Too Good to Waste: ecco come gli “scarti” combattono lo spreco di cibo

Una giovane azienda emiliana impegnata nell’elaborare soluzioni per ridurre gli sprechi e favorire l’economia circolare ha lanciato un progetto chiamato Too Good to Waste, che attraverso l’impiego di scarti alimentari ha messo a punto una tecnologia in grado di allungare la vita dei prodotti freschi. Nel mondo si spreca molto cibo, troppo. Secondo recenti stime della FAO, ben un terzo di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato lungo la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo. E le cose stanno peggiorando: secondo autorevoli stime, lo spreco alimentare è in crescita, e nel 2030 toccherà ben il 40% del cibo prodotto a livello globale. Una situazione chiaramente insostenibile, sia in termini ambientali – produrre cibo comporta l’uso di risorse naturali, come ad esempio acqua e suolo, e provoca l’emissione di CO2 – sia economici e industriali, poiché una filiera così inefficiente genera costi a carico di aziende e consumatori. Ancora, lo spreco alimentare è inaccettabile da un punto di vista morale, considerando che nel mondo le persone denutrite sono quasi 700 milioni.

Packtin dà il suo contributo a invertire il trend, attraverso Too Good to Waste, progetto finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Packtin è una piattaforma tecno-scientifica per la valorizzazione a 360° dei sottoprodotti agroindustriali, è stata fondata da un team di ricercatori specializzati in microbiologia dell’UNIMORE e ha sede a Reggio Emilia. Packtin sta sviluppando in Emilia-Romagna un impianto-pilota per scomporre i sottoprodotti agro-industriali – cioè quelli che erroneamente vengono definiti scarti agroalimentari, come le bucce di pomodoro o il pastazzo di arancia –, rendendoli disponibili come nuove materie prime per il mercato e per la creazione di prodotti naturali di qualità da usare nell’industria alimentare.

«Spesso le bucce di pomodoro, di carota o il pastazzo di arancia vengono definiti “scarti” dai non-addetti ai lavori», spiega Andrea Quartieri, COO e co-fondatore di Packtin. «In realtà questi sottoprodotti hanno un enorme potenziale a beneficio delle persone, perché contengono vitamine, fibre e antiossidanti preziosi per la salute umana, e dai molteplici impieghi».

E uno dei campi di applicazione più interessanti per le nuove materie prime recuperate da Packtin è la creazione di rivestimenti commestibili e biodegradabili per frutta e verdura fresche allo scopo di migliorarne quella che gli addetti ai lavori chiamano shelf-life (vita di scaffale), agendo sulla maturazione o sulla protezione dalle infezioni microbiche. L’obiettivo del progetto Too Good to Waste è ottimizzare la composizione di rivestimenti per il trattamento di due prodotti d’eccellenza del settore ortofrutticolo italiano: i pomodori e le arance. Partendo dalle fibre e dagli estratti naturali ottenuti con il già citato impianto-pilota, Packtin sta sviluppando, rivestimenti biodegradabili, commestibili e facilmente lavabili che possano costituire un’alternativa ai trattamenti oggi utilizzati, come la ceratura per gli agrumi, che peraltro rende la buccia non edibile. La combinazione di fibre naturali ed estratti vegetali con funzioni antiossidanti e antimicrobiche può diminuire la percentuale di prodotti scartati rallentando la maturazione e proteggendo dagli agenti infettivi, con un ovvio calo degli sprechi a beneficio del pianeta, dei consumatori e delle aziende.

«Questi rivestimenti migliorano la vita post-raccolta degli alimenti ortofrutticoli, che di solito “durano” pochi giorni», spiega Quartieri. «Com’è noto, il settore ortofrutticolo subisce grosse perdite lungo la filiera, dal campo alla tavola. Attraverso il progetto Too Good to Waste la nostra tecnologia, “allungando la vita” a frutta e verdura, permette di migliorare la gestione del prodotto fresco in modo da ridurre gli sprechi durante le fasi di lavorazione, stoccaggio, trasporto, vendita e infine consumo».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/09/too-good-to-waste/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Slow Food: “Sosteniamo la ristorazione di qualità ed i produttori buoni, puliti e giusti”

In una ‘lettera’ della rete dei cuochi dell’Alleanza – uno dei progetti di Slow Food – viene messo in luce il lavoro quotidiano di contadini, allevatori, viticoltori e artigiani, spiegando come si sia acutizzata l’emergenza economica di queste categorie di lavoratori durante la pandemia. L’associazione lancia così un appello – indirizzato alla classe politica nazionale – che può essere firmato da chiunque. È possibile un futuro basato sulla cura dei territori, sui saperi delle comunità e sul piacere della condivisione? Ora è più difficile dare una risposta affermativa. Partendo dalle prospettive iniziali, infatti, il nuovo appello della ‘rete dei cuochi dell’Alleanza’, evidenzia una serie di criticità che coinvolgono gli stessi cuochi, contadini, pescatori e pastori. Sì, perché la stabilità economica di queste categorie di lavoratori, a fronte dell’emergenza Coronavirus, è messa in crisi. E se questa tipologia di professionisti non riceverà un aiuto concreto dal governo, le piccole realtà si troveranno in seria difficoltà. Così, i cuochi dell’alleanza, uno dei più importanti progetti di Slow Food, ha scritto un appello a sostegno della “ristorazione di qualità e dei produttori buoni, puliti e giusti”. L’iniziativa, intitolata Ripartiamo dalla terra, vuole porre sotto i riflettori il lavoro di contadini, allevatori, casari, viticoltori e artigiani che “producono con passione e rispetto per la terra e per i loro animali”. Non solo: nel documento viene richiesto alla classe politica nazionale di estendere il credito di imposta, già previsto per alcune spese legate all’emergenza Covid-19, agli acquisti di prodotti agricoli e di artigianato alimentare di piccola scala legato a filiere locali “in una misura pari almeno al 20%, da aumentare al 30% nel caso in cui tali aziende pratichino un’agricoltura biologica, biodinamica, o siano localizzate in aree marginali, disagiate e di particolare valore ambientale del nostro Paese”.

La lettera, nello specifico, è indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, al Comitato di esperti in materia economica e sociale, al Ministro delle Economie e delle Finanze Roberto Gualtieri, al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Teresa Bellanova e agli Assessori Regionali alla Cultura, al Turismo, al Commercio, alle Attività Produttive e all’Agricoltura. L’Alleanza Slow Food dei Cuochi, per far sentire la propria voce ai nostri politici, chiede quindi aiuto agli Italiani invitandoli a firmare la lettera. Come? Compilando l’apposito modulo “fornendo alcune informazioni – viene sottolineato nella nota dell’associazione – che ci permetteranno di rendere ancora più forte questo appello”. Invito che estendiamo a tutte i soggetti interessati piemontesi.

Vi proponiamo, di seguito, lo scritto integrale:

«Facciamo parte dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi e gestiamo più di 540 locali in tutta Italia: siamo cuochi di osterie e di ristoranti, di food-truck e di rifugi alpini, siamo pizzaioli e insegnanti di scuole alberghiere. Con questo appello ci facciamo portavoce anche di altri colleghi ristoratori, molti dei quali raccontati nella guida Slow Food Osterie d’Italia, e di migliaia di agricoltori, allevatori, artigiani. Prendiamo la parola a nome di tutti, perché anche se oggi siamo noi i più fragili, sentiamo l’energia e la passione necessarie per ripartire e avvertiamo la forza che deriva dall’essere parte della rete di comunità solidali di Slow Food. Grazie alla nostra cucina abbiamo diffuso conoscenza, bellezza, piacere. Abbiamo raccontato territori e culture locali. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il lavoro quotidiano di contadini, allevatori, casari, viticoltori e artigiani che producono con passione e rispetto per la terra e per i loro animali. Questi produttori traggono buona parte del loro reddito dalla relazione con ristoratori come noi, che sanno rispettare i loro ritmi, riconoscere il giusto prezzo ai loro prodotti e garantire sviluppo e opportunità economiche a territori spesso difficili.

Ogni giorno, servendo un buon piatto e prendendoci cura dei nostri commensali, abbiamo educato alla qualità, a un’alimentazione sana e alla convivialità, formando cittadini più consapevoli. Molti di noi, nelle settimane scorse, hanno cucinato per i più fragili e bisognosi, e siamo pronti a farlo ancora in futuro, perché crediamo nel valore della solidarietà.

Oggi siamo in crisi, e con noi lo sono i nostri produttori, una parte dei quali faticava già prima a reggere la concorrenza dell’agroindustria e le logiche del mercato e della distribuzione. La parte migliore dell’agricoltura di questo Paese dipende infatti fortemente dalla ristorazione di qualità. Crediamo che l’immagine di questo Paese sia legata alla sopravvivenza di queste aziende e di chi, proponendo i loro prodotti, li rappresenta al meglio. Gravano sulle nostre spalle non solo i destini dei nostri collaboratori, ma anche il futuro di migliaia di piccole aziende agricole che dipendono dai nostri ordinativi.

Abbiamo deciso di scrivere questo appello perché pensiamo che le difficoltà dovute alla pandemia possano dare a questo Paese il coraggio della necessità e dell’urgenza; la forza di trasformare un’emergenza in una grande occasione per il settore dell’agricoltura, dell’accoglienza e della ristorazione italiana. I veri nemici da combattere nel post pandemia saranno ancora la perdita di biodiversità, l’erosione del territorio, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, l’impoverimento della fertilità nei nostri terreni, la cementificazione, l’abbandono delle aree rurali e dei piccoli borghi, lo spreco alimentare, lo sfruttamento del lavoro, l’indifferenza per chi produce con attenzione alle ragioni e ai tempi della natura e l’individualismo, che fa prevalere l’io sul senso di comunità.
La ristorazione troppe volte ha assecondato un mercato che ha rincorso il prezzo più basso e stroncato l’agricoltura di prossimità, approvvigionandosi di prodotti ottenuti grazie alla chimica, alle monocolture, facendo viaggiare derrate alimentari migliaia di chilometri. Se vogliamo porre le basi di un futuro diverso dobbiamo cambiare prospettiva.

Le Istituzioni possono fare molto, sviluppando iniziative che sostengano chi genera economie e benessere per tutta la comunità e non solo per la propria impresa. Per chi acquista prodotti di agricoltori, allevatori e artigiani del proprio territorio. Chiediamo quindi di estendere il credito di imposta, già previsto per alcune spese legate all’emergenza Covid-19, agli acquisti di prodotti agricoli e di artigianato alimentare di piccola scala legato a filiere locali (dove per locale si intende la dimensione regionale), in una misura pari almeno al 20%, da aumentare al 30% nel caso in cui tali aziende pratichino un’agricoltura biologica, biodinamica, o siano localizzate in aree marginali, disagiate e di particolare valore ambientale del nostro Paese.

Un provvedimento come questo rappresenterebbe una grande occasione, economica, sociale e culturale: permetterebbe di innalzare il livello dell’offerta gastronomica italiana, garantendo una maggiore qualità, e al tempo stesso sosterrebbe e rilancerebbe le piccole e medie aziende agricole locali e il turismo rurale, che vive essenzialmente di paesaggi agrari. Infine, aiuterebbe i ristoratori ad affrontare mesi e forse anni difficili. Per evitare che troppe attività non riaprano, servono anche misure immediate, ovviamente, e per questo ci associamo alle richieste delle associazioni di settore: risorse a fondo perduto per le imprese in base alle perdite di fatturato, moratoria sugli affitti per compensare il periodo di chiusura e il periodo di ripartenza, cancellazione di imposte anche locali come quelle per l’affitto di suolo pubblico fino alla fine del periodo di crisi, sospensione del pagamento delle utenze, prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia e sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali. Serve un piano di riapertura con modalità certe per permettere a tutte le imprese di operare in sicurezza. È importante che sia concessa ovunque la possibilità di lavorare per asporto e contare su spazi all’aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus».

Articolo tratto da: Journal Cittadellarte

Luca e Camilla: “Il nostro lavoro? Salvare dallo spreco la frutta bella dentro!”

Restituire dignità ai prodotti ortofrutticoli classificati come “scarto” a causa di una selezione del raccolto basata su standard puramente estetici e non qualitativi promuovendo una filiera distributiva alternativa a quella tradizionale, più etica e sostenibile. Questo l’obiettivo di Bella Dentro, la start up ideata da Luca e Camilla, due giovani imprenditori che hanno cambiato vita per realizzare questo progetto. A causa di criteri puramente estetici imposti dalla grande distribuzione e completamente indipendenti dalla qualità effettiva del raccolto in termini di gusto e proprietà nutritive, ogni anno una grandissima quantità di frutta a verdura viene scartata. A partire da questo presupposto e da un’idea di due giovani imprenditori – Luca e Camilla – è nata qualche tempo da a Milano Bella Dentro, la start-up che salva la frutta dallo spreco dei canoni estetici, da oggi sostenuta da Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore (1), braccio strategico e operativo di Fondazione Cariplo nell’ambito dell’impact investing, che ha investito 300.000 euro in equity, per sostenere l’impatto sociale e culturale dell’iniziativa. Abbiamo intervistato Luca e Camilla, fondatori di Bella Dentro.

Foto di Giacomo Maestri


Come è nato il progetto?

Nel 2016 ci siamo imbattuti in un reportage di National Geographic sullo spreco alimentare con un focus su quanto venisse sprecato in ogni fase della filiera agroalimentare dalla produzione al consumo. Ci ha colpito il fatto che gran parte di questo spreco avvenisse proprio nella prima fase, (quella del raccolto, parlando di ortofrutta) e ancor di più che fosse principalmente dovuto a canoni estetici e non qualitativi. Ci siamo documentati e abbiamo scoperto che per sottostare agli standard non solo europei ma anche dei vari giganti della grande distribuzione, per poter assicurare ai consumatori un’omogeneità del tutto innaturale, si ha uno scarto fisso del 20% sulla produzione totale, che nei casi di grandine può arrivare fino al 50-60%”.

Entrambi facevamo tutt’altro nella vita, ma avevamo voglia di provare a creare/costruire qualcosa di nostro. Io (Camilla) lavoravo a Milano nel settore advertising e iniziative speciali per clienti moda e design di una multinazionale americana dell’editoria, Luca invece ha sempre studiato e lavorato all’estero fino ad arrivare al ruolo di Brand Manager in una grande multinazionale americana di largo consumo in svizzera. Luca da tempo pensava di tornare in Italia, ma voleva farlo solo con un progetto in proprio da realizzare. Questo argomento e reportage hanno toccato e stimolato così profondamente entrambi che  abbiamo capito sarebbe stato il movente giusto per provare a realizzare i nostri sogni ed ambizioni, così, nel luglio del 2017 ci siamo licenziati entrambi, Luca è tornato a Milano e abbiamo cominciato i nostri studi sul campo fino a dar vita ufficialmente a Bella Dentro nel gennaio 2018.

Come opera Bella Dentro? Che cosa offre ai consumatori?

Ci proponiamo di restituire dignità ai prodotti classificati come “scarto” – poiché esteticamente imperfetti ma “belli dentro” – promuovendo una filiera distributiva alternativa a quella tradizionale, più etica e sostenibile. In concreto, acquistiamo direttamente dagli agricoltori quei prodotti orto-frutticoli di ottima qualità, che solitamente non vengono accettati dalle cooperative e dalla grande distribuzione; successivamente ne promuoviamo la vendita – presso privati, aziende e ristoranti – attraverso eventi e attività di comunicazione realizzati ad hoc per sensibilizzare i consumatori sulla naturalezza, la qualità, il gusto e le proprietà nutritive di tali alimenti. Per poter salvare sempre più frutta e verdura superando i limiti imposti dalla deperibilità dell’ortofrutta fresca abbiamo cominciato a creare una linea di prodotti trasformati sempre a marchio Bella Dentro realizzati partendo dai prodotti salvati. L’obiettivo è innescare un circolo virtuoso che leghi le scelte di consumatori e produttori, consentendo ai primi di fare acquisti convenienti e di buon senso e ai secondi di ottenere il giusto compenso anche per la parte di produzione altrimenti non valorizzata. In sostanza, vogliamo migliorare la consapevolezza delle persone, andando oltre la forma e le apparenze, a beneficio della sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’intera filiera.

Qual è l’impatto sociale di Bella Dentro?

Ad oggi, gli agricoltori italiani sono costretti a scartare dal 30 al 70% del raccolto che non soddisfa gli standard estetici richiesti dal mercato. Si pensi ai cosiddetti prodotti “segnati” – non perfettamente omogenei – per via di urti causati dal vento, sfregamento con altri frutti/rami contigui e grandine, o a quelli fuori calibro (troppo grandi o troppo piccoli) ovvero dalla forma irregolare: conformazioni del tutto inevitabili e naturali nel corso della vita di una pianta. Considerando l’insostenibilità di simili processi, Bella Dentro si propone di: immettere sul mercato tali prodotti valorizzandone la qualità e riducendone gli sprechi eccessivi e talvolta ingiustificati – in un anno ha salvato dal macero 26 tonnellate di ortofrutta; garantire il giusto compenso ai produttori che investono tempo e risorse per creare un prodotto buono – quello “bello dentro” – ma per il quale oggi si vedrebbero riconosciuto al massimo il 10% del valore di mercato (criterio sociale); donare in beneficenza tutto l’invenduto; sensibilizzare sui temi dello spreco della filiera agroalimentare, condividendo in particolare la propria esperienza con scuole elementari, medie e licei al fine di aumentare la conoscenza e la consapevolezza delle nuove generazioni riguardo a tale tematica.

Cosa riserva il futuro?

Per il primo anno e mezzo di attività abbiamo promosso la vendita ambulante grazie alla nostra “Ape Bella Dentro”, in giro per Milano, ma stiamo lavorando all’apertura del primo negozio stabile. Inoltre a breve avvieremo un laboratorio di trasformazione alimentare insieme a L’Officina Cooperativa Sociale, realtà dedita all’impiego e alla formazione di ragazzi affetti da autismo e gravi ritardi cognitivi, attraverso cui creeremo una nuova linea di prodotti essiccati da vendere sia in negozio che online.

  1. “Il team di Bella Dentro ha guadagnato la nostra fiducia grazie alla capacità di offrire una soluzione mirata a un problema diffuso nel settore ortofrutticolo. Riteniamo, infatti, doveroso impegnarci nel contrasto allo spreco alimentare, generato – sia monte che a valle della filiera produttiva – tanto da un pregiudizio dei consumatori, quanto da logiche di mercato che basano la selezione del raccolto su standard puramente estetici e non qualitativi. Con il nostro investimento intendiamo supportare la diffusione di un nuovo modello produttivo che sia in grado, al tempo stesso, di ridurre gli scarti ingiustificati, ricompensare adeguatamente i coltivatori del proprio lavoro e promuovere una maggiore consapevolezza nelle scelte di consumo di molti acquirenti. Sono questi i contenuti profondamente innovativi del modello di attività di Bella Dentro”, ha dichiarato Marco Gerevini, Consigliere di amministrazione della Fondazione Social Venture GDA.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/06/luca-e-camilla-nostro-lavoro-salvare-spreco-frutta-bella-dentro/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ispra: ‘La principale causa di spreco alimentare è la sovrapproduzione di eccedenze’

ISPRA pubblica il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”: “Ad ogni incremento di fabbisogno, corrisponde un aumento maggiore di offerte e consumi, innescando la crescita dello spreco (+3,2% ogni anno)”

La principale causa di spreco alimentare è la sovrapproduzione di eccedenze; ad ogni incremento di fabbisogno, corrisponde un aumento maggiore di offerte e consumi, innescando la crescita dello spreco (+3,2% ogni anno). A questo, si associa l’aumento delle disuguaglianze (anche in Italia): nel mondo, 815 milioni di persone soffrono la fame e 2 miliardi la malnutrizione, mentre vi sono quasi 2 miliardi di persone in sovrappeso. In Italia, per ristabilire condizioni di sicurezza alimentare, gli sprechi complessivi dovrebbero essere ridotti di almeno il 25% degli attuali. Lo spreco alimentare genera effetti socio-economici e ambientali molto significativi. Ad esso sono infatti associate emissioni di gas-serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate (Gt) di anidride carbonica (CO2), pari a oltre il 7% delle emissioni totali (nel 2016 pari a 51.9 miliardi di tonnellate di CO2). Se fosse una nazione, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto dopo Cina e USA nella classifica degli Stati emettitori. In occasione della Giornata nazionale per la Prevenzione dello spreco alimentare, ISPRA pubblica il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”. Il Rapporto (link in basso) è frutto di due anni di valutazione e analisi dei più recenti dati scientifici e informazioni della letteratura internazionale, che ci indicano come nel mondo lo spreco sia in aumento. La prevenzione e la riduzione dello spreco di alimenti sono considerate dalle Nazioni Unite e dalle altre istituzioni internazionali tra le principali strade da percorrere per la tutela dell’ambiente e il benessere sociale. Lo spreco alimentare è infatti tra le maggiori cause della crisi ecologica, per l’alterazione dei processi geologici, biologici e fisici, tra cui il ciclo del carbonio, dell’acqua, dell’azoto e del fosforo.

Secondo la FAO, circa un terzo del cibo commestibile globale è perso o sprecato. Il 56% dello spreco si concentra nei paesi industrializzati, il restante 44% nei paesi in via di sviluppo. Fermo restando l’attuale livello dello spreco, per soddisfare la crescente domanda di cibo legata alle dinamiche demografiche (10 miliardi di persone entro il 2050), la produzione e la distribuzione di cibo dovrà aumentare del 50%. Questo potrà verificarsi aumentando da un lato la produzione per unità di superficie, dall’altro aumentando la superficie delle aree coltivate a scapito del capitale naturale e dei benefici offerti dalla natura. Di conseguenza, la riduzione dello spreco alimentare è una strategia chiave per ridurre le pressioni sugli habitat naturali e sulle varie componenti dell’ambiente. Tra i risultati del Rapporto ISPRA, emerge che per garantire la tutela ambientale è urgente puntare su un uso responsabile del consumo di suolo e sull’inversione dell’abbandono di aree rurali, che interessa gran parte dei Paesi industrializzati, nonché alla riconversione della produzione, favorendo l’agroecologia, la scienza che applica i principi dell’ecologia alla pianificazione e gestione dei sistemi agricoli e altri metodi estensivi tra cui l’agricoltura biologica. Essa riduce gli impatti ambientali e produce in modo durevole più nutrienti valorizzando l’agro-biodiversità, ossia l’insieme delle diversità biologiche rilevanti per l’agricoltura tra cui le varietà di vegetali, razze animali, insetti e microrganismi utili. Per permettere questa trasformazione è perciò necessario in parallelo ridurre lo spreco alimentare nelle sue varie forme, le quali oltre ai rifiuti alimentari comprendono tra l’altro la sovralimentazione (in forte aumento), gli usi non alimentari (es.: biocombustibili), le perdite nette nell’alimentazione degli allevamenti animali. Quest’ultima è la componente maggiore di spreco: circa il 40% di tutta la produzione commestibile da cui derivano i consumi alimentari in Italia. Si tratta perciò anche di ridurre i fabbisogni totali e favorire diete con più prodotti vegetali, meno derivati animali. Meno quantità e più qualità.

Fondamentale è il ruolo della ricerca, nazionale e internazionale. La discussione in corso sugli indirizzi del programma quadro UE di ricerca per il 2021-2027, è un’occasione rilevante per un focus sulla prevenzione dello spreco alimentare. E’ importante stabilire sinergie con altre competenze, soggetti e istituzioni per attuare impegni internazionali come quello dell’Agenda ONU 2030 che prevede di ridurre a livello globale i rifiuti alimentari nelle filiere di fornitura e dimezzarli nelle fasi finali, tramite modelli di produzione e consumo equi e sostenibili.

Rapporto

fonte: ecodallecitta.it

Milano, nasce l’Hub di quartiere per promuovere il dono del cibo e ridurre lo spreco alimentare

Si tratta di un progetto innovativo in cui vi è la collaborazione di tutti gli attori del sistema: le aziende impegnate a donare e favorire il recupero delle eccedenze alimentari, le Onlus che rappresentano il punto di contatto con gli indigenti e l’autorità pubblica che ne favorisce lo sviluppo. Nel 2015 Milano ha promosso una Politica Alimentare per rendere più sostenibile il sistema alimentare della città con un approccio multidisciplinare e partecipato, nel quale il Comune assume un ruolo di stimolo e facilitazione. La riduzione dello spreco alimentare è una delle priorità della Politica Alimentare e si sviluppa attraverso l’ingaggio di diversi attori locali come centri di ricerca, istituzioni, settore privato, fondazioni ed attori sociali. Per tradurre tale priorità in azioni concrete, nel 2016 il Comune di MilanoAssolombarda e Politecnico di Milano hanno condiviso il protocollo di intesa, che hanno definito “ZeroSprechi”, con l’obiettivo di ridurre lo spreco di cibo e innovare le modalità di recupero degli alimenti da destinare agli indigenti, progettando e sperimentando un modello di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari basato su reti locali di quartiere.

Il Comune di Milano ha individuato uno spazio pubblico non utilizzato nel Municipio 9 e lo ha reso disponibile come hub del progetto per lostoccaggio e la distribuzione degli alimenti recuperati agli enti del terzo settore, organizzazioni beneficiarie e organizzazioni non profit.

Il Politecnico di Milano ha elaborato uno studio di fattibilità della rete e monitorerà l’operatività dell’hub e gli impatti generati dal progetto per 12 mesi, costruendo un modello logistico estendibile e replicabile in altri quartieri della città.

Assolombarda, dopo un importante percorso di sensibilizzazione, ha individuato e coinvolto alcune aziende che hanno aderito al progetto, e ha fornito il bollino “ZeroSprechi”, ideato e offerto dal Gruppo Armando Testa, per valorizzare le imprese virtuose e porre l’attenzione sul grande tema della gestione delle eccedenze alimentari. Banco Alimentare della Lombardia, vincitore del bando di assegnazione dell’hub, garantirà la gestione operativa e quotidiana del modello elaborato dal Politecnico, recuperando le eccedenze alimentari e distribuendole alle strutture caritative partner del territorio.

Il Programma QuBì – la ricetta contro la povertà infantile – che ha già avviato un hub simile in via degli Umiliati, aderisce al progetto finanziando allestimento e gestione dell’hub di via Borsieri e favorendo le connessioni con le reti del territorio sostenute e coinvolte dallo stesso Programma QuBì. Si tratta di un progetto innovativo in cui vi è la collaborazione di tutti gli attori del sistema: le aziende impegnate a donare e favorire il recupero delle eccedenze alimentari, le Onlus che rappresentano il punto di contatto con gli indigenti e l’autorità pubblica che favorisce lo sviluppo di queste iniziative virtuose. 

“Sono soddisfatta dell’apertura di questo hub perché è frutto degli sforzi congiunti di molti attori della città – afferma Anna Scavuzzo, Vicesindaco di Milano delegata per la Food Policy –. Questo è un primo esempio di rete locale per la raccolta e ridistribuzione del cibo prima che sia sprecato e diventi rifiuto. La collaborazione con il Municipio 9 ci ha permesso di restituire alla città uno spazio pubblico non utilizzato, e allo stesso tempo valorizzare l’impegno per ridurre gli sprechi alimentari, una delle priorità della Food Policy di Milano. Questo progetto si affianca alla riduzione del 20% della parte variabile della TARI per le imprese che donano il cibo, alla promozione di raccolta e ridistribuzione di eccedenze dalle mense scolastiche e ad azioni di sistema che stiamo studiando con AMSA. L’hub di Via Borsieri è un ulteriore passo avanti per una Milano sempre più sostenibile, inclusiva ed equa”.

“Sono orgoglioso che il Municipio 9 ospiti un progetto che mette al centro del dibattito sia il diritto dell’accesso al cibo, sia la distribuzione di quanto non utilizzato. Temi che, considerate le nuove povertà delle smart cities, esortano tutti noi a fare meglio. Senza dimenticare che ridurre lo spreco alimentare aiuta a diminuire i rifiuti e a consumare più cibi sani deperibili quali frutta e verdura – aggiunge Giuseppe LardieriPresidente del Municipio 9 –. Sono sicuro che gli attori presenti nel territorio del Municipio 9 – industria, GDO, ristorazione, Terzo Settore, Istituzioni – siano in grado di fare la loro parte per la riuscita dell’iniziativa”.

“All’interno del progetto, il Politecnico di Milano è fiero di portare il suo contributo per l’elaborazione del modello di raccolta ai fini di favorirne la replicabilità in altre parti della città e in altri luoghi – dichiara Marco Melacini, Professore di Logistica e Direttore Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano -. Il progetto non si esaurisce con l’attivazione dell’hub di via Borsieri ma saranno organizzati degli incontri periodici volti a verificarne, oltre che l’efficacia in termini di eccedenze raccolte, l’efficienza dei processi di raccolta e ridistribuzione. Il gruppo di lavoro si impegna a fornire periodicamente informazioni sullo stato di avanzamento del progetto”.

“Oggi tagliamo un importante traguardo nella sfida contro gli sprechi, inaugurando un efficace processo di raccolta e ridistribuzione delle eccedenze alimentari e promuovendo un modello replicabile che vede Milano capofila – ha sottolineato Alessandro Scarabelli, Direttore Generale di Assolombarda Confindustria Milano, Monza e Brianza, Lodi–. Un risultato frutto della virtuosa collaborazione tra associazioni, enti, imprese, università, organizzazioni non profit, che unisce i diversi contributi in una prospettiva di sistema capace di ottimizzare, attraverso circuiti veloci, la consegna e il consumo di beni in eccedenza. Inoltre, con il bollino ‘ZeroSprechi’ vogliamo mettere in evidenza le imprese che svolgono un ruolo attivo nel progetto e che, aderendo all’iniziativa, si fanno promotrici di diffondere le buone pratiche e la cultura della riduzione dello spreco alimentare”.

“Banco Alimentare della Lombardia vuole essere sempre più vicino alle organizzazioni caritative partner dei quartieri nei Municipi 8 e 9 della città di Milano nel contrasto alla povertà alimentare. Insieme a tutte le realtà profit, le istituzioni, le associazioni di categoria e le fondazioni di erogazione siamo una squadra vincente per dare risposte concrete al bisogno” afferma Marco Magnelli, Direttore Banco Alimentare della Lombardia.

“Il problema della povertà alimentare infantile a Milano è un problema che va affrontato e risolto con un modello di intervento che chieda a tutte le forze in campo di lavorare insieme. L’inaugurazione dell’Hub di Via Borsieri rappresenta un importante passo in questa direzione: il Programma QuBì ha già sostenuto il Banco Alimentare della Lombardia nell’avvio dei primi due punti di raccolta cittadini e ora, grazie alla sinergia con gli altri attori coinvolti, si potrà massimizzare la raccolta del cibo, riducendo lo spreco e rafforzando la capacità di raggiungere le famiglie in povertà alimentare. Il contrasto alla povertà alimentare è una delle azioni cardine del Programma pluriennale QuBì promosso da Fondazione Cariplo – con il sostegno di Fondazione Vismara, Intesa Sanpaolo, Fondazione Enrica e Romeo Invernizzi e Fondazione Fiera Milano- in collaborazione con il Comune di Milano e le organizzazioni del Terzo Settore che operano sul territorio. Una sfida pari a 25 milioni di euro che intende coinvolgere la città di Milano nel suo complesso: aziende, istituzioni e singoli cittadini sono chiamati a creare una ricetta comune che permetta di dare risposte concrete alle famiglie in difficoltà e creare percorsi di fuoriuscita dal bisogno” conclude Giuseppe Guzzetti, Presidente della Fondazione Cariplo.

Fonte: ecodallecitta.it

A Torino arrivano i FOOD PRIDErs, fattorini in bicicletta contro lo spreco alimentare

Con il progetto Food Pride, e grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, nasce la rete di recupero del cibo invenduto nei negozi di prossimità trasportata con biciclette e cargo bike verso i punti di raccolta e distribuzione dislocati in Pozzo Strada, Borgo San Paolo, Porta Palazzo e Borgo Vittoria

In occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare di martedì 5 febbraio il progetto Food Pride entra nel vivo. Con i FOOD PRIDErs nasce la rete di recupero del cibo invenduto nei negozi di prossimità trasportata con biciclette e cargo bike verso i punti di raccolta e distribuzione dislocati in Pozzo Strada, Borgo San Paolo, Porta Palazzo e Borgo Vittoria.

Ma il progetto Food Pride non è solo questo. Alla base c’è l’esperienza di recupero e ridistribuzione del cibo nei mercati di Porta Palazzo, corso Racconigi, corso Brunelleschi e Borgo Vittoria che verrà estesa anche ai mercati di via Porpora, corso Taranto, Nichelino e altri comuni della prima cintura torinese superando di fatto i confini comunali per diffondere pratiche virtuose anche all’area metropolitana. Per tutto il 2019 verranno messe in campo una serie di attività di informazione e sensibilizzazione sullo spreco alimentare e sulla corretta alimentazione. Ad essere coinvolte saranno le scuole torinesi di tutti i gradi con lezioni ad hoc sul tema dello spreco alimentare e la corretta gestione dei rifiuti. Parte del cibo invenduto verrà utilizzato nei laboratori di cucina antispreco rivolti a persone che vivono in condizione di marginalità, e per coinvolgere il resto della cittadinanza sono previsti incontri con nutrizionisti, cene sociali, eventi nelle piazze e momenti di formazione sulla Legge Gadda. Insomma un ventaglio di attività per porre le basi di una vera cultura cittadina sull’uso consapevole delle risorse e il riutilizzo delle eccedenze alimentari, perché Food PRIDE significa Partecipare Recuperare Integrare Distribuire ed Educare: buone pratiche per ridare dignità agli scarti. Grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo, enti e associazioni torinesi hanno unito le forze per dare una risposta concreta al problema dello spreco alimentare sul territorio della Città di Torino e non solo. Il progetto Food Pride nasce grazie dalla volontà di mettere a sistema le esperienze maturate dall’associazionismo torinese e per questo le associazioni EUFEMIA, ECO DALLE CITTA’, RE.TE. ONG, LEGAMBIENTE METROPOLITANO, COOPERATIVA SOCIALE AERIS, ASS. POPOLARE DANTE DI NANNI, SCS LA RONDINE, ASSOCIAZIONE MISTERIA, ASSOCIAZIONE COMMERCIANTI C.SO BRUNELLESCHI, PARROCCHIA SAN BERNARDINO, COOPERATIVA SOCIALE RAGGIO, il Comune di Torino e l’Asl Torino si sono messi in rete per proporre un’alternativa possibile.

Ogni anno nel mondo circa il 40% del cibo viene sprecato, diventando rifiuto senza nemmeno raggiungere la tavola. Lo spreco riguarda l’intera filiera della sua produzione, dal food waste delle prime fasi (semina, coltivazione) ai food losses dell’ultima fase (distribuzione, vendita e consumo) diviene, in virtù della sua ampia portata, uno dei più significativi fattori che impediscono l’accesso di tutti all’alimentazione quale diritto inalienabile. In Italia nonostante il contrasto allo spreco alimentare sia entrato da qualche anno nell’agenda politica nazionale e locale, le cose non vanno meglio. Secondo il Food Sustainability Index ogni italiano getta nella spazzatura non meno di 65kg di cibo buono all’anno. Non bisogna arrendersi, basta davvero poco per rimettere i nostri comportamenti su di un binario sostenibile. Basta un solo esempio per comprendere i risvolti positivi delle azioni di messe in campo da Food Pride: nel mercato di Porta Palazzo grazie al recupero quotidiano del cibo ancora edibile – nel solo 2018 – sono state recuperate e redistribuite quasi 60 tonnellate di prodotti ortofrutticoli che altrimenti sarebbero finite tra i rifiuti. Un solo gesto ha permesso a più di 200 persone di poter provvedere al sostentamento della propria famiglia e contemporaneamente è stato impedito l’incenerimento di 60 tonnellate di cibo i cui costi economici e ambientali sarebbero ricaduti sulla popolazione torinese. Food Pride è un progetto aperto! Tutti coloro che fossero interessati a saperne di più o che volessero aderire per diffondere le buone pratiche sul contrasto allo spreco di cibo possono contattarci all’indirizzo email paneincomune@eufemia.eu o direttamente sulla nostra pagina Facebook @Food Pride Torino.

Fonte: ecodallecitta.it

Provincia di Bolzano, una legge contro lo spreco alimentare

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Il provvedimento, approvato dal Consiglio all’unanimità, intende promuovere e sostenere l’impegno delle associazioni di volontariato che sinora si sono prodigate nella raccolta di prodotti alimentari, medicinali e vestiario da redistribuire ai più bisognosi. Dal 9 marzo scorso la Provincia di Bolzano ha una nuova legge contro lo spreco alimentare. Il provvedimento, approvato dal Consiglio all’unanimità, intende promuovere e sostenere l’impegno delle associazioni di volontariato che sinora si sono prodigate nella raccolta di prodotti alimentari, medicinali e vestiario da redistribuire ai più bisognosi. A livello nazionale il fenomeno ha assunto dimensioni preoccupanti, basti pensare che ogni anno, in Italia, 8,5 miliardi di euro di generi alimentari vengono gettati nei rifiuti, 1,4 milioni di tonnellate di prodotti non vengono raccolti nel settore agricolo, e nell’industria non vengono utilizzate 2 milioni di tonnellate di prodotti. La lotta allo spreco alimentare e non alimentare assume sempre maggiore rilievo in considerazione dei positivi riflessi che genera in ambito sociale, economico e ambientale. La necessità di promuovere il recupero e la donazione delle eccedenze, infatti, risponde tanto ad esigenze sociali di contrasto alla povertà e al disagio sociale, quanto ad esigenze di valorizzazione economica delle eccedenze.

Associazioni in Alto Adige

Il Banco Alimentare, nel corso del 2017, nel solo Alto Adige ha recuperato 646.831 kg di cibo (di cui 52.059 attraverso il programma Siticibo) che poi ha distribuito a 8.830 persone indigenti attraverso le 45 strutture caritative convenzionate. Nell’ambito del progetto “aiuti contro lo spreco” dell’associazione Volontarius, nel 2017 sono stati inoltre erogati 153.075 prodotti all’interno di 1.256 pacchi viveri ad un totale di 4.678 beneficiari, mentre i cacciatori di briciole hanno raccolto lo scorso anno circa 509.000 kg di “briciole”. Oltre a queste, associazioni, sono attive nel settore anche altri gruppi come la San Vincenzo, la Santo Stefano, la Caritas e la Strada/Der Weg.

Nuovo quadro provinciale “Grazie alla legge – ha sottolineato l’assessora Martha Stocker – le associazioni di volontariato possono contare su di un quadro legislativo complessivo per la loro attività e su di un aiuto logistico e strutturale. Ci siamo posti l’obiettivo di un approccio più sostenibile nei confronti delle risorse naturali, di cambiare l’atteggiamento comune nei confronti del consumo, e di rafforzare la solidarietà verso le persone più deboli”. La direttrice dell’Ufficio per la tutela dei minori e l’inclusione sociale, Petra Frei, ha quindi affermato che “sin dall’avvio dell’iter di questa legge abbiamo cercato di coinvolgere tutti i partner sociali ed anche l’Università di Bolzano, ricevendo da loro preziosi suggerimenti”. Frei ha inoltre proseguito sottolineando che “i prodotti in eccesso non solo sono troppo preziosi per essere gettati, ma sono anche sufficientemente buoni da essere rimessi in circolo: si tratti di alimenti, medicinali o vestiario”.

Nuovo logo “Insieme contro lo spreco”

L’assessora Stocker e la direttrice Frei hanno quindi presentato ufficialmente il logo dell’azione che rappresenta un contenitori per la raccolta dei rifiuti sul quale è posta una corona e la scritta trilingue Insieme contro lo spreco. La legge prevede anche l’organizzazione di misure di sensibilizzazione nei confronti di alcuni settori economici come quello turistico-alberghiero, della ristorazione e le mense scolastiche. È prevista inoltre la costituzione di un tavolo di coordinamento per la progettazione, la realizzazione ed il controllo di misure a livello provinciale i cui componenti sono in possesso del necessario know-how per lo sviluppo di un sistema di gestione finalizzato alla riduzione delle eccedenze ed alla loro redistribuzione.

Fonte: ecodallecitta.it

Milano vince il premio Vivere a Spreco Zero 2017

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Il riconoscimento al capoluogo lombardo “per la portata internazionale dei progetti culminati attraverso Expo con l’attivazione del Milan Urban Food Policy Pact a partire dalla creazione di una Politica Alimentare Urbana in cui la lotta allo spreco alimentare è uno dei principali obiettivi”

Buone pratiche contro lo spreco alimentare. Bologna premia Enti pubblici, aziende e scuole virtuose in Italia con la V edizione del Premio Vivere a Spreco Zero vinto dal Comune di Milano “per la portata internazionale dei progetti avviati negli ultimi anni, culminati attraverso Expo con l’attivazione del Milan Urban Food Policy Pact, il network internazionale di 160 città impegnate per lo sviluppo di Sistemi Alimentari Sostenibili a partire dalla creazione di una Politica Alimentare Urbana in cui la lotta allo spreco alimentare è uno dei principali obiettivi”. Nella categoria “Amministrazioni pubbliche” erano in gara quest’anno anche i Comuni di Modena e Cremona. La categoria “Buone pratiche Impreseha premiato Dalma Mangimi, per l’innovazione di processo che ha portato alla riduzione dello spreco, convertendo in materia prima i prodotti che sarebbero diventati rifiuto. Menzione speciale per la tecnologia Gio’ Style di conservazione, cottura e riutilizzo del cibo. Nella categoria Scuole, infine, premiati gli studenti della Fondazione Casa del Giovane Don Mario Bottoglia di Castiglione delle Stiviere (Mantova), del circuito Scuola Centrale Formazione, per il progetto “Cucino con ciò che ho”.

“Siamo davvero onorati di ricevere il Premio Vivere a Spreco Zero – ha commentato la vicesindaco e assessore all’Educazione del Comune di Milano, Anna Scavuzzo – perché oltre ad essere un riconoscimento del lavoro svolto finora, è uno stimolo ulteriore per continuare ad impegnarci nell’attuazione degli obiettivi stabili dalla nostra Food Policy, di cui la lotta allo spreco alimentare costituisce un pilastro fondamentale. La costruzione di un futuro più equo e più sostenibile per tutte le nostre città passa necessariamente da un nuovo sistema di produzione e consumo del cibo, più attenta ai bisogni di tutte le persone e più rispettosa dell’ambiente”.

I vincitori della V edizione del Premio Vivere a Spreco Zero, i piccoli ‘Oscar’ della sostenibilità assegnati dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market e dal progetto Reduce del Ministero dell’Ambiente e Università di BolognaDistal, sono stati annunciati e premiati martedì 28 novembre, a Bologna – Palazzo Magnani, sede UniCredit, presente il Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani con il fondatore di Last Minute Market Andrea Segrè e con Livio Stellati responsabile Centro-Nord Relazioni Istituzionali UniCredit partner storico di Spreco Zero, Eliana Farotto responsabile Ricerca & Sviluppo Comieco e Diego Pagani, presidente Conapi-Mielizia.

E al geniale cartoonist Francesco Tullio Altan, grande Maestro della satira e sguardo acuto e ironico sull’evoluzione del costume in Italia, va quest’anno il Premio Vivere a Spreco Zero 2017 nella categoria testimonial: “per aver illustrato con fulminea incisività il paradosso del nostro tempo bulimico e sprecone, dando voce e matita, nell’ultimo decennio, ai temi dello speco alimentare, idrico ed energetico. E per aver così contribuito a sensibilizzare adulti e giovani, amichevolmente ma con straordinaria efficacia, intorno ad una questione tema centrale e ineludibile del nostro tempo”. Altan raccoglie dunque il testimone dei riconoscimenti consegnati nel 2015 a Susanna Tamaro e nel 2016 a Paolo Rumiz e Moreno Cedroni. Altan, che dal 2010 illustra la campagna Spreco Zero, sarà a sua volta motore di nuove buone pratiche attraverso una borsa di studio assegnata dal Premio Vivere a Spreco Zero

«Sono i nostri comportamenti che fanno la differenza in tema di ambienteha dichiarato Barbara Degani, Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente – E’ un concetto che vale a maggior ragione per i temi dello spreco di cibo e dell’educazione alimentare alla base del Premio “Vivere a Spreco Zero” cui sono felice di aver contribuito e partecipato anche nelle passate edizioni. Il cambiamento passa in primis per le persone e le organizzazioni di cui fanno parte, si tratti di istituzioni come le amministrazioni comunali o le aziende e le scuole, che sono le categorie premiate oggi. I dati Waste Watcher dimostrano che c’è un’attenzione crescente in questo campo da parte dei cittadini in occasione di una ricorrenza come il Natale in cui lo spreco risulta evidente: 4 italiani su 10, il 41% degli intervistati, afferma che il rischio di spreco è dietro l’angolo del ‘cenone’. Le azioni che da anni abbiamo messo in atto per la riduzione degli sprechi, dalla family bag alle campagne di educazione alimentare e ambientale, dimostrano che stiamo andando nella giusta direzione».

Nel corso dell’incontro sono stati infatti illustrati i nuovi dati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, che rilevano i comportamenti dei consumatori in vista del Natale. Cosa si spreca a Natale? «Denaro e cibo, secondo gli intervistati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg – ha spiegato Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market e del movimento Spreco Zero – Anche se la sensazione di gettare il cibo è andata calando nelle ultime rilevazioni, segno dell’attenzione crescente a comportamenti virtuosi in questo campo: ma non dobbiamo abbassare la guardia: lo spreco domestico ci costa infatti ogni giorno all’incirca 1 euro, pari a 145 kg di cibo gettato in casa ogni anno, per 6,9 € la settimana e 360 € ca ogni anno. Lo spreco è un tema su cui si gioca il futuro della terra, per questo dobbiamo sensibilizzare innanzitutto i giovani, dai bimbi ai millennials della generazione Z».

I nuovi dati Waste Watcher evidenziano che in Emilia Romagna la percezione di sprecare cibo a Natale è lievemente inferiore alla media nazionale, indice di sensibilizzazione più forte intorno al cibo e al suo valore. Cresce anche l’attenzione al proprio tempo: 1 italiano su 20 ritiene di sprecarlo, a Natale, era 1 su 100 lo scorso anno! E Natale, di per sé, cosa rappresenta per gli italiani? Un periodo di ‘abbondanza e ricchezza’ più per i cittadini dell’Emilia Romagna (48% degli intervistati) che per gli italiani (45%). In Emilia Romagna il Natale genera più piacere (30% contro 28% degli intervistati in Italia), si fanno più regali (23% contro 19% del resto d’Italia) e si dà più attenzione al cibo (21% contro 18%). «Le azioni condotte in questi anni per la riduzione degli sprechi, in particolare quelli alimentari, producono un loro effetto – conferma il curatore del progetto reduce Luca Falasconi – La sensibilità sullo spreco alimentare è aumentata, ma tanta strada ancora deve essere fatta. Proprio per questo motivo abbiamo pensato a “Waste Notes” un piccolo diario che ha l’obiettivo di affiancare le famiglie nel monitorare cosa succede nelle proprie cucine e di poter condividere attraverso i portali sprecozero le buone pratiche che ognuno adotta per prevenire e ridurre lo spreco domestico. Osservare e ‘copiare’ le buone pratiche delle cucine degli altri è sicuramente un ottimo strumento per vincere sullo spreco».

«UniCredit – ha spiegato Livio Stellati, responsabile Centro-Nord Relazioni Istituzionali UniCredit – considera la sostenibilità un concetto fondante per il successo delle proprie attività e agisce per perseguire l’obiettivo di una crescita sostenibile non soltanto dal punto di vista bancario. Così la banca è attiva anche nel supporto a progetti culturali e sociali come “Spreco Zero” che UniCredit sostiene da cinque anni e nella quale si riconosce in virtù del proprio impegno per la crescita del territorio che non può prescindere dall’attenzione al risparmio a tutto campo. UniCredit è quindi entusiasta di ospitare la cerimonia di consegna del Premio “Vivere a Spreco Zero”. Un’occasione per promuovere le buone pratiche valorizzando le esperienze più rilevanti e favorendone la diffusione».

Eliana Farotto responsabile Ricerca & Sviluppo Comieco ha annunciato i vincitori della categoria enti pubblici sottolineando che «la lotta allo spreco è uno degli strumenti portanti dell’economia circolare: solo riducendo l’uso indiscriminato di risorse le successive azioni di raccolta e riciclo possono essere efficaci. Il Comune di Milano affronta da anni, anche con il sostegno di Comieco, la gestione sostenibile del territorio e i progetti premiati oggi sono il riconoscimento dei risultati finora raggiunti e di come Milano possa rappresentare su questo fronte l’Italia anche in ambito internazionale».

«Partecipiamo volentieri a questo appuntamento che mette in evidenza le tante aziende che in Italia realizzano idee ingegnose utilizzando tecnologie avanzate – ha dichiarato Diego Pagani presidente di Conapi-Mielizia, annunciando i vincitori della categoria Imprese – Il premio Vivere a Spreco Zero nutre e stimola le nostre coscienze rispettando il semplice principio non si butta il cibo, che nonne e mamme avevano insegnato per millenni, mostrandoci come anche un gesto semplice sia importante per innescarne mille altri virtuosi, in grado di dare obiettivi concreti e raggiungibili per il futuro dell’umanità».

I vincitori della categoria Scuole sono stati annunciati da Giuseppe Zuliani, Direttore Customer Marketing e Relazioni Esterne Conad, che ha dichiarato: «combattiamo lo spreco per recuperare e donare i prodotti che sono ancora perfettamente commestibili ma sono a ridosso della data di scadenza. Tramite le associazioni che operano nei vari territori in cui siamo presenti con i nostri soci forniamo un aiuto a tante persone bisognose offrendo loro un pasto e un sostegno alimentare quotidiani. E’ uno dei modi in cui ci mettiamo a servizio della comunità, perché per noi il legame sociale è un elemento fondamentale della vita e della competitività della nostra impresa. E’ un lungo filo che ci lega a ogni comunità, al mondo della scuola, alle istituzioni, all’imprenditoria locale… avendo sempre come riferimento delle nostre attività la relazione con la persona, con cui vogliamo ora iniziare a fornire un ulteriore aiuto in più per combattere anche lo spreco in casa».

«I consum-attori sono l’elemento cardine della politica antispreco e premiare le virtuose esperienze e’ doveroso, darne evidenza una missione – ha osservato Myriam Finocchiaro, responsabile Comunicazione e Corporate Affairs Granarolo SpA – Per questo ci piace essere vicini al progetto da tanti anni e in tanti modi diversi. Il Gruppo Granarolo ha da tempo avviato politiche interne ed esterne tese alla progressiva riduzione del consumo di risorse naturali e di emissioni nell’ambiente mediante il controllo delle attività che promuove alla stalla, in produzione e sulla tavola dei consumatori. Benvenuto anche al quaderno delle buone pratiche, strumento utile e intelligente, che abbiamo contribuito a riempire con qualche piccolo suggerimento sulla gestione domestica del frigorifero».

Con la V edizione del Premio Vivere a Spreco Zero è stato presentato il progetto Waste Notes. Un Diario per Amico, quaderno di buone pratiche realizzato dalla campagna Spreco Zero con Reduce – Ministero dell’Ambiente e Università di Bologna – Distal. Sarà distribuito in 10mila copie ad altrettante famiglie campione, già impegnate in progetti di prevenzione dello spreco alimentare. La giuria 2017 del Premio Vivere a Spreco Zero, presieduta dal fondatore Last Minute Market Andrea Segrè, è composta dal Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani con il curatore del progetto Reduce Luca Falasconi, i giornalisti Antonio Cianciullo e Marco Fratoddi, il conduttore di Caterpillar Radio2 Rai Massimo Cirri e inoltre Eliana Farotto responsabile Ricerca & Sviluppo Comieco, Diego Pagani, presidente Conapi e Giuseppe Zuliani, Direttore Customer Marketing e Relazioni Esterne Conad. Sostiene la campagna Spreco Zero, con UniCredit, un pool di aziende dell’agroalimentare italiano e del packaging nazionale: Alce Nero, Camst, Comieco, Conad, Conapi-Mielizia, Granarolo SpA, Istituto Nazionale Imballaggio.

Fonte: ecodallecitta.it

Nuove Formichine Salvacibo* contro lo spreco alimentare

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Anche la scuola di Vittorio Bottego, in via San Mamete a Milano, aderisce all’iniziativa promossa da Eco dalle Città e Fondazione Cariplo.

La scuola primaria “Vittorio Bottego” situata in via San Mamete, 11 a Milano aderisce all’iniziativa “Formichine-salvacibo, contro lo spreco alimentare”. Aderiscono tutte le classi dalla prima alla quinta in quanto tutte adottano da anni azioni finalizzate a sensibilizzare gli alunni ad evitare lo spreco di cibo.

1-il martedì e il giovedì, dei volontari dell’associazione “SITICIBO” del “BANCO ALIMENTARE” milanese con sede ora a Muggiò, vengono a ritirare il pane intero non usato e la frutta integra avanzati in mensa dopo il pranzo, per donarli alle mense dei poveri gestite dal “BANCO ALIMENTARE”; pertanto i nostri alunni sono ormai sensibilizzati a non sprecare/rovinare per gioco questo cibo che non vogliono perché sanno che è indispensabile per nutrire altre persone. Gli alunni hanno avuto modo di incontrare i volontari;

2-la classe III C raccoglie sempre  i pezzetti di pane avanzato (non integro) per donarlo ad un canile dove presta servizio volontario il nonno di un alunno;

3-nei giorni di lun. merc. e ven. poiché non passano i volontari di “SITICIBO” il pane e la frutta che non viene consumata viene conservata dal singolo alunno nel proprio sacchetto “salva merenda” fornito da “Milano ristorazione” e portata a casa; molti alunni della classe V B la riportano a scuola il giorno dopo per consumarla durante la merenda di metà mattina delle 10,30;

4-gli alunni delle classi quinte prima di iniziare a consumare la portata del proprio pranzo, se non intendono consumarla tutta, ne ripongono una piccola parte in un piatto pulito da utilizzare come bis da dividere fra i compagni che hanno ancora fame e ne vogliono ancora, questa ormai nelle nostre classi quinte è diventata una buona consuetudine che ci permette di evitare sprechi di cibo accontentando tutti.

*Formichine Salvacibo è un progetto cittadinanza attiva contro lo spreco con il contributo di Fondazione Cariplo.

Fonte: ecodallecitta.it

Combattiamo la paura di surgelare

Nel Regno Unito, la Food Standards Agency vuole convincere i consumatori a surgelare gli alimenti, per prevenire lo sprecoview (2)

Nel Regno Unito, l’ignoranza dei consumatori rispetto al modo corretto di congelare il cibo alimenta lo spreco alimentare. La Food Standards Agency (Agenzia per lo Standard Alimentare – N.d.T.) sta lavorando alacremente con il governo britannico per lanciare una revisione delle linee guida delle date di scadenza degli alimenti industriali e queste potrebbero includere anche alcuni suggerimenti sulla conservazione del cibo surgelato.

La Food Standards Agency vuole combattere le “paure della surgelazione”. Recenti studi dimostrano che una serie di falsi miti impedisce a tanti consumatori di surgelare gli alimenti per conservarli più a lungo. Gli inglesi gettano sette milioni di tonnellate di cibo e bevande ogni anno, con un costo di circa 470 sterline per famiglia e un elevato danno ambientale. Un’indagine condotta su 1500 consumatori ha rivelato che il 43 percento dei consumatori crede che il cibo possa essere surgelato soltanto il giorno in cui è stato acquistato (mentre invece è possibile surgelarlo in un momento qualsiasi entro la data di scadenza). Il 38 per cento, invece, sostiene che sia pericoloso ri-surgelare la carne dopo che è stata cotta e il 36 per cento ritiene erroneamente che il cibo surgelato sia poco salutare.

Quasi due terzi del campione hanno ammesso di avere buttato via del cibo nel mese passato: 36 per centoha gettato del pane, 31 per cento frutta e verdure e il 22 per cento della carne. Il motivo principale fornito per avere buttato via gli alimenti è che avevano superato la data di scadenza, una scusa addotta dal 36 per cento delle persone. Al tempo stesso, il 30 per cento ha ammesso di avere buttato via il cibo perché ne aveva comperato troppo e non lo aveva consumato, mentre più della metà, il 54 per cento ha affermato di essersi sentito in colpa quando lo ha gettato. La FSA ha sottolineato che questi comportamenti avrebbero potuto essere evitati utilizzando meglio il congelatore.

“Ogni anno gettiamo sette milioni di tonnellate di cibo” ha dichiarato Steve Wearne, direttore delle politiche dell’FSA. “La maggior parte di questo spreco non è necessario e una comprensione migliore di come surgelarlo potrebbe limitare di molto il problema”. Warne ha sottolineato come la ricerca condotta dalla FSA abbia dimostrato che “molte delle paure riguardanti il congelamento sono infondate. Il congelatore è una sorta di pausa, e quindi è possibile congelare gli alimenti fino al giorno della loro scadenza. Mentre il cibo è tenuto nel freezer, la sua qualità, comunque, lentamente si deteriora: raccomandiamo quindi di mangiarlo entro un periodo che va dai tre ai sei mesi e di conservarlo seguendo le istruzioni relative al suo congelamento. Una volta scongelato, deve essere consumato entro 24 ore”.

Fonte – theguardian.com

Traduzione – Laura Tajoli