Fondazione Senza Frontiere: il giardino dove si incontrano biodiversità e solidarietà

Fondazione Senza Frontiere Onlus è un’organizzazione ideata da Anselmo Castelli per sostenere economicamente progetti di solidarietà sociale a favore di bambini e comunità in difficoltà, con un’attenzione particolare alla formazione e all’autodeterminazione. Non da meno è l’impegno di Senza Frontiere nel promuovere la biodiversità e il rispetto per la natura, tanto che ha riqualificato la propria sede trasformandola in un Parco Naturale visitabile da tutte e tutti.

MantovaLombardia – Solidarietà, responsabilità, autodeterminazione, salvaguardia della natura e rispetto per la biodiversità trovano la propria sintesi in una persona (e nella sua organizzazione): quella di Anselmo Castelli e della Fondazione Senza Frontiere. Grazie a una segnalazione di Elena Peverada del Consorzio CAES, da anni partner di Italia che Cambia, incontriamo Anselmo nella splendida sede della Fondazione, presso il Parco Giardino Tenuta Sant’Apollonio, a Castel Goffredo in provincia di Mantova.

Un tempo era un terreno in cui aveva sede l’azienda agricola del nonno e successivamente del papà di Anselmo: oggi è uno splendido parco naturale di oltre settantamila metri quadrati, che a partire dal 1973 ospita piante autoctone della Pianura Padana  che rischiavano l’estinzione. Grazie a questa opera di riqualificazione, oggi anche molti degli animali e degli uccelli che un tempo abitavano questi luoghi stanno tornando oggi a viverli. Perché allora abbiamo citato anche le parole solidarietà e responsabilità?

VIAGGIO E CONSAPEVOLEZZA

Sin dai suoi quindici anni Anselmo Castelli ama viaggiare: «Nel corso della mia vita l’ho fatto tante volte, iniziando dall’Italia e finendo poi per visitare numerosi paesi in tutto il Mondo». Per raggiungere l’Africa e il Sud America, a un certo punto della sua vita, si è appoggiato ai Frati Cappuccini di Assisi, che organizzavano viaggi all’interno delle loro missioni: «All’inizio non avevo ancora la sensibilità per aiutare e sostenere le loro azioni, ero solo interessato a scoprire nuove realtà, popoli diversi da quelli a cui ero abituato; volevo capire come vivevano».

La svolta arriva durante un viaggio nella foresta amazzonica brasiliana, dove Anselmo si mise in contatto diretto con alcune popolazioni indigene. In quei luoghi conobbe un missionario italiano che da alcuni anni, oltre alla sua missione, si occupava dei bambini delle periferie povere del Brasile. Spesso infatti i piccoli vivevano in uno stato di semiabbandono e il religioso cercava di agire per offrirgli del cibo e un’opportunità di studio.

«Dopo questo incontro capii che anche io dovevo fare la mia parte – ci spiega Anselmo – e inizialmente cercai di sostenere le attività di questo missionario e di altre comunità religiose che aiutavano queste persone e i loro bambini».
Nel frattempo, in Italia Anselmo faceva il commercialista e aveva aperto uno studio personale a Castel Goffredo.

Da questo viaggio in Brasile, iniziò il suo percorso nel mondo della solidarietà e dal 1998 la sua attività ha preso la forma di una vera e propria Fondazione Onlus, che si pone l’intento di sostenere economicamente progetti di solidarietà sociale a favore di bambini e comunità in difficoltà.

RESPONSABILITÀ, CARITÀ E ISTRUZIONE

Uno dei pilastri dell’azione della Fondazione Senza Frontiere è la responsabilità: «Dopo il Brasile, capii che io volevo sostenere le comunità e i bambini che ne avessero bisogno, ma non faceva per me lo scopo della carità, cioè la sola e semplice donazione, che poi non comportava progetti di più ampio respiro, ma creava solamente dipendenza e mancanza di autonomia delle comunità interessate» ci spiega Anselmo.

«Io volevo e voglio che queste comunità, che questi uomini e donne, possano autodeterminarsi, crearsi le condizioni per poter emergere e sconfiggere la povertà». Di fatto, queste sue parole sono il manifesto dell’azione della Fondazione senza Frontiere. Come prima cosa, ovunque la Fondazione operi (ha seguito e segue più di sessanta progetti in giro per il mondo), l’obiettivo primario è l’apertura di una scuola in loco

L’alfabetizzazione rappresenta, secondo l’organizzazione, l’apripista essenziale per l’autodeterminazione. Collegato a ciò infatti, Senza Frontiere incentiva e promuove l’apprendimento di diverse attività economiche che possono aiutare le comunità a migliorare le proprie condizioni di vita. «L’esempio che mi viene in mente è quello degli Indios Krahô in Brasile», spiega Anselmo.

Quando il nostro contesto non ci piace, non possiamo lamentarci se rimaniamo con le mani in mano

«Stavano scomparendo, perché il Governo brasiliano li aveva confinati in una zona dove erano vietate caccia e pesca. Ma loro vivevano di questo, non sapevano coltivare! Siamo intervenuti inviando loro tre agricoltori brasiliani che li hanno aiutati a sviluppare le competenze necessarie in agricoltura, e diversi capi di bestiame per sostenerli».

Quando la Fondazione Senza Frontiere ha iniziato le sue attività lì, i Krahô erano circa novanta persone, che formavano un Aldeia – il nome con cui si identifica un piccolo agglomerato rurale. Oggi le Aldeie sono almeno tre e gli Indios Krahô circa trecento. Senza Frontiere infine si caratterizza per una precisa scelta di metodo: la direzione dei progetti non è mai affidata a persone italiane, ma il più possibile alle comunità coinvolte dall’azione di sostegno. «Dall’Italia si può andare nei luoghi interessati per insegnare, collaborare e rendere possibile la realizzazione dei nostri progetti. Ma ci teniamo al fatto che siano le popolazioni del luogo a scegliere il proprio destino, senza imposizioni e condizionamenti da parte nostra». 

IL PARCO GIARDINO E L’ATTENZIONE ALLA BIODIVERSITÀ

Anselmo Castelli, nel suo peregrinare, ha un pezzo di cuore anche per l’Italia, specialmente per il suo luogo natale.
Grazie alla riqualificazione della Tenuta Sant’Apollonio, a cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo, oggi la Regione Lombardia riconosce al Parco la funzione di elemento importante facente parte della R. E. R., ossia la Rete Ecologica Regionale. 

Il Parco Giardino è aperto al pubblico, specialmente alle scuole che da decenni lo visitano perché dotato anche di diversi percorsi culturali  e didattici. Mentre visitiamo il parco girando le immagini per il video che accompagna e integra il racconto di questo articolo, siamo colpiti dalla serenità che infonde questo luogo, circondati da alberi maestosi colorati dal giallo delle loro foglie e da minuscoli laghi e corsi d’acqua costellati di diversi tipi di fiori colorati.

Confidiamo ad Anselmo, che raggiungiamo successivamente per l’intervista, di aver ascoltato anche il curioso canto di diversi uccelli: «Qua fino a pochi anni fa non c’erano quasi più uccelli, ora sono tornati quasi tutti quelli che vedevo da bambino – ci racconta – come l’upupa, diverse specie di picchi, il Martin Pescatore solo per citarne alcuni. In inverno, nel periodo tra gennaio e febbraio, vengono a svernare nei nostri laghetti circa duecento anatre e siamo circondati da Aironi. Un piccolo paradiso per tutta la comunità, era questo il mio sogno».

Di fatto, nella storia di Anselmo e nell’azione della Fondazione Senza Frontiere abbiamo ritrovato molti dei principi che ispirano il nostro giornale e i 7 sentieri che lo guidano: «La responsabilità, il prendersi carico delle proprie azioni senza delega ma con l’impegno che proviene dal cuore, è un valore che ha sempre disegnato il percorso della mia vita».

«Se ci fermiamo e non mettiamo in gioco ciò che abbiamo dentro rischiamo davvero che tutto rimanga così com’è», conclude Anselmo. «Quando il nostro contesto ci piace va anche bene, ma quando non ci piace non possiamo lamentarci se rimaniamo con le mani in mano. Io da solo, anche nella mia attività professionale, avrei ottenuto ben poco: un aiuto decisivo l’ho avuto da chi ha avuto il coraggio di proporsi e agire».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2022/01/fondazione-senza-frontiere/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Gruppo di Appoggio Mutuo: a Roma si condividono cibo, saperi e relazioni

Da un fertile humus di solidarietà e impegno civile è nato un gruppo che per decine di famiglie della periferia romana sta rappresentando una risorsa fondamentale in questo periodo di crisi e incertezza. Dalla distribuzione di pacchi al bookcrossing, fino all’autoproduzione, vi raccontiamo le sue attività. Si chiama GAM, Gruppo di Appoggio Mutuo, è nato all’inizio della pandemia e proprio con l’ingresso della primavera ha “festeggiato” un anno di attività. Questa realtà romana territoriale è figlia della Libera Assemblea di Centocelle (LAC), costituita per rispondere agli incendi che avevano colpito il quartiere nell’inverno del 2019 e in particolare una libreria, la Pecora Elettrica. Con l’arrivo di una nuova emergenza, quella del COVID-19, le attiviste e gli attivisti si sono messi nuovamente in gioco, chiedendosi quali potesse essere l’esigenza principale per chi ha dovuto smettere di lavorare improvvisamente a seguito delle misure restrittive. Senza dubbio la distribuzione dei pacchi alimentari è stata una risposta dettata dalla situazione emergenziale, ma con il tempo la richiesta non solo non è diminuita ma è addirittura aumentata. Se a settembre 2020 l’utenza del GAM raggiungeva un numero di 120 famiglie a settimana, a Natale sono diventate 150, per arrivare nell’ultimo periodo a ben 180 famiglie.

Da un fertile humus di solidarietà e impegno civile è nato un gruppo che per decine di famiglie della periferia romana sta rappresentando una risorsa fondamentale in questo periodo di crisi e incertezza. Dalla distribuzione di pacchi al bookcrossing, fino all’autoproduzione, vi raccontiamo le sue attività. Si chiama GAM, Gruppo di Appoggio Mutuo, è nato all’inizio della pandemia e proprio con l’ingresso della primavera ha “festeggiato” un anno di attività. Questa realtà romana territoriale è figlia della Libera Assemblea di Centocelle (LAC), costituita per rispondere agli incendi che avevano colpito il quartiere nell’inverno del 2019 e in particolare una libreria, la Pecora Elettrica. Con l’arrivo di una nuova emergenza, quella del COVID-19, le attiviste e gli attivisti si sono messi nuovamente in gioco, chiedendosi quali potesse essere l’esigenza principale per chi ha dovuto smettere di lavorare improvvisamente a seguito delle misure restrittive. Senza dubbio la distribuzione dei pacchi alimentari è stata una risposta dettata dalla situazione emergenziale, ma con il tempo la richiesta non solo non è diminuita ma è addirittura aumentata. Se a settembre 2020 l’utenza del GAM raggiungeva un numero di 120 famiglie a settimana, a Natale sono diventate 150, per arrivare nell’ultimo periodo a ben 180 famiglie.

«Ci siamo mobilitati fin dall’inizio tramite passaparola, social network e volantini – racconta Alessandra La Porta, portavoce del GAM –, siamo scesi nelle strade, quando era possibile, e in tutti quei luoghi che già frequentavamo». Il radicamento sul territorio e il legame tra le persone sono infatti le componenti fondamentali che hanno permesso a questa realtà di fare la differenza. I momenti di distribuzione di pacchi alimentari e beni di prima necessità sono quattro a settimana e si svolgono in due giorni diversi, il giovedì a Villa Gordiani, Centocelle e Tor Pignattara; il sabato sempre a Centocelle, il quartiere con maggiore richiesta.

«Ci sentiamo un tutt’uno con le persone a cui ci rivolgiamo – prosegue Alessandra La Porta – tanto è vero che molti dei beneficiari conosciuti durante la distribuzione dei pacchi alimentari si sono attivati diventando loro stessi volontari». È un circolo virtuoso di mutualismo e solidarietà che non si ferma solo alla distribuzione di pacchi alimentari, ma mira alla condivisione di pratiche e conoscenza. Sono nati così punti di bookcrossing per lo scambio di libri nel quartiere, ma anche laboratori per la realizzazione di mascherine, fino alla produzione di saponi o detersivi naturali.

«Ci siamo mobilitati fin dall’inizio tramite passaparola, social network e volantini – racconta Alessandra La Porta, portavoce del GAM –, siamo scesi nelle strade, quando era possibile, e in tutti quei luoghi che già frequentavamo». Il radicamento sul territorio e il legame tra le persone sono infatti le componenti fondamentali che hanno permesso a questa realtà di fare la differenza. I momenti di distribuzione di pacchi alimentari e beni di prima necessità sono quattro a settimana e si svolgono in due giorni diversi, il giovedì a Villa Gordiani, Centocelle e Tor Pignattara; il sabato sempre a Centocelle, il quartiere con maggiore richiesta.

«Ci sentiamo un tutt’uno con le persone a cui ci rivolgiamo – prosegue Alessandra La Porta – tanto è vero che molti dei beneficiari conosciuti durante la distribuzione dei pacchi alimentari si sono attivati diventando loro stessi volontari». È un circolo virtuoso di mutualismo e solidarietà che non si ferma solo alla distribuzione di pacchi alimentari, ma mira alla condivisione di pratiche e conoscenza. Sono nati così punti di bookcrossing per lo scambio di libri nel quartiere, ma anche laboratori per la realizzazione di mascherine, fino alla produzione di saponi o detersivi naturali.

Come va avanti tutto questo? Il GAM si sostiene interamente attraverso le donazioni alimentari davanti ai supermercati e con la raccolta dell’invenduto giornaliero nei mercati rionali. «Purtroppo le offerte nell’ultimo periodo sono diminuite – spiega la referente del GAM – mentre la nostra utenza è aumentata significativamente». Per sostenere il progetto, i volontari del Gruppo si sono quindi affidati a un crowdfunding su Produzioni dal Basso a cui tutti possono contribuire. L’obiettivo è quello di continuare a distribuire pacchi alimentari per tutto il 2021, perché le persone in fila aumentano e gli attivisti e le attiviste, per fortuna, non hanno intenzione di fermarsi. «Vogliamo prenderci metaforicamente per mano e attraversare insieme questo momento di difficoltà», conclude Alessandra. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/04/gruppo-di-appoggio-mutuo-roma-cibo-saperi-relazioni/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

La Compagnia della Polenta: cibo buono e vegano per i senzatetto

Tutti i giovedì a Milano un gruppo di volontari si incontra per cucinare e poi portare cibo sano, buono e vegano alle persone senza dimora. “La Compagnia della Polenta”: è così che è stato scherzosamente chiamato questo progetto nato nel 2015, poiché il primo pasto servito fu polenta con sugo di legumi e venne particolarmente apprezzato. Cibo buono e vegano per tutti! Così recita il motto della Compagnia della Polenta un gruppo di amici di Milano che dal 2015 distribuisce pasti alle tante, troppe persone che vivono per strada e non possono permettersi un piatto caldo. Abbiamo incontrato il portavoce, Roberto Bertani che ci ha spiegato come tutto è nato.

Com’è nata l’idea?

Eravamo un gruppo di amici che svolgevano volontariato presso Vitadacani onlus, l’associazione che gestisce il parco canile di Arese e in quel periodo, dicembre 2015, stavamo raccogliendo le coperte per i cani. Una sera ci trovammo a parlare di una notizia che ci aveva intristito moltissimo: un senza tetto che era morto assiderato a Milano, nell’indifferenza più totale. Da un pensiero condiviso è scattata in noi la necessità di fare qualcosa anche per gli esseri umani in difficoltà (visto che degli esseri animali ci stavamo già occupando) e così ci è venuta l’idea: preparare dei pasti e delle bevande calde e portarle personalmente alle persone che vivono ai margini della società. All’interno del parco canile disponiamo di una cucina e così è nato il primo piatto che abbiamo poi distribuito a queste persone: polenta con sugo di legumi. Era di giovedì e da allora è diventato per noi un appuntamento fisso: ogni giovedì sera prepariamo e portiamo piatti caldi a queste persone e nel 2017 è nata l’associazione. Ad oggi distribuiamo 7200 pasti all’anno. 

E il nome?

La polenta è stato il primo piatto che abbiamo cucinato e riscuote sempre un gran successo. Di comune accordo è diventato il nostro nome e il nostro modo per farci riconoscere.

Perché vegano?

Quando abbiamo iniziato eravamo tutti vegani, oggi il numero di volontari è cresciuto e tra loro ci sono anche persone onnivore. Siamo tassativi solo sui piatti: tutto dev’essere rigorosamente senza proteine animali. Siamo convinti che si possano preparare dei piatti buonissimi, salutari e gustosi senza provocare la sofferenza di nessun altro essere vivente e i nostri piatti vengono sempre molto apprezzati.  Un piatto di minestra calda, di polenta (la cuciniamo spessissimo) o di legumi, vengono apprezzati molto di più di un semplice panino e nel prepararla c’è tutto il nostro amore per la vita, di qualunque forma sia. Cuciniamo sempre un piatto unico e spesso aggiungiamo un frutto o un dolce, preparato sempre dai nostri volontari. 

Quante persone fanno parte di questo progetto e come siete organizzati?

In questi anni si sono aggiunte molte persone felici di darci una mano, c’è molto da fare e ogni aiuto è gradito: si organizza la spesa, si cucina, si va sul posto a distribuire le vivande ma ci occupiamo anche della raccolta e distribuzione di coperte, vestiti, intimo, prodotti per l’igiene personale. Ad oggi siamo circa 30/40 volontari.

Come vi sostenete?

La maggior parte dei fondi deriva da noi, ma con il passare del tempo le persone hanno conosciuto il nostro progetto e abbiamo iniziato a ricevere un po’ di aiuti, a volte in denaro a volte in provviste. Si può donare tutto, purché in buone condizioni, ad esempio abbiamo dentisti che ci donano spazzolini da denti e dentifricio, ogni gesto può significare molto per queste persone. Inoltre spesso organizziamo degli eventi, abbiamo partecipato al Miveg e organizziamo degli aperitivi dove presentiamo il nostro progetto e raccogliamo fondi. 

Come collaborate con le altre associazioni?

Ogni associazione ha un giorno fisso. Noi siamo presenti tutti i giovedì sera fino alle 22.30 ed è bello quando queste persone ci salutano dicendo: “Ci vediamo giovedì allora?” oppure “ecco i vegani!” ma in modo amichevole, per farci capire che ci riconoscono, nessuno lo fa in modo critico anzi. 

Ecco appunto, come riuscite a spiegare la vostra scelta a persone che spesso una scelta non la hanno?

Ad alcuni sembrerà strano ma la verità è che nessuno ha mai criticato la nostra scelta. Ovviamente abbiamo un approccio rispettoso verso tutti, le critiche non portano a nulla, soprattutto in questo contesto e non è lo scopo di quello che facciamo, pensiamo sia molto più utile e costruttivo far provare i nostri buonissimi piatti e soprattutto è importante il dialogo. Di fronte a noi ci sono persone che non hanno fissa dimora, è vero, ma non per questo non hanno la capacità di riflettere ed ascoltare anche quando si parla di tematiche di questo genere, anzi la parte più bella è proprio poter parlare con loro. 

Cosa intendi?

Moltissime di queste persone soffrono a causa della loro situazione, perché hanno perso tutto e sono invisibili, questo pesa più della fame. Presso le parrocchie o altre associazioni si può trovare un pasto ma è molto più difficile che qualcuno si fermi a parlare con loro e che sia davvero interessato alla loro storia personale, noi ci teniamo molto invece a sapere chi abbiamo davanti e a chiamarli per nome.

Chi sono le persone che aiutate?

Di sicuro penserai a persone straniere o a immigrati invece devo dirti che ci sono moltissime persone della nostra stessa nazionalità e nessuno conosce la loro disperazione: anziani con una pensione talmente misera da non riuscire ad arrivare alla fine del mese, divorziati con talmente tante spese che per loro non resta più nulla, persone che hanno perso il lavoro e la loro vita da un giorno all’altro. È triste ma è più reale di quanto si possa immaginare. 

Organizzate qualcosa per le giornate di festa?

Se capitano di giovedì certamente, altrimenti ci saranno altre associazioni presenti. Sembra strano ma il periodo natalizio è quello in cui queste persone hanno meno bisogno di noi: tutti sono più buoni e quindi donano loro un panettone o altro. Appena passato il periodo di festa però ognuno torna alla sua vita e alla sua normalità, fino al prossimo Natale. Noi vorremmo sensibilizzare le persone a fare qualcosa anche durante tutti gli altri giorni dell’anno. Salutiamo Roberto promettendogli che andremo a trovarli presto per dare loro una mano e per sentire più da vicino queste realtà di cui spesso ci dimentichiamo. Sulla loro pagina facebook trovate tutti i contatti e le modalità per aiutare loro a portare avanti questo bellissimo progetto.  Di sicuro questo incontro ci ha dato parecchio su cui pensare e riflettere. Durante le feste sembriamo più sensibili a tematiche di questo genere e facciamo quasi tutti buoni propositi per l’anno nuovo. Sarebbe bello impegnarci a guardarci un po’ di più intorno e a riflettere sul fatto che ogni giorno possiamo tendere una mano a chi è meno fortunato di noi e che basta davvero poco, a volte basta davvero soltanto esserci. Inoltre, è una piccola lezione per chi pensa che i vegani siano sensibili solo verso gli animali e che non abbiano a cuore gli esseri umani: Roberto ed i suoi amici fanno del bene agli animali, alle persone in difficoltà e a loro stessi. Un chiaro esempio di come ci sia più gioia nel dare che nel ricevere.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/12/compagnia-della-polenta-cibo-buono-vegano-senzatetto/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Milano Food City, raccolte più di 15 tonnellate di cibo nel segno della solidarietà

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Sono state circa 15,2 le tonnellate di cibo raccolte – l’anno scorso erano state 7 – grazie al gran numero di milanesi che hanno partecipato alle ‘pesate’ durante gli oltre 400 appuntamenti, show cooking, degustazioni, talk e incontri che hanno accompagnato la manifestazione. Con Milano Food City il capoluogo lombardo si conferma attento alla solidarietà e alla promozione di una nuova cultura alimentare. Sono state circa 15,2 le tonnellate di cibo raccolte – l’anno scorso erano state 7 – grazie al gran numero di milanesi che hanno partecipato alle ‘pesate’ durante gli oltre  400 appuntamenti, show cooking, degustazioni, talk e  incontri che hanno accompagnato la seconda edizione  di Milano  Food  City dal 7 al 13 maggio. La manifestazione è stata voluta dal Comune di Milano in collaborazione con Camera di commercio di Milano Monza Brianza  Lodi,  Confcommercio  Milano,  Fiera  Milano,  Coldiretti, Fondazione  Giangiacomo  Feltrinelli  e  Fondazione  Umberto Veronesi  e  con il supporto di  realtà  come  Assolombarda  e Seeds&Chips  per  fare di Milano  il  punto  di  riferimento  del comparto  agroalimentare  italiano.

“I numeri di questa seconda edizione di Milano Food City – dichiara l’assessore alle Attività produttive e Commercio Cristina Tajani – dimostrano come questa settimana sia entrata a pieno titolo tra gli appuntamenti più attesi e vissuti dai milanesi. Una manifestazione che riporta l’attenzione su cibo, corretta alimentazione e lotta allo spreco al centro delle politiche urbane e della vita economica e sociale della città, coinvolgendo le periferie e il cuore di Milano. Numeri di successo, sia in termini di tonnellate di cibo raccolto, sia per gli operatori coinvolti, sia per i cittadini che hanno partecipato agli eventi, raggiunti grazie alla collaborazione virtuosa e apprezzata tra il pubblico e il privato”.

Milano  Food  City  non  è  stata  solo  eventi  e  degustazioni  ma anche  una  grande  occasione  per  sensibilizzare  i  cittadini  sul problema  dello spreco  e  promuovere  i  valori  della  solidarietà. #PIUSIAMOPIUDONIAMO, il tour delle bilance solidali, ha accompagnato tutti i principali eventi della settimana dedicata al cibo. Tour solidale che ha preso il via lo scorso 7 maggio in piazza XXV Aprile, con la presenza del Sindaco Beppe Sala e dell’Arcivescovo Mario Delpini che insieme ai volontari di Banco Alimentare, Caritas Ambrosiana, Pane Quotidiano e Croce Rossa, in rappresentanza delle altre decine di organizzazioni che in città si fanno carico della raccolta e distribuzione di cibo, hanno invitato tutti i milanesi a pesarsi a gruppi, a coppie o da soli. Un gesto simbolico che ha sotteso una riflessione importante: più persone sono state coinvolte, maggiore è stata l’attenzione da parte di tutti verso il cibo, i suoi utilizzi, il suo valore, e maggiore è stata anche la generosità delle aziende nel donare le derrate alimentari. La raccolta di cibo avvenuta grazie all’iniziativa #PIUSIAMOPIUDONIAMO, è stata resa possibile grazie al contributo di Carrefour, Conad, Gruppo VéGé, Coop, Riso Scotti, Amadori, Consorzio Aidepi, Sogemi, Eataly.

Fonte: ecodallecitta.it

Milano Food City, dal 7 al 13 maggio sette giorni per scoprire le virtù del cibo tra talk, cultura, arte, degustazioni e solidarietà

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L’invito di Tajani e Guaineri: “Bar, ristoranti e mense approfittino degli sconti Tari previsti per chi dona le eccedenze ai bisognosi” . Dopo il successo della prima edizione e per celebrare l’anno del cibo italiano nel mondo torna, dal 7 al 13 maggio, Milano Food City. L’appuntamento voluto dal Comune di Milano in collaborazione con Camera di Commercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi, Confcommercio Milano, Fiera Milano, Coldiretti, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Fondazione Umberto Veronesi. Sette protagonisti del mondo economico, culturale, professionale e istituzionale milanese insieme propongono un calendario di sette giorni tra talk, percorsi, eventi, arte, cultura, degustazioni e solidarietà, rivolto a professionisti, appassionati gourmand, cittadini, turisti e famiglie per scoprire le sette “virtù del cibo” – gusto, incontro, energia, diversità, nutrizione, risorsa e gioco – che animeranno la città dalla periferia al centro nel segno di una nuova cultura alimentare.

Gusto inteso come piacere e ricerca della qualità e dell’estetica del cibo. Incontro come elemento di convivialità, tradizioni e multiculturalità. Energia che attraverso le risorse ci riconnette ai territori e ai processi produttivi e di coltivazione. Diversità come conoscenza della biodiversità dei territori e ponte tra le diverse culture. Nutrizione ossia una nuova cultura alimentare attenta alla ricerca, alla salute, al benessere e alla qualità della vita. Risorsa quando il cibo diventa strumento di lotta allo spreco, attenzione alla filiera e all’ambiente. Infine Gioco ossia il cibo diventa uno strumento ludico per veicolare una nuova cultura alimentare, soprattutto nelle nuove generazioni.

La grande affluenza di pubblico fatta registrare dalla prima edizione di Milano Food City dimostra come sia stata vincente la scelta di raccontare il cibo, la cultura alimentare e contrastare lo spreco – commentano gli Assessori Cristina Tajani (Politiche per il Lavoro, Attività produttive e Commercio) e Roberta Guaineri (Turismo e Sport) -. Oltre a coordinare tutti gli appuntamenti e il programma di questa settimana dedicata alla nuova cultura alimentare, siamo tra i primi comuni italiani ad applicare la legge Gadda, che consente sconti sino al 20% sulla Tari agli operatori della grande distribuzione, bar, ristoranti e mense che attuano politiche di lotta allo spreco alimentare destinando le eccedenze ai bisognosi della città. Invitiamo tutti gli interessati ad usufruirne, c’è tempo sino al prossimo 30 aprile per accedere agli sconti Tari scaricando tutta la documentazione dal portale del Comune di Milano”.

Nel palinsesto ideato da Fiera Milano e TUTTOFOOD la novità è la partnership con Fondazione Umberto Veronesi attraverso mostre, laboratori e incontri in cui gli esperti illustreranno il ruolo fondamentale della corretta alimentazione per mantenersi sani senza trascurare l’aspetto della convivialità.

Palazzo Giureconsulti sarà il quartier generale di questo autentico fuori salone dedicato al food, completato dalla cornice della Festa del Bio in collaborazione con FederBio. TUTTOFOOD sarà inoltre promotore di Taste of Milano, il festival degli chef, dal 10 al 13 maggio al The Mall; di Salumiamo, il 10 maggio a Palazzo Bovara, che reinterpreta la grande tradizione dei salumi italiani oltre a proporre ogni sera i nuovi Aperitivi in terrazza. Tra i premi si segnala Cheese for People Award che farà votare i migliori formaggi tipici italiani direttamente ai consumatori. Sempre in tema caseario, All’ombra della Madonnina alla Cascina Cuccagna premierà i migliori formaggi e yogurt di latte di capra. Il Desita Award, concorso internazionale che coniuga design e food, proporrà il tema Pizza & Gelato Experience. Da non perdere, infine, dal 7 al 13 maggio al Cinema Colosseo, il Biografilm Festival.

Numerose poi le degustazioni, le colazioni, happy hour e showcooking, approfondimenti culturali, percorsi di arte cibo e cultura e i progetti di solidarietà promosse da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza per Milano Food City.

Un palinsesto, in costante aggiornamento, realizzato grazie al contributo e all’impegno degli operatori delle associazioni di categoria aderenti. Nel cortile di Palazzo Bovara, il Circolo del Commercio in corso Venezia 51 aperto al pubblico per l’occasione, tutti i giorni “In viaggio con il caffè”, colazioni e approfondimenti con i maestri del caffé di Altoga, showcooking e aperitivi; una giornata dedicata all’alternanza scuola-lavoro e alla pizza gourmet con i giovani del Capac, il Politecnico del Commercio e del Turismo, e sostenibilità con la “Foody Bag”. Al Casello Ovest di porta Venezia, sede della Filiera agroalimentare, “Le Masterclass di WineMi”, il “Gioco delle Essenze, degli Aromi e delle Spezie” con panificatori, erboristi, gelatieri, macellai e dettaglianti ortofrutticoli e “Mini tartare con aromi e spezie” con i maestri macellai. Iniziative anche nei tre mercati comunali coperti con la “Notte Golosa” al mercato di Wagner, “Una cena al mercato” al Morsenchio e la “Giornata della Convenienza” al mercato di piazza Ferrara. Proposti più di 30 percorsi guidati tra cultura, arte e cibo con le guide turistiche di Gitec. Immancabile anche la presenza di Coldiretti Lombardia con l’iniziativa “Campagna Amica”, dall’11 al 13 maggio, che tingerà di giallo Piazza Castello: ogni giorno, dalle ore 9 alle 20, una cinquantina di aziende agricole provenienti da tutta la regione proporranno il meglio dell’agroalimentare del territorio nel farmers’ market di Campagna Amica, mentre le ricette della tradizione saranno protagoniste degli show cooking con gli agrichef contadini degli agriturismi Terranostra. Spazio anche ai più piccoli con le attività delle fattorie didattiche, a cominciare da quelle dedicate al latte. Nella mattinata di venerdì 11 maggio a Palazzo Turati si svolgerà poi la festa conclusiva del percorso di educazione alimentare promosso da Coldiretti in varie scuole delle province di Milano e Monza Brianza. Spazio anche al sapere e alla diversità del cibo, da quella biologica a quella culturale. Questo il tema della seconda edizione di Food for All!, il palinsesto culturale di Milano Food City organizzato da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Dal 7, giorno dell’inaugurazione istituzionale in viale Pasubio 5, al 12 maggio un programma denso di incontri e approfondimenti: ogni giorno si alternano Talk, momenti di discussione, e SolutionsLab, tavoli di lavoro, poi laboratori didattici e itinerari per la città, proiezioni e appuntamenti performativi. Attraverso linguaggi e format originali, il programma di Food for All! è rivolto a tutta la cittadinanza: dal pubblico generico a scuole di primo e secondo grado, da imprese e start-up, ad associazioni e istituzioni, esperti e portatori di buone pratiche. Tra i protagonisti scienziati e chef, scrittori e divulgatori, imprenditori e startupper, policy maker, artisti e formatori.

Per scoprire tutti gli appuntamenti e il calendario completo di Milano Food City nelle prossime settimane sarà attivo www.milanofoodcity.it

Fonte: ecodallecitta.it

 

“Saresti disposto a ospitarci?”. Così due studenti di economia hanno girato l’Italia

Mattia e David sono due studenti di economia e fondatori di Needyou Project. Per tre settimane hanno girato per l’Italia con l’idea di dimostrare che è possibile costruire un nuovo modello economico fondato sulla gratuità, sullo scambio e sulla condivisione. In questa intervista ci raccontano com’è andato l’esperimento.  Incontro David e Mattia a Dynamo, la velostazione di Bologna, in una piovosa giornata settembrina, esattamente tre settimane dopo che sono partiti da Genova in sella alle loro biciclette. Durante questi venti giorni di viaggio in giro per l’Italia hanno vissuto tante avventure – e qualche disavventura! –, ma soprattutto hanno scoperto che viviamo in un paese in cui generosità e condivisione sono ancora sentimenti forti e diffusi, che potrebbero essere il motore dell’economia del futuro! Questi due studenti di economia hanno infatti lanciato Needyou Project, un bike-tour da nord a sud durante il quale hanno somministrato questionari e cercato giorno per giorno ospitalità, vitto, idee e conoscenze, condividendo ciò che potevano mettere a disposizione e le loro competenze.needyou7

Giusto il tempo di sederci a un tavolo e toglierci le giacche bagnate che il loro racconto inizia, incalzante ed entusiastico: «La prima tappa, Genova, è stata soprattutto un test per le gambe: 80 chilometri di pista ciclabile sul mare, intervallata da scalini che ci costringevano a smontare dalla sella e salire a piedi. Arrivati in città abbiamo distribuito i questionari, in cui l’ultima domanda era: “Siete disposti a ospitarci?”. Un genovese ci ha risposto di sì e ci ha accolti in casa propria, dove per ricambiare abbiamo lavato i piatti e collaborato alla gestione casa».

Il giorno dopo, rotta verso la Toscana: hanno raggiunto in treno Montecatini, per poi coprire in bicicletta i 20 chilometri (con 700 metri di dislivello) fino a Casore del Monte (PT). Qui hanno conosciuto una comunità dell’associazione Nuovi Orizzonti, che si occupa di curare persone con dipendenze. «È stata un’esperienza molto forte – ricordano –, poiché ci siamo integrati con il loro gruppo e abbiamo osservato e partecipato alle loro dinamiche. La maggior parte erano ragazzi in cura per via delle loro dipendenze: droghe, alcol, ludopatia».

La loro giornata è strutturata per ricominciare a vivere la vita, una routine a cui hanno partecipato anche David e Mattia: «Lavorano in un ambiente rurale, si fa la legna, si curano gli animali, si pulisce la casa. Anche noi abbiamo dato il nostro contributo nello svolgere le mansioni quotidiane. È un’associazione di stampo cattolico, quindi abbiamo partecipato anche a momenti di preghiera, ma non convenzionali: liturgia della parola, preghiera spontanea, autocoscienza… molti si sono aperti, hanno chiesto aiuto e ringraziato. Sono stati momenti forti e toccanti».needyou10

Il viaggio è proseguito verso sud: «A Colle val d’Elsa l’associazione Intercultura ci ha dato ospitalità accogliendoci nelle case per gli stagisti, mentre a Firenze abbiamo avuto qualche difficoltà perché tutte le persone che incontravamo erano turisti! Tuttavia, appena abbiamo cominciato a dare questionari abbiamo trovato riscontro. Ci ha ospitato a cena una professoressa universitaria cordiale e amichevole, sembrava una serata in famiglia!».

Varcato il confine umbro, sono giunti a Perugia, città strana, che dicono di non essere riusciti a inquadrare bene. Nella piazza hanno dato questionari e hanno trovato subito ospitalità presso due ragazze per una doccia e da una signora per cena, poi hanno trovato posto in un ostello. Qui hanno conosciuto due volontarie per il servizio civile all’estero, una ragazza polacca e una turca. Da lì si sono spostati a Roma, dove hanno vissuto uno dei momenti più intensi del viaggio: «Abbiamo organizzato in poco tempo un’intervista con l’imam di un centro culturale islamico. Nonostante lo scarso preavviso, ci ha accolti con calore e ci ha offerto the e biscotti. È stato un incontro lungo e piacevole, abbiamo conversato per più di un’ora senza barriere religiose né culturali, all’insegna del dialogo e del confronto».

La sera li aspettava un’altra sorpresa. Su facebook avevano conosciuto i membri del gruppo Meetworld – Incontrarsi nel mondo e hanno partecipato a un aperitivo organizzato da loro: «Ci hanno riservato un’accoglienza quasi da VIP, siamo stati con loro e ci hanno aiutati a trovare un alloggio in zona, visto che eravamo un po’ decentrati. Il giorno dopo un ragazzo del gruppo, Christian, ci ha ospitati a casa sua e con lui abbiamo parlato in maniera più approfondita di condivisione e solidarietà.needyou9

Dalla capitale si sono spostati a Napoli e Caserta, dove sono rimasti tre giorni. Essendo a metà del viaggio ne hanno approfittato per riposarsi, ma hanno comunque trovato persone che hanno offerto loro cena o aperitivo. Ripassando da Roma, si sono spostati a L’Aquila, un’altra tappa emotivamente molto impegnativa.

 

«Arrivati in prossimità del capoluogo abruzzese, vedevamo solo gru in lontananza. La città è ancora deserta e distrutta. Nella piazza principale c’era una mostra, ma non c’era quasi nessuno». Per vie traverse hanno trovato il contatto di un’associazione che si trova nell’ex manicomio della città, ora gestito in parte dall’ASL e in parte – dopo il terremoto – dall’associazione stessa, che ha occupato alcuni locali. «È un progetto del comitato 3e32 chiamato Case Matte: sono case abbandonate che gli attivisti hanno occupato per dare un riparo a chi non ce l’aveva più e per creare un luogo di comunità e condivisione, mangiare e stare insieme, autorganizzandosi. Sono stati i primi a fare un campo autogestito dopo il terremoto. Qui abbiamo conosciuto Alessandro, uno dei leader del progetto. Anche qui abbiamo aiutato, mettendo a posto un deposito da riordinare: nessuno ci aveva chiesto di farlo, ma il nostro gesto è stato molto apprezzato».

Risalendo verso nord si sono fermati a Pesaro, dove hanno incontrato Alessandro, un ragazzo che li aveva contattati su facebook dopo aver letto la loro intervista su Italia che Cambia e che li ha ospitati con entusiasmo, in modo naturale, con grande amicizia, cedendo loro il suo appartamento. Da Pesaro hanno fatto una gita verso l’interno per visitare l’ecovillaggio La Città della Luce. «Purtroppo abbiamo potuto solo fermarci a cena e per dormire, ripartendo l’indomani, poiché tutti erano impegnati in un corso di permacultura. Ma è stata anche una fortuna, perché l’ecovillaggio era pieno e abbiamo potuto conoscere molta gente, sia esterni iscritti al corso che membri della comunità, anche se non siamo riusciti a svolgere nessuna attività insieme a loro». Prima di proseguire verso a Reggio Emilia sono ripassati da Pesaro, di nuovo ospiti di Alessandro.needyou8

A Reggio, quasi alla meta, ecco il primo imprevisto del viaggio: «Mentre eravamo in zona universitaria per un esame, ci hanno rubato la bici da un posteggio di fronte all’Università. Abbiamo continuato verso Bologna in treno e qui – quasi per caso, in un bar – tramite amici di amici abbiamo trovato una bicicletta. Ce l’ha prestata ragazzo che non conoscevamo, lasciandocela a tempo indeterminato». Ecco quindi che uno spiacevole inconveniente si è trasformato in un bell’episodio di solidarietà! Così, siamo arrivati alla fine del viaggio. Rimane il tempo per una veloce visita alla velostazione, un selfie di rito e poi via al binario da dove partirà il treno che li riporterà a Torino. Ora David e Mattia lavoreranno sui dati raccolti grazie ai questionari, che serviranno per stilare un documento con resoconti e impressioni di viaggio che conterrà i risultati della ricerca e che verrà presentato a INES2017, il grande incontro del mondo dell’economia solidale.needyou6

Al di là di questo, rimangono i ricordi di un viaggio straordinario e soprattutto la certezza – toccata con mano – che viviamo in una terra abitata da persone generose, aperte e pronte ad accogliere il prossimo, anche se lo hanno appena conosciuto. E che è possibile partire da questo per costruire un nuovo modello sociale ed economico fondato sulla solidarietà e sulla condivisione.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/09/saresti-disposto-a-ospitarci/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

#viaggiareispirati: Turismo e solidarietà

Ecco una nuova puntata della rubrica curata da Destinazione Umana, tour operator specializzato nel turismo di relazione. Oggi parleremo di turismo e solidarietà, visitando due strutture che accompagnano l’attività più classica di ricezione e ospitalità con un importante impegno nel campo del volontariato.

Eccoci a un nuovo appuntamento con la rubrica #viaggiareispirati, per farvi conoscere gli aspetti più curiosi e particolari del mondo del turismo responsabile e relazionale attraverso gli esempi portati dalla rete di Destinazione Umana. La prima puntata è stata dedicata alla disabilità. Oggi invece parleremo di turismo e solidarietà, presentandovi due strutture che uniscono all’attività ricettiva un profondo impegno che da un lato le mette in contatto con popoli e culture differenti, dall’altro li vede prodigarsi per aiutare chi ne ha bisogno.asko1

Le prime destinazioni umane che hanno fatto della solidarietà la loro ragione di vita sono Pierpaolo e Antonio, un medico e un infermiere salentini, fondatori e gestori del bed&breakfast Asko. Il nome con cui hanno battezzato la loro attività ricettiva è quello di un quartiere di Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia. Qui, da anni, portano avanti alcuni progetti sanitari, in particolare uno che sin dal 2004 li vede collaborare con un orfanotrofio che accoglie i bambini sieropositivi. Il b&b Asko, situato a Merine, nei pressi di Lecce, ha il duplice obiettivo di costituire una fonte di sostentamento economico per i progetti di volontariato e di dare libero sfogo alla passione di Antonio e Pierpaolo per l’accoglienza e l’ospitalità. La struttura è un ponte fra Salento e Africa, arricchita di mobili, accessori e piante provenienti dall’Etiopia e intrisa di odori e sapori africani. Nel cuore di Bologna invece, si trova l’Albergo del Pallone. Sin dal 2009, questa struttura accoglie viaggiatori ma anche immigrati, disoccupati e altre categorie  di persone che versano in una momentanea situazione di fragilità. I turisti e i bisognosi d’aiuto si trovano a condividere l’ospitalità e le attività proposte dall’albergo, con il risultato che vengono favorite l’integrazione e l’accoglienza. In questo modo, si crea anche una bella commistione fra turismo e solidarietà, viaggio e inclusione sociale. pallone1-1030x685

La struttura è gestita dalla Cooperativa Sociale La Piccola Carovana, che ha vinto un bando comunale di assegnazione. Questa onlus porta avanti percorsi di inserimento lavorativo, di assistenza socio-sanitaria e di servizi educativi per minori ed è fortemente radicata su tutto il territorio provinciale, dove intrattiene rapporti di collaborazione con le amministrazioni sui fronti sociale, educativo e occupazionale.

L’ambiente dell’albergo è dinamico e amichevole: si può cenare all’Osteria del Pallone, chiacchierare e giocare insieme nelle sale comuni o partecipare alle attività culturali, come concerti, cineforum, conferenze e serate a tema. Il tutto respirando un clima di reciproca e positiva contaminazione: culture, storie e situazioni differenti che si incontrano. Chi sta viaggiando per svagarsi, chi per conoscersi, chi per inseguire la speranza di una vita migliore.

Fonte:  http://www.italiachecambia.org/2016/02/viaggiareispirati-turismo-e-solidarieta/

IN BRASILE, I FRIGORIFERI DELLA SOLIDARIETÀ PER AIUTARE I POVERI E COMBATTERE GLI SPRECHI

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I frigoriferi, posizionati ai bordi delle strade, sono accessibili 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Tutti, cittadini, rivenditori, gestori di panetterie e ristoranti possono depositare le eccedenze alimentari da destinare a chi ne ha più bisogno…

Fonte: buonenotizie.it

Costruiamo insieme la società del futuro

L’ecovillaggio tedesco di Sieben Linden si presenta in Italia. Dal 3 al 5 luglio per la prima volta nel nostro paese Eva Stützel, cofondatrice di Sieben Linden e consulente internazionale di progetti comunitari da 15 anni.sieben_linden

L’ecovillaggio di Sieben Linden, uno dei più famosi a livello mondiale, è situato in aperta campagna nel nord della Germania, regione della Sassonia Anhalt (ex Germania Est), ed è abitato da 150 persone di cui 40 bambini e adolescenti. Queste persone hanno deciso che la crisi ambientale, sociale, economica, politica la risolvono per davvero, giorno dopo giorno, nel loro quotidiano, con le loro azioni, con la loro coerenza, con la loro (auto)determinazione. Il progetto esiste dal 1997 e dimostra che, se si vuole, si può migliorare la qualità della vita dando a questa un senso profondo. Persone normali di tutte le estrazioni sociali e possibilità economiche hanno creato un sistema sostenibile senza essere marziani, hippies o miliardari. Le abitazioni sono state costruite con materiali come il legno locale, balle di paglia, isolamento in fibra di cellulosa e fibra di legno, terra cruda e vengono alimentate energeticamente da legna, pannelli solari fotovoltaici e termici, il tutto per ridurre al minimo l’impatto ambientale. Le decisioni vengono prese da tutti attraverso metodologie maturate nel corso di molta esperienza sul campo; ci sono vari gruppi di lavoro e ognuno ha un ruolo all’interno dell’ecovillaggio che è un modello di micro società del futuro. La cucina è vegetariana e vegan con molti alimenti autoprodotti all’interno di un sistema di permacultura. Per tutto quello che non si autoproduce c’è un acquisto collettivo biologico che coinvolge l’intera comunità e che riduce i costi del 40% dei prodotti non solo alimentari ma anche di tutti quelli che servono per l’igiene personale e la pulizia della casa. E’ presente un asilo dove i bambini passano molto tempo all’aperto e non corrono il rischio di essere investiti. Su 150 persone le automobili sono solo una ventina e alcune sono della comunità a disposizione di tutti; se si usano si pagano solo i chilometri effettivamente percorsi, senza bisogno di pensare ad assicurazioni, spese di manutenzione, etc. Le persone si aiutano molto fra di loro, c’è solidarietà e supporto fra gli abitanti che permette di rafforzare le relazioni e anche risparmiare molti soldi in servizi che nella società normale devono essere pagati e che invece in progetti del genere sono gratuiti e volentieri donati reciprocamente. Una volta a settimana c’è il cinema, ci sono spettacoli teatrali organizzati dalla comunità, c’è la discoteca, un locale bar, un negozio interno, la sauna, un coro, si organizzano corsi di yoga, thai chi, danza, pittura, eccetera e la maggior parte di queste attività è gratuita per i membri dell’ecovillaggio. Ci sono tante relazioni con persone di diverse professionalità, conoscenze, culture, storie che regalano una grande ricchezza a chiunque frequenti il posto anche per poco tempo. Sieben Linden sfata i pregiudizi di coloro che pensano che questi progetti siano isole felici scollegate dalla realtà e per pochi disadattati. Laddove in quella zona prima dell’arrivo di queste persone c’era abbandono, deserto relazionale e culturale, è stata portata una ventata di entusiasmo e di rinascita dell’economia locale con persone che vengono a Sieben Linden a lavorare o a visitare il posto da tutte le parti della Germania e anche dall’estero. Fra le tante attività si organizzano infatti corsi, seminari, incontri internazionali per tutti coloro che siano interessati a conoscere questa interessante realtà. Proprio perché in questo posto non si spreca, si risparmiano energie e risorse, ci si dà una mano, si condivide molto senza per questo fare particolari rinunce o essere dei monaci, la vita costa veramente poco. Una persona, considerati gli elementi base di affitto, alimentazione, energia, acqua, internet, eccetera, spende mediamente al mese circa 500/600 euro e poco più se ha dei figli. All’interno di questa cifra si può anche usufruire di una mensa comune biologica che prepara quotidianamente pasti per la colazione, pranzo e cena. A Sieben Linden hanno fatto quadrare il cerchio, si spende poco, si ha tutto quello che serve, si vive a contatto con la natura, si ha supporto dalla comunità, si ha una intensa vita culturale, si imparano molte cose nuove e mestieri, si conoscono persone e culture diverse. La società del futuro, speriamo non troppo lontano, sarà simile a quella di questi pionieri. Nasceranno sempre più variegati progetti di questo tipo che si scambiano competenze e informazioni e si rafforzano fra loro, progetti costituiti da persone consapevoli, attive e che danno risposte sensate e pratiche ai problemi. Per avere ispirazione da Sieben Linden si potrà incontrare Eva Stutzel, una delle cofondatrici dell’ecovillaggio, per un evento imperdibile al Parco dell’Energia Rinnovabile in Umbria dal 3 al 5 luglio, tenendo ben presente che noi in Italia siamo molto più avvantaggiati perché con le nostre condizioni geoclimatiche, potremmo autoprodurci molti più alimenti ed energia. L’Italia può diventare un meraviglioso giardino nel quale fare crescere speranza e bellezza. Attraverso il corso con Eva, i partecipanti impareranno i fattori che contribuiscono al successo o al fallimento di un progetto comune. e partendo dall’esperienza di Sieben Linden Eva metterà a disposizione le sue competenze di 15 anni di lavoro di consulenza per progetti comunitari. La bussola per lo sviluppo di progetti comunitari e organizzazioni, rappresenta l’essenza del suo lavoro identificando le 5 maggiori aree tematiche che bisogna tenere presente nella costruzione di un progetto comune: Comunità, Visione, Struttura, Economia, Interrelazione.

QUI tutte le informazioni sul corso: come partecipare e come iscriversi.

Fonte: ilcambiamento.it

Progetto Quid, il brand che unisce moda e solidarietà

Chi ha detto che stili e tendenze sono argomenti frivoli e inconciliabili con l’impegno sociale? Dove sta scritto che l’imprenditoria etica deve trascurare l’immagine e la qualità del prodotto? E perché continuiamo a rimanere ancorati al vecchio luogo comune che profit e no profit sono incompatibili? La piccola, grande rivoluzione di Progetto Quid sta anche, forse soprattutto, nel mettere in discussione questi paradigmi, che separano due mondi in realtà perfettamente sovrapponibili.

Il nome dice molto: Quid, quel qualcosa in più, il valore aggiunto di cui è impregnato ogni capo che viene acquistato e indossato, proveniente da una filiera produttiva molto particolare. Ma ancora di più dice il logo del brand: la molletta. Un oggetto semplice, ma che svolge un compito importantissimo: tenere insieme due ambiti, due approcci, due visioni differenti, in una sintesi che unisce in un solo oggetto solidarietà e stile, sostenibilità e qualità, etica ed estetica.A6HoOoJma6W1iTpEymZd-300x168

Anna Fiscale è una delle anime dell’iniziativa, partita circa un anno e mezzo fa per mano di un gruppo di amici che si sono ritrovati attorno a un tavolo per discutere insieme di un progetto che li mettesse in gioco e che potesse contribuire alla crescita della realtà veronese, alla quale tutti appartenevano. «Siamo in otto, tutti sotto i 35 anni», spiega Anna. «È nata un po’ come una scommessa, ma poi ha acquisito un valore sociale ed economico, tanto da riuscire a dare lavoro a sette donne con un passato difficile». È infatti questa una delle particolarità del  progetto: «Produciamo capi d’abbigliamento partendo da tessuti di qualità e “ a chilometro zero”, scartati dalle aziende del territorio. I nostri designer creano modelli nuovi e originali, che poi vengono realizzati artigianalmente». La produzione sartoriale è affidata ad alcune donne – per adesso sono sette – con alle spalle una storia di vita problematica, che hanno così la possibilità di reinserirsi nella società, affinare le proprie abilità professionali e percepire uno stipendio. «Il coinvolgimento di donne con un background difficile è sicuramente uno dei nostri punti di forza, perché abbiamo cercato sin dall’inizio di stabilire una relazione con loro, non solo un rapporto cliente-fornitore, ma qualcosa di più, dando loro autonomia creativa rispetto ad alcuni pezzi e coinvolgendole nello studio del design. In un anno di attività sono cresciute molto, in termini sia di entusiasmo che di abilità sartoriali. Ed è bello sapere che queste donne, la maggior parte delle quali viene da contesti difficili, riescono ad avere un salario a fine mese grazie al nostro progetto».foto-sonora-quid-300x200

Progetto Quid è fortemente radicato sul territorio: le aziende da cui vengono recuperati i tessuti, che altrimenti verrebbero macerati, sono tutte del veronese, così come la Fondazione San Zeno, importante interlocutore che ha dato ai ragazzi la possibilità di aprire un temporary store nel centro del capoluogo veneto. Un’altra istituzione locale, la Fondazione Cattolica, ha consentito a Progetto Quid di strutturarsi meglio, trasformandosi da associazione in cooperativa sociale. «Crediamo molto nella nostra città – sottolinea Anna – ed essa ricambia l’entusiasmo. All’inaugurazione del punto vendita c’è stato un afflusso ininterrotto di gente dalle sette di sera sino a mezzanotte. Molti dei nostri clienti sono affezionati, magari si sono avvicinati attratti da un capo particolare, ma poi, dopo aver conosciuto il progetto, hanno cominciato a visitarci e supportarci con regolarità». Questa è la prova provata che l’idea funziona. «Circa il 60% di coloro che acquistano i nostri prodotti si avvicina a noi perché apprezza il design e la qualità realizzativa dei modelli che proponiamo. Questo ci da fiducia, perché ci fa capire che abbiamo la capacità di stare sul mercato. Quando poi il cliente viene informato della finalità su cui si fonda il progetto, compra più volentieri. Ma noi vogliamo che le persone siano attratte dalla bellezza e dall’unicità del nostro prodotto, che viene poi arricchito dal valore sociale e ambientale di cui è portatore».MG_2616-624x416-300x200

Molte iniziative analoghe puntano quasi esclusivamente sull’aspetto etico, spesso a discapito della qualità. «Crediamo che questo sia un limite fortemente penalizzante: svanito l’entusiasmo iniziale, se la gente non vede un prodotto bello e affidabile difficilmente torna. Bisogna fare leva al tempo stesso sulla coscienza e sul gusto estetico». L’autosufficienza economica del progetto è uno degli obiettivi di Quid, che però può essere raggiunto solamente se alla visione consapevole viene affiancata quella imprenditoriale. «Personalmente collaboro part-time con un progetto di responsabilità sociale d’impresa e il resto del tempo mi occupo di Quid, che riesce a darmi un rimborso spese, ma non la stabilità economica a cui aspiro. I ragazzi e le ragazze che partecipano al progetto si trovano nella stessa situazione: Ludovico, il vicepresidente, è impiegato in uno studio di commercialisti; Valeria lavora in un’azienda di moda, così come Elisabetta; Umberto è il nostro creativo; Marco e Fabio, che ci danno una mano nella comunicazione, hanno avviato una loro società. Il nostro obiettivo è quello di regolarizzare entro il 2014 due soci di Quid con contratti part-time e, per il 2015, avere due full-time e un part-time. Adesso stiamo vivendo questa esperienza con slancio e passione, però ci piacerebbe che diventasse il nostro lavoro, che non generasse solo un valore sociale aggiunto, creando occupazione per donne con storie difficili e per il nostro staff logistico, ma che garantisse anche una prospettiva lavorativa per tutti noi, perché quando investi tutte le tue energie e il tuo tempo in un progetto in cui credi fortemente è anche giusto che tu venga premiato per quello che fai».IMG_4027-copia2-200x300

Quello di Progetto Quid è un esempio, un precedente importante a cui possono fare riferimento tutti coloro che vogliono avviare percorsi concreti di cambiamento. A questo proposito Anna ha le idee chiare: «Il punto di partenza devono essere fortissime motivazioni e un piano d’azione ben studiato, in cui si ha fiducia. Anche perché sono convinta che il bene chiami bene, quindi per chiunque abbia un progetto che ha un riscontro sociale rilevante le porte si aprono; non lo facciamo per il profitto fine a sé stesso, ma per creare una società un po’ più etica». Ma è anche giusto creare consapevolezza nelle generazioni precedenti: «Si parla spesso di giovani demotivati, che vanno all’estero, c’è poca fiducia nel cambiamento. Però ci sono tante piccole e grandi realtà che stanno sensibilizzando le generazioni nuove e vecchie e stanno aprendo tanti spiragli per un’economia più solidale e più etica, che non vuole affatto dire meno attraente». Incoraggia il fatto che molte di queste esperienze di cambiamento sono portate avanti proprio da ragazzi e ragazze. «Nel nostro caso – racconta Anna –, inizialmente la giovane età era motivo di diffidenza. Ma pian piano, da un lato noi abbiamo perseverato, forti della convinzione nella nostra idea e nelle nostre capacità, dall’altro i decisori sono stati contagiati dal nostro entusiasmo. È stata una prova dura, ma l’abbiamo superata acquisendo consapevolezza dei nostri mezzi». D’altra parte, come sostiene anche Anna, un nuovo modello economico, corrispondente a un nuovo stile di vita, si sta affermando sotto varie forme, nel nostro paese così come a livello globale. È un modello che pone al primo posto le relazioni umane, che rifiuta l’idea di ricchezza come accumulazione di denaro, che si sviluppa in armonia con l’ambiente e con chi lo abita, che preferisce la logica della cooperazione a quella della competizione.maxresdefault-300x168

Ma Anna e gli altri ragazzi e ragazze di Progetto Quid non si accontentano dei risultati ottenuti sinora: «La nostra idea è proporci ad aziende di moda e brand affermati sul mercato come braccio etico, inserendo nelle collezioni un pezzo charity realizzato da noi apposta per loro. A partire dal materiale inutilizzato, identificare un capo che possa essere confezionato dalle nostre donne e poi commercializzato in alcuni punti vendita del brand partner. Questo perché crediamo che la partnership fra profit e no profit per la creazione di un prodotto bello e di valore possa essere la formula vincente anche per incuriosire il mercato, sempre però con particolare attenzione verso un progetto e un prodotto etici. La nostra idea è anche quella di coinvolgere le ragazze provenienti dal carcere di Verona e provare a collocarle all’interno di un nostro spazio, in modo che riescano a ottenere un reinserimento lavorativo tramite Progetto Quid. Iniziando proprio dal carcere, vorremmo dare una formazione sartoriale all’interno della struttura alle detenute, che poi potrebbero costituire la nostra forza lavoro e costruirsi un futuro professionale».

Francesco Bevilacqua                                                                  

Il servizio è stato realizzato a Verona giovedì 20 febbraio 2014.

Fonte:italiachecambia.org

Il sito di Progetto Quid