Viaggio al centro della terra per scoprire l’origine degli tsunami

Un team di scienziati raggiungerà, per la prima volta, il punto dove si scontrano le placche tettoniche51902461-586x424

Venerdì scorso un team di sismologi ha intrapreso una missione di studio della crosta terrestre al largo del Giappone. Lo scopo è di comprendere l’origine dei terremoti. L’imbarcazione che ospita i ricercatori e la torre di perforazione di 121 metri capace di penetrare a 7.000 metri sul fondo del mare si chiama Chiku, ovverosia Terra. Partita dal porto di Shimizu, la nave riprenderà un lavoro di perforazione cominciato nel 2007 e riproposto con regolarità nell’Oceano Pacifico. I ricercatori studieranno la faglia Nankai anche nota come la “faglia del mare del sud”, dove la placca del mare delle Filippine scivola sulla placca eurasiatica. L’intensa attività geologica della zona viene costantemente monitorata poiché potrebbe essere l’epicentro di scosse potenzialmente devastanti, molto più potenti di quella di magnitudo 9 che l’11 marzo 2011 ha provocato lo tsunami che ha scatenato l’incidente nucleare di Fukushima con epicentro a circa 1000 km a nord est della faglia Nankai. Il Governo giapponese ha rivelato lo scorso anno che una scossa della Nankai associata a un tsunami potrebbe provocare circa 320mila vittime sulle coste giapponesi. L’obiettivo dei ricercatori è riuscire a raggiungere i 5200 metri sotto il livello del mare, laddove le placche si scontrano. Sarà la prima volta che un sondaggio raggiungerà direttamente una zona sismica, laddove si genera l’energia che provoca i movimenti della crosta terrestre. Gli scienziati piazzeranno dei rilevatori nella crosta terrestre che saranno collegati ai sistemi d’analisi sulla terraferma:

Vogliamo studiare come la crosta terrestre si muove negli istanti che precedono i terremoti in modo da poterli prevenire più facilmente, ha dichiarato Omata, uno degli scienziati del team di lavoro. Situato nel punto di incontro di ben quattro placche tettoniche, il Giappone subisce, ogni anno, il 20% dei sismi più potenti registrati dai sismografi di tutto il mondo.

Fonte: Le Parisien

Terremoti in Italia causati dalle estrazioni petrolifere? Il parere dei sismologi

Terremoti naturali o terremoti indotti da attività estrattive?

Daniela Patrucco ha intervistato per Scienza in Rete Aldo Zollo docente di Sismologia all’Università Federico II di Napoli e autore dello studio sulla sismicità indotta negli impianti geotermici. In pratica lo scienziato spiega come anche attività umane possano provocare terremoti, spesso percepiti solo da strumenti molto sofisticati. Causano terremoti la costruzione di dighe, la geotermia, l’estrazione di idrocarburi e lo stoccaggio di anidride carbonica. In Olanda, ad esempio lo sciame sismico che si verifica nella regione Nord est del Paese è causato dalle estrazioni di gas e per questo la NAM rimborsai i danni alle abitazioni ai cittadini. In Italia dubbi in merito allo sciame sismico causato dalle attività estrattive in Pianura Padana sono sorti dopo il terremoto de l’Aquila del 2009. Ma in Italia sembra ci sia timore rispetto ai terremoti indotti e nell’affrontare con studi la questione. Infatti come spiega Mario Mucciarelli docente del Dipartimento di Strutture, Geotecnica e Geologia Applicata dell’Università della Basilicata:sisma-594x350

Uno degli aspetti problematici emersi dalla ricerca è la carenza in questo ambito di studi e ricerche italiane.

E infatti ciò che manca è proprio uno studio completo che verifichi i casi di sismicità di volta in volta e di zona in zona. IN proposito Zollo dice a Daniela Patrucco:

In Italia esistono zone di giacimenti che sono fuori dalla catena appenninica, ad esempio la pianura padana, e poi esistono un gran numero di pozzi e giacimenti situati a ridosso della catena. L’ambiente tettonico dell’Appennino è un ambiente geologico adatto alla formazione di giacimenti di idrocarburi. La correlazione spaziale tra alcune zone dove si estrae il petrolio in Italia e le zone sismiche adiacenti è pertanto ovvia. Altrettanto ovviamente non possiamo dire, basandoci solo sulla prossimità tra siti di estrazione e zone sismiche, che l’estrazione di petrolio in Italia sia la causa dei terremoti. Molto banalmente si potrebbe ricordare che l’Italia è un Paese dalla storia sismica millenaria, mentre l’attività industriale petrolifera risale a poco più di 50-60 anni fa. Quindi la correlazione tra l’attività di estrazione petrolifera e la sismicità va verificata caso per caso considerando anche la corrispondenza temporale con le attività industriali in corso, non solo quella spaziale, e utilizzando strumenti di osservazione e dati ad alta precisione. Questo vale anche per il caso della sequenza di terremoti accaduti in Emilia nel Maggio 2012 che alcuni vorrebbero essere correlati all’attività estrattiva dell’ENI nell’area.

Ma ovviamente a tutto cià c’è da aggiungere il capitolo costi/benefici tant’è che Patrucco chiede:

A quando l’ingresso dell’Italia tra i “paesi avanzati” nella ricerca, controllo e prevenzione della sismicità indotta? I costi? Se le imprese non si accollano il costo della prevenzione e del monitoraggio, sarà la collettività a doversi far carico delle eventuali conseguenze. La sismicità indotta è un fatto assodato. Le sue conseguenze non sono sempre accertate ma non sono escluse.

Fonte: Scienza in Rete

 

Fracking e terremoti: per i sismologi statunitensi c’è rapporto di causa-effetto

Secondo i geologi americani il terremoto di magnitudo 5,3 del 22 agosto 2011 a Trinidad fu provocato dal metodo estrattivo che sfrutta la pressione idrica nelle faglie sotterranee162832115-594x350

Quello che era solo un sospetto ora ha legittimazione scientifica: i terremoti che si stanno verificando tra New Mexico e Colorado sono provocati dal fracking ovvero dai pozzi di iniezione dell’acqua. A denunciarlo non sono la stampa o le associazioni ambientaliste statunitensi, ma un gruppo di ricercatori dello U.S. Geological Survey  che è intervenuto qualche giorno fa alla convention annuale del Seismological Society of America, tenutasi a Salt Lake City. Per Justin Rubinstein, uno degli artefici assoluti della ricerca, è il fracking la causa dell’aumento del numero e dell’intensità dei terremoti. Alla pericolosità sismica che fino a qualche tempo fa si basava solo e soltanto sui rischi tettonici naturali, si aggiungono ora le cause dell’intervento umano. Secondo il rapporto del gruppo di lavoro di Rubinstein uno dei più grandi terremoti connessi all’iniezione artificiale di acqua nel sottosuolo è stato quello registrato il 22 agosto 2011 a Trinidad, in Colorado. Quel giorno la scossa di magnitudo 5,3 provocò la frattura di alcuni muri, la caduta di comignoli nel centro storico e l’evacuazione di numerose persone. Nella regione interessata dallo studio i terremoti hanno avuto un brusco aumento dopo il 2001, cioè due anni dopo l’inizio delle prime pratiche di fracking nella zona. Nel decennio 2001-2011 i terremoti di magnitudo 3 sono stati 20 volte più numerosi rispetto al periodo 1970-2001. Una cifra che evidenzia il peso dell’attività umana e che ha convinto l’USGS ad approfondire le proprie indagini. Anche perché il Governo americano non ha nessuna intenzione di porre fine a questo tipo di pratica, anzi. Per Barack Obama il fracking è una delle strade da percorrere per rendere il proprio Paese indipendente dal punto di vista energetico.

Fonte:  Live Science