Too Good to Waste: ecco come gli “scarti” combattono lo spreco di cibo

Una giovane azienda emiliana impegnata nell’elaborare soluzioni per ridurre gli sprechi e favorire l’economia circolare ha lanciato un progetto chiamato Too Good to Waste, che attraverso l’impiego di scarti alimentari ha messo a punto una tecnologia in grado di allungare la vita dei prodotti freschi. Nel mondo si spreca molto cibo, troppo. Secondo recenti stime della FAO, ben un terzo di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato lungo la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo. E le cose stanno peggiorando: secondo autorevoli stime, lo spreco alimentare è in crescita, e nel 2030 toccherà ben il 40% del cibo prodotto a livello globale. Una situazione chiaramente insostenibile, sia in termini ambientali – produrre cibo comporta l’uso di risorse naturali, come ad esempio acqua e suolo, e provoca l’emissione di CO2 – sia economici e industriali, poiché una filiera così inefficiente genera costi a carico di aziende e consumatori. Ancora, lo spreco alimentare è inaccettabile da un punto di vista morale, considerando che nel mondo le persone denutrite sono quasi 700 milioni.

Packtin dà il suo contributo a invertire il trend, attraverso Too Good to Waste, progetto finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Packtin è una piattaforma tecno-scientifica per la valorizzazione a 360° dei sottoprodotti agroindustriali, è stata fondata da un team di ricercatori specializzati in microbiologia dell’UNIMORE e ha sede a Reggio Emilia. Packtin sta sviluppando in Emilia-Romagna un impianto-pilota per scomporre i sottoprodotti agro-industriali – cioè quelli che erroneamente vengono definiti scarti agroalimentari, come le bucce di pomodoro o il pastazzo di arancia –, rendendoli disponibili come nuove materie prime per il mercato e per la creazione di prodotti naturali di qualità da usare nell’industria alimentare.

«Spesso le bucce di pomodoro, di carota o il pastazzo di arancia vengono definiti “scarti” dai non-addetti ai lavori», spiega Andrea Quartieri, COO e co-fondatore di Packtin. «In realtà questi sottoprodotti hanno un enorme potenziale a beneficio delle persone, perché contengono vitamine, fibre e antiossidanti preziosi per la salute umana, e dai molteplici impieghi».

E uno dei campi di applicazione più interessanti per le nuove materie prime recuperate da Packtin è la creazione di rivestimenti commestibili e biodegradabili per frutta e verdura fresche allo scopo di migliorarne quella che gli addetti ai lavori chiamano shelf-life (vita di scaffale), agendo sulla maturazione o sulla protezione dalle infezioni microbiche. L’obiettivo del progetto Too Good to Waste è ottimizzare la composizione di rivestimenti per il trattamento di due prodotti d’eccellenza del settore ortofrutticolo italiano: i pomodori e le arance. Partendo dalle fibre e dagli estratti naturali ottenuti con il già citato impianto-pilota, Packtin sta sviluppando, rivestimenti biodegradabili, commestibili e facilmente lavabili che possano costituire un’alternativa ai trattamenti oggi utilizzati, come la ceratura per gli agrumi, che peraltro rende la buccia non edibile. La combinazione di fibre naturali ed estratti vegetali con funzioni antiossidanti e antimicrobiche può diminuire la percentuale di prodotti scartati rallentando la maturazione e proteggendo dagli agenti infettivi, con un ovvio calo degli sprechi a beneficio del pianeta, dei consumatori e delle aziende.

«Questi rivestimenti migliorano la vita post-raccolta degli alimenti ortofrutticoli, che di solito “durano” pochi giorni», spiega Quartieri. «Com’è noto, il settore ortofrutticolo subisce grosse perdite lungo la filiera, dal campo alla tavola. Attraverso il progetto Too Good to Waste la nostra tecnologia, “allungando la vita” a frutta e verdura, permette di migliorare la gestione del prodotto fresco in modo da ridurre gli sprechi durante le fasi di lavorazione, stoccaggio, trasporto, vendita e infine consumo».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/09/too-good-to-waste/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ispra: ‘La principale causa di spreco alimentare è la sovrapproduzione di eccedenze’

ISPRA pubblica il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”: “Ad ogni incremento di fabbisogno, corrisponde un aumento maggiore di offerte e consumi, innescando la crescita dello spreco (+3,2% ogni anno)”

La principale causa di spreco alimentare è la sovrapproduzione di eccedenze; ad ogni incremento di fabbisogno, corrisponde un aumento maggiore di offerte e consumi, innescando la crescita dello spreco (+3,2% ogni anno). A questo, si associa l’aumento delle disuguaglianze (anche in Italia): nel mondo, 815 milioni di persone soffrono la fame e 2 miliardi la malnutrizione, mentre vi sono quasi 2 miliardi di persone in sovrappeso. In Italia, per ristabilire condizioni di sicurezza alimentare, gli sprechi complessivi dovrebbero essere ridotti di almeno il 25% degli attuali. Lo spreco alimentare genera effetti socio-economici e ambientali molto significativi. Ad esso sono infatti associate emissioni di gas-serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate (Gt) di anidride carbonica (CO2), pari a oltre il 7% delle emissioni totali (nel 2016 pari a 51.9 miliardi di tonnellate di CO2). Se fosse una nazione, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto dopo Cina e USA nella classifica degli Stati emettitori. In occasione della Giornata nazionale per la Prevenzione dello spreco alimentare, ISPRA pubblica il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”. Il Rapporto (link in basso) è frutto di due anni di valutazione e analisi dei più recenti dati scientifici e informazioni della letteratura internazionale, che ci indicano come nel mondo lo spreco sia in aumento. La prevenzione e la riduzione dello spreco di alimenti sono considerate dalle Nazioni Unite e dalle altre istituzioni internazionali tra le principali strade da percorrere per la tutela dell’ambiente e il benessere sociale. Lo spreco alimentare è infatti tra le maggiori cause della crisi ecologica, per l’alterazione dei processi geologici, biologici e fisici, tra cui il ciclo del carbonio, dell’acqua, dell’azoto e del fosforo.

Secondo la FAO, circa un terzo del cibo commestibile globale è perso o sprecato. Il 56% dello spreco si concentra nei paesi industrializzati, il restante 44% nei paesi in via di sviluppo. Fermo restando l’attuale livello dello spreco, per soddisfare la crescente domanda di cibo legata alle dinamiche demografiche (10 miliardi di persone entro il 2050), la produzione e la distribuzione di cibo dovrà aumentare del 50%. Questo potrà verificarsi aumentando da un lato la produzione per unità di superficie, dall’altro aumentando la superficie delle aree coltivate a scapito del capitale naturale e dei benefici offerti dalla natura. Di conseguenza, la riduzione dello spreco alimentare è una strategia chiave per ridurre le pressioni sugli habitat naturali e sulle varie componenti dell’ambiente. Tra i risultati del Rapporto ISPRA, emerge che per garantire la tutela ambientale è urgente puntare su un uso responsabile del consumo di suolo e sull’inversione dell’abbandono di aree rurali, che interessa gran parte dei Paesi industrializzati, nonché alla riconversione della produzione, favorendo l’agroecologia, la scienza che applica i principi dell’ecologia alla pianificazione e gestione dei sistemi agricoli e altri metodi estensivi tra cui l’agricoltura biologica. Essa riduce gli impatti ambientali e produce in modo durevole più nutrienti valorizzando l’agro-biodiversità, ossia l’insieme delle diversità biologiche rilevanti per l’agricoltura tra cui le varietà di vegetali, razze animali, insetti e microrganismi utili. Per permettere questa trasformazione è perciò necessario in parallelo ridurre lo spreco alimentare nelle sue varie forme, le quali oltre ai rifiuti alimentari comprendono tra l’altro la sovralimentazione (in forte aumento), gli usi non alimentari (es.: biocombustibili), le perdite nette nell’alimentazione degli allevamenti animali. Quest’ultima è la componente maggiore di spreco: circa il 40% di tutta la produzione commestibile da cui derivano i consumi alimentari in Italia. Si tratta perciò anche di ridurre i fabbisogni totali e favorire diete con più prodotti vegetali, meno derivati animali. Meno quantità e più qualità.

Fondamentale è il ruolo della ricerca, nazionale e internazionale. La discussione in corso sugli indirizzi del programma quadro UE di ricerca per il 2021-2027, è un’occasione rilevante per un focus sulla prevenzione dello spreco alimentare. E’ importante stabilire sinergie con altre competenze, soggetti e istituzioni per attuare impegni internazionali come quello dell’Agenda ONU 2030 che prevede di ridurre a livello globale i rifiuti alimentari nelle filiere di fornitura e dimezzarli nelle fasi finali, tramite modelli di produzione e consumo equi e sostenibili.

Rapporto

fonte: ecodallecitta.it

Zero salvaguardia e prevenzione del territorio, spreco di denaro pubblico e la gente continua a morire

È risaputo: l’ambiente è un tema semi-inutile che appassiona solo i protettori delle foche monache… Ancora meno interessano veramente i cambiamenti climatici, l’effetto serra e tutto ciò che questo comporta; anche questi sono temi che appassionano i soliti catastrofisti…

Porta voti parlare o fare qualcosa in questo senso? No, e allora facciamo passare “la nuttata” e poi avanti tutto come prima. Intanto però la gente continua a morire, si contano già decine di vittime della furia della natura di questi giorni e la stessa Protezione Civile, non i catastrofisti ambientalisti, ha parlato di devastazione apocalittica in merito alla situazione al nord est e nel bellunese in particolare con venti che sono arrivati fino a 180 km orari, cosa mai vista prima e ci sono ancora migliaia di famiglie isolate e al buio.

Ci si accorge che si ha a che fare con qualcosa che travalica ogni nostra possibile immaginazione, come i giapponesi che costruiscono le centrali nucleari in riva al mare e poi si stupiscono se arriva uno tsunami, che gli umani ritenevano impossibile di quelle dimensioni e distrugge tutto.

Non si salva nessuno, nemmeno quel nord est motore della crescita, ricchissimo, preso sempre a modello dagli adoratori del PIL che però nulla può di fronte alla natura che fa esattamente quello che gli pare, come purtroppo tristemente abbiamo già ricordato più volte. Le risposte della natura alla nostra criminale cecità colpiscono ovunque e nemmeno la ricchezza, i soldi la fermano.

E già il fatto che nessuno è e sarà immune alle sue pesanti risposte ai nostri attacchi contro di lei, dovrebbe fare agire immediatamente, perché continuare a pensare che si possa fare dell’ambiente quello che si vuole è idea letteralmente sucida. In Veneto si parla di milioni di alberi distrutti; ma in fondo che sarà mai… gli alberi ci regalano solo ossigeno per farci respirare, mica stiamo parlando di un problema serio come la forfora sui capelli… E ancora nel Veneto si prevede un miliardo di euro di danni e chissà quanti altri ancora in tutta Italia, ma questi soldi mica vengono conteggiati quando si fanno i famosi calcoli “costi-benefici” per decidere se aumentare di più o di meno l’effetto serra con una qualsiasi grande, inutile e inquinante opera energetica. Eppure sono soldi sonanti quelli che paghiamo noi per rimediare ai danni di chi ragiona solo e unicamente in termini di convenienza. Convenienza per i soliti noti, non certo nostra.  La Sicilia riceve quantità impressionanti di soldi pubblici dallo Stato e dall’unione Europea e per inciso con le sue potenzialità geoclimatiche e la sua spettacolare agricoltura è una delle regioni più ricche al mondo, quindi non avrebbe certo bisogno di valanghe di soldi. I politici della Giunta regionale siciliana sono fra i più pagati della galassia, c’è una quantità di forestali impiegati nella regione che ci si potrebbe monitorare tutta Europa, abbiamo tecnologie sofisticatissime che potrebbero individuare ogni più piccolo movimento di sasso sul territorio ma non si riesce a monitorare, prevenire, proteggere e salvare persone che a casa loro vengono travolte e uccise da un fiume che esce dagli argini.

Si piangeranno i morti, ognuno dirà che la colpa è di qualcun altro e avanti così, sempre peggio. Ma quali stragi devono ancora accadere perché si capisca che la manutenzione, la salvaguardia del territorio è fondamentale? La ricchezza dell’Italia non sono le “fabrichette e fabbricone” che producono troppo spesso cose del tutto superflue e inquinano a più non posso; la ricchezza dell’Italia è costituita dal nostro territorio, il nostro cibo, la nostra bellezza paesaggistica. Da lì bisogna partire, con una formazione a tappeto della popolazione, delle scuole, sulla tutela del territorio che non è una discarica o un posto dove cementificare ovunque anche in posti dove la pericolosità è altissima.

Con tutti i disoccupati che abbiamo, ma perché non puntare sull’ambiente, sulle enormi risorse naturali che abbiamo e che ci darebbero solo vantaggi da ogni punto di vista? Perché non destinare i soldi che ora vanno agli uffici per l’impiego, che attualmente sono soldi buttati, per pagare invece direttamente persone che lavorino nel campo ambientale, della salvaguardia del territorio? E’ così ovvia, banale, semplice e fattibile la cosa che probabilmente non si farà nulla in questo senso. Visto che non sono purtroppo in tanti a dire queste cose che riteniamo fondamentali, noi ci ritorneremo sempre, martelleremo finché potremo perché ne va della nostra vita e di quella delle prossime generazioni che non possono essere ignorate da chi ha soldi, potere per decidere e intervenire e non fa nulla. Figli e nipoti di chi doveva e poteva agire e non lo ha fatto, un giorno diranno ai loro padri o nonni: “Potevi fare e non hai fatto e ora per me non c’è nessun futuro e pago le gravi conseguenze della tua ignavia, del tuo menefreghismo, della tua idiozia.”

Fonte: ilcambiamento.it

Ogni anno in Europa si sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo

In Europa sprechiamo 88 milioni di tonnellate di cibo ogni anno in media e la parte del leone la fanno frutta e verdura. La maggior parte di questi sprechi sarebbe evitabile se solo maturassero nei cittadini coscienza civica e buone pratiche.9927-10716

Secondo le stime della FAO, un terzo del cibo prodotto a livello mondiale per il consumo umano va sprecato, nella sola Europa ogni anno se ne sprecano circa 88 milioni di tonnellate, per un costo stimato in circa 143 miliardi di euro l’anno. E a fare il punto, nello specifico, sullo spreco di frutta e verdura è uno studio curato dal Joint Research Centre della Commissione Europea (JRC), che fa il punto sul settore frutta e verdura che contribuisce a quasi il 50% degli sprechi alimentari generati dalle famiglie della UE a 28 Stati; si stima che ogni persona riduca in rifiuto 35,3 kg di frutta e verdura all’anno, 14,2 kg dei quali sarebbero evitabili. La prima differenziazione che fa lo studio è tra il non commestibile, o rifiuto inevitabile, e il commestibile, che diventa rifiuto a causa di comportamenti di acquisto e consumo sbagliati. Sono stati presi in esame 51 tipi di frutta e verdura acquistati, consumati e sprecati nel Regno Unito, Germania e Danimarca nel 2010, arrivando alla conclusione che 21,1 kg di rifiuti pro capite sarebbero inevitabili e 14,2 kg evitabili. In media, il 29% (35,3 kg per persona) di frutta e verdura fresca acquistata dalle famiglie è sprecato, e di questo il 12% (14,2 kg) potrebbe non venire gettato. Gli autori rilevano differenze a causa dei diversi livelli di comportamenti nei consumi, legati essenzialmente a fattori culturali ed economici, che influenzano direttamente la quantità di rifiuti generati. Per esempio, i dati mostrano che sebbene gli acquisti di verdure fresche siano più bassi nel Regno Unito rispetto alla Germania, la quantità di rifiuti inevitabili generati pro-capite è quasi la stessa, mentre la quantità di rifiuti evitabili è più alta nel Regno Unito.

Il problema, dunque, non è di poco conto. In proposito, la Commissione Europea sta predisponendo la seguente serie di azioni:

– elaborazione, entro marzo 2019, di una metodologia comune europea per misurare coerentemente i rifiuti alimentari, in cooperazione con gli Stati membri e le parti interessate;

– utilizzo di una piattaforma sulle perdite e gli sprechi alimentari che riunisce organizzazioni internazionali, organi dell’UE, Stati membri, attori nella catena alimentare, per contribuire a definire le misure necessarie, facilitare e sviluppare la cooperazione, analizzare l’efficacia delle iniziative di prevenzione degli sprechi alimentari, condividere le migliori pratiche e i risultati raggiunti;

– adozione di linee guida per facilitare la donazione di cibo e la valorizzazione di alimenti non più destinati al consumo umano come alimenti per animali, senza compromettere la sicurezza di alimenti e mangimi;

– esaminare i modi per migliorare l’uso della marcatura delle date di scadenza e la loro comprensione da parte dei consumatori.

Non è detto che tali misure siano destinate a funzionare, anche perché gli interventi “dall’alto” non sempre sono veloci ed efficaci e non sempre sortiscono effetti significativi. La cosa più importante sarebbe che ogni persona, ogni cittadini maturasse la consapevolezza che non è più momento per potersi permettere di sprecare nulla.

Fonte: ilcambiamento.it

Torino: nelle scuole dei comuni Covar14 si impara anche a non sprecare il cibo

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Alle ormai tradizionali lezioni su raccolta differenziata e compostaggio domestico si affianca una nuova tipologia di intervento volta a sensibilizzare sul tema dello spreco alimentare. E’ in pieno svolgimento da un mese circa, il progetto scolastico gestito da Achab Group “La differenza si (ri)fa a scuola”, erede di quello dello scorso anno ed ennesima edizione, come da tradizione ormai pluriennale per Covar14, di interventi di educazione ambientale presso i plessi scolastici (scuole dell’infanzia, primarie e secondarie) dei 19 comuni consorziati (area sud ovest di Torino). Grande successo ha avuto l’iniziativa del Consorzio di affiancare alle ormai tradizionali lezioni su raccolta differenziata e compostaggio domestico una nuova tipologia di intervento (per le primarie e le secondarie di primo grado) ovvero quella volta a sensibilizzare sul tema dello spreco alimentare. Una visione proposta ai bambini che va dalll’impatto della produzione globale di cibo fino alla gestione del frigo di casa propria e che ha raccolto le preferenze di più di 100 classi. In totale (da segnalare anche la novità di lezioni sui RAEE per le scuole secondarie di primo grado) sono aumentate le adesioni rispetto allo scorso anno con ben 215 lezioni in classe, 37 laboratori di compostaggio domestico e 17 classi aderenti (anche superiori) a visite a impianti del territorio (termovalorizzatore del Gerbido o Ecocentri consortili). Per un totale di circa 4.500 studenti coinvolti e 269 attività. Tira le somme Leonardo Di Crescenzo, presidente del Consiglio di Amministrazione di Covar14 : “Il confronto con i 215 appuntamenti del 2016 prova che, anno per anno, cresce la sensibilità degli insegnanti verso questo argomento e le scuole si mettono in gioco per fare la loro parte. La loro collaborazione per la nostra attività è molto importante e proporre loro un’iniziativa che riscuote gradimento è un motivo di orgoglio”.

Come al solito l’offerta didattica è integrata da materiali informativi per gli insegnanti (spreco alimentare e RAEE i temi) e alunni con un opuscolo sul rifiuto organico a 360° (dalla raccolta differenziata al compostaggio, oltre che utili consigli per evitare lo spreco degli alimenti) e con interessanti pieghevoli sempre a tema RAEE e riciclo degli imballaggi.

Fonte (testo e foto): Achab Group

 

Quartieri Ricicloni: cittadinanza attiva contro lo spreco. I vincitori del bando per micro-azioni locali di Milano

I tre vincitori: l’Associazione Kamba che propone “afro food and culture”; l’associazione Namasté (un film festival sul cibo e attività per i prodotti locali e biologici); “Orto Comune Niguarda”, che propone corsi per insegnare a raccogliere e conservare gli ortaggi

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Si è tenuta mercoledì 28 settembre la tavola rotonda: “Food Policy, buone pratiche locali e Commercio Equo Solidale: proposte e soluzioni per un sistema alimentare più equo e sostenibile”, con la premiazione del concorso “Microazioni per la creazione di un sistema alimentare locale più equo e sostenibile” . Si tratta di uno dei numerosi step del progetto Milano Food Policy, che negli ultimi due anni ha visto la costruzione di una ricerca sul territorio mirata a definire usi e costumi della città in campo di cibo e a delineare delle linee  di indirizzo per garantire cibo sano per tutti, promuovere la sostenibilità del sistema alimentare e lottare contro gli sprechi. Le linee di indirizzo milanesi, condivise da 129 capitali mondiali, sono recuperabili sul sito www.milanofoodpolicy.org. Dopo una serie di interventi a cura dell’assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia, Mauro Parolini, a sostegno del Commercio Equo e Solidale, la presentazione della Milano Food Policy a cura dell’assessore alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse Umane del Comune di Milano, Cristina Tajani, e agli interventi di Giovanni Paganuzzi, presidente di Equo Garantito e Stefano Magnoni della Cooperativa Choc Mendes, antesignana nell’avvio del commercio equo e solidale, si è arrivati al momento clou, quando sono stati nominati i vincitori. “Tre idee che dimostrano come sia possibile, anche in una realtà complessa e variegata come quella del commercio, introdurre progetti imprenditoriali e buone pratiche capaci di fondere attenzione per gli altri, ricerca e etica”, ha dichiarato l’assessore Cristina Tajani, Una visione del commercio in cui imprenditori, consumatori e fruitori dei servizi tornano a dialogare secondo principi di responsabilità sociale e ambientale senza rinunciare alla creatività e all’innovazione. “Come Amministrazione siamo impegnati nel diffondere modelli e buone pratiche che possano contribuire a sensibilizzare tutti i cittadini alla lotta agli sprechi e ad un consumo più consapevole”.

I tre vincitori: su 3476 votanti è risultata in testa l’Associazione Kamba con 697 click (20,05%), che propone “afro food and culture” con attività di ristorazione e formazione di alta cucina angolana, coinvolgendo giovani migranti e profughi. Un progetto realizzato dall’associazione Kamba, in collaborazione con Biofficina cooperativa e Boston Group. Seconda classificata l’associazione Namasté con 557 click (pari al 16,02%), che propone un film festival sul cibo e numerose altre attività per incentivare il consumo di prodotti locali e biologici. Terza, con 495 click (14,24%), l’associazione Orto Comune Niguarda che intende, tra le altre cose, avviare corsi per insegnare a raccogliere e conservare gli ortaggi, riducendo gli sprechi. Ad ognuno dei progetti vincitori è andato un premio di 2.500 euro a sostegno dell’iniziativa. Noi di Giacimenti Urbani, che abbiamo partecipato nell’ambito di Quartieri Ricicloni: cittadinanza attiva contro lo spreco, siamo arrivati quarti con 432 click (12,43% ) con Recup, il bel progetto di recupero del cibo nei mercati portato avanti da Ilaria Piccardi e Federica Canaparo, assieme a Rebecca Zaccarini e ad un gruppo di aiutanti. Dobbiamo far presente che in molti ci hanno segnalato delle difficoltà (negli smartphone non compariva per intero la lista dei progetti) e delle anomalie (in molti dicono che era possibile votare più volte) durante le votazioni. Nel caso di una prossima occasione, sarebbe utile mettere a punto un sistema di votazione più equo (e garantito…).

Fonte: ecodallecitta.it

 

 

Traffico, sono 19 le ore spese in coda nel 2015. Milano si conferma maglia nera

L’Italia è al decimo posto dei paesi più trafficati d’Europa. Ogni anno 19 ore si sprecano in coda e Milano si conferma maglia nera, seguita da Cagliari, Roma e Napoli.

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Il Traffic Scorecard 2015, l’ultimo rapporto stilato da INRIX, il leader globale nelle tecnologie per auto connesse e per l’analisi dei dati sul traffico, rappresenta il punto di riferimento per amministrazioni e città, in Europa e negli Stati Uniti, per la misurazione dei progressi nella mobilità urbana. Il rapporto analizza i livelli di congestione in 96 città europee nel corso del 2015. I livelli di traffico in Italia sono complessivamente in calo per il secondo anno consecutivo: gli automobilisti hanno speso in media 19 ore fermi in coda, un’ora in meno rispetto al 2014. Nonostante questa diminuzione, l’Italia resta al decimo posto nella classifica dei Paesi più congestionati in Europa, al cui vertice si colloca il Belgio, con 44 ore perse nel traffico. Milano si conferma ancora una volta come la città più trafficata in Italia, con una media di 52 ore perse negli ingorghi da parte degli automobilisti in un anno, più del doppio di quanto succede a Cagliari, la seconda città più congestionata in Italia. Il tempo mediamente speso nel traffico a Milano è sceso tuttavia di cinque ore nello scorso anno, la maggior riduzione registrata in tutte le città italiane. Nella classifica delle città europee più congestionate, Milano è scesa dal settimo posto nel 2014 al decimo posto del 2015. Per il secondo anno consecutivo, Londra si è confermata la capitale degli ingorghi a livello europeo. Delle 13 città italiane analizzate sono sei quelle che hanno registrato un declino nei livelli di traffico. Gli automobilisti di Roma hanno speso in media 2 ore in meno in coda rispetto al 2014, un fattore che ha fatto scendere la Capitale dal secondo al quarto posto nella classifica italiana delle città più trafficate. Altre riduzioni sono state registrate a Firenze (-3 ore), Torino (-2), Brescia (-2) e Bologna (-1).1

L’Italia ha mostrato dei segni di recupero economico, con un aumento del PIL dell’1,5% e della fiducia delle imprese. Mentre il tasso di disoccupazione è sceso all’11,9%, in calo rispetto al 12,7% del 2014, la disoccupazione giovanile ha raggiunto il livello record del 44,2%. Nonostante la crescita moderata e l’incremento del 16% del numero di immatricolazioni delle auto nel 2015, il traffico in Italia ha continuato a diminuire, in parte grazie anche alla crescita dell’economia del car sharing. Gli affitti di auto sono cresciuti del 18% nel 2015 in Italia e i veicoli acquistati per finalità di noleggio rappresentano circa il 20% del totale del mercato. Anche gli investimenti nel trasporto pubblico hanno contribuito a ridurre i livelli di traffico. A Milano sono state aperte 10 stazioni della nuova linea della metropolitana M5 Lilla, utilizzata da più di 130.000 passeggeri al giorno[viii]. Roma ha registrato un leggero aumento nel car sharing pubblico e anche il trasporto pubblico ha potuto usufruire di miglioramenti in termini di nuove stazioni e passeggeri serviti. Bologna ha registrato un aumento dell’8,9% degli abbonamenti mensili ai servizi di trasporto pubblico locale,a Torino il numero dei passeggeri della metropolitana è aumentato del 3%, mentre l’incremento dell’utilizzo di mezzi pubblici a Brescia è stato del 5%.

I livelli di traffico in Italia sono in calo per il secondo anno di fila, una riduzione influenzata dalla lenta ripresa economica e dai miglioramenti nei sistemi di trasporto pubblico nelle principali città che hanno provocato una riduzione della necessità di spostamento su strada”, ha dichiarato Bryan Mistele, Presidente e Ceo di Inrix. Le strade più congestionate d’Italia. Il rapporto Traffic Scorecard 2015 di INRIX ha anche identificato le peggiori strade per livelli di traffico in Italia, oltre agli orari peggiori per percorrerle. 12 delle 20 strade più congestionate in Italia si trovano nell’area di Milano. Gli automobilisti che hanno percorso il tratto di 17,24 km della A4 compreso tra l’allacciamento con la A8 e la Tangenziale Nord di Milano hanno perso una media di 38 ore nel traffico. Al di fuori dell’area milanese, il tratto stradale che ha registrato più ingorghi è la A55 a Torino: gli utenti che hanno percorso la distanza di 17,33 km tra l’allacciamento con la A5 e l’interconnessione con la Tangenziale Sud hanno speso una media di 15 ore in coda.2

Confronti tra italia ed europa. Dei 13 Paesi europei analizzati, nel corso del 2015 il 70% ha registrato una riduzione nei livelli di congestione. Un risultato che può essere attribuito alla lentezza dell’economia europea, con una crescita media del PIL trimestrale dello 0,3% nella seconda metà dell’anno, che resta inferiore al picco precedente alla crisi del 2008. Il Belgio si è collocato in cima alla classifica, con una media di 44 ore perse nel traffico da parte degli automobilisti, davanti a Olanda (39 ore), Germania (38 ore) e Lussemburgo (34), seguite dalla Svizzera che passa dalla sesta posizione dell’anno precedente alla quinta del 2015. La situazione del traffico nelle città europee. Londra è in cima nella classifica delle città europee con più ingorghi, gli automobilisti nella capitale britannica restano in coda nel traffico per una media di 101 ore, più di 4 giorni. Il maggior incremento del traffico è stato rilevato a Stoccarda, che ha raggiunto una media di 73 ore perse nel 2015, con un aumento del 14% rispetto al 2014. A Bruxelles, la città con più traffico in Europa nel 2012 e nel 2013 e collocatasi seconda dietro Londra nel 2014, si sono registrati cali significativi: con 70 ore perse nel traffico in seguito a una riduzione di più di 4 ore rispetto al 2014 la città belga è scesa al quinto posto in classifica. Confronto tra città europee e altri centri urbani a livello globale. Londra si colloca in testa alla classifica globale delle città piagate dal traffico, con un totale di 101 ore, seguita da Los Angeles (81 ore), Washington D.C. (75 ore), San Francisco (75), Houston (74), New York (73), Stoccarda (73), Anversa (71), Colonia (71) e Bruxelles (70). Gli automobilisti che percorrono le 10 peggiori strade a livello globale perdono in coda una media di 110 ore all’anno, più di 4 giorni e mezzo. Tra i paesi analizzati dall’Inrix Traffic Scorecard, gli stati uniti sono in cima alla classifica per numero di ore perse nel traffico – con una media vicina alle 50 ore nel 2015 – superando Belgio (44 ore), Olanda (39), Germania (38), Lussemburgo (33), Svizzera (30), Regno Unito (30) e Francia (28). Metodologia. I dati presenti nel rapporto INRIX Traffic Scorecard 2015 sono ottenuti a partire dalle informazioni sulle velocità di percorrenza stradale raccolte da più di un milione di strade e autostrade in 13 Paesi europei e 96 città nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015. Per accedere al rapporto, in cui è inclusa un’analisi dei tratti stradali più trafficati in Europa e negli Stati Uniti, visitare il seguente link: inrix.com/scorecard.

Fonte: ecodallecitta.it

Rifiuti urbani 2015 in leggero calo, ma crescono vetro e organico

Dai primi dati completi raccolti da Eco dalle Città, emerge che la produzione totale di Rsu è costante o in calo. Crescono vetro (+7,7% nel primo campione) e l’organico (+4%) anche a prescindere dall’estendersi del porta a portarifiuti

Il 2015 si è concluso e dai comuni italiani cominciano ad affluire i primi dati relativi alla produzione rifiuti. Per tentare di intercettare l’andamento stiamo raccogliendo i dati di alcune delle principali città italiane sparse su tutto lo stivale, dal Trentino alla Puglia. Un mix di città, virtuose e non, che rappresentino un campione significativo. La riduzione della produzione complessiva di rifiuti è un obiettivo indicato sia dall’Unione Europea che dal Ministero dell’Ambiente e, osservando i dati,  si nota innanzitutto che la produzione del 2015 non è aumentata rispetto al 2014, ma oscilla tra calo e stazionarietà. Sulle prime città prese in esame, in ben sette casi la produzione diminuisce, mentre nelle altre l’aumento va dal +0,14% di Napoli al +0,54 di Torino. Discorso a parte per Milano, dove non cala solo perché c’è stata Expo: si tratta del +1% rispetto al 2014 (sulle cifre provvisorie che abbiamo è +1,07%). Se invece si osservano le frazioni merceologiche relative alla raccolta differenziata, i dati più interessanti sono relativi a carta, vetro e organico. Quelli della carta fanno registrare un trend negativo omogeneo in tutte le città: siamo davanti ad un calo oramai fisiologico che va avanti da anni, legato soprattutto alla dematerializzazione di numerosi sistemi produttivi che hanno sostituito la carta con la digitalizzazione.  Invece l’organico e il vetro fanno registrare aumenti costanti in tutte le città. Ecco le cifre che abbiamo calcolato sulla base dei dati di Milano, Torino, Pisa, Trento e Pordenone: la frazione organica aumenta di poco più del 4%, mentre il vetro del 7,7%. Questi andamenti che si riferiscono solo a cinque città, dai nostri calcoli dovrebbero verificarsi mediamente su tutto il territorio nazionale, in attesa del riscontro con i dati definitivi di tutte le altre città italiane. Inoltre per meglio valutare questi spostamenti abbiamo calcolato, in base al campione preso in considerazione, che l’aumento medio della raccolta differenziata è stimabile intorno al 2%. L’aumento della frazione organica probabilmente è collegato al conclamato aumento dei consumi e probabilmente anche ad un conseguente spreco di cibo. Un dato che stupisce se lo si confronta con l’inchiesta Waste Watcher 2016, dalla quale emerge che la stragrande maggioranza degli italiani è sempre più sensibile al tema dello spreco alimentare e dichiara di modificare le proprie abitudini d’acquisto per prevenirlo.

Ecco città per città uno sguardo sui dati del 2015.

Trento. Nel 2015 il capoluogo trentino ha prodotto 51.802,57 tonnellate di rifiuti, il -3,22% in meno rispetto al 2014. Con una raccolta differenziata che dal 79,28% del 2014 è salita all’80,36%. Se si osservano i dati delle singole frazioni, quelli più significativi sono la carta e cartone che cala del -5%, raccolta organico -1,06%, mentre il vetro aumenta del 4,71%.

Pordenone. Nell’anno appena trascorso la quantità di rifiuti prodotti è calata del -4,73% rispetto al 2015. Facendo registrare una percentuale di raccolta differenziata dell’82,4%. Solo la raccolta della carta ha registrato una contrazione significativa, pari ad un -2,68%. Organico -0,41%

Firenze. La produzione totale dei rifiuti è pressoché stabile, registrando solo un +0,17% sul 2014. Con una percentuale di raccolta differenziata che si attesta la 53,95%. Anche qui assistiamo ad un calo della carta -3,64%, e un significativo aumento della frazione organica raccolta +5,41%.

Milano. Per quanto riguarda il capoluogo lombardo l’analisi si è concentrata solo sul secondo semestre del 2014 e 2015, in quanto nella prima metà del 2014 il sistema di raccolta era differente a quello attuale, e quindi per avere dati confrontabili a parità di stema di raccolta ( in sostanza con l’umido porta a porta) saranno considerati solo i dati della seconda metà del 2014 e 2015. Mentre la percentuale di raccolta differenziata in tutto il 2015 è del 52,7%. Anche a Milano risulta in calo la carta (-1,8%), mentre a crescere significativamente sono organico (+5,69%) e vetro (+5,25%). Ripetiamo: sui secondi sei mesi quindi a parità di sistema di raccolta

Torino. Dal 2014 al 2015 la produzione dei rifiuti è aumentata di poco (+0,54%). La raccolta differenziata nel 2015 è al 40,5% (il dato non è definitivo perché mancano i rifiuti differenziati prodotti da “terzi”). Era – al netto dei terzi – del 40,4 nel 2014. Come in tutte le altre città cala la raccolta di carta e cartone (-4,65%), mentre aumentano vetro e lattine (+11,8%), plastica (+3,32%) e organico (+1,8%).

Pisa. Anche qui la produzione dei rifiuti diminuisce (-6,22%) e la raccolta differenziata si attesta al 41,37%. Nel dettaglio delle frazioni aumentano carta e cartone (+1,42%) e organico (+4%).

Puglia. A Lecce la produzione dei totale dei rifiuti cala (-1,83%) e la raccolta differenziata raggiunge il 22,27%. Anche nei tre città della BAT provincia la produzione generale dei rifiuti diminuisce: a Barletta del -9,4% con una raccolta differenziata al 71,55%; Andria -2,06% con una raccolta differenziata al 64,89%,; mentre a Trani il calo è del -4,5% con una raccolta differenziata che si attesta al 20,56%. Per le città pugliesi non è possibile analizzare i dati delle varie frazioni, non perché il dato non sia disponibile ma perché tra il 2014 e il 2015 le quattro città hanno cambiato il loro sistema di raccolta dei rifiuti e quindi non è possibile ottenere un dato certo.

Napoli. La produzione generale dei rifiuti è quasi invariata (+0,14%) e cresce la raccolta differenziata che si attesta al 29,5%. Per quanto riguarda le singole frazioni, i dati raccolti non possono essere messi a confronto con le altre città. Infatti dal 2014 al 2015 la città di Napoli sta via via estendendo il porta a porta su tutto il territorio. Riportiamo comunque i dati in quanto significativi, e rappresentativi di come il cambio di metodologia nel sistema di raccolta sia fondamentale per una gestione ottimale dei rifiuti: carta +7,11%, plastica e metalli +85%, vetro +9,45% e organico +25%.

Genova i rifiuti urbani raccolti nel Comune di Genova nell’anno 2015 sono stati circa 304.000 tonnellate. Un calo del 2% rispetto al 2014. Mentre la percentuale di raccolta differenziata su base annua è di circa il 35,5%.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Chi “mangia” veramente con Expo?

Corruzione, inquinamento, spreco, cementificazione, questo è l’EXPO di Milano, da qualsiasi parte la si veda è una sciagura sul paese. L’editoriale di Paolo Ermani.

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Sulla corruzione che la magistratura ha fatto finora emergere è la solita litania di cifre pazzesche, indagati, scandali, mazzette, mafia assortita e così via. I costi sono lievitati esponenzialmente come al solito, rimarranno sulle spalle dei cittadini/sudditi e buonanotte ai suonatori; tanto mica siamo in crisi, abbiamo soldi da spendere noi italiani furbi e lungimiranti, che più siamo derubati e presi in giro e più insistiamo pervicacemente a dare carta bianca sempre agli stessi. Si calcola che nemmeno se arrivassero 20 milioni di visitatori, che è già numero miracoloso da raggiungere, si rientrerà delle spese. Se gli italiani e i milanesi fossero davvero in crisi, alla fame, non avrebbero mai permesso una simile follia. A queste kermesse dell’assurdo basta dare un nome che riecheggi un po’ qualcosa di nobile, che intenerisca i cuori così come gli esperti di marketing sanno molto bene, basta coinvolgere un po’ di personaggi impegnati nel sociale, nell’ambiente e poi il gioco è fatto e dietro ad una pseudo parvenza di sostenibilità si può fare di tutto. Come si fa a dire di sfamare il mondo, combattere gli sprechi quando Expo per sua natura è l’apoteosi dello spreco? Chi si “nutrirà” veramente grazie ad Expo? Guardate la lista degli sponsor ed è già tutto chiaro. Si parla di alimentazione e ci si inginocchia a sponsor come Mc Donald’s , fra le multinazionali peggiori, garanzia di devastazione ambientale e degli apparati digerenti, riempiti di cadaveri animali e chimica, altro che sostenibilità. Fiera che rispetta l’ambiente? Certamente, si cementifica tutto con massimo impiego di energia, soldi e risorse, poi rimarranno le solite cattedrali nel deserto a futura memoria. Si produrranno quantità inimmaginabili di rifiuti che alimenteranno i cancrovalorizzatori. E a proposito di rispetto per l’ambiente, quanto inquineranno i viaggi delle persone che verranno a vedere i monumenti dello spreco? Il settore turistico è uno dei più inquinanti del pianeta, ve le immaginate milioni di persone che usano l’aereo o l’auto per arrivare a Milano? Il massimo della purezza ambientale, non c’è che dire. Purtroppo, magari in buona fede, partecipano a questa assurdità anche gruppi e persone che pensano che, chissà, possa essere forse una occasione per comunicare qualche messaggio decente. Ma ragioniamo razionalmente. Per dare un minimo di contenuto etico si aderisce e quindi si legittima una mostruosità che asfalterà qualsiasi misero risultato pseudo etico di personaggi come Vandana Shiva o simili che vengono ovviamente invitati in modo da mettere qualche foglia di fico qui e lì. Bisogna invece dire un chiaro e netto no a queste operazioni che, ormai lo sanno pure i sassi, servono solo ai soliti sporchissimi interessi, anzi sono fatte apposta. Più no ci sono e più si rafforza la cultura che questi eventi non hanno senso e non meritano il nostro apporto da nessun punto di vista. Non appoggiate l’Expo in alcun modo, non andateci e non fateci andare i vostri parenti e amici, il pianeta ve ne sarà estremamente grato. Infine un appello a tutti quei giovani che gratuitamente donano il proprio tempo per la sagra della corruzione. Non fatevi sfruttare, non regalate il vostro appoggio, la vostra energia il vostro sudore, la vostra intelligenza a questa gente senza scrupoli. Ci sono mille modi migliori per conoscere altre culture, per fare attività veramente utili, interessanti e arricchenti che vadano a favore degli altri e dell’ambiente e non a favore di chi sul vostro lavoro ci lucra, si ingrassa e l’ambiente lo distrugge.

Fonte: ilcambiamento.it

Spreco di cibo, le app per contrastarlo

FrigOK, Ratatouille, BringTheFood sono solo alcune delle app nate per contrastare il fenomeno dello spreco di cibo con l’obiettivo di incrociare la domanda e l’offerta: chi ha cibo in eccesso e chi invece fatica ad acquistarne380805

di Aglaia Zannetti

Il Rapporto 2014 Waste Watcher – Knowledge for Expo parla chiaro: in Italia lo spreco alimentare raggiunge gli 8,1 miliardi di euro e a livello mondiale ogni anno l’80% degli alimenti commestibili vengono gettati in spazzatura.
È così che nell’anno di Expo fioriscono app, portali e piattaforme contro lo spreco alimentare: l’ultima arrivata è l’applicazione Last minute sotto casa ideata da una Start up del Politecnico di Torino in collaborazione con l’Associazione Commercianti della città che incrocia domanda e offerta mettendo in contatto venditori e acquirenti interessati a conoscere in quali negozi poter acquistare a prezzi scontati merce vicina alla data di scadenza o prodotti freschi di giornata rimasti invenduti che, diversamente, finirebbe in pattumiera.
Nella stessa direzione, FrigOk, l’app gratuita per IOS e Android ideata da Bofrost (azienda tedesca di surgelati) che ci segnala, giorno dopo giorno, gli alimenti vicini alla scadenza presenti nel nostro frigorifero, associando bollini rossi, gialli e verdi a ciascun prodotto in modo da evitare inutili sprechi, e l’app Ratatouille, nata dall’inventiva di quattro giovanissimi ragazzi veneti, vincitori di una gara con il loro progetto di “frigo virtuale” – pensato soprattutto per campus universitari e condomini – che l’utente riempie con prodotti che sa che non riuscirà a consumare prima della data di scadenza o che non desidera più mangiare, mettendo così in circolo cibo che potrà scambiare o anche vendere.
Per gli utenti impiegati nel settore delle mense, ristorazione, esercizi commerciali e, più in generale, nel settore alimentare dell’industria, della grande distribuzione, della ristorazione organizzata l’app BringTheFood mette in contatto i “donatori di alimenti” con gli “enti beneficiari” avvalendosi della supervisione di Banco Alimentare Onlus che si occupa poi del recupero e della distribuzione delle donazioni segnalate. Dopo una fase di sperimentazione partita nel 2012 a Trento e Milano, ora l’app è disponibile anche per i cittadini che vogliano donare, a chi ne ha più bisogno, provviste in eccedenza, senza, in questo caso, la mediazione di Banco alimentare, andando così a creare un circuito virtuoso di scambio a km 0 tra singoli utenti. C’è anche chi ha pensato di dare una mano, unendo l’utile al dilettevole, a chi non brilla di fantasia in cucina , pensando ad una app che potesse indicare quali piatti è possibile cucinare partendo dagli alimenti e ingredienti presenti nel frigo di casa: Ricette al contrario, questo il nome dell’applicazione, crea una lista completa di materie prime a disposizione suddivisa in categorie, suggerendo così piatti creativi cucinati anche con avanzi.
E se la tecnologia tende una mano alla lotta contro lo spreco di cibo, tante sono le iniziative che vedono reti di cittadini dare il proprio contributo concreto, attraverso progetti solidali come, ad esempio, Pane in attesa, farina del sacco di 13 studenti padovani che hanno pensato al recupero di un bene prezioso come quello del pane che, negli esercizi commerciali che espongono il logo, potrà essere acquistato da un cliente che lo lascerà in dono al cliente successivo che dovesse averne bisogno. Anche noi ci siamo occupati, e continuiamo ad occuparci, del progetto di mappatura e raccolta della frutta cittadina “dimenticata”, Frutta Urbana dell’Associazione Linaria (qui il link agli articoli) che recupera e valorizza la frutta che cresce nelle nostre città, avviando anche un’operazione di “rivoluzione culturale” rispetto alla percezione che normalmente si ha di questa possibile risorsa alimentare.

 

fonte: ecodallecitta.it