Come l’industria influenza la ricerca scientifica

Alice Fabbri, membro dell’associazione “No Grazie Pago Io” (un gruppo di operatori sanitari e medici che non accettano nulla dalle lobby e dalle industrie), analizza gli studi recenti che mostrano come l’industria, in più campi e ambiti, influenzi la ricerca scientifica in modo massiccio.

Gli studi sponsorizzati dall’industria tendono a produrre ricerche che favoriscono il prodotto dello sponsor enfatizzandone i benefici o minimizzandone i rischi. Diversi studi hanno esplorato questo problema documentando come lo sponsor può influenzare la progettazione, i metodi, la conduzione e la pubblicazione degli studi scientifici.(1-3)

La sponsorizzazione industriale può agire però anche a un livello superiore influenzando l’intera agenda della ricerca scientifica, ovvero il primo passo nella conduzione di uno studio in cui le domande di ricerca vengono formulate.
Una revisione pubblicata sull’American Journal of Public Health ha identificato 36 studi che hanno esplorato l’influenza della sponsorizzazione industriale sull’agenda della ricerca in diversi campi scientifici e settori industriali: industria farmaceutica, alimentare, chimica, mineraria, del tabacco, dell’alcool.(4) La revisione ha evidenziato come le industrie tendono ad adottare strategie simili in diversi settori. L’industria privilegia linee di ricerca che si concentrano su prodotti o attività che possono essere commercializzati. Ad esempio, l’industria farmaceutica tende a sponsorizzare studi su farmaci o dispositivi medici con un focus su patologie che colpiscono paesi ad alto reddito. Le multinazionali tendono inoltre a sponsorizzare ricerche su temi che possano distrarre dai potenziali rischi dei propri prodotti per proteggersi da regolamentazioni governative. Ad esempio, negli anni ‘80 l’industria del tabacco ha finanziato progetti di ricerca sulla qualità dell’aria interna agli ambienti per distogliere l’attenzione dai rischi del fumo passivo. I risultati di questi studi sono stati presentati dall’industria del tabacco in contesti legislativi per sostenere le proprie posizioni e ostacolare così lo sviluppo di politiche sul fumo. La distorsione dell’agenda della ricerca è particolarmente allarmante da una prospettiva di salute pubblica perché può condurre alla produzione di evidenze focalizzate solo su determinate soluzioni e distogliere l’attenzione dal considerare altre possibili strategie di sanità pubblica. Attraverso l’influenza sull’agenda della ricerca, gli interessi industriali hanno quindi il potenziale per influenzare il dibattito pubblico e l’elaborazione di politiche. Sono urgenti strategie per contrastare tale fenomeno, compresa una maggiore trasparenza sulle fonti di finanziamento degli studi, maggiori finanziamenti per la ricerca indipendente, e linee guida rigorose per regolamentare l’interazione degli istituti di ricerca con gli sponsor commerciali.

1. Barnes DE, Bero LA. Why review articles on the health effects of passive smoking reach different conclusions. JAMA 1998;279:1566-70
2. Bero L, Oostvogel F, Bacchetti P, Lee K. Factors associated with findings of published trials of drug-drug comparisons: why some statins appear more efficacious than others. PLoS Medicine 2007;4(6):e184
3. Lundh A, Lexchin J, Mintzes B, Schroll JB, Bero L. Industry sponsorship and research outcome. The Cochrane database of systematic reviews. 2017;2:Mr000033
4. Fabbri A, Lai A, Grundy Q, Bero L. The influence of industry sponsorship on the research agenda: a scoping review. Am J Public Health 2018;108(11):e9-e16

Fonte: ilcambiamento.it

Expo 2015: McDonald’s sponsor, Slow Food non gradisce

Il tema dell’Expo è Nutrire il pianeta, ma l’invasione delle multinazionali dell’alimentazione mette a nudo le contraddizioni dell’evento. Che le contraddizioni dell’Expo fossero molte lo si era già capito quando era stato annunciato il tema – Nutrire il pianeta – mentre gru, scavatrici e betoniere sottraevano chilometri e chilometri quadrati di suolo libero a ovest di Milano. Era solamente l’inizio. L’evento espositivo che andrà in scena dal 1° maggio al 31 ottobre avrà fra i suoi sponsor McDonald’s, il colosso del fast food che con i suoi 36mila ristoranti dislocati in 120 Paesi del mondo “nutre il Pianeta” a modo suo, con il mix di indubbio successo di fast food e bibite gassate che poco hanno a che vedere con l’idea di partenza dell’Expo. Quando la manifestazione ha individuato il suo filo conduttore, Nutrire il pianeta, ha cercato una sponda in Slow Food, tanto che anche il Salone del Gusto e Terra Madre dello scorso ottobre sono stati pensati in un’ottica preparatoria dell’evento milanese.

Expo Milano 2015 sarà l’occasione per riflettere e confrontarsi sui diversi tentativi di trovare soluzioni alle contraddizioni del nostro mondo: se da una parte c’è ancora chi soffre la fame (circa 870 milioni di persone denutrite nel biennio 2010-2012), dall’altra c’è chi muore per disturbi di salute legati a un’alimentazione scorretta e troppo cibo (circa 2,8 milioni di decessi per malattie legate a obesità o sovrappeso),

si legge sul sito della manifestazione.

Già, le contraddizioni. Nella nota del 27 febbraio scorso è stato annunciato lo spazio che verrà riservato alla ristorazione di Mc Donald’s: 300 posti per 400 mq più 200 mq di terrazza. In occasione di Expo la multinazionale del fast food darà vita al progetto Fattore Futuro che consisterà nell’ingaggio di 20 agricoltori under 40 come fornitori della catena di ristorazione nelle filiere delle carni bovine e avicole, più pane, insalata, patate, latte e frutta. Il tutto con il patrocinio del Ministero delle Politiche agricole. Sul sito di Slow Food il giudizio espresso su questa mossa è molto severo:

La contraddizione stride. E fa male. Expo 2015 si è posta un obiettivo ambizioso come pochi: interrogarsi su un tema cruciale qual è il nutrire il pianeta in futuro. In questa ottica, la presenza di McDonald’s suona più come un autogol clamoroso che non come una affermazione del diritto di confrontare liberamente le varie tesi, che Expo vorrebbe garantire. La presenza di McDonald’s significa che il pianeta potremo continuare a ingozzarlo a fast food o a junk food – chiamatelo come volete – senza curarci troppo del suo stato di benessere.

Come dargli tolto? L’Italia potrebbe giocare la carta delle eccellenze enogastronomiche, della gastronomia e dell’enologia senza paragoni di cui dispone e accoglie, in una rassegna nata sotto la bandiera della difesa dell’eterogeneità, le aziende che maggiormente lavorano per l’omologazione e la stereotipia del cibo e delle bevande.

Slow Food non gradisce e nell’articolo lo ribadisce spiegando che

la presenza di Slow Food e di altre organizzazioni della società civile racconterà una storia completamente diversa: quella di un pianeta che può e deve nutrirsi salvaguardando la biodiversità, tutelando le piccole produzioni, promuovendo il rispetto nei confronti delle risorse naturali e delle comunità contadine.

Insomma secondo Slow Food le scelte fatte per Expo 2015 rischiano di essere politicamente dannose:

Per noi la politica dell’ugual peso in questo caso è sbagliata e manca completamente di coerenza, ed è gravissimo avere scelto come interlocutori della visione sul futuro alimentare del pianeta coloro che sono tra i maggiori responsabili dei problemi e delle contraddizioni insanabili del sistema alimentare attuale. Un evento come Expo dovrebbe fornire linee guida, orientamenti e non farsi cassa di risonanza di visioni antitetiche che mai e poi mai potranno essere considerate risposte, tutte ugualmente valide, alla stessa domanda. Come si fa a promuovere la Carta di Milano, accogliendo le parole di Papa Francesco e di Carlo Petrini come un punto di riferimento e poi spingersi non solo ad accogliere McDonald’s, ma addirittura costruirci assieme un progetto che ambisce a essere contributo di contenuti?

Mancano due mesi all’inizio e i primi “nodi” deontologici vengono al pettine. E, c’è da crederlo, non sarà certo quella sollevata da Slow Food la prima querelle dell’Expo milanese.RUSSIA-UKRAINE-CRISIS-US-TRADE-FOOD-MCDONALDS

Fonte:  Slow Food

ENEL e Eni tra gli sponsor di VeDrò di Enrico Letta e dei suoi ministri

Chi paga VeDrò, si chiede L’Espresso? E a scorrere i nomi degli sponsor del Think net messo in piedi dal premier Enrico Letta si leggono i bei nomi delle multinazionali.badge-280x373

Vi ho parlato dell’associazione trasversale VeDrò fondata nel 2005 da Enrico Letta e che si è rivelata il serbatoio a cui il neo premier ha attinto la maggior parte delle risorse per la formazione del nuovo governo. Per quel che ci interessa abbiamo individuato i pescati tra i vedroidi quali Andrea Orlando del Pd, Nunzia De Girolamo del PdL con Beatrice Lorenzin i tre ministri che per quanto riguarda la tutela ambientale e l’ecologia molto o poco, secondo i punti vista potranno, fare. Ma come entrano Enel, Eni, Autostrade per l’Italia, Gruppo Cremonini, giusto per citarne alcuni sponsor, visibili dal badge fotografato da Il Foglio, che sostengono il Think net messo in piedi da Letta?Luca Sappino de l’Espresso lo ha chiesto a Mattia Diletti, docente e ricercatore di scienza politica all’Università La Sapienza di Roma, di tracciare un profilo di queste sponsorizzazioni fatte, sia ben chiaro, alla luce del sole. Quello che colpisce però del sistema di finanziamento riguarda soprattutto i finanziatori piuttosto che i finanziati. Sono prevalentemente ex monopoli pubblici, che hanno un rapporto ancora stretto con la politica e che finanziano un po’ tutti, con cifre ridotte, a pioggia, sia la destra che la sinistra. Il timore come avanza anche l’Espresso è che questo genere di progetto possa in un certo senso indirizzare le future scelte di governo. D’altronde nel marzo del 2012 assistemmo alla questione V conto energia sollevata dall’ex senatore Pd Francesco Ferrante, poi non ricandidato, che avanzò il sospetto che la bozza che girava in quei giorni fosse proprio stata scritta da ENEL. Veniamo a ENEL sponsor e analizziamo le proposte di VeDrò in merito all’energia, così come riportato in una delle sue brochure che si ispirano ai supereroi della Marvel (anche lei sponsor):

  1. Valorizzare la flessibilità delle nuove centrali a ciclo combinato.
  2. Sostenere le filiere tecnologiche di eccellenza.
  3. Investire sulle riserve domestiche di idrocarburi.
  4. Promuovere un moderno mercato dell’energia europeo
  5. Predisporre un piano di incentivi mirati alla ricerca
  6. Sviluppare consapevolezza tra popolazione e autorità locali
  7. Delineare una strategia per il futuro: banco di prova il 2014

In pratica viene privilegiato il gas rispetto al fotovoltaico, come già Chicco Testa aveva spiegato nell’hangout organizzato dalla Rete dei giornalisti e blogger per l’ambiente. Dunque in piena sintonia con quanto svolto si qui dagli ex ministri Corrado Passera e Corrado Clini.

Fonte.ecoblog