Orti Dipinti, il giardino condiviso che coltiva socialità e consapevolezza

In un’ex pista di atletica nel cuore di Firenze ha preso vita per iniziativa di Giacomo Salizzoni il progetto Orti Dipinti, community garden e orto urbano e didattico dove si coltivano relazioni e scelte alimentari consapevoli, scoprendo il giardinaggio urbano biologico e le sue applicazioni nella vita quotidiana e nella valorizzazione degli spazi cittadini. Nel cuore di Firenze, più precisamente in via Borgo Pinti 76, c’è un orto urbano nel quale, oltre agli ortaggi e ai frutti, si coltivano relazioni sociali e idee, si scambiano conoscenze e si sperimentano nuove soluzioni. Stiamo parlando di Orti Dipinti – Community Garden 2.0 nata nel 2013 su iniziativa dell’architetto Giacomo Salizzoni.

Giacomo, dopo aver militato per alcuni anni nel Guerrilla Gardening, movimento di giardinaggio d’assalto che vede i comuni cittadini “assalire” le zone urbane in stato d’abbandono armati di vanghe, semi e piante, ha sentito la necessità di dare maggiore continuità al proprio impegno. «Volevo creare una sorta di presidio che rendesse possibile educare ad una maggiore consapevolezza della natura e ho visto nel format del Community Garden dei modelli interessanti da sperimentare e implementare», ci ha raccontato. Scovato lo spazio – un’ex pista atletica – e trovato un accordo con l’amministrazione comunale e con la cooperativa Barberi che ne era fruitrice, Giacomo ha dunque iniziato a dare vita ad uno spazio verde laddove di terra non ce n’era, facendo uso di letti rialzati. In linea con lo stile Community Garden, ad oggi perlopiù luoghi d’incontro e di cultura, la socialità è stato un ingrediente fondamentale nell’esperienza di Orti Dipinti. Dunque pranzi, merende e aperitivi sociali, proiezioni e conferenze, laboratori e degustazioni – perché è vero che oggi le persone cercano luoghi nuovi nei quali incontrarsi e intessere relazioni sociali. Allo stesso tempo, la didattica e la coltivazione di conoscenze hanno rivestito un ruolo centrale sotto forma di lezioni di orticoltura, ambiente e alimentazione, sperimentazioni sulla trasformazione degli scarti o sulle piante. Un prodotto che ad oggi ha sicuramente dato grandi soddisfazioni è stata l’ampolla sub-irrigante di terracotta, che sepolta nel terreno lo idrata dall’interno, consentendo un risparmio idrico fino al 70% senza sprechi – un sistema antichissimo e in uso ancora oggi in paesi come la Cina, il Pakistan, l’India e il Messico che Orti Dipinti ha saputo rispolverare.

Attualmente in Borgo Pinti 76 c’è fermento attorno alla cosiddetta “Erba della Madonna”, pianta dalle notevoli proprietà curative che ancora oggi non si sa bene come estrarre e replicare attraverso creme, gel o magari infusi. Nel Green Market di Orti Dipinti, fra sali aromatici, bombe di semi e vari altri prodotti originali, è già presente il sapone della madonna, e siamo fiduciosi che presto verranno collaudati ulteriori prodotti, sintesi della ricerca e del lavoro di coloro che animano Orti Dipinti. Ma le esperienze di ricerca e le sperimentazioni, in questo laboratorio a cielo aperto, non si fermano certo ai prodotti. Giacomo, che stima molto il lavoro del botanico e scienziato di prestigio mondiale Stefano Mancuso, ci ha infatti raccontato l’aneddoto che si cela dietro alla più rigogliosa delle piante di limone presenti nel giardino. «Anni fa una nostra vicina ce la portò che non buttava foglie da due anni. Per altri due anni l’abbiamo tenuta e curata, ma è rimasta uno scheletro. Poi l’ho potata, l’ho dipinta e messa in una vasca scrivendo sotto “ALBERO DELLA GRATITUDINE: Scrivi qualcosa per cui sei grato e appendilo qui”. Le persone hanno colto l’invito, e nel giro di tre mesi la pianta si è rinvigorita e ha ricominciato a buttare le foglie, fino a diventare il limone migliore che abbiamo». Un indizio, questo, del fatto che il mondo naturale pare essere ben più sensibile di quanto siamo abituati a credere. Interrogato sul futuro, Giacomo sembra avere le idee chiare: «La mia ambizione è quella di strutturare il più possibile questo luogo, cercando di fornirgli quella sostenibilità economica che permetterebbe il diffondersi e il consolidarsi di più realtà di questo tipo, così da generare di riflesso lavoro, buone pratiche e valori».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/07/orti-dipinti-giardino-condiviso-coltiva-socialita-consapevolezza/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Ma21Cuore Verde: la fattoria familiare che coltiva erbe aromatiche e promuove la biodinamica

Emanuele Tellini racconta della fattoria Cuore Verde, frutto della passione per l’Antroposofia e per l’agricoltura Biodinamica e di come questa gli abbia permesso di condurre una vita basata su principi di cura e rigenerazione dell’ambiente, della biodiversità e delle persone. La Biodinamica è un settore in crescita con favorevoli dati economici e sempre più supportata dalle crescenti richieste di parte della popolazione, anche in Italia. La fattoria Cuore Verde, a Castel Focognano in provincia di Arezzo, nasce nel 2006. Oggi è una piccola realtà biodinamica di circa 12 ettari, a conduzione familiare, nata della passione per un’agricoltura volta alla sperimentazione di un sistema agroecologico, ad impatto zero.

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Fattoria Cuore Verde

Intervisto Emanuele Tellini, coproprietario di Cuore Verde: «Tutto inizia dall’incontro con la filosofia di Rudolf Steiner: l’Antroposofia. Poi il corso di agricoltura Biodinamica è stato determinante per iniziare questo progetto. La Biodinamica è un metodo ben preciso di coltivazione: non ci si può improvvisare ma bisogna essere ben preparati e aver studiato tutte le sue regole e ci va tempo per osservare e per capire di cosa c’è veramente bisogno per sostenere quel sistema nel suo insieme».

È un sistema di produzione che mira a riprodurre nell’azienda un modello agro-ecologico basato su principi vitali come la sinergia e l’interconnessione tra suolo, animali, coltivazioni, boschi e attività umane in grado di rigenerare le risorse. Tutto concorre alla crescita e alla cura del sistema attraverso la cooperazione dei diversi componenti.

«È per questo che noi usiamo esclusivamente il letame dei nostri animali e anche i semi delle nostre piante, esse imparano ad adattarsi anno dopo anno a questo equilibrio. Anche i parassiti, le infestanti, le lumache che ti mangiano l’insalata saranno cibo per altri animali. Così si compone un organismo agricolo. La presenza, nell’equilibrio, di ogni componente nutrirà altri animali o il terreno stesso e quel nutrimento tornerà in un circolo virtuoso al tuo “organismo agricolo” rigenerandolo continuamente. 

Il contadino partecipa al processo osservando l’intero sistema e intervenendo dove reputa sia necessario. Così ogni “organismo agricolo” è diverso dall’altro e alla fine ogni prodotto di quell’azienda sarà caratteristico di quel progetto. Una individualità che produce prodotti unici.

Fattoria Cuore Verde

Al contrario l’agricoltura convenzionale è una esecuzione di protocolli che prevedo l’uso più o meno massiccio della chimica e che ottiene prodotti standardizzati perché adattati al sistema di produzione meccanico dove l’unico obiettivo è il margine maggiore di guadagno senza tenere conto degli equilibri della natura e dei suoi ritmi. La necessità di realizzare un equilibrio naturale non ci ha permesso di ottenere una immediata entrata nelle casse aziendali. Però una volta che si è stabilito viene mantenuto con costi irrisori. Tanto per fare un esempio la voce “concimazione” ha un costo pari a circa 150 euro l’ettaro l’anno».

In generale, secondo il rapporto Bioreport 2017-2018, il fatturato medio annuo per ettaro è molto maggiore nella Biodinamica che nell’agricoltura biologica e in quella convenzionale di quasi tre volte: 13.000 euro a ettaro nei campi biodinamici, certificati Demeter, a fronte dei 2.441 euro di un’azienda biologica e dei 3.207 euro di un’azienda convenzionale. Oltre la metà delle aziende certificate Demeter si trova nell’Italia settentrionale e in particolare in tre regioni italiane: Trentino Alto Adige, Piemonte ed Emilia-Romagna che da sole ospitano il 45% delle aziende biodinamiche italiane. L’Italia ha un consumo interno di prodotti biodinamici inferiore a paesi Europei come Germania e Olanda ma risulta essere quella che esporta maggiormente all’estero. Quindi importiamo quasi del tutto le erbe più “industriali” ed esportiamo quelle di maggior valore nutrizionale.

Continua Emanuele: «Noi oggi coltiviamo principalmente erbe aromatiche e officinali (circa 20mila piante), ortaggi (5mila m2), olivi (15mila m2), prati a pascolo (30mila m2) per i nostri ovi-caprini per la produzione di letame non per la produzione di latte.»

Le erbe aromatiche e officinali sono il settore più importante per la produzione di Tisane e di Oli Essenziali. A Cuore Verde la raccolta si fa a mano, foglie e fiori vengono commercializzati interi e non triturati per far vedere il prodotto originario e l’essiccazione è naturale. 

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Fattoria Cuore Verde

Le erbe normalmente in commercio, prevalentemente di origine straniera, sono sminuzzate indistintamente con pale che pre-cuociono il materiale facendo perdere l’aroma e la capacità curativa. Invece se ben gestite le piante sono una risorsa medicinale naturale importante. La Lavanda e la Melissa sono utilissime per l’ansia e l’insonnia così come la Malva è un ottimo emolliente per le mucose del sistema digerente. Lo stesso Steiner riteneva che l’Ortica fosse la pianta più depurativa, oggi la utilizziamo anche per le proprietà rimineralizzanti. «Ma bisogna avere un prodotto di prima qualità dove le forze vitali siano state supportate e protette così come i valori nutrizionali e i cicli naturali caratteristici».

Molto importante per la sostenibilità economica di questo progetto è stata la collaborazione con La Grande Via, l’associazione del prof. Berrino, medico, epidemiologo, già direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, poco distante dalla Fattoria. La possibilità di entrare a far parte della Guida Nomade che raccoglie aziende virtuose, a cui Italia che Cambia collabora, e di poter far conoscere le caratteristiche del proprio lavoro ad un pubblico già molto sensibilizzato verso una buona alimentazione, uno stile di vita salutare e un’attitudine alla spiritualità, può determinare la riuscita un progetto

«La cura della terra e dell’ambiente va di pari passo con la cura delle persone e della società  per chi sceglie di vivere non di un mestiere ma di una passione. Il mio sogno è riuscire a dialogare anche con chi è molto distante da me come mentalità per cercare insieme di ricreare quelle connessioni perdute con la Natura che rigenerebbero le nostre vite».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/01/cuore-verde-fattoria-familiare-coltiva-erbe-aromatiche-promuove-biodinamica/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Al via il progetto AgriTorino, agricoltura sostenibile per rispondere alla crisi

È stato presentato il progetto solidale AgriTorino che mira a creare una nuova agricoltura con funzione sociale, ambientale ed economica. Si tratta di un patto tra produttori e consumatori con il quale i primi affidano a giovani disoccupati delle terre abbandonate o sottoutilizzate.

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Dando un’occhiata ai dati diffusi dall’Istat lo scorso venerdì sembra evidente, anche per i non addetti ai lavori, che il Belpaese si trovi in posizione supina. In riferimento all’anno 2012, il Pil è diminuito del 2,4%, il rapporto deficit/Pil è al 3% (in poche parole lo Stato ha speso più di quanto ha incassato), e il debito pubblico è al 127% del Pil. In tali scenari catastrofici, l’operato del governo dei tecnici ci ha inoltre regalato un incremento del 3% delle entrate fiscali e una disoccupazione, d’inizio d’anno 2013, che si attesta all’11,7% mentre è ai massimi storici per gli under 24, con il 38,7% di inoccupati (è al 50% nel sud del paese). Poche volte ci attacchiamo ai numeri, seppure certi indicatori e certi dati risultino avere una valenza informativa, ed, anzi, di frequente, preferiamo raccontare esperienze reali, azioni, atti di concretezza che dimostrino come la forza e l’impegno degli individui possano remare contro la corrente delle negatività generata da un sistema obsoleto. E così, proprio contro la crisi e l’inefficacia della classe dirigente, l’ingegno si aguzza e si federa intorno ad azioni solidali poste in essere in micro mondi per provare a dare vita ad iniziative stimolanti e speranzose. È il caso del progetto Agritorino, presentato a Torino lo scorso fine settimana, che mira a creare un nuovo modo di fare e vivere l’agricoltura. Il mondo del volontariato torinese come il Sermig, il Cottolengo, la Congregazione Salesiana insieme ai Padri Somaschi, PerMicro e Piazza dei Mestieri si sono fatti promotori di un’iniziativa dalle finalità molteplici: valorizzare la terra, mettere in produzione la terra incolta, produrre prodotti di qualità, vendere in maniera etica e creare occupazione giovanile oltre che professionalità nel settore agricolo. Si tratta di un patto tra produttori e consumatori con il quale i primi affidano delle terre abbandonate o sottoutilizzate a dei giovani disoccupati, i nuovi agricoltori del 2013, che vengono formati all’agricoltura ecosostenibile con l’obiettivo di avere un’occupazione generatrice di un reddito, ma allo stesso tempo di fornire dei prodotti di qualità alla comunità a prezzo etico.

Si è dato il via a questa sperimentazione che sarà supervisionata dal comitato promotore per testare la fattibilità tecnica dell’iniziativa nonché la sua sostenibilità economica. Se il buongiorno si vede dal mattino, sembrerebbe che l’avventura parta nel migliore dei modi visto che sono già stati identificati dei terreni disponibili nel piemontese che verranno dati in comodato d’uso dai proprietari, il Cottolengo e i Salesiani, per l’immediato start del progetto. In assenza di misure incisive dei governi nazionali le micro realtà del paese si organizzano differentemente, provano ad agire unendosi per seminare un benessere comunitario. Il progetto AgriTorino è una sfida interessante che nasce dalla prossimità con il territorio e dall’iniziativa di chi conosce la realtà dei cittadini e sceglie di viverla a stretto contatto anziché osservarla a distanza dalle poltrone del Palazzo. L’unione dal basso per fronteggiare il problema dell’occupazione giovanile e della crisi economica e per dare fiducia e dignità alla persona. La strada tracciata è il ritorno alla terra, dunque, per sviluppare un’agricoltura che possa giocare un ruolo sociale, ambientale ed economico: coniugare il coltivare sano con il vendere etico creando lavoro, professionalità e reddito. La radici del nostro paese e della nostra storia, poggiate sui pilastri della solidarietà, rappresentano la speranza per ripartire e affrontare il vivere presente.

fonte: il cambiamento

Manuale Pratico di Agricoltura Biodinamica

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