei paradigmi che sono sempre stati presentati come degli assiomi incontrovertibili.

La cooperativa MAG4 ha partecipato a due tavoli.

Nel tavolo riguardante Ruolo dell’impresa e della cooperazione sono stati discusse e fatte varie proposte tra cui l’adozione, da parte delle imprese, del bilancio dell’Economia del Bene Comune (EBC) che prevede di dare un punteggio (valutato da un ente statale indipendente) sulla base di indicatori di eticità dell’operato aziendale nel suo complesso ad es. tra salario del manager e dell’operaio limitare divario a un fattore minimo, avvalersi solo delle banche etiche per finanziamenti e investimenti, rispetto dell’ambiente.

Nel tavolo riguardante Finanza e politiche monetarie “alternative”sono state formulate diverse proposte tra le quali:

– la creazione di un comitato promotore scientifico nazionale di una rete federata che integri sistemi monetari alternativi o complementari all’euro;

– la creazione in Val Susa di un primo progetto per sperimentare un modello replicabile economico – sociale autofinanziato;

– l’avvio di un progetto pilota di micro-finanza per la raccolta di un fondo di garanzia monetaria collegata all’emissione di moneta complementare;

l’elaborazione di una proposta di legge che favorisca e regoli l’adozione di una moneta complementare pubblica.

Per leggere il riassunto completo dei lavori andare a questa pagina .

Come la stessa Etinomia afferma: “gli spazi occupati dai poteri forti sono quelli che noi lasciamo vuoti”. L’attuale crisi economico-sociale sta creando giorno dopo giorno sempre nuovi spazi vuoti: se questo da una parte può risultare drammatico ci dà di contro la possibilità di riempirli. La MAG4 attraverso il suo lavoro e la sua esperienza è contenta di poter collaborare con quei soggetti che intendono promuovere e intraprendere un percorso che porti alla realizzazione di una società più equa.

Fonte: il cambiamento

Per un lavoro più umano, dignitoso, ecologico: la ricetta dei “terroristi” di Etinomia

Gli Stati generali del Lavoro, la tre giorni di incontri che si è tenuto in  Val di Susa dal 27 al 29 settembre, sono finiti in mezzo al calderone nell’attacco mediatico che la stampa italiana sta portando avanti contro il movimento No Tav. Abbiamo intervistato due delle organizzatrici per farci svelare quali diabolici piani eversivi avessero in mente.etinomia_stati_generali_lavoro

Li hanno accostati ai terroristi, alle Brigate rosse. Li hanno chiamati ‘violenti’, ‘antiprogressisti’. È in atto un attacco mediatico di portata enorme contro il movimento No-Tav e tutto ciò che vi gira attorno. E nel calderone ci finisce un po’ di tutto, indiscriminatamente, compresi gli Stati generali del lavoro, organizzati dal movimento No-Tav assieme ad Etinomia, associazione di imprenditori virtuosi valsusini, attaccati a più riprese da riviste e quotidiani come Panorama ed Il Giornale. Ecco quanto scrive Il Giornale: “Dal 27 al 29 settembre a Vaie, in Valsusa, sono in programma gli Stati generali del lavoro organizzati da Etinomia, associazione poco conciliante. Nell’opuscolo si parla di “grandi opere inutili”, e di “grande mobilitazione contro i lavori”. Inoltre si citano le manifestazioni di massa di ottobre che culmineranno il 19 con una giornata di “sollevazione generale” da siti come www.infoaut.org.” Chiari segnali, secondo il quotidiano, della natura eversiva ed anarco-insurrezionalista dell’evento. Panorama non è da meno e riconduce ad incontri come questo la militarizzazione della zona voluta da Alfano. Ora, il fatto è che il sottoscritto, assieme al direttore del Cambiamento Daniel Tarozzi, è stato invitato a partecipare ai tavoli di discussione degli Stati generali del lavoro. Dunque volevo essere sicuro di non ritrovarmi in un covo di terroristi e brigatisti, magari con qualche talebano e salafita. Chissà, mi sono detto, forse dietro a tutto questo c’è lo stesso Osama Bin Laden, che in realtà non è morto e si è rifugiato in Val di Susa per tramare contro l’Occidente. Dunque quale modo migliore per approfondire la faccenda che contattare gli organizzatori e farci spiegare di cosa si tratta? Così abbiamo parlato con due delle organizzatrici, Giuliana Cupi ed Eleonora Ponte.

I recenti articoli di Panorama ed Il Giornale lasciano intendere che gli Stati generali del Lavoro organizzati da Etinomia assieme al movimento No-Tav rappresentino un pericolo per la sicurezza pubblica. Ci spieghi che tipo di evento è e di cosa si parlerà, di modo che le persone possano farsi un’opinione corretta?

Giuliana Cupi: Penso che la definizione più bella, ironica, intelligente e deflagrante degli Stati Generali del Lavoro l’abbia data Eleonora Ponte, che ne è stata la diretta ispiratrice: “Noi a Vaie avremo la bomba atomica!”. Gli SGL saranno un’esplosione di idee e persone innovative, decise a trovare soluzioni ribaltando di 180° l’approccio al lavoro che ormai viene ripetuto dappertutto come uno sterile mantra a base di crisi, crescita, PIL, sacrifici, Europa che ci chiede di chinare la testa e via delirando. Da noi si parlerà di significato di lavoro, necessità – più che opportunità – di lavorare meno e meglio, reddito di cittadinanza, interesse negativo, nuove forme di finanziamento del lavoro, filiere cortissime, sanità e diritto a esistere e lo si farà in 8 tavoli (di cui uno dedicato agli amministratori) aperti ai contributi di tutti. L’accademia e la cattedra saranno molto lontane…

Perché oggi in Italia non si può affermare che il TAV e gran parte delle grandi opere sono inutili, soprattutto in un momento in cui si tagliano i fondi allo stato sociale, senza essere tacciati di violenza o di terrorismo?

Giuliana Cupi: Perché queste “grandi opere inutili e imposte”, per riprendere la definizione che se n’è data al Forum di Stoccarda cui io pure ho partecipato, sono funzionali all’economia dello sfruttamento dell’uomo e della natura, dei capitali concentrati nelle mani di pochi, delle mafie (quelle che tutti conoscono come tali e quelle che hanno aspetto perbene e rassicurante), dei mercati che dettano ormai apertamente legge arrivando a indicare senza troppi giri di parole come debbano essere modificate le Costituzioni troppe permissive in materia di diritti dei lavoratori e come bisogna riallocare le risorse sottratte allo Stato sociale, giudicato e fatto giudicare inutile e improduttivo. Questo è l’anello di congiunzione tra pessima economia e pessima politica che provoca le reazioni di cui parli: ormai il denaro e chi lo manovra è padrone anche politicamente in maniera ben più ardita di un tempo, quindi opporsi ai suoi interessi significa essere eversivi. Purtroppo, nonostante i tanti esempi che abbiamo tutti sotto gli occhi, è ancora troppo poco chiaro quanto terrore e quanta violenza siano seminati proprio da questo genere di potere e non certo da chi vi oppone.

In che situazione è il lavoro oggi in Italia? E quali sono le alternative che Etinomia propone?

Giuliana Cupi: Il disastro è sotto gli occhi di tutti, ma quello che penso sia ancora peggio è, come dicevo prima, che i mezzi di informazione più popolari si guardano bene dall’evidenziarne la vera causa. Quando si piange sull’ennesima perdita di PIL e si invoca la crescita, questa entità ormai quasi metafisica e miracolosa, si omette colpevolmente di dire che questo stato di cose non è una disgrazia che ci è piovuta addosso, ma una ovvia conseguenza di un sistema squilibrato, quello capitalistico, che mostra la corda. La crescita infinita in natura non esiste – con la nefasta eccezione della cellula tumorale, che non per nulla prolifera indisturbata -, ma il sistema in cui siamo è costruito proprio su questo. Ora che non c’è quasi più nulla da costruire e da smerciare e soprattutto non ci son più soldi per comprarlo, esso mostra il suo vero volto di spietata aggressività: la festa è finita, qui il mercato è saturo, bisogna riconvertirsi in lavoratori a basso salario e ancor meno diritti per tappare i buchi della follia finanziaria e per invadere di altra roba gli angoli di mondo dove si comincia a poter spendere, insomma il disegno è farci diventare la Cina dei cinesi… Come ho cercato di spiegare prima, le idee che circoleranno agli Stati Generali del Lavoro sono di segno opposto. Un lavoro umano, che contribuisca cioè alla crescita del singolo e della collettività, che non assorba tutta l’esistenza, che costruisca cose vere e che nutra il territorio in cui nasce e che da questo sia nutrito. Idee ormai rivoluzionarie, appunto: le stesse che hanno ispirato Etinomia fin dall’inizio della sua storia.

Quali sono i principi guida della vostra associazione?

Eleonora Ponte: Etinomia è nata da un gruppo di piccoli e medi imprenditori della val di Susa che si sono trovati a discutere, nelle lunghe notti di presidio prima dell’installazione del cantiere militare a Chiomonte, del sistema di sviluppo e produzione capitalistico occidentale, così come lo abbiamo conosciuto finora, che dimostra drammaticamente di essere alle corde. Le grandi opere come il TAV ne sono l’emblema. Queste persone si sono quindi fermate a riflettere e discutere di come si possa cambiare rotta, di come l’economia possa e debba diventare etica (il nome Etinomia deriva da ETIca coniugata con ecoNOMIA). L’associazione si è subito data un manifesto etico in cui prima di tutto gli attori della vita economica del territorio si impegnano a sviluppare la loro attività facendo sì che la ricaduta economica prevalente sia sul territorio stesso, al fine di sottrarre le ricchezze alla grande finanza internazionale su cui non si ha alcun controllo, e l’attività produttiva sia rispettosa dell’ambiente e della vita delle persone.

Da tempo abbiamo l’impressione che esistano due Italie, una vecchia decrepita, aggrappata al potere, che cerca di mantenere con ogni mezzo lo status quo, e un’altra invece che sta cambiando, che è da anni all’avanguardia su tematiche come i beni comuni, il rispetto dell’ambiente, l’etica nel lavoro; e che la prima cerchi di combattere e soffocare con ogni mezzo la seconda. Cosa ne pensi?

Giuliana Cupi: Che è tragicamente vero e che chiunque sia consapevole di questa guerra in atto abbia il dovere verso se stesso e verso la comunità di spiegarlo a tutti, nello sforzo di illuminare altre coscienze e di sabotare questo processo: eventi come gli Stati Generali del Lavoro succedono proprio per questo. Purtroppo l’Italia numero 1 può contare su un formidabile apparato propagandistico e non mi riferisco solo alle arcinote proprietà berlusconiane, ma proprio a quei canali televisivi, radiofonici e giornalistici che dovrebbero rappresentare il Paese colto, moderno, all’avanguardia e che sono invece i massimi portatori delle idee profondamente reazionarie di cui sopra. La mia esperienza personale di cittadina e di informatrice (tramite il sito www.fabionews.info, N.d.R.) mi porta a dire che la speranza, non solo per l’Italia numero 2, ma per tutti, anche per quelli che ancora non se ne son resi conto, consiste nello smettere di essere soggetti passivi: non “subìre” l’informazione, la politica e l’economia, ma crearne di nuove, anche in minima parte, anche nel piccolo centro o quartiere in cui si vive, organizzare serate per spiegare temi importanti, appassionarsi a problemi locali, comprare in un GAS o farsi un orto. Cose piccole, ma che alla fine incidono e che – altro punto fondamentale – costringono positivamente a uscire di casa, a incontrare gente, a fare comunità. L’atomizzazione fa il gioco di chi ci vuole spaventati e soli, la solidarietà e l’essere inseriti in diverse reti ci fanno sentire protetti nei grandi cambiamenti che ci attendono. Anche di questo si parlerà agli SGL.

In definitiva, cosa rispondete a chi vi accusa velatamente di violenza e di essere un pericolo per l’ordine pubblico?

Giuliana Cupi: Di partecipare in prima persona, senza paura e senza preconcetti. Posso scommettere che chi lo farà ne uscirà almeno un po’ cambiato e desideroso di proseguire sulla nuova strada.

Fonte: il cambiamento

Regioni ed enti locali pronti a rilanciare l’Italia con un “green plan”

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Sono 360.000 le aziende (il 23% del totale) che negli ultimi tre anni hanno investito in tecnologie ‘green’ e 240.000 posti di lavoro (il 38% delle assunzioni del 2012) sono stati creati da imprese della green economy. Per cogliere questa opportunità, Regioni ed enti locali hanno elaborato un documento programmatico che individua un percorso scandito in 5 punti: programmazione dei Fondi strutturali per sviluppare l’innovazione nelle imprese e nei territori; mercati verdi pubblici e privati; credito e fiscalità ambientale; sviluppo di partnership pubblico-privato; tutela e valorizzazione dei territori. Un “Piano verde” per rilanciare l’Italia che è stato presentato in occasione di “Regioni ed Enti Locali per la green economy”, tema della decima e ultima assemblea programmatica nazionale in preparazione degli Stati Generali della Green Economy organizzati dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in collaborazione con i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e con il supporto tecnico della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (6 e 7 novembre a Rimini nell’ambito di Ecomondo). ”La green economy – osserva il coordinatore del gruppo di lavoro, Gian Carlo Muzzarelli – è un processo complesso che non rappresenta solo il passaggio da un’economia tradizionale a un’economia più verde, ma presuppone un cambiamento radicale nella struttura, nella cultura e nelle pratiche che caratterizzano la società. E questo cambiamento sarà tanto più radicale quanto più potrà essere generato dal territorio e dalle comunità locali che interpretano più velocemente e più capillarmente i bisogni di una società in evoluzione”. Ed ecco i 5 punti nello specifico. Nel ciclo 2007-2013 i fondi strutturali (Fesr, Fse e Feasr) hanno messo a disposizione risorse a livello nazionale pari a circa 66 miliardi di euro intercettando settori che rientrano nel campo della green economy. Per rafforzare un percorso verde dei Fondi, il documento propone che le Regioni convergano nel proporre misure coordinate a livello nazionale sulla green economy ; si coordinino per implementare un sistema di monitoraggio omogeneo; si utilizzino risorse per intervenire sulla Capacity Building degli Enti locali. Mercati verdi pubblici e privati: nel 2010 la spesa della Pa per acquisto di prodotti e servizi ammontava al 16,3% del Pil (per una spesa di circa 252 miliardi di euro). Gli acquisti verdi pubblici e privati di beni e servizi rappresentano una leva di rilancio in chiave green del sistema produttivo e l’evoluzione green degli appalti pubblici. Il documento propone di agevolare il raggiungimento dell’obiettivo del 50% di appalti verdi; promuovere la formazione di addetti ai lavori e del consumatore. Credito e Fiscalità ambientale: il documento propone di dare orizzonte temporale pluriennale agli strumenti di incentivo più efficaci come il bonus fiscali del 65% e 55%; riformulare il mix di strumenti fiscali per privilegiare la produzione e il consumo eco-compatibile; sviluppare forme di fiscalità proporzionali all’effettivo sfruttamento delle risorse ambientali ed energetiche; intervenire sulla disciplina del rapporto tra Enti Locali ed Esco al fine di favorire la realizzazione di interventi di efficienza energetica del patrimonio pubblico; attivare nuovi strumenti e prodotti finanziari. Per quanto riguarda lo sviluppo di partnership pubblico-privato, Regioni ed enti locali possono assumere un ruolo strategico. Le proposte per questo capitolo prevedono di dare impulso a livello nazionale per la trasformazione dei distretti industriali in eco-distretti; di stabilire e incentivare forme di partecipazione pubblico private che facilitino la ricerca e lo sviluppo di innovazione green; di sostenere attività specifiche per la valorizzazione dei prodotti italiani anche sotto il profilo della qualificazione ambientale. Infine, la tutela e la valorizzazione dei territori: il documento propone di definire meccanismi e strumenti per sbloccare la possibilità di intervento degli enti locali consentendo, ad esempio, di derogare al patto di stabilità per spese di interventi di prevenzione, tutela e messa in sicurezza del territorio; prevedere idonee premialità per gli Enti pubblici in grado di dimostrare il proprio impegno al miglioramento degli aspetti ambientali, territoriali e paesaggistici; applicare per la gestione integrata dei rifiuti la direttiva quadro 98/08/CE e il principio di responsabilità del produttore; finanziare progetti sperimentali per favorire nuove opportunità di sviluppo economico sostenibile dei territori.

Fonte: Adnkronos.it

Alternative in movimento, in Val di Susa gli Stati Generali del Lavoro

Dal 27 al 29 settembre a Vaie, in Valle di Susa, si terranno gli Stati Generali del Lavoro, una grande assemblea organizzata da Etinomia e Movimento No-TAV durante la quale otto tavoli tematici si riuniranno per formulare nuove idee di lavoro.lavori8

“Si deve lavorare meno ore per tutti i lavori, ma soprattutto si deve lavorare meno per vivere meglio, questo è più importante e più sovversivo”

Serge Latouche

Dal 27 al 29 settembre a Vaie, in Valle di Susa, si terranno gli Stati Generali del Lavoro, una grande assemblea organizzata da Etinomia e Movimento No-TAV durante la quale otto tavoli tematici si riuniranno per formulare nuove idee di lavoro, concetto che mai come in questi ultimi anni di crisi generalizzata sta mostrando la corda. Io sarò la referente del tavolo n. 3, che si intitola “Significato di lavoro e reddito di cittadinanza” e i cui propositi sono sintetizzati qui:

“Il significato che siamo abituati ad attribuire alla parola ‘lavoro’ è meramente quello di ‘attività tramite la quale si percepisce reddito monetario’. Chiusi in questa gabbia semantica non riusciamo neppure a intravedere quanto sia restrittiva, addirittura punitiva, ostinata com’è nel negare dignità di occupazione profittevole per il singolo e per la comunità a qualsiasi altro nostro agire: adempiere ai nostri obblighi familiari, procurarci cibo sano che ci mantenga in salute, informarci adeguatamente, viaggiare, imparare cose nuove, in una parola diventare giorno per giorno persone e cittadini migliori e non solo ripetitori di gesti destinati a produrre ulteriori cose, materiali o no, il cui eccesso è ormai fin troppo evidente.stati_generali_lavoro7

La crisi, quella che ci attanaglia tutti, è in questa accezione soprattutto crisi di senso, che sempre più persone avvertono e cercano di contrastare, inventandosi strade e soluzioni. Per farlo bisogna certo ripensare anche all’idea di consumo, di spesa e di reddito, ma anche avere la possibilità di superare il ricatto della dipendenza dall’impiego pressoché totale del nostro tempo solo per avere, come si suol dire, di che vivere. In quest’ottica la richiesta di un reddito di cittadinanza che sancisca il diritto a esistere diventa pressante, necessaria, imprescindibile. Questo gruppo vuole discutere e sintetizzare i temi esposti per contribuire alla formulazione della proposta di cambiamento concreto che è lo scopo degli Stati Generali del Lavoro”.

Sono invitati a partecipare agli Stati Generali del Lavoro tutti coloro che condividono queste idee.

Per iscriversi basta andare qui, ma vi sarò grata se me ne darete comunicazione via mail così che sappia la consistenza del gruppo che via via si forma.

Ulteriori informazioni sono sul sito di Etinomia e sulla pagina Facebook dell’ evento.

Fonte: il cambiamento

Caro bolletta energetica: è colpa delle fonti fossili e dei costi non detti

Secondo uno studio presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, gli italiani spendono per l’energia (elettricità, gas e carburanti) il 18% in più rispetto alla media europea. La colpa non è degli incentivi alle rinnovabili, ma dei sussidi alle fonti fossili e dei costi occulti per nucleare e carbone375603

La “bolletta energetica” pagata da famiglie e imprese in Italia è del 18% più alta rispetto alla media europea e allineare i prezzi dei prodotti energetici italiani (energia elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei permetterebbe di risparmiare 25 miliardi di euro ogni anno. A incidere così tanto sui costi, non solo le tasse elevate, ma anche una dipendenza dai combustibili fossili tra le più alte in Europa. Queste sono solo alcune delle valutazioni che emergono dal dossier presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso del convegno “I costi dell’energia in Italia”, organizzato in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013. Il documento trae ispirazione dall’analisi comparativa dei prezzi dei prodotti energetici, arrivando a stimare una bolletta di gas, elettricità e carburanti pagata dagli italiani nel 2012 di oltre 160 miliardi di euro. Si tratta di un valore in crescita, a causa dell’aumento dei prezzi petroliferi, del 10% rispetto all’anno precedente, nonostante la contrazione dei consumi. L’analisi, in particolare, evidenzia come le famiglie siano particolarmente penalizzate nei consumi di gas naturale, che pagano dal 24 al 35% in più della media europea (circa 300 euro/anno per famiglia). Le imprese, specie quelle medio-piccole, risentono invece degli alti costi dell’elettricità, dovendo fare i conti con un kWh dal 30% fino all’86% più della media europea. A questo si aggiunge che i prezzi di benzina e diesel, che rappresentano la voce principale di spesa della bolletta energetica, sono mediamente più alti del resto d’Europa e questo differenziale è aumentato in modo sensibile negli ultimi anni. “Quello energetico – ha detto Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – è uno dei settori produttivi più importanti a livello nazionale, con un giro d’affari, in crescita, attorno al 20% del PIL e quasi mezzo milione di posti di lavoro creati. Renderlo più efficiente dal punto di vista economico riducendo i costi dell’energia per il Paese richiederà, ad esempio, di intervenire sul mix energetico riducendo la dipendenza dai fossili che, negli ultimi vent’anni, è già costata al Paese 45 miliardi di euro in più, tutti soldi dati all’estero, e che se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 Mld€.”
Il peso dei fossili

L’alta dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili, che soddisfano l’82% della domanda interna, uno dei valori più alti in Europa, ha rappresentato il primo driver dell’aumento dei prezzi energetici negli ultimi anni: tra il 2000 e il 2012 i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 200% (triplicati), quelli del carbone del 160% e del gas sul mercato europeo di circa il 300%. A parità di consumi e al netto dell’inflazione la fattura pagata dall’Italia per l’import dei fossili è passata da metà degli anni ’90 a oggi da 20 a 65 Mld€. Gli scenari mondiali più accreditati prevedono che per i prossimi vent’anni i prezzi dei fossili, a meno che non si riduca drasticamente la domanda, rimarranno alti o addirittura continueranno a crescere, sancendo la fine dell’epoca dei combustibili fossili a basso costo. Il dossier rivela come negli scenari internazionali l’effetto dello shale gas americano si vada ridimensionando rispetto alle aspettative iniziali, con prezzi del mercato americano che riprenderanno a crescere, benché ancora molto più bassi di quelli europei; ma anche come secondo il Dipartimento dell’Energia statunitense la generazione elettrica da carbone e nucleare sia più costosa del gas o del vento.
I costi non detti

Ma i prezzi dei prodotti energetici non dicono tutto circa i costi che i cittadini e le imprese devono pagare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. La Fondazione propone per questo di passare da una analisi dei prezzi a una dei veri costi dell’energia, includendo ad esempio i sussidi che in Italia vengono pagati ai combustibili fossili, attraverso agevolazioni fiscali o quant’altro, e che, a differenze di quelli per le rinnovabili, non rientrano in bolletta e non contribuiscono a formare i prezzi dell’energia (ma vengono comunque pagati dai cittadini e dalle imprese ad esempio attraverso la fiscalità generale). Eppure questi sussidi non vengono monitorati dal Governo, nonostante siano ingenti: secondo l’OCSE sono 2,1 miliardi di euro l’anno su alcuni settore chiave, che salgono secondo il Fondo Monetario Internazionale a 5,3 Mld€/anno includendo altre voci tra cui alcune esternalità. E sono proprio le esternalità l’altra voce importante dei costi nascosti dell’energia. Anche in questo caso non esistono studi ufficiali sull’argomento, ma una ricerca condotta sulla Germania stima che l’inclusione dei costi esterni, a carico principalmente di nucleare e carbone, farebbe aumentare la bolletta energetica di 40 miliardi di euro, con un +40% per una famiglia tipo.
Il peso delle rinnovabili

Il dossier prende anche in esame l’incidenza degli incentivi alle rinnovabili sui prezzi e sui costi dell’energia in Italia analizzando i costi diretti, i costi e i benefici indiretti e le implicazioni sul piano strategico. Per quanto riguarda i costi diretti, gli incentivi alle rinnovabili del settore elettrico (che rappresentano la maggior parte degli incentivi) hanno raggiunto nel 2012 circa 10 milardi di euro, il 16-17% della bolletta elettrica nazionale. Ma questi hanno inciso sull’aumento del prezzo del kWh degli ultimi anni solo per il 33%, mentre per il 57% questo è stato causato dall’aumento dei prezzi dei fossili. Sul piano dei costi e dei benefici indiretti il saldo economico è senz’altro positivo. Tra i benefici da ascrivere alle rinnovabili c’è infatti la riduzione del prezzo medio orario dell’energia elettrica (a maggio si è quasi dimezzato tra il 2006 e il 2012) e la creazione di ricchezza e occupazione nazionale (su 1000 euro spesi sulle rinnovabili ne rimangono in Italia 500-900, mentre su 1000 euro investiti sulla produzione elettrica da gas ne restano sul territorio nazionale 200, il resto va alle economie straniere). Per non parlare poi del lato ambientale: 70Mt di CO2 risparmiate ogni anno e un minore inquinamento atmosferico.

“Il settore energetico è nel pieno di una trasformazione epocale, e se come Paese non saremo in grado di comprenderne a pieno tutte le implicazioni e operare le scelte più giuste, rischieremo alla fine di pagare un conto molto alto. – afferma Andrea Barbabella, responsabile Energia per la Fondazione – Quello dei costi dell’energia è un tema strategico che va affrontato seriamente, anche perché tali costi sono molto probabilmente destinati a crescere e a incidere sempre di più sulla nostra economia. Guardare solo ai prezzi dei prodotti energetici è fuorviante, e i risultati di una analisi esaustiva sui veri costi dell’energia potrebbe fornire una rappresentazione molto diversa da quella usuale, con una situazione per l’Italia molto migliore di quanto generalmente si pensi.”

 

Scarica il dossier della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile [3,30 MB]

I Costi dell’energia in Italia – Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile

 

Fonte: eco dalle città