L’Italia mangiata dal cemento: compromessa oltre la metà delle coste

Un recente dossier di Legambiente rivela che il 55 per cento del litorale nostrano (relativamente alle otto regioni costiere prese in considerazione) è ormai irrimediabilmente compromesso a causa della speculazione edilizia e della cementificazione selvaggia. 160 chilometri di costa sono stati inghiottiti per sempre dal cemento. Ora, una proposta di legge prova a fermare lo scempio.

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Questa estate avete forse notato che dietro a quella spiaggia dove andate da anni è sorto un nuovo albergo, a pochi passi dal mare? E che dire di quella capanna di legno che vendeva bibite sul mare che si è trasformata in un bar ristorante che mette musica a palla in orario aperitivo? E quando quel porticciolo dove riposava giusto qualche barchetta di pescatore è diventato un grosso scalo per yacht di lusso ed imbarcazioni commerciali? Se avete osservato con stupore fenomeni del genere, di certo non siete stati i soli. In Italia la cementificazione delle aree costiere prosegue senza soste, e ormai il 55 per cento del nostro litorale è stato trasformato per sempre. A ricordarcelo è il nuovo dossier di Legambiente chiamato “Salviamo le coste italiane” (scaricabile qui), che analizza regione per regione il consumo delle aree costiere attraverso un lavoro di analisi e confronto delle foto satellitari e presenta un quadro decisamente buio per quanto riguarda lo stato del nostro bellissimo lungomare. Oltre la metà, il 55 per cento appunto, è stato stravolto dall’edificazione selvaggia e dalla speculazione edilizia. Dal 1985 ad oggi 160 chilometri di costa sono stati inghiottiti dal cemento, il tutto in barba ai vincoli imposti dalla legge Galasso, la prima legge che proprio nell’85 provava a valorizzare i paesaggi italiani e mettere un freno all’amore per il cemento. Il record negativo – perlomeno fra le otto regioni analizzate, Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise, Sicilia e Veneto – spetta a parimerito ad Abruzzo e Lazio con il 63 per cento di coste trasformate: solo un terzo del litorale o poco più resta “al naturale”, mentre iu restanti due terzi è ormai occupato da palazzi, ville, alberghi, porti. Male anche l’Emilia-Romagna, con il 58,1 per cento di paesaggi compromessi, la Sicilia (57,7), le Marche (54,4), la Campania (50,3), il Molise (48,6). Meglio, si fa per dire, il Veneto (36) dove l’urbanizzazione ha avuto come freno il delta del Po e il sistema lagunare. Complessivamente è la costa Tirrenica a mostrare i dati più allarmanti rispetto a quella adriatica con quasi 120 km di costa cancellati tra il 1988 ed 2011 ed un aumento del 10,3 per cento di consumo delle aree costiere. “La fotografia scattata da Legambiente evidenza un quadro preoccupante, una deriva pericolosa che non trova, al momento, ostacoli efficaci né nella legislazione né nelle volontà politiche degli amministratori locali – ha dichiarato dichiara il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. I risultati che emergono dal dossier evidenziano non solo come continui la pressione delle speculazioni in tanti luoghi di straordinaria bellezza, ma che esiste un grave problema di tutela che riguarda vincoli, piani e sistemi di controllo”. E non si tratta solo di estetica, né di solo amore per l’ambiente. Legato alla speculazione edilizia e alla cementificazione c’è un problema sempre più impellente di sicurezza, dovuto all’aumento esponenziale del rischio idrogeologico. “La preoccupazione aumenta – ha infatti continuato Cogliati Dezza – se si pensa poi alla crescente esposizione al rischio idrogeologico che questa situazione fa emergere e se si considera che l’esplosione dell’occupazione delle coste con il cemento in molte parti d’Italia avviene in assoluto rispetto della legalità. L’abusivismo peggiora una situazione già gravemente compromessa.” Per questo motivo l’associazione ambientalista ha depositato in parlamento un disegno di legge sulla bellezza che mira a risanare gli scempi commessi e ad indirizzare il settore dell’edilizia verso la strada della riqualificazione. “L’obiettivo – conclude Cogliati Dezza – deve essere salvare la natura residua, liberare l’accesso alle spiagge ed avviare un grande piano di riqualificazione dell’esistente, per cancellare quella litania di case e costruzioni che rovinano la bellezza delle nostre coste. È dunque fondamentale che si apra una nuova fase di attenzione nei confronti dei paesaggi costieri, un patrimonio unico, una risorsa preziosa, che non può rischiare di essere divorata anno dopo anno dal cemento ma, al contrario, che l’Italia deve tutelare e valorizzare.” Sul sito di Legambiente è anche disponibile “l’Atlante fotografico dei paesaggi costieri italiani“, uno spazio interattivo, dove si possono monitorare i cambiamenti che stanno avvenendo lungo le coste italiane e i 639 Comuni che si affacciano sul mare. E al tempo stesso informarsi sulle spiagge più belle e i luoghi più suggestivi della Penisola.

Fonte: il cambiamento

“Salviamo le coste italiane”, Legambiente presenta il dossier

Oltre il 55% delle aree costiere trasformate per sempre dal cemento. Record negativo di Lazio e Abruzzo che hanno perso il 63% di litorale . Dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, sono stati cancellati 160 chilometri di coste. Questi alcuni dei dati che emergono dal dossier di Legambiente dedicato alla tutela dei paesaggi costieri della penisola.costa

Le coste italiane sono sotto costante minaccia. Se un tempo erano una crocevia di storie, di incontri tra culture diverse, da troppo tempo sono invece diventate preda e bottino della speculazione edilizia che ne sta cambiando irreversibilmente i caratteri. Su 1.800 km di coste analizzate in 8 Regioni italiane, tra Adriatico e Tirreno, oltre il 55% sono state trasformate dall’urbanizzazione. Senza contare che dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, sono stati divorati dal cemento ben 160 chilometri di coste. È quanto emerge dal dossier di Legambiente “Salviamo le coste italiane”, che analizza Regione per Regione il consumo delle aree costiere attraverso un lavoro di analisi e confronto delle foto satellitari. Scatti che hanno permesso di riconoscere le aree dove è stato cancellato in modo irreversibile il rapporto tra mare, paesaggi naturali e agricoli. E i dati che emergono sono estremamente preoccupanti: tra le 8 regioni analizzate (Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise Sicilia e Veneto), il record negativo va all’Abruzzo e al Lazio con il 63% di coste trasformate, si salvano solo un terzo dei paesaggi mentre tutto il resto è ormai occupato da palazzi, ville, alberghi, porti. Male anche l’Emilia-Romagna (58,1%), la Sicilia (57,7%), le Marche (54,4%), la Campania (50,3%), il Molise (48,6%) e il Veneto (36%) dove l’urbanizzazione ha avuto come freno il delta del Po e il sistema lagunare. Nel complesso la costa Tirrenica mostra i dati più allarmanti rispetto a quella adriatica con quasi 120 km tra il 1988 ed 2011di costa con paesaggi naturali e agricoli cancellati nelle varie Regioni analizzate, con un aumento del 10,3% di consumo delle aree costiere. “La fotografia scattata da Legambiente evidenza un quadro preoccupante, una deriva pericolosa che non trova, al momento, ostacoli efficaci né nella legislazione né nelle volontà politiche degli amministratori locali. – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – I risultati che emergono dal dossier evidenziano non solo come continui la pressione delle speculazioni in tanti luoghi di straordinaria bellezza, ma che esiste un grave problema di tutela che riguarda vincoli, piani e sistemi di controllo. La preoccupazione aumenta se si pensa poi alla crescente esposizione al rischio idrogeologico che questa situazione fa emergere e se si considera che l’esplosione dell’occupazione delle coste con il cemento in molte parti d’Italia avviene in assoluto rispetto della legalità. L’abusivismo peggiora una situazione già gravemente compromessa.costa__

L’obiettivo deve essere salvare la natura residua, liberare l’accesso alle spiagge ed avviare un grande piano di riqualificazione dell’esistente, per cancellare quella litania di case e costruzioni che rovinano la bellezza delle nostre coste. È  dunque fondamentale che si apra una nuova fase di attenzione nei confronti dei paesaggi costieri, un patrimonio unico, una risorsa preziosa, che non può rischiare di essere divorata anno dopo anno dal cemento ma, al contrario, che l’Italia deve tutelare e valorizzare.” Anche per questo Legambiente ha messo a punto un ddl sulla bellezza, depositato in Parlamento e che deve essere rapidamente discusso e approvato per risanare questi scempi. Nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente, del turismo e di un settore come quello edilizio che può trovare nuove opportunità di lavoro proprio puntando sulla riqualificazione.  “L’iniziativa di Legambiente – dichiara il Sottosegretario ai Beni culturali e turismo Ilaria Borletti Buitoni – è meritevole nel merito e nel metodo, e trova il mio incondizionato sostegno. Lo è nel metodo, perché si tratta di una denuncia documentata e puntuale del degrado che sta aggredendo da troppo tempo una parte costitutiva dell’identità italiana come il meraviglioso paesaggio delle nostre coste, in primo luogo per colpa di un selvaggio abusivismo edilizio; e lo è nel merito, perché passando dalla protesta alla proposta, con la presentazione di un ddl ne fa una questione nazionale che chiama in causa la responsabilità e la capacità della politica di tutelare questo patrimonio. Si tratta di uno stimolo ad agire immediatamente – conclude il Sottosegretario Borletti – che intendo prendere molto seriamente”. I Dati. Abruzzo e Lazio detengono il record negativo con oltre il 63% di coste trasformate. In particolare in Abruzzo sono ben 91 i km di costa irreversibilmente modificati rispetto ad un totale di 143 km. Tra le infrastrutture, nate o ampliatesi negli anni scorsi, spiccano i porti di Pescara, Giulianova, Ortona e Vasto. Ma in questa regione l’aspetto più impressionante è che il paesaggio costiero “ancora” libero sia protetto solo parzialmente, solo il 9% dell’intera costa abruzzese risulta essere infatti area protetta. Situazione preoccupante anche nel Lazio, dove su un totale di 329 km, 208 km risultano essere trasformati ad usi urbani e infrastrutturali. Senza contare che l’urbanizzazione realizzata successivamente all’entrata in vigore della Legge Galasso ha portato alla cancellazione di ben 41 km i costa, cioè il 20% dell’intera urbanizzazione esistente. I tratti di costa in cui i valori di consumo di suolo sono più alti, sono quelli che vanno da Salto Corvino a Terracina, da Anzio a Torvaianica.coste_italiane3

Passando alle altre regioni, in Emilia-Romagna il 58,1% delle coste sono state trasformare e 140km totali di costa ben 82 km sono stati urbanizzati sui 141 totali. In particolare da Cesena a Cattolica, tra il 1988 ed il 2011, si è registrato un aumento di costruzioni anche alle spalle della linea costiera.  Dati negativi riguardano anche la Sicilia, le Marche e la Campania, dove sono stati mangiati rispettivamente il 57,7%, il 54,4% e il 50,3% di coste totali. In particolare in Sicilia emblematico è il caso del tratto tra Fiume Grande e Capo, nei pressi di Cefalù, in precedenza caratterizzato da aree verdi. Anche in Molise i dati sono preoccupanti, con ben il 48,6% di coste trasformate. Nonostante la costa molisana sia di modesta lunghezza (35 km), nel corso degli ultimi 25 anni risulta essere tra le più aggredite dalla cementificazione registrando tra il 1988 ed il 2011 un aumento di consumo di suolo costiero del 28,6%. Infine c’è il Veneto con il 36% di coste mangiate dal cemento, un dato molto più basso rispetto alle altre Regioni prese in esame grazie al peso rilevante che ha avuto la morfologia costiera con la laguna veneta e il delta del Po’ hanno nel limitare l’espansione del cemento. “Non è più rinviabile un intervento di tutela delle aree costiere ancora libere dal cemento. – conclude Edoardo Zanchini, vice-presidente di Legambiente – Altrimenti si continuerà a vedere scomparire anno dopo anno dune e litorali sotto il peso di villaggi turistici, seconde case, palazzi, alberghi sfruttando l’inefficacia dei vincoli della Legge Galasso e dei controlli, la vaghezza delle indicazioni dei piani paesistici regionali. Occorre che i Ministeri dei Beni culturali e dell’Ambiente stabiliscano un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall’edificato per almeno 1 chilometro dal mare. In parallelo spetta alle Regioni e al Ministero dei Beni culturali la responsabilità di concludere finalmente la revisione dei piani paesaggistici regionali, per adeguarli alle indicazioni della Convenzione Europea del paesaggio e del Codice dei beni culturali e del paesaggio, per introdurre indicazioni di tutela efficaci e obiettivi di riqualificazione del patrimonio edilizio e dell’offerta turistica”. Sul sito di Legambiente è possibile scaricare il dossier “Salviamo le coste italiane” e le analisi del consumo delle aree costiere nelle 8 regioni analizzate, oltre a scoprire “l’Atlante fotografico dei paesaggi costieri italiani”, uno spazio interattivo, dove si possono monitorare i cambiamenti che stanno avvenendo lungo le coste italiane e i 639 Comuni che si affacciano sul mare. E al tempo stesso informarsi sulle spiagge più belle e i luoghi più suggestivi della Penisola.

Fonte: il cambiamento

“Preveniamo gli incendi”, parte la campagna

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Gli incendi si combattono prima di tutto con la prevenzione. Per questo motivo Vas Onlus (Verdi Ambiente e Società), Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) e Federconsumatori, come ogni estate, ripropongono la campagna “Preveniamo gli incendi”. Due gli obiettivi della campagna: sensibilizzare l’opinione pubblica al rispetto e alla difesa dell’ambiente e accendere un faro sul ruolo degli agricoltori e degli ambientalisti come “guardiani” del territorio per combattere fuoco e disastri. Il patrimonio boschivo italiano è un “serbatoio” di ossigeno e di biodiversità che va tutelato. Per questo motivo Vas, Cia e Federconsumatori invitano i cittadini a segnalare: zone degradate, cigli stradali e ferroviari non ripuliti da sterpaglie, aree agricole incolte, presenza di discariche abusive. I promotori della campagna invitano i cittadini a seguire delle precise regole: non accendere fuochi fuori dalle aree attrezzate; non gettare mozziconi di sigarette o fiammiferi ancora accesi; prima di parcheggiare l’auto accertarsi che la marmitta non sia a contatto con l’erba secca; non abbandonare rifiuti nei boschi; non bruciare, senza le dovute misure di sicurezza, le stoppie, la paglia e altri residui agricoli. L’impegno degli agricoltori e degli ambientalisti per la prevenzione degli incendi è uno strumento in più a supporto del lavoro del Corpo Forestale dello Stato e dei Vigili del Fuoco, soprattutto nei mesi estivi quando l’assenza di piogge e il caldo torrido favoriscono lo scoppio e l’espansione delle fiamme per chilometri e chilometri di vegetazione. Incendi, tra l’altro, causati spesso da veri e propri “piromani killer”, o comunque riconducibili a origini dolose legate alla speculazione edilizia oppure all’incuria e alla disattenzione dell’uomo. L’iniziativa “Previamo gli incendi” si svolge col patrocinio della Comunità Europea-Uffico di Roma, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Corpo Forestale dello Stato e Corpo Nazionale Vigili del fuoco; delle Regioni Abruzzo, Calabria e Campania; gli Enti Parco delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna, dei Monti Sibillini, del Circeo, delle Dolomiti Bellunesi, del Cilento e Vallo del Diano, dello Stelvio, dell’Alta Murgia, del Vesuvio e dell’Abruzzo Lazio e Molise.

Fonte: il cambiamento

Scala dei Turchi: abbattuto l’ecomostro

Hanno preso il via stamattina e si concluderanno nelle prossime ore, i lavori di demolizione dell’ecomostro costruito nel 1989 a due passi della spiaggia di Scala dei Turchi a Realmonte (Agrigento), scelta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Legambiente: “una bella pagina per il paesaggio e la legalità”.

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Quella di oggi è una bellissima giornata e non solo perché forse splenderà finalmente il sole ma perché dopo anni di battaglie, ricorsi, denunce e discussioni, lo scheletro di cemento armato che dal 1989 campeggia indegnamente sulla bellissima spiaggia di Scala dei Turchi viene finalmente abbattuto e questa splendida parete di roccia chiara che si affaccia sul mare cristallino può tornare ad essere quell’angolo di paradiso che, si dice, accogliesse le navi dei pirati. “L’Italia fa un piccolo passo dal grande valore simbolico verso la riconquista della bellezza – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Siamo un paese dalle grandi e insostenibili contraddizioni, siamo il paese con il più alto tasso di abusivismo in Europa, ma facciamo una grande fatica a vedere abusi abbattuti. Qui ci sono voluti 24 anni! Anche per questo alla fine della passata legislatura abbiamo proposto un DdL sull’abusivismo presentato alla Camera (Realacci, Granata) e al Senato (Della Seta, Ferrante), per rendere più semplice ed efficace l’abbattimento degli abusi. Quel DdL va ripresentato urgentemente, soprattutto ora che al Senato qualcuno parla di nuovi condoni. Ma domani sarà un giorno di festa, che ci conforta e ci dà nuova energia per continuare la nostra battaglia per la bellezza, che è la vera grande insostituibile risorsa del nostro paese, che ci dà identità e risorse anche per reagire alla crisi” “La demolizione di Scala dei Turchi è molto importante perché è rappresentativa di un cambiamento culturale in corso in Sicilia – ha dichiarato il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana -. Non si arriva a questa demolizione semplicemente perché si è concluso un contenzioso amministrativo, ma soprattutto perché è cambiato l’atteggiamento della Procura e del Comune. Alcune Procure hanno cominciato a diffidare i Comuni che non demoliscono e sempre più sindaci puntano a valorizzare il proprio territorio recuperandone o salvaguardandone la bellezza. Una vittoria che premia la lunga battaglia iniziata da Legambiente nei primi anni ’90, per riuscire a bloccare questo ecomostro”. Il mirabile esempio di speculazione edilizia che verrà demolito domani venne realizzato grazie alle concessioni facili degli anni ’80 (autorizzazione per la realizzazione di un complesso turistico alberghiero in località Punta Grande data a Luigi Fretto, amministratore unico della Scatur s.r.l. con sede in Porto Empedocle, in esecuzione al piano di lottizzazione approvato con delibera consigliare n. 78 del 23.02.1983). L’intervento – si legge in una nota della Procura – ricadeva in zona B3 (zona omogenea residenziale di completamento) del Programma di fabbricazione del comune di Realmonte che secondo l’Autorità giudiziaria veniva violato e successivamente, in detta zona, sono stati apposti vincoli paesaggistici. La costruzione dell’albergo fu autorizzata con concessione edilizia risalente al 1989. Legambiente fece la denuncia alla Magistratura nel 1990 ottenendo, nel 1992, il blocco dei cantieri e il sequestro. Ma intanto, un primo lotto di circa 2.000 metri cubi era già stato realizzato. Nel marzo 2011 la giustizia amministrativa ha dato definitivamente torto ai proprietari riconoscendo come inammissibile la loro proposta di sanatoria (art. 13 della legge 47/85). A ottobre 2012 la magistratura è intervenuta ordinando l’abbattimento dell’ecomostro. Nel novembre 2012 viene annunciato l’abbattimento: il comune agrigentino notifica ai proprietari dello scheletro l’ordinanza di demolizione entro 90 giorni, che prevede anche che se entro il termine la società proprietaria Scatur Srl non avrà ottemperato, sarà direttamente il Comune a intervenire con le spese in danno agli stessi proprietari. La proprietà però intraprende alcune iniziative per rallentare l’iter. Il Comune (destinatario dell’ordine della Procura) per un po’ la segue, poi – con il pressing di Legambiente – stringe i tempi. Il 6 maggio 2013, a Realmonte (Agrigento) sono cominciati i lavori di preparazione (accessi camion, studi ecc) per abbattere l’ecomostro che deturpa la Scala dei Turchi, e finalmente domani, giovedì 6 giugno, si procederà all’autodemolizione da parte degli stessi proprietari, che hanno preferito una pratica molto meno onerosa che non quella di farsi abbattere l’abuso dall’amministrazione e poi dover risarcire i costi. La vicenda dell’abbattimento del rudere, negli ultimi tempi si era andata sempre più intrecciando con il procedimento di riconoscimento dell’Unesco della località coinvolta quale patrimonio dell’umanità, con i veti degli ambientalisti e soprattutto di Legambiente, che sulla questione non vuole fare passi indietro non soltanto sul rudere più famoso, ma anche sugli scheletri dei fabbricati del più lontano e meno visibile lido Rossello. L’ecomostro di Scala dei Turchi non è l’unico caso di contenzioso aperto con privati accusati di avere posto in essere una cementificazione indegna. A circa un chilometro, nei pressi di Lido Rossello, ci sono infatti altri tre scheletri di cemento di strutture sotto sequestro.

Fonte: il cambiamento