Sfreedo: la spesa su WhatsApp per ridurre gli sprechi

Ridurre lo spreco alimentare, mangiare sano e al giusto prezzo. Sono questi i vantaggi offerti da Sfreedo, un servizio semplice, diretto e gratuito che permette di risparmiare dal 20% sino al 100% su prodotti alimentari freschi di giornata o prossimi alla scadenza e impedire che cibo buono e di qualità finisca in discarica. Sfreedo è un’iniziativa nata a Caserta nel 2015 che ha come obiettivo ridurre lo spreco alimentare e mettere in collegamento diretto tra loro consumatori consapevoli e negozianti che si ritrovano sugli scaffali alimenti prossimi alla scadenza e che, nonostante siano perfettamente integri e commestibili, sarebbero costretti – per legge – a conferire in discarica. Sfreedo, che oggi è presente nelle città di Caserta e Napoli, accelera la vendita di prodotti alimentari prossimi alla scadenza e permette di ridistribuire a prezzi molto scontati cibi integri e di qualità.

La parola “sfreedo” in gergo locale significa “ciò che avanza”, “gli avanzi” ed è un servizio semplice, diretto e gratuito che permette ai consumatori di risparmiare sino al 100%. Negozianti e cittadini si iscrivono gratuitamente al WhatsApp di Sfreedo e, sempre attraverso WhatsApp, i commercianti aderenti al servizio informano in tempo reale tutti gli iscritti –  chiamati “sfreeders” – della disponibilità di cibi di cui è necessario sollecitare la vendita affinché non vadano al macero. A loro volta, gli utenti interessati ad uno o più prodotti ottimi ma in scadenza, li prenotano e si recano allo “Sfreedo Point” per concludere l’acquisto (ma per chi lo desidera, è disponibile anche un servizio di consegna a domicilio).  

I prodotti disponibili su Sfreedo sono i più vari: frutta e verdura fresca e di stagione, carne, pesce e salumi, mozzarelle di bufala, prodotti da forno e pasticceria, panettoni e pandori, nonché pizza al taglio e pasti già pronti grazie all’adesione di alcuni ristoranti e gastronomie. Gli alimenti che possono essere offerti su Sfreedo devono avere una scadenza a massimo 30 giorni e un prezzo che sia almeno di un 20% inferiore rispetto al prezzo di vendita regolare – il risparmio economico, di conseguenza, va dal 20% fino al 100%. In tre anni di attività Sfreedo ha coinvolto decine di punti vendita e dato vita ad una comunità di oltre 14.000 sfreeders, salvando dalla discarica circa 80 tonnellate di ottimo cibo.

“L’idea di Sfreedo nasce dall’esigenza personale di non voler pagare a prezzo pieno un prodotto di prossima scadenza, come un qualsiasi prodotto con scadenza più a lungo termine”, ha spiegato alla stampa Michele Bellocchi, fondatore di Sfreedo. “Ragionando intorno a questo dettaglio ne è venuto fuori che, di conseguenza, un esercente avrebbe potuto “liberarsi” più velocemente di un prodotto con scadenza a breve termine se fosse stato disposto a ridurne il prezzo (oltre alle classiche offerte a cui siamo già abituati). Le reazioni da parte di esercenti e consumatori sono state di assoluto entusiasmo, oltre ogni più rosea aspettativa, al punto che non è stato distribuito alcun volantino per pubblicizzare l’iniziativa. Ci ha pensato il passaparola a fare tutto: solo nel primo mese di test gli esercenti erano 12, di cui due ristoranti, e i consumatori 450, utilizzando semplicemente il gruppo Facebook“.  

Tramite l’iscrizione gratuita al servizio, la comunità degli sfreeders viene informata quotidianamente dei prodotti scontati in scadenza e disponibili presso i vari “Sfreedo Point” di Caserta e di Napoli. Il servizio Sfreedo, semplice, diretto e gratuito permette ai consumatori di ricevere in tempo reale notifiche dai negozi sui prodotti in Sfreedo, risparmiare portando a casa ottimi cibi e di confrontarsi con una community attenta alla spesa e sensibile al consumo consapevole. I vantaggi per gli esercenti, invece, sono la sensibile riduzione degli stock a magazzino, il recupero del capitale investito, ad esempio, in un eccessivo approvvigionamento, l’acquisizione di nuovi clienti, la riduzione dei rifiuti derivanti dallo smaltimento di imballaggi di vario tipo.

La mission di Sfreedo è accelerare la vendita di alimenti per ridurne lo spreco, tuttavia può capitare che qualche alimento resti invenduto e, in tal caso, per scongiurare la discarica, viene devoluto a titolo gratuito alle associazioni onlus aderenti al circuito Sfreedo. “In Italia e nel mondo esistono già sistemi per combattere lo spreco alimentare”, ha dichiarato Michele Bellocchi, “ma che fine fanno i prodotti che non vengono venduti nemmeno a prezzo scontato? La nostra rete di valore affonda le radici nell’etica, nell’economia civile, un modello di sviluppo inclusivo, partecipato e collaborativo fondato sulle sinergie. Abbiamo scelto di lavorare con alcune persone e organizzazioni meravigliose, non solo per la grande professionalità e conoscenza dei diversi contesti, ma anche perché si occupano di curare e migliorare la nostra società. Ad oggi abbiamo salvato ben 80 tonnellate di cibo e il nostro traguardo è quello di aumentare gli utenti della nostra community, che ad oggi sono più di 14.000, e continuare la lotta allo spreco alimentare”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/12/sfreedo-spesa-whatsapp-ridurre-sprechi/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Il mercato contadino, un esempio concreto di economia circolare

Lontano dalle logiche della grande distribuzione organizzata, il mercato contadino propone prodotti locali di qualità, combatte lo spreco alimentare e promuove la condivisione. Ne abbiamo parlato con Tommaso Orazi, che collabora con il Mercato Contadino di Zagarolo, in provincia di Roma, un esempio reale di circuito economico e sociale virtuoso. “Secondo l’ultimo rapporto Ispra sullo spreco alimentare in Italia si spreca il 60% delle risorse. Questo genera aumento dell’effetto serra, spreco di acqua, degradazione dell’ecosistema terra ed enormi problemi di natura socio-alimentare. I sistemi agro-alimentari, basati sull’industria agrochimica e sulla grande distribuzione, poco integrano la dimensione ambientale, sociale ed economica dell’intero sistema. Di fatto non sono sostenibili”.

Ne abbiamo parlato con Tommaso Orazi che ci ha spiegato cosa lo ha portato a collaborare con l’organizzazione del Mercato Contadino di Zagarolo, in provincia di Roma.12400747_10208757403597514_7836045629580058692_n

Il mercato contadino di Zagarolo

“La grande distribuzione organizzata, protagonista della globalizzazione, crea disparità e spreco. Non si produce in base alla domanda, ma si sfruttano le risorse del mondo, anche umane, per produrre il più possibile al minor costo; si accumulano i prodotti per distribuirli a chi se lo può permettere. Non c’è contatto diretto tra chi produce e chi consuma e spesso sono proprio i braccianti che coltivano per le grandi aziende a non avere sufficiente accesso al cibo”.

Da consumatore occasionale dei mercati e partecipante ai gruppi di acquisto solidale, da qualche anno Tommaso è impegnato in una realtà di economia circolare. “Al mercato contadino, che si tiene ogni domenica mattina, partecipano circa 30 produttori con un vasto assortimento di prodotti alimentari di stagione, fiori e piante, erbe aromatiche e officinali, cosmesi naturale. Abbiamo un regolamento che cerchiamo di fare rispettare per mantenere alta la qualità del mercato. Nessun prodotto deve provenire dalla grande distribuzione. Oltre alle visite degli agronomi accreditati, dallo scorso anno, partecipano alle visite anche i consumatori stessi del mercato per conoscere meglio i produttori e scoprire cosa c’è dietro ogni loro prodotto. È un modo per valorizzare il lavoro di chi propone prodotti di qualità rispetto a quanto si trova nella GDO. I contadini vengono stimolati a produrre varietà antiche o tipiche del territorio e i cittadini a riconoscere e ad apprezzare i prodotti autoctoni come la Sarzefina e il Cavolo di Zagarolo, la nocciola dei Colli Prenestini, il Marrone di Labico e speriamo da quest’anno il Pisello labicano. La parte più bella forse è che il mercato non è solo un luogo per fare la spesa ma è uno spazio per trascorrere una piacevole mattinata, qualche volta animata da musicisti e artisti di strada”.27750141_10216304152141511_9115219256850101180_n

Intorno al Mercato contadino di Zagarolo sono nati 2 progetti. Il primo è il progetto di artigianato artistico a Km 0 “In corso d’opera XL”: ogni seconda domenica del mese il mercato si estende con lo spazio per gli artigiani con dimostrazioni sul posto di vecchi e nuovi mestieri. Creazioni artigianali estemporanee permettono di mostrare come si può lavorare il legno, il ferro, il vetro, la lana, la pelle, il PET, quindi anche alcune tecniche di riuso creativo, ed altri materiali. Il secondo progetto si chiama “No Spreco Alimentare/Invenduto solidale di Zagarolo”: consiste nel raccogliere l’invenduto del mercato per destinarlo a famiglie o associazioni oppure per trasformarlo per eventi solidali. Tommaso chiarisce: “L’obiettivo non è fare assistenzialismo ma creare relazioni di mutuo aiuto. Si cerca di non donare ma di creare uno scambio con la famiglia o l’associazione beneficiaria anche solo nel portare avanti il progetto stesso. Il gruppo No spreco Alimentare collabora anche con Baobab Experience che sostiene i migranti di passaggio da Roma con pasti caldi, abiti e supporto di vario genere.19366173_10213238827786253_6779514925787920805_n

Sabato 17 Febbraio a Zagarolo è in programma “Più U.. Mani per Capricchia”. Dalle ore 16 ci vediamo per impastare la pasta insieme e poi per proseguire con la cena solidale per la comunità di Capricchia, in provincia di Amatrice, colpita dal sisma un anno e mezzo fa. Le cene solidali sono preparate sempre con l’invenduto del mercato, organizzate a rifiuti 0, a contributo libero e con il meccanismo del Buono spesa sospesa. Per chi collabora è stanziata una parte simbolica del ricavato, concordata con il beneficiario dell’iniziativa, sotto forma di Buoni da spendere al Mercato Contadino di Zagarolo. L’invenduto diventa volano per la crescita del territorio e per azioni di solidarietà, un circuito virtuoso di economia circolare e socializzante.  “Un evento particolarmente partecipato è quello dello Scambio di Semi organizzato ogni anno per favorire la biodiversità. Domenica 18 febbraio si potranno scambiare o prendere semi con l’impegno di riprodurne una parte per regalarli. Semi e piantine sono tutte autoprodotte, anche di varietà antiche. Uscire dal circuito di sfruttamento globalizzato ed entrare nei circuiti del rispetto del locale si può”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/02/mercato-contadino-esempio-economia-circolare/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

 

Camilla: la food coop arriva anche in Italia

Un supermercato autogestito in maniera collettiva e partecipata da una rete di persone che partecipa attivamente alla scelta dei prodotti e dei progetti da sostenere all’interno dello spazio. Dall’incontro tra i contadini di CampiAperti ed i gasisti di Alchemilla, sta prendendo forma a Bologna Camilla, la prima food coop italiana. Il 2018 sarà l’anno della rivoluzione. Una nuova idea di spesa alimentare sta giungendo in Italia: arriva dalla lontana Brooklyn, è passata attraverso il Belgio e la Francia – dove sta spopolando – e sta prendendo forma a Bologna, dove sta nascendo Camilla, la prima food coop italiana, il “supermercato autogestito” in cui i clienti non sono più tali ma diventano soci, lavoratori, co-produttori.

Siamo alla periferia del capoluogo emiliano. Sono circa le quattro di un fresco venerdì pomeriggio di inizio novembre quando un’anonima piazzetta sovrastata da grigi palazzoni anni settanta comincia ad animarsi, diventando nel giro di pochi minuti un brulicante centro di vita e di socialità. Dai furgoni i contadini di CampiAperti cominciano a scaricare verdura, frutta, torte, conserve, vini e altri generi alimentari del territorio. Gli abitanti del quartiere scendono in strada, si incontrano, fanno la spesa e si intrattengono a chiacchierare con i produttori. Strappandoli dai banchetti, ci sediamo con alcuni di loro per parlare di Camilla, il progetto pilota per portare l’idea di food coop in Italia. Come ci spiega Giovanni Notarangelo, il nome nasce dalla fusione di CampiAperti – associazione di contadini del territorio – e Alchemilla – gruppo d’acquisto solidale bolognese di cui Giovanni fa parte –, le due realtà che stanno portando avanti questo percorso. «Camilla è nata per dare un’opportunità in più sia ai produttori che ai gasisti, che grazie a un emporio – un luogo fisico, quindi con meno limitazioni rispetto a un gas –, possono acquistare un paniere di prodotti ampio, locale, biologico e garantito».foodcoop2

COME FUNZIONA UNA FOOD COOP?

L’obiettivo del progetto è costituire una cooperativa e una nuova comunità, una rete di persone che possano partecipare attivamente alla scelta dei prodotti e dei progetti da sostenere all’interno di uno spazio fisico – l’emporio – in cui c’è una particolarità: tutti i soci, che sono gli unici che possono acquistare, sono protagonisti di ciò che succede. Sono loro infatti a definire in maniera partecipata e collettiva tutti gli aspetti organizzativi ed economici. Non solo: ogni socio fornisce il proprio contributo anche in termini di tempo, mettendo a disposizione un determinato numero di ore per svolgere i compiti adatti alle sue competenze e necessari al funzionamento della cooperativa, dallo stoccaggio alla contabilità, dalla promozione al trasporto.

CAMPIAPERTI: LA GARANZIA È IL RAPPORTO DI FIDUCIA

Il coinvolgimento di CampiAperti nel progetto è fondamentale. Dal punto di vista delle produzioni infatti, consente di avere già un contatto diretto con di più di cento produttori del territorio che, grazie all’emporio, avranno la possibilità di distribuire i loro prodotti. Dal lato di chi acquista, rappresenta invece l’opportunità di avere un sistema funzionante di selezione e di garanzia partecipata dei prodotti. Pierpaolo Lanzarini è un membro storico di CampiAperti e ci spiega meglio il concetto che sta alla base del progetto: «Attualmente gestiamo sei o sette mercati biologici a filiera corta a Bologna, dove vige un sistema di accesso basato su forme di garanzia partecipata. Questo vuol dire che non ci sono enti terzi che certificano che le aziende ammesse ai mercati rispettano determinati criteri prestabiliti; al contrario, è la comunità stessa del mercato che garantisce che quel produttore rispetta le caratteristiche richieste».

Questo meccanismo è molto più efficiente delle forme di garanzia comunemente intese, dove peraltro vige un grande conflitto di interessi, poiché il controllore è pagato dal controllato. «Da noi puoi avere la certificazione biologica oppure no – spiega Pierpaolo –,  ma il tuo lavoro viene valutato dalla comunità. Inoltre non ci basta considerare gli aspetti della biologicità della produzione: quando facciamo le nostre visite pre-accesso verifichiamo che siano rispettati anche i diritti dei lavoratori e che la gestione dell’azienda sia etica oltre che ecologica».foodcoop5

DA CONSUMATORE A CO-PRODUTTORE

La food coop Camilla ha anche un obiettivo che potremmo definire “politico”: riappropriarsi del rapporto diretto fra chi acquista e chi produce e vende, rapporto che attualmente è stato sostanzialmente espropriato dalla Grande Distribuzione. «Oggi ci rapportiamo unicamente con lo scaffale – sottolinea Roberta Mazzetti, una delle responsabili del progetto Camilla –, neanche più con i commessi. Tutto è basato sulla facilità e sull’immediatezza dell’acquisto. Noi vogliamo sovvertire questo modello, trasformando il consumatore in co-produttore e coinvolgendolo non solo nella scelta critica del cibo che acquista, ma addirittura nella definizione dei criteri di produzione».

Da qui il modello di cooperativa dei consumatori, che si rifà alle cooperative di inizio novecento – ben diverse dalla forma che le coop hanno assunto oggi –, che avevano una grande capacità aggregativa. «Filiera corta non è solo uno slogan – sottolinea Roberta –, è un sistema equo e rispettoso sia per chi compre che per chi produce, sia del lavoro che della qualità della vita».

«Partecipando a questi mercati – aggiunge Alessandro Nannicini, proprietario dell’azienda agricola Il Granaro e membro di CampiAperti – noto che i nostri co-produttori diventano amici, mi vengono a trovare in azienda, vogliono vedere come lavoro. In questo modo si crea un rapporto che va oltre la garanzia partecipata e diventa amicizia. Lo considero un investimento in umanità e per questo destinato al successo».foodcoop6

Il Park Slope Food Coop di New York, da cui prende esempio Camilla

SI DECIDE INSIEME, SI LAVORA INSIEME

«L’idea è nata circa un anno e mezzo fa», ricorda Giovanni. «Tramite un questionario abbiamo chiesto ai gasisti di Alchemilla se sentivano l’esigenza di un luogo fisico, andando oltre i meccanismi dei normali gruppi d’acquisto. In seguito alle loro risposte, un gruppo di una quindicina di persone ha portato avanti uno studio, analizzando le basi ideali e i progetti a cui potersi ispirare».

L’ispirazione è arrivata dalla food coop di Park Slope, a New York, che ancora mantiene l’organizzazione originale delle food coop, con il contributo di tutti i soci. Negli ultimi anni in Europa ne sono nate altre, soprattutto in Francia e in Belgio, dove c’è Bees Coop. «Abbiamo studiato gli aspetti economici per capire le spese e i costi della fase di avviamento, di quanti soci ci sarebbe stato bisogno e qual è il volume di acquisti necessario affinché il progetto sia economicamente sostenibile».

La fase di redazione dello statuto è molto complessa: «Stiamo proponendo qualcosa che ancora non esiste per la legge italiana e il fatto che i soci daranno un contributo di tempo ci renderà pionieri di questa formula». Questo introduce un altro tema importante, affascinante ma delicato: organizzare il lavoro di tutti i soci. «Ciascuno contribuirà a seconda delle proprie motivazioni. Nel questionario abbiamo chiesto al futuro socio di proporre quella cosa che avrebbe sempre voluto fare ma non ha mai fatto, a sottolineare il fatto che questo è uno spazio di tutti, in cui ognuno mette le proprie peculiarità a disposizione degli altri».foodcoop3

I PROSSIMI PASSI

Attualmente il progetto Camilla ha raggiunto una massa critica, raccogliendo l’adesione di circa 280 soci. Da alcuni giorni sono iniziati i cantieri di progettazione collettiva, nell’ambito dei quali si riuniscono ogni due settimane coloro che hanno già aderito. Il primo mattone è stato posato il 30 ottobre con la co-redazione e l’approvazione da parte di circa 120 persone della carta d’intenti, dove sono elencati principi fondamentali che vanno dal biologico al rispetto delle persone, dal diritto al giusto cibo ai diritti della comunità agricole rurali.

«Il prossimo passo – conclude Roberta – è l’individuazione del luogo fisico dove sorgerà l’emporio. Il costo è un problema, stiamo cercando sia nel pubblico che ne privato. Il nostro sogno?  Ci piacerebbe che, come è successo alla food coop di Bruxelles, ci fosse qualche mecenate che crede nel valore del progetto che ci mettesse a disposizione uno spazio».

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/12/io-faccio-cosi-191-camilla-food-coop-arriva-in-italia/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

CIBO BIO ALTRO CHE CRISI: nel 2012 + 7.3% in Italia


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Nel 2012 la crisi ha indotto gli italiani a drastici tagli della spesa alimentare, una sforbiciata che, per la prima volta dopo vent’anni  ha visto il peso medio degli italiani in diminuzione rispetto all’anno precedente. Anche il cibo di qualità ha avuto una battuta d’arresto con un -3,4% di spesa per il pesce fresco e un -1,9% per la frutta. Al cospetto di questa contrazione c’è una nicchia che non solo ha tenuto, ma ha addirittura aumentato il giro d’affari: quella del cibo biologico. In controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato la spesa per i prodotti biologici è aumentata del 7,3% dopo il notevole +9% del 2011.

Se per biscotti, dolciumi e merendine (+22,9%) e bevande analcoliche (+16,5%) si può parlare di un vero e proprio boom, l’aumento è superiore alla media generale del settore anche per pasta, riso e sostituti del pane (+8,9%) e frutta e ortaggi (+7,8%). I prodotti bio lattiero-caseari registrano un +4,5%, mentre per quanto riguarda le uova i dati sono in calo di un -1,9%. Proprio le uova, nonostante il segno meno del 2012, restano il prodotto bio più gettonato con una quota del 12,5% sulla spesa complessiva; confetture e marmellate bio rappresentano l’8,8% del mercato bio, mentre il latte è all’8,6%.

Geograficamente il Paese è spezzato in tre con il 70,8% della spesa nelle regioni del Nord Italia, il 22,3% in quelle del Centro e 6,9% in quelle del Sud. Tra esportazioni e consumi interni il giro d’affari del biologico, secondo i dati FIBL-IFOAM, ammonterebbe a 3 miliardi di euro, un fatturato che fa del nostro Paese il quarto in Europa dopo Germania, Francia e Regno Unito e il sesto a livello mondiale.

Fonte: ecoblog