Virail, in viaggio con lo smartphone: gli italiani preferiscono il treno e il carpooling

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Due italiani su tre scelgono di viaggiare in treno, mentre un terzo dei nostri connazionali preferisce l’auto e il carpooling. I mesi più amati per viaggiare non sono soltanto luglio e agosto ma anche febbraio e marzo. Lo rivela Virail, l’unica piattaforma e app che permette di comparare tutti i mezzi di trasporto, inclusi i bus di Flixbus e i passaggi di BlaBlaCar, per scegliere la soluzione di viaggio più economica. Che sia per lavoro o per piacere, gli italiani preferiscono spostarsi in treno, considerata l’opzione più comoda, veloce e vantaggiosa: a confermarlo sono due connazionali su tre (66%), seguiti da coloro che invece preferiscono muoversi a bordo di un’automobile e in carpooling (22%). Il rimanente 12% di viaggiatori valuta invece il pullman, l’aereo e la combinazione bus e treno.  Ma le preferenze cambiano a seconda del periodo dell’anno: mentre i treni risultano molto popolari nel mese di febbraio, in estate gli italiani viaggiano soprattutto utilizzando bus e carpooling. A rivelare le abitudini di spostamento degli italiani è Virail, la prima piattaforma e app di viaggio (disponibile per iOS e Android) che compara tutti i mezzi di trasporto in ogni parte del mondo. Un vero e proprio “metamotore” in grado di permettere all’utente una ricerca intuitiva e veloce della migliore e più economica soluzione di viaggio. Virail infatti è in grado di mettere a confronto i prezzi, i percorsi e le soluzioni di trasporto che prevedono treno, aereo e – unico in Italia – anche carpooling (BlaBlaCar) e bus (Flixbus). Secondo l’analisi condotta da Virail, gli italiani cercano e acquistano le soluzioni per partire soprattutto a Luglio (14%) e Agosto (12%), ma numerosi sono anche gli italiani che si mettono in viaggio a Febbraio (12%) e Marzo (10%). I giorni più gettonati dagli italiani per prenotare o acquistare un viaggio sono il sabato e la domenica, soprattutto per chi scappa dalla routine quotidiana alla ricerca di un po’ di relax o per raggiungere la propria famiglia. Anche il lunedì si rivela una giornata molto trafficata, soprattutto per i tanti pendolari della penisola. A confermare la tendenza è anche il fatto che la maggior parte degli utenti Virail (27%) compie ricerche per tratte di 20 o 30 km, il 15% confronta invece i trasporti migliori per spostarsi di 40 o 50 km e il 9% per viaggi di soli 10 km. “Vogliamo rendere accessibile a tutti il viaggiare, non solo economicamente ma anche comodamente. Anche per questo, per semplificare la ricerca ai tanti pendolari italiani che utilizzano l’applicazione per i loro spostamenti quotidiani, Virail ha inserito la possibilità di monitorare i ritardi dei treni e di ricevere aggiornamenti a riguardo grazie a notifiche dedicate”, spiega Marco Valta, co-founder di Virail. Tra le tratte più battute, al primo posto c’è Torino – Milano, seguita da Roma – Firenze e Napoli – Roma. Al sud, la più cercata è Catania – Palermo. Bologna e Bari emergono invece tra i luoghi di partenza più impostati, mentre Milano e Roma si confermano le mete più scelte.unnamed1unnamed2

Chi è Virail

Virail è il motore di comparazione in grado di confrontare prezzi e soluzioni di viaggio relative a treni, bus, carpooling e aereo. È disponibile in 24 lingue e, grazie a numerose partnership con le principali compagnie di trasporto in tutto il mondo, è in grado di offrire agli utenti i percorsi migliori e più economici durante il tuo viaggio. Virail è consultabile su piattaforma web oppure tramite applicazione pers smartphone, disponibile su App Store e Google Store.

Maggiori informazioni: virail.it

Fonte: – agenziapressplay.it

Smartphone, entro il 2020 saranno i dispositivi più inquinanti soprattutto a causa delle emissioni

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Lo dice uno studio canadese: “Per ogni messaggio di testo, per ogni telefonata, ogni video che carichi o scarichi, c’è un centro dati che fa in modo che questo accada e che consuma molta energia derivante da combustibili fossili. È il consumo di energia che non vediamo” . Secondo uno studio della  Mcmaster University di Hamilton (Canada) gli smartphone saranno i dispositivi più dannosi per l’ambiente entro il 2020, non solo per la mole di rifiuti dovuti all’obsolescenza programmata, problema ormai noto, ma anche per l’impatto sulle emissioni nocive generate dalla loro produzione e dal loro utilizzo. Il professor Lotfi Belkhir, docente di Total Sustainability and Management alla Mcmaster University e autore della ricerca, ha studiato l’impronta di carbonio di dispositivi come smartphone, laptop, tablet, desktop, ma anche dei data center e delle reti di comunicazione, scoprendo che le Tecnologie di Comunicazione e Informazione hanno un impatto maggiore sulle emissioni di quanto si pensasse e la maggior parte di queste deriva dalla produzione e dal funzionamento: “Per ogni messaggio di testo, per ogni telefonata, ogni video che carichi o scarichi, c’è un centro dati che fa in modo che questo accada – spiega Belkhir – Le reti di telecomunicazioni e i data center consumano molta energia per servire le persone e la maggior parte dei data center continua ad essere alimentata dall’elettricità generata dai combustibili fossili. È il consumo di energia che non vediamo.”

Tra tutti i dispositivi, le tendenze suggeriscono che entro il 2020 i dispositivi più dannosi per l’ambiente saranno gli smartphone che consumano relativamente poca energia per funzionare, ma la cui produzione ha un impatto enorme sulle emissioni: la maggior quantità di energia è quella che serve per produrre il chip e la scheda madre perché sono costituiti da metalli preziosi che vengono estratti a un costo elevato. Gli smartphone hanno anche una breve vita che guida l’ulteriore produzione di nuovi modelli e questo genera una quantità colossale di rifiuti.”Chiunque può acquistare uno smartphone e le società di telecomunicazioni rendono facile acquistarne uno nuovo ogni due anni”.
Secondo i dati presentati da Greenpeace lo scorso anno, dal 2007 al 2017 stati prodotti 7,1 miliardi di smartphone. Solo nel 2014, secondo uno studio della United Nations University, sono stati prodotti 3 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici legati alla produzione di smartphone. Meno del 16% dei rifiuti elettronici globali viene riciclato. Solo due modelli su tredici, esaminati come parte delle ricerca da Greenpeace Usa e iFixit, avevano batterie facilmente sostituibili. Questo significa che, quando la batteria inizia a scaricarsi, i consumatori sono costretti e sostituire l’intero dispositivo. Nel 2020 le persone che posseggono smartphone saranno 6,1 miliardi, ovvero circa il 70% della popolazione globale. Belkhir lancia un messaggio chiaro alle compagnie: “I centri di comunicazione e data devono passare alle energie rinnovabili quanto prima, non c’è più tempo. La buona notizia è che i data center di Google e Facebook saranno gestiti con energia rinnovabile, ma dev’esserci una politica in atto che faccia in modo che tutti i data center seguano l’esempio.”

Fonte: ecodallecitta.it

Allungare la vita del telefoni per ridurre costi e inquinamento

L’Ufficio Europeo per l’Ambiente, una rete di organizzazioni che si occupa di politiche ambientali, ha diffuso un comunicato per presentare una interessante novità introdotta da Fairphone, il consorzio che produce il primo smartphone sostenibile al mondo, finalizzata a combattere l’obsolescenza programmata. I primi moduli per smartphone che si possono aggiornare sono stati presentati in questi giorni e costituiscono una novità che potrebbe aiutare i consumatori a risparmiare denaro, ridurre la produzione di rifiuti e rivoluzionare il modello produttivo di giganti come Apple e Samsung.obso.jpg

I 70mila utilizzatori del Fairphone avranno la possibilità di montare moduli aggiornabili di fotocamere sui loro telefoni, appena questi saranno disponibili sul mercato, a settembre. Questi dispositivi consentiranno di mantenere aggiornati i telefoni, allungando la loro vita e riducendo gli sprechi, come sottolineano i rappresentanti dell’azienda. Stephane Arditi, esperto di politiche del riuso dell’Ufficio Europeo per l’Ambiente, ha dichiarato: «Complimenti a Fairphone per questi innovativi moduli aggiornabili e per averci fatto fare un nuovo passo verso un telefono che possa durare una vita intera. Il grande quesito adesso è se l’industria della modularità guadagnerà terreno rispetto al superato modello di produzione di massa o se saranno i grandi marchi stessi ad adeguarsi a questa nuova tendenza. Non stiamo dicendo che la modularità è la soluzione per tutti i problemi ambientali, le guerre minerarie e lo sfruttamento del lavoro minorile. Ma se realizzata nel modo giusto, potrebbe allungare la vita media dei telefoni, abbassare la domanda e risolvere situazioni problematiche».

Foto e video sono oggi fra le funzioni principali degli smartphone. Le videocamere si rompono raramente, ma i recenti progressi tecnologici le rendono rapidamente superate. Inoltre, quello dei rifiuti elettronici è il settore che sta crescendo più rapidamente fra le varie tipologie di rifiuti. La modularità esiste da tempo in apparecchi come i computer e le automobili. Ma alcuni critici sono convinti che applicarla ai telefoni li renderebbe troppo costosi, pesanti, grossi e fragili per essere appetibili dal punto di vista commerciale. I giganti della tecnologia, compresa Apple, sono accusati di accorciare di proposito la vita media dei telefoni per mantenere vendite e profitti elevati. Proprio Apple è diventata leader del mercato e la telefonia rappresenta il suo ramo più redditizio. La vita media di un telefono è 18 mesi. Colle irreversibili e altri ostacoli simili rendono le riparazioni sempre più difficoltose. La Commissione Europea sta studiando nuove leggi per migliorare la progettazione di questi dispositivi, prendendo in considerazione anche la modularità, e ha cominciato a indagare sull’obsolescenza programmata.

Fonte:  http://www.italiachecambia.org/2017/09/allungare-la-vita-del-telefoni-per-ridurre-costi-e-inquinamento/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Cellulari: le regole per non andare…a farci friggere!

Nel 2014 in Italia sono stati venduti 25 milioni di device mobili tra smartphone, tablet e cellulari tradizionali. Nel 2013 il 97% degli over 16 aveva un telefonino. E la maggior parte ci sta attaccata giorno e notte. Con effetti per la salute che possono essere devastanti.elettrosmog_danni

Marìca Spagnesi collabora anche con il blog llht.org 

Interessante a questo proposito la lettura del libro “Toglietevelo dalla testa” di Riccardo Staglianò, che fornisce elementi di seria riflessioni su tutto quanto non viene detto ai consumatori riguardo i potenziali effetti deleteri dei device mobili soprattutto i telefoni cellulari e tutto ciò che è wi-fi. Ecco alcune regole che sarebbe utile rispettare per evitare danni anche gravi alla salute, soprattutto sui bambini.

– I bambini dovrebbero usare i cellulari solo per le emergenze. Meglio gli sms.

– La distanza è vostra amica: auricolare (con il filo) vivavoce o sms ogni volta che è possibile.

– Poche barre, molte radiazioni. Non chiamate quando c’è poco segnale.

– Quando siete in movimento (treno, auto) il cellulare fatica ed emette più radiazioni.

– Quando il telefono prova a connettersi emette più radiazioni: tenetelo lontano dalla testa quando dall’altra parte non vi rispondono.

– Evitate di tenerlo a contatto con il corpo. Niente tasche dei pantaloni nè taschini della camicia.

– Accorciate le chiamate. Se proprio non potete, alternate orecchio.

– Ogni volta che potete potete passare alla linea fissa, fatelo.

– Non vi addormentate con il cellulare acceso sul cuscino o troppo vicino. Tantomeno lasciatelo fare ai vostri figli.

– I telefoni non emettono tutti lo stesso livello di radiazioni. Anche se è un indicatore imperfetto, scegliete il modello con minore Sar (tasso di assorbimento specifico).

A leggere con attenzione questi suggerimenti si ha come la sensazione di aver sempre saputo che è così. Eppure pochissimi di noi mettono in pratica questi accorgimenti. Forse perchè usiamo i cellulari da anni, forse perchè il telefonino ormai lo hanno tutti e ci ripetiamo che non può essere così dannoso, forse perchè è ormai diventato qualcosa che fatichiamo a pensare come potenzialmente pericoloso. Fa troppo parte della nostra vita per convincerci davvero che fa male, è troppo indispensabile per rinunciare ad usarlo, forse perchè, ci diciamo, se facesse davvero così male si saprebbe! Le aziende produttrici di telefonini sono obbligate a scrivere nei libretti di istruzioni alcune delle avvertenze riportate sopra ma pochissimi di noi le leggono o danno alla cosa l’attenzione che meriterebbero. In alcuni paesi esistono precise disposizioni sanitarie al riguardo che sconsigliano l’uso ai bambini e raccomandano distanze di sicurezza per tutti. Eppure pochi le rispettano. Come mai? Se, da una parte, esistono studi e ricerche in grado di dimostrare il rischio di esporsi alle radiazioni emesse dai telefonini, dall’altra le multinazionali non fanno che lavorare indefessamente promuovendo e pagando fior di studiosi, esperti e scienziati che raccolgano prove ed evidenze con l’obiettivo di confutare quei dati. L’obiettivo è abbassare il livello di attenzione della gente, far passare sotto silenzio le ormai decine di casi di persone che si sono ammalate di cancro a causa dell’uso eccessivo del cellulare e che lottano per vedere riconosciuti i propri diritti. I media restano in silenzio mentre notizie come queste dovrebbero risaltare sulle prime pagine di tutti i giornali. Proprio per questo il libro di Riccardo Staglianò è una preziosissima risorsa  che racconta in modo dettagliatissimo storie, fatti e testimonianze raccolte in giro per il mondo: il racconto delle prime vittime è fondamentale e illuminante per capire le dinamiche e gli interessi che sono dietro all’atteggiamento delle multinazionali che continuano a sostenere che non vi siano prove davvero conclusive e certe. Il cellulare potrebbe essere destinato a diventare in un futuro, neanche troppo lontano, un caso simile a quelli che hanno riguardato le sigarette o l’amianto: storie di interessi, insabbiamenti e silenzi nella quasi totale indifferenza generale. Salvo poi, a distanza di decenni, ritrovarsi a fare il conto dei danni sulla nostra pelle.

Fonte: ilcambiamento.it

Quando è il pedale a fare la bici smart

Il progetto di Connected Cycle ha già raccolto 120mila dollari nel crowdfunding lanciato appena dodici giorni fa.

Sulla piattaforma di crowdfunding Indiegogo il pedale smart ha raccolto 90mila euro in tre giorni e 120mila euro in dodici, tanto che a 19 giorni dalla fine della campagna tutto lascia credere che la raccolta fondi dal basso si avvicinerà al triplo della somma richiesta per far partire il progetto. L’idea di Christian Kravanja e del suo team di lavoro con sede a Parigi è quella di una Sim card saldata all’interno del pedale, invisibile e in grado di trasmettere la posizione della bicicletta, senza l’ausilio di batterie, né caricatori o prese di corrente. La Sim card è una sorta di transponder che, nell’ottica dell’Internet delle cose, entra in relazione con i device, trasmettendo le coordinate della bicicletta a un cellulare iOS o Android. La Sim permette di mappare gli spostamenti, ma allo stesso tempo è sensibile alle vibrazioni ed è quindi in grado di lanciare l’allarme in caso di furto. Come dicevamo in precedenza non ha bisogno di batterie, né di allacciamenti alla rete elettrica perché è in grado di auto-alimentarsi grazie a un sistema che si ricarica durante la pedalata. La durata è illimitata ed è immediatamente funzionante in Italia, così come in tutta l’Unione Europea, negli Stati Uniti e in Cina, Russia, Svizzera e Israele. Il progetto ha avuto un successo tale da prendere in contropiede i suoi stessi artefici, a conferma di come l’Internet delle Cose ovverosia la capacità di ricevere ed emettere dati degli oggetti che fanno parte della nostra quotidianità sia ormai una realtà che si integra con i nostri device, principalmente con i nostri smartphone.20150429031626-top-image-connected-cycle (1)

Fonte:  Indiegogo

La lattina d’alluminio diventa una cassa fai da te

Basta davvero poco a trasformare una semplice lattina per bevande in un altoparlante che amplifica il suono di lettori mp3, smartphone o tablet381046

Siete ad una festa e manca la musica ad alto volume perché le casse si sono rotte e non sapete come amplificare l’mp3, lo smartphone o il tablet? La soluzione è a portata di mano: basta usare delle semplici lattine d’alluminio come altoparlanti. Il procedimento è davvero facile e dura pochi minuti. Bisogna solo aspettare che gli invitati facciano fuori le prime bibite per avere una lattina vuota a disposizione. Dopo di che occorre procurarsi un chiodo, un martello e del mastro adesivo. Primo passo: fate dei buchi sul fondo della lattina, usando chiodo e martello. Cercate di fare attenzione, perché i buchi devono essere centrali. Secondo passo: nel foro per bere inserite gli auricolari e con il nastro adesivo fissateli bene. Questo vi permetterà di non compromettere il funzionamento dell’altoparlante se vi muovete o andate in giro da un ambiente all’altro. Terzo passo: accendete il lettore MP3 o fate partire la musica dal vostro cellulare alzando il volume e prestando attenzione ai toni, così farete in modo che il suono esca nitido. La creatività fa bene sia al portafoglio che all’ambiente. Cosa aspettate? Provateci!

 

fonte: ecodallecitta.it

Smartphone o smart life? Mangialo se ci riesci

Questo articolo, per la prima volta ideato e realizzato a quattro mani con il progetto Llht (Low Living High Thinking), intende ridicolizzare la follia della corsa all’iPhone6, proprio nel giorno del suo lancio sul mercato italiano. E propone una campagna “militante” semplicissima: non compratelo.iphoneburger

I HAVE an iPhone or I AM an iPhone? Perdonate l’inglesismo, ma, come ben si sa, rende per l’efficacia della sintesi. E in questo caso la domanda non è pellegrina. Sei un iPhone o hai un iPhone? O forse, ed è qui la genialata, non c’è più differenza! Allora, dai, svegliamo qualche punto di vista addormentato… lo vogliamo svegliare con la nostra campagna che oggi prende ufficialmente il via: “Smartphone o smart life? Mangialo se ci riesci!”. Così, giusto per accogliere a modo nostro il fiammante iPhone6. Chi di inglesismo ferisce, di inglesismo perisce? Noi corriamo il rischio, anche perché iPhone non è nemmeno più un termine inglese, è uno “status della mente”. Oggi arriva anche in Italia il “per sei volte nuovo” iPhone della Apple: cool, giovane, easy, sexy, cult e chi più ne ha più ne metta. Già, perché il marketing del compianto Steve Jobs e delle leve che ha “coltivato” ha puntato su tutto ciò nel momento più favorevole per farlo, un momento in cui il pensiero critico non esiste e il pensiero normale si riduce a uno spot, a un sms, a un post, a un device, ma che sia firmato e non da sfigati, per distinguersi (?!) in un seppur nulla assoluto. L’atto del consumo in sé è cool, ma lo è ancor di più se l’oggetto del consumo rappresenta uno status che si trasferisce a chi quell’oggetto lo possiede. Allora LLHT e Il Cambiamento, nel giorno del sesto exploit annuale consecutivo della Apple, lanciano la campagna “SmartPhone o smart Life? Mangialo, se ci riesci!”. Cosa dice e intende questa campagna? Invita tutti quelli che leggeranno queste righe a NON ACQUISTARE l’iPhone6. Se vi viene il prurito alle mani o al portafoglio, significa che vivete già la frenesia. Ma questa critica non vuole limitarsi all’iPhone della Apple, ci mancherebbe! No, vogliamo dargli una prospettiva più ampia: pensiamo sia assurdo e ridicolo idolatrare oggetti di consumo, farsi accecare da essi riconoscendo loro un contenuto di “verità” che non hanno affatto. Ed ecco la riflessione di Paolo Ermani, che sempre ci accompagna nel tentativo di informare e raccontare. “Chissà quali fini distinguo o quali disquisizioni faranno tutti coloro che dicono che siamo al collasso economico nel vedere file di persone non ad assaltare i forni per il pane ma i negozi della Apple per comprare un cellulare da oltre 700 euro, simile a quello che hanno già in tasca. Voglio proprio vedere cosa ci si inventerà per dire ancora che siamo senza un euro e poi gli euro li spendiamo tranquillamente per una cosa che non è né indispensabile, né utile alla nostra sopravvivenza, cui occorrerebbe pensare se fossimo allo stremo. Chissà quali scuse, e quanto banali, accamperanno i milioni di persone che sostengono di subire la crisi economica ma che allo stesso tempo non possono certo (!) privarsi di un attrezzo tanto indispensabile. Il ragionamento è: se ce l’hanno gli altri, lo devo avere assolutamente anche io, altrimenti mi sento povero. E poi come faccio a impressionare gli amici, la fidanzata, il fidanzato se non mi posso nemmeno permettere di avere l’oggetto del desiderio di tutti! Non posso mica fare la figura di quello che rimane indietro, dello sprovveduto. Abbiamo già affrontato la questione in un altro articolo ma qui ci vogliamo soffermare su un altro aspetto e cioè quanto la nostra vita ormai stia diventando sempre meno smart, visto che stiamo delegando tutto ciò che questo termine significa ad accessori che sono diventati nostre protesi. Sembrerebbe che la nostra intelligenza sia inversamente proporzionale a quella del nostro cellulare: più aumenta la sua, più diminuisce la nostra. La dipendenza dal cellulare o comunque da questi aggeggi elettronici è diventata ormai drammatica. Senza di loro si è velocemente nel panico, al confronto la coperta di Linus è uno scherzetto; forse lui la abbandonava quando andava a dormire, il nostro cellulare è inseparabilmente vicino a noi anche la notte. Da test scientifici è emerso che persone private del loro “cordone ombelicale elettronico” si sono sentite morire dopo un paio di giorni, erano perdute, non più in grado di andare avanti. Si sono registrati effetti simili a quelli di un’astinenza da droga pesante. Ci si chiede cosa farebbero queste persone se avessero problemi seri, visto che vanno letteralmente in tilt solo perché non hanno più con loro la protesi. Tutto passa attraverso il cellulare: rapporti, sentimenti, lavoro, relazioni, tutto sta diventando virtuale e artificiale. La vita dentro una scatoletta piatta luminosa con un sacco di roba dentro. Una vera e propria idolatria verso oggetti di consumo di massa che sembrano farci avere il mondo in tasca. Ma il mondo è assai più complesso, vivo e pulsante di uno schermo tutto fare. Sembriamo letteralmente impazziti, ipnotizzati da questi giochetti elettronici. Abbiamo inserito chi li ha inventati fra i grandi della storia ma non credo che ci sia molto da gioire nel diffondere ovunque un attrezzo che costa soldi, energie, sudore, sofferenza, sangue e materie prime preziose in quantità rilevante. Se non ci fossero schiavi che lo producono, eserciti che proteggono e rubano le materie prime necessarie al suo funzionamento, costerebbe dieci volte di più e lo comprerebbero solo ricchi eccentrici. E cosa faranno le persone quando gli schiavi o le materie prime non saranno più disponibili così facilmente? Come faranno senza la loro droga smart? Negli Stati Uniti ci sono segnali che ammoniscono di fare attenzione vicino alle strisce pedonali perché la gente viene falciata dalle auto mentre consulta il suo telefono. In Italia ormai le stesse scuole guida hanno un capitolo a parte per “guida con cellulare”. Autentici criminali che mettono in pericolo la propria e altrui vita perché guidano con il cellulare, rispondono, mandano sms consultano la posta che sarà cosa sicuramente più importante che investire il malcapitato o provocare drammi, per un maledetto sms…. E gli incidenti dovuti a questa prassi aumentano vertiginosamente. Addirittura si vedono persone in moto o motorini che guidano con una mano e con l’altra parlano al cellulare. E che dire della mania ridicola del cosiddetto selfie? Se non è follia tutto ciò non so cosa lo può essere? La pubblicità è così pervasiva e forte che ci fa sembrare assolutamente indispensabile comprare questi aggeggi come se fossero decisivi per la nostra vita. Presentazioni a livello mondiale come se stesse arrivando un nuovo messia sulla terra, code di fronte ai negozi, febbre che sale nell’attesa. Stiamo perdendo completamente il senso della misura, delle cose, della realtà. Ma quando la follia imperversa non si può fare altro che opporsi con una chiara presa di coscienza e con gesti concreti. Quindi non comprate l’IPhone 6 né i successivi cloni, a maggior ragione se date un minimo di senso ai vostri soldi. Il cellulare che avete in tasca e quelli che avete nei cassetti della vostra casa vanno già benissimo ora e vi dureranno per altri dieci o venti anni. Poi magari un giorno si ricomincerà a guardare le stelle, il mare, il cielo, il volto degli altri e si vedrà che c’è vita oltre lo schermo”.
Fonte: ilcambiamento.it

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