Alessandria, veleni nelle falde e nel sangue. Denuncia di Medicina democratica

La Sezione di Medicina democratica di Alessandria ha condotto una campagna nazionale per la messa al bando del PFOA (perfluorurato) scaricato nel Bormida fino alla foce del Po, denunciando anche ai massimi livelli sanitari la presenza del veleno nel sangue dei lavoratori, a loro volta addirittura donatori di sangue. «Sul nostro blog – dice Medicina Democratica – sono archiviati almeno 50 interventi sulle questioni. Il libro “Ambiente Delitto Perfetto” ne parla diffusamente».solvay

Medicina Democratica ha denunciato, oltre al perfluorurato, «la presenza nel sangue dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria) di ADV e C6O4, a vario titolo sostanze tossiche/cancerogene/mutagene/teratogene e ha rivendicato l’intervento dell’ASL e del sindaco a tutela dei lavoratori nonchè dei cittadini tutti». Inoltre ha chiesto a Paolo Marforio direttore generale dell’ASL di Alessandria, ad Antonino Saitta assessore alla Sanità della Regione Piemonte e al ministro Beatrice Lorenzin di «impedire su tutto il territorio nazionale trasfusioni di sangue contenenti tali veleni». Il documento è stato inviato alla Procura, a tutti i sindaci della provincia, a tutti gli ospedali, Arpa e Avis. «A tutt’oggi nel territorio alessandrino non hanno riscontro in ambito Asl e Arpa analisi e interventi ispettivi che invece si stanno svolgendo in Veneto – spiega Medicina Democratica – Qui si parla di sottoporre ad analisi 250 mila persone tra le 400 mila a rischio di PFAS (perfluorurato) fra Vicenza, Verona e Padova. L’Istituto Superiore della Sanità ha già dichiarato che sono contaminati più di 60 mila residenti. E’ allarme generale». «Di contro, l’inerzia e il silenzio di Asl e Arpa alessandrini ai nostri esposti rappresentano uno scandalo che colpisce la salute della cittadinanza non sappiamo in quale entità».

«L’ASL ha la responsabilità di provvedere direttamente alle analisi del sangue dei lavoratori, di verificare quelle fornite ai lavoratori da Solvay, la quale non può essere controllata e controllore di se stessa, nonché di procedere ai referti della popolazione a rischio, in merito particolare alla presenza di queste sostanze pericolose, fornendo delle stesse completi parametri tossicologici e sanitari di concerto con ARPA. Sottolineiamo che per Medicina democratica i valori limite devono essere zero». «Chiediamo nuovamente che i risultati delle rilevazioni siano portati a conoscenza individuale degli interessati e della collettività tutta: tale riteniamo sia l’obbligo del sindaco di Alessandria, peraltro già insolvente del Referto epidemiologico e dell’Indagine epidemiologica della Fraschetta».

«Il risultato della nostra campagna nazionale è stata l’eliminazione del PFOA dalle lavorazioni della Solvay di Spinetta Marengo e la sua sostituzione con il C6O4: sale ammonico inodore, scarsamente biodegradabile, corrosivo, tossico per ingestione inalazione e contatto, principale organo bersaglio il fegato, le polveri fini derivate possono infiammare ed esplodere, in caso di incendio o surriscaldamento genera per decomposizione termica come sottoprodotti tossici o cancerogeni fluoruro di idrogeno anidro, fluorofosgene, difluoruro di carbonile, ammoniaca, anidride carbonica, fluorocarburi ecc. Per quanto riguarda l‘esposizione prolungata o ripetuta sono tragicamente carenti ovvero nascoste informazioni scientifiche tossicologiche, soprattutto come cancerogeno, mutageno e teratogeno. Criticità nel trattamento rifiuti per la neutralizzazione e il recupero di acido fluoridrico».

«Abbiamo chiesto all’ARPA campionamenti: silenzio. Sindaco e assessore all’ambiente: silenzio». «Stesso discorso per l’ADV della Solvay: incolore, inodore, insapore, letale se ingerito o inalato, letale per contatto, indegradabile in acqua, bioaccumulabile, è tossico e corrosivo in degradazione termica nei suoi sottoprodotti (fluoruro d’idrogeno anidro, fluorofosgene, cloruro d’idrogeno ecc.) già in fase acuta. Per la fase cronica le informazioni scientifiche tossicologiche sono drammaticamente carenti ovvero nascoste, soprattutto per la cancerogenicità, come in generale lo sono per tutto ciò che riguarda salute, sicurezza e ambiente, compreso lo smaltimento dei rifiuti pregni di acido fluoridrico».

QUI la lettera aperta

Fonte: ilcambiamento.it

Amianto alla Solvay, a Cinemambiente l’incubo del mesotelioma nel corto Il fosso bianco

Il cortometraggio di Tommaso Ausili, presentato nella giornata d’apertura, racconta la tragedia degli operai della Solvay di Rosignano

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Amianto non vuol dire soltanto malattia, amianto significa anche l’incubo persistente di non sapere se o quando morirai per avere inalato una fibra mille volte più piccola di un capello. Non ci sono certezze: può succederti perché hai giocato in una spiaggia inquinata dalle scorie e può non accadere anche se sei stato coperto di “polverino” per anni. Il fosso bianco, cortometraggio di Tommaso Ausili, racconta la contaminazione di Rosignano Solvay da parte dell’omonima azienda che ne ha compromesso il territorio. Il racconto è quello degli operai miracolosamente sopravvissuti dopo essere stati ricoperti di polverino, delle mogli che piangono le precoci morti dei loro compagni di vita, dei figli che hanno seppellito padri ancora giovani. Un paio d’anni fa era toccato a Polvere di Nicolò Bruna e Andrea Prandstraller scuotere la platea di Cinemambiente, oggi nella giornata d’apertura lo farà questo film che non fa sconti né agli intervistati, né agli spettatori, perché certe storie hanno un solo modo di essere raccontate e Il fosso bianco è una di queste. A Livorno si sta consumando un processo che vede imputato per omicidio colposo Piero Guadenzi, oggi 93enne, all’epoca direttore dello stabilimento Solvay di Rosignano. Oggetto del procedimento è la morte di Romano Posarelli, l’operaio che dopo aver lavorato alla Solvay negli anni Settanta è morto di mesotelioma pleurico. Anche in Piemonte, eclissato dal ben più articolato processo d’appello Eternit che giungerà alla conclusione proprio lunedì 3 giugno, prosegue il procedimento contro i dirigenti dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (Al) che di quello torinese sembra la riproduzione in scala. Nel processo in corso di svolgimento ad Alessandria sono ben otto i dirigenti che rischiano una condanna a quindici anni di reclusione per aver sversato una ventina di veleni tossici e cancerogeni (fra cui il cromo esavalente) nel territorio circostante. Più dei risarcimenti, insomma, sono i costi della bonifica di un milione di metri cubi di veleni immessi nell’ambiente a preoccupare gli azionisti di Bernard de Laguiche. Un’altra brutta storia che ha dimostrato come l’azienda, nonostante fosse a conoscenza dei danni che stava facendo all’ambiente, abbia continuato ad avvelenare dolosamente il territorio. Portando malattia e inquinamento laddove avrebbe dovuto portare lavoro e benessere. Purtroppo è una storia sentita già troppe volte.

Fonte:  Cinemambiente