Spreco alimentare, in Francia si pensa al divieto per la Grande Distribuzione

In Francia si pensa a una legge che vieti alla Grande Distribuzione di gettare l’invenduto e la obblighi a donare gli alimenti ancora consumabili. La Francia sembra di fronte a un punto di svolta per quanto riguarda le politiche di contrasto allo spreco alimentare per il quale il Parlamento Europeo, nel 2012, ha fissato un traguardo per il 2025: dimezzare il cibo sprecato. La buona volontà, i consigli alla popolazione e anche il Patto nazionale anti-spreco del 2013 non sono sufficienti e se si vuole ridurre il problema occorre fare un salto di qualità e mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, dal produttore agricolo fino al consumatore, passando attraverso i trasformatori e i distributori. In Francia il cibo che finisce ogni anno nella spazzatura è quantificato fra i 20 e i 30 chilogrammi pro-capite, ma si sale a 140 kg a persona se si estende la statistica a tutta la filiera alimentare. Insomma il consumatore è soltanto il terminale di una filiera che – pro-capite – spreca fra i 110 e i 120 chilogrammi di cibo. Una quantità enorme, uno sperpero inaccettabile eticamente, economicamente ed ecologicamente per un mondo che continua a misurare in centinaia di milioni gli affamati che popolano il pianeta. Secondo l’Agence de l’environnement et de la maîtrise de l’énergie (Ademe) il valore del cibo sprecato è di circa 159 euro per anno e per persona, vale a dire fra i 12 e i 20 miliardi di euro l’anno soffermandoci sulla Francia. Cosa fare? Il deputato Guillaume Garot è il deputato scelto dal premier Manuel Valls per risolvere il rompicapo. I capisaldi del contrasto allo spreco alimentare dovrebbero essere due:

1) il divieto di gettare gli alimenti per la grande distribuzione. Si tratta di un divieto legittimo perché esiste un ventaglio di alternative per evitare lo spreco. Si tratta di un incentivo a gestire meglio i propri stock e, in seguito, a valorizzare l’invenduto sia sotto forma di dono che per l’alimentazione animale o per la produzione di energia (come si sta iniziando a fare in Sicilia con il pastazzo, per esempio;

2) l’obbligo di regalare gli alimenti invenduti se ancora consumabili. In questo caso ci sono numerose associazioni caritative che si possono occupare della distribuzione del cibo invenduto ai meno abbienti. Le associazioni non dovranno più occuparsi di separare ciò che è consumabile da ciò che non lo è perché a questo provvederanno direttamente le catena di Gdo.

C’è poi la questione del “blocco culturale” della “doggy bag” quando si va al ristorante. Garot spera che ci si impegni anche per far crollare questo tabù in ristoranti, fast food e self service. Lo spreco alimentare è un lusso del passato che l’Occidente sperperatore non si può più permettere e in Francia sembrano averlo già capito.159252467-586x390

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

In prigione per 48 ore per aver depositato la spazzatura fuori orario

La storia arriva dalla Svizzera: 2 giorni di carcere a Deny Eggimann per aver depositato il sacchetto della spazzatura fuori orario

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L’incredibile vicenda capitata a Deny Eggimann a Biel/Bienne in Svizzera la racconta Le Matin (foto credit Le Matin): il 44enne si è appena fatto due giorni di carcere per aver depositato il sacchetto della spazzatura fuori orario. I fatti sono andati così: Deny Eggiman una domenica mattina ha depositato il suo sacchetto della spazzatura da 17 litri ai piedi di un albero al centro della cittadina di Biel/Bienne. La raccolta però era prevista dopo le 18. Le guardie che sono passate per un regolare controllo hanno esaminato il contenuto del sacchetto risalendo all’identità del proprietario. Detto fatto: gli è stata comminata una multa da 150 franchi svizzeri. Dopo il ricorso rifiutato, la multa è stata trasformata in due giorni di carcere ora regolarmente scontati da Eggiman.

Racconta Eggiman a Le Matin:

Ero in partenza per Saas Fee per due settimane, per un campo con la squadra Swiss Paralympic come guida da sci per i non vedenti con e volevo evitare di lasciare la spazzatura nel mio appartamento poiché non ci sono contenitori per la raccolta davanti la mia casa.

Come per i tanti comuni che hanno introdotto le tasse sulla raccolta è stata anche disposta una squadra di identificazione dei rifiuti e infatti il nome e l’indirizzo Eggimann sono stati rivelati proprio dai residui della sua spazzatura. Ebbene questa infrazione gli è costata una multa da 150 franchi svizzeri. Racconta Eggiman:

Non c’è stato modo di risparmiare un franco e al ricorso l’autorità gli ha risposto:”Conoscendo l’orario di raccolta, ovvero dopo le 18:00, bastava organizzarsi con un vicino di casa”.

Spiega Silvan Kocher ispettore di strada a Biel/Bienne che coordina nella sua squadra altri due uomini per il servizio di identificazione:

Di solito per anziani e bambini viene inviato prima un avvertimento. Nel 2012 abbiamo comminato 240 multe e nel 2013 sono scese a 100.

Deny Eggiman ha rifiutato di pagare la multa che è stata convertita 48 ore di carcere. La pena l’ha scontata la settimana scorsa nella Prigione regionale di Biel/Bienne e racconta:

In una cella progettata per scontare reati gravi, con pane e acqua sporca e con detenuti che mi hanno offerto cocaina e eroina.

Dopo questa incredibile esperienza Deny Eggiman ha deciso di organizzare il conferimento dei rifiuti senza dover depositare alcun sacchetto. La cosa più particolare è che Deny Eggiman è presidente dell’associazione no profit Sky-Zone-Attitude che si occupa dello sviluppo di contenitori per i rifiuti e che basa la sua attività sul recupero dei rifiuti e del riciclo per eventi proprio nei comuni.

Foto | Courtesy Le Matin

Fonte: ecoblog.it

Il 40% della spazzatura nel mondo bruciata in modo irregolare

Lo dice uno studio appena pubblicato del National Center for Atmospheric Research. “Gas e particelle così prodotti influenzano la salute umana e il clima”380087

Oltre il 40% dei rifiuti prodotti in tutto il mondo, circa 1,1 miliardi di tonnellate di spazzatura, vengono smaltiti in roghi non regolamentati, che producono emissioni dannose per la salute umana e i cambiamenti climatici. Un nuovo studio condotto dal National Center for Atmospheric Research e pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology, mostra che l’inquinamento da gas e particelle immesse in questo modo nell’atmosfera sia maggiore rispetto a quanto mostrato da documenti ufficiali. In base ai risultati emersi, dai roghi di rifiuti irregolari derivano il 29% delle emissioni globali umane legate delle piccole particelle(inferiori a 2,5 micron di diametro), così come il 10% di mercurio e il 40% di gas idrocarburi policiclici aromatici, inquinanti da cui derivano significative conseguenze per la salute dell’uomo, come funzione polmonare ridotta, disturbi neurologici, cancro e attacchi di cuore. L’impatto sulle emissioni di gas a effetto serra è invece pari al 5% della Co2 prodotta dall’uomo. Per arrivare a questi risultati gli studiosi hanno confrontato i dati di popolazione e la produzione pro capite di rifiuti con i conteggi ufficiali di smaltimento rifiuti per ogni paese del mondo. I responsabili delle maggiori emissioni da incendi di spazzatura sono paesi popolosi in via di sviluppo: Cina, India, Brasile, Messico, Pakistan e Turchia. In particolare, è in aumento la quantità di rifiuti bruciati in villaggi remoti e megalopoli affollate, poiché sempre più persone consumano più beni e nella spazzatura finiscono insieme plastica ed elementi di elettronica così come avanzi di cibo e legno. A differenza delle emissioni da inceneritori commerciali, spesso queste combustioni non vengono denunciate alle agenzie ambientali. “L’inquinamento atmosferico in gran parte del globo è notevolmente sottostimato perché nessuno sta rintracciando la combustione a cielo aperto degli incendi di spazzatura”, spiega Christine Wiedinmyer, autrice dello studio.
(fonte ansa.it)

tratto: ecodallecitta.it

Uno stile di vita a sprechi zero. Dagli Usa la Storia di Bea Johnson

Un chilo di spazzatura all’anno contro i 450 chili che in media produce una famiglia americana. Giovane francese trapiantata negli Stati Uniti, Bea Johnson ha deciso di adottare uno stile di vita a “spreco zero” partendo, in primo luogo, dal rifiuto del superfluo.usa

Sprecare fa parte dello stile di vita di chi vive nella società moderna industrializzata. Sprechi alimentari, sprechi di consumi energetici, sprechi di materie prime, sprechi di risorse naturali sono il frutto di comportamenti e modi di vivere ormai talmente consolidati, specialmente nel mondo occidentale sviluppato, che diviene quasi impossibile pensare e credere che si possa agire e vivere diversamente. Ma di fronte ai dati sugli sprechi, soprattutto quelli recentissimi sugli sprechi alimentari e in un contesto di crisi planetaria senza precedenti, quale quella attuale, occorre seriamente chiedersi come potere contribuire individualmente, senza demandare ad altri, nell’ideazione e nella costruzione di nuovi stili di vita collettivi più consapevoli, più coscienziosi, meno onerosi e meno dannosi per la nostra esistenza e per la salute del pianeta. Occorre educare e sensibilizzare il cittadino-consumatore ad una differente maniera di stare e convivere nella società ma sembra altresì necessario mediatizzare maggiormente le numerose esperienze positive già esistenti che possono nel concreto divenire modello e speranza ai fine di tracciare un solco-separatore tra il falso benessere di cui ci siamo decorati e un reale ben vivere sociale. Ma lo spreco zero è realistico? Probabilmente neppure i più fervidi sostenitori della decrescita felice, quelli del ricorso al riuso, al riciclo e alla riduzione dei consumi credono in una società a “spreco zero”. Si tratta effettivamente di un obiettivo, di un target difficilmente raggiungibile per grandi collettività, forse un’utopia nell’epoca moderna, per lo meno nel mondo cosiddetto civilizzato. Se su larga scala lo spreco zero sembra un obiettivo chimerico, a livello individuale esistono delle eccezioni sorprendenti che lasciano speranza e segnano un cammino. Così proprio dalla società che ha la nomea di essere consumistica per eccellenza, quella statunitense, arriva l’affascinante storia di Bea Johnson. Bea, giovane francese trapiantata negli States, ha deciso di adottare lo stile di vita “spreco zero” e così che la sua famiglia con due bambini riesce a produrre solamente un chilo di spazzatura all’anno mentre in media una famiglia americana ne produce circa 450 chili. Bea, eco-blogger e autrice del libro Zero Waste Home, è prodiga di consigli ed entusiasta per quello stile di vita che conduce da ormai oltre un lustro e che trova i suoi pilastri e motori in primis nel rifiuto (delle cose inutili) e poi nel ridurre, nel riuso e nel riciclo.

Spinta inizialmente dalla causa ambientalista, Bea ha pian pianino apprezzato i vantaggi che offre lo “Zero Waste Lifestyle” e che principalmente scaturiscono dalla semplicità e dalla qualità di quel modo di vivere. Come sostenuto in una recente intervista, quella scelta di vita si traduce nel beneficiare di grande disponibilità di tempo libero per lei e per tutta la famiglia ma anche, cosa non meno importante, nel rilevante risparmio finanziario legato alla riduzione dei consumi e a quelle best practice quotidiane che permettono inutili spese e evitano aggravi di uscite monetarie. La famiglia Johnson conserva il cibo in barattoli di vetro, utilizza buste in tessuto per fare la spesa, rifiuta il packaging per quei prodotti inevitabili che acquista nei negozi, auto-produce prodotti di cosmesi e d’igiene, vive del necessario chiedendosi e valutando giornalmente cosa sia realmente e strettamente utile da ciò che è puramente voglia. Inevitabilmente lo stile di vita dei Johnson ha un impatto su quello del vicinato, degli amici, dei compagni di scuola dei figli, dei negozianti che vengono “educati” ad accettare lo stile di shopping di Bea e famiglia.

Uno stile di vita, per molti estremo, ma realizzabile, al quale è comunque possibile tendere che modifica i nostri limiti intellettuali, culturali e visivi, quelli di animali da consumo, consentendo di porci in un’altra prospettiva, quella di cittadini consapevoli, attivi e partecipi di differenti modi di intendere il nostro esistere. Chissà se coniugare l’estremismo del nostro modus vivendi con quello, almeno apparente, dello “spreco zero” non possa infine permettere di fondere positivamente l’idea di economia moderna sviluppatasi nei secoli e che ci ha reso esclusivamente consumatori, con quella dell’ecologia e del rispetto a 360° che, forse, racchiude in se il concetto di vera qualità del vivere nell’era moderna.

Fonte: il cambiamento