America: tattiche di una guerra infinita

Un altro fronte di guerra per l’America di Obama che va a bombardare il neonato Stato Islamico (Isis) in territorio siriano, violando la sovranità della stessa Siria. Una nazione il cui presidente, Bashar al-Assad, da lungo tempo non piace all’America. Le bombe sono indirizzate ad un autoproclamato califfato islamico estremista che gli Usa stessi hanno contribuito a creare e che ora, diventato scomodo e ribelle, va ritrasformato in una “faccenda gestibile”. Un califfato che se ne esce sulla scena occidentale diffondendo un film-propaganda, “Flames of war”, che sembra uscito da Hollywood. Cos’è che non quadra?raid_america_isis

Barack Obama…e pensare che nel 2009 il comitato di Oslo gli aveva conferito il premio Nobel per la pace. Ora, è ufficiale, ha aperto un altro fronte di guerra. Dopo avere scalzato Gheddafi dalla Libia e aver comandato di sganciare bombe in Somalia e nello Yemen, Obama ha iniziato i raid aerei nella fascia tra Iraq e Siria, dichiarando guerra allo Stato Islamico, «una decisione che vìola la sovranità della Siria» spiega Brahma Chellaney, docente di studi strategici al Center for Policy Research di Nuova Delhi e saggista. «Zelante nell’intervento, non ha perso tempo ma così facendo ha calpestato anche la legge internazionale e quella americana, poiché non ha cercato né ottenuto l’approvazione né del Congresso né del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il suo predecessore,  George W. Bush, era stato il promotore della cosiddetta “war on terror”, la guerra al terrore dalla quale Obama aveva cercato (chissà con quanta convinzione) di prendere le distanze e che puntava a sconfiggere quei gruppi che volevano istituire un impero islamico radicale. Ma l’invasione e l’occupazione dell’Iraq aveva sollevato tali e tante controversie da disgregare il consenso globale alla guerra, consenso che ne doveva costituire il fondamento. Poi si sono aggiunte le detenzioni e le torture a Guantanamo a simboleggiare gli eccessi». I proclami post-Bush sono rimasti evidentemente retorica, «visto che l’amministrazione Obama ha usato le attività anti-terroristiche per portare avanti gli interessi geopolitici degli Usa» aggiunge Chellaney. «Anziché considerare l’eliminazione di Osama Bin Laden come il culmine della guerra contro il terrore, Obama ha incrementato gli aiuti ai ribelli “buoni” (come quelli in Libia), perseguendo ancora più duramente quelli “cattivi”, i terroristi, ricorrendo anche a un programma di uccisioni mirate». «All’inizio Obama aveva messo lo Stato Islamico nella categoria dei “buoni”, poiché minacciava gli interessi del presidente siriano Bashar al-Assad e quelli dell’Iran. La sua posizione è cambiata quando lo Stato Islamico ha iniziato a minacciare di invadere Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, dove erano di casa l’esercito e i diplomatici americani e dove giravano gli affari. Aggiungete a ciò la decapitazione di due giornalisti americani diffusa con video ed ecco che arriva la dichiarazione di guerra in stile Bush». Quello che si rischia è che la guerra al terrore dell’America «diventi una guerra permanente contro una lista di nemici in continua espansione, spesso creati dalla stessa politica americana – prosegue Chellaney –  Così come gli aiuti forniti ai ribelli afghani anti-russi hanno contribuito alla nascita di Al Qaeda (cosa che Hillay Clinton sapeva benissimo quando era segretario di Stato di Obama), allo stesso modo gli aiuti forniti dagli Usa e dai suoi alleati agli insorti siriani dal 2011 hanno contribuito alla nascita dello Stato Islamico. Gli Usa sono tornati in Afghanistan nel 2001 per combattere una guerra infinita contro gli jihadisti, ora muovono guerra allo Stato Islamico perchè minaccia i piani americano in Iraq e Siria”. E l’esperto indiano lancia l’affondo affermando anche che «Obama è più interessato a confinare il terrorismo nel Medio Oriente piuttosto che a eliminarlo» e ricorda come la guerra che il Pakistan sta conducendo contro l’India sia proprio una conseguenza dell’operazione americana anti-Russia in Afghanistan. Non a caso il presidente americano, rispondendo a un reporter che gli chiedeva chiarimenti, ha detto che il suo vero obiettivo è riportare lo Stato Islamico ad un “problema gestibile”. «Ma a peggiorare le cose in questa nuova guerra ci si mette la tattica che viene usata, cioè la stessa che ha portato alla nascita dello Stato Islamico: autorizzare la Cia, aiutata da qualche sceicco delle regioni del petrolio, ad armare migliaia di ribelli siriani». Poi, non certo di minore importanza è la questione della legittimità o meno dell’intervento americano ai sensi del diritto internazionale e del diritto interno statunitense e su questo ci sono molti, molti dubbi.Intanto gira in tutto il mondo un film-propaganda dell’Isis, realizzato hollywoodianamente in stile “Die Hard” con slow motion, dissolvenze ed esplosioni. C’è chi si limita a indignarsi e intimorirsi per le scene di ammazzamenti, ma ci sono anche quelli, e sono tanti, che si pongono più di una domanda. Qualcosa non quadra? “Flames of War, fighting has just begun”, è questo il titolo del film (passatemi il termine, ma è azzeccato), va oltre, mette un’ipoteca sul futuro di tutti, annuncia altro terrore con avvertimenti costruiti sulle immagini di impatto. Saranno in molti a ricordare i filmati di Bin Laden che parlava in arabo, scarsa qualità, inquadratura fissa, immagine sgranata. Ebbene la nuova strategia hollywoodiana dell’Isis non ha nulla a che fare con questo. Evidentemente un salto tecnologico e di mentalità non da poco, se vogliamo intenderla così. Per non parlare dei militanti addetti ai social network che twittano e postano su Facebook! La Abc ha detto che dietro tutto ciò ci sarebbe Ahmed Abousamra; doppia cittadinanza americana e siriana, ha frequentato il college a Boston e avrebbe collaborato con l’Fbi. Poi ci sono le tante notizie choc passate sui media, roboanti, spesso contraddittorie e non verificate, grazie alle quali è stata mantenuta sempre accesa l’attenzione sull’Isis.

Allora: qualcosa non quadra o quadra tutto?

Fonte: ilcambiamento.it

Perchè ci Odiano

Voto medio su 6 recensioni: Da non perdere

€ 11

Obiettivo Siria - Libro

Voto medio su 1 recensioni: Da non perdere

€ 11.5

Armi chimiche dalla Siria, il 2 luglio il trasbordo a Gioia Tauro

Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Mogherini, il 2 luglio inizierà il trasbordo

Mentre Guardia di Finanza e Autorità portuali calabresi si prodigano in continui sequestri di cocaina (questa mattina 100kg nascosti tra le banane in un cargo proveniente dall’Equador) il porto di Gioia Tauro (RC) attende con ansia l’arrivo della nave cargo danese Ark Futura, che porterà in Calabria le armi chimiche provenienti dalla Siria. L’arrivo di Ark Futura è previsto per la serata del 1 luglio mentre all’alba del 2, ha spiegato proprio oggi il ministro degli Esteri Federica Mogherini da Copenhagen, comincerà il trasbordo dell’arsenale chimico di Assad sulla nave americana Cape Ray.

Il ministro ha anche spiegato che, contrariamente alle promesse fatte, non potrà essere presente:

“Avevo assicurato che sarei stata presente sia per assistere alle operazioni di trasbordo sia per rassicurare sulla totale sicurezza dell’operazione, ma la coincidenza dei due eventi lo rende impossibile. […] Questa è l’unica operazione positiva e riuscita che c’è stata sulla scena siriana e potrebbe aprire scenari ulteriori di disarmo e di non proliferazione nella regione.”

La nave americana è salpata, spiegano fonti americane, da Rota, Spagna, un paio di giorni fa. Secondo il portavoce del Pentagono John Kirby, il trasferimento all’interno del porto durerà ”diversi giorni”, anche se (secondo quanto comunicato ai Sindaci della piana di Gioia Tauro)l’operazione dovrebbe essere completata in meno di 24 ore:

“Terminato il trasbordo la Cape Ray lascerà Gioia Tauro per le acque internazionali per cominciare la neutralizzazione degli agenti chimici mediante i “field deployable hydrolysis system” a bordo. […] la neutralizzazione sarà condotta in modo sicuro e nel rispetto dell’ambiente. Nessun residuo di questa operazione verrà rilasciato in mare.”

Leggi: come si smantellano le armi chimiche?

Nonostante le rassicurazioni però a Gioia Tauro e nella piana il clima tra la popolazione, scarsamente e malamente informata, è di grande scetticismo; l’associazione Cittadinanza democratica di Gioia Tauro critica l’assenza di comunicazioni non solo ai sindaci e agli enti locali, ma anche alla stessa popolazione della piana di Gioia Tauro:

“E’ ovvio che un disarmo non può essere minimizzato come fosse un’operazione di routine, perché obiettivamente, non lo è, e lo conferma il fatto che nessun altro passaggio di sostanze pericolose, finora, ha mai avuto necessità di essere affiancato da un simile dispiegamento di forze militari.”

afferma l’associazione, citata dal Corriere della Sera. Il malcontento serpeggia anche tra i sindaci e in numerose associazioni civiche ed ambientaliste, che appunto lamentano l’assenza di informazioni in nome del “segreto militare”, che qui in Calabria conoscono bene.

Fonte: ecoblog.it

Isola di Budelli, il Parco della Maddalena esercita la prelazione ma rischia di prendersi le armi chimiche della Siria

Dopo l’appello del magnate Harte per non perdere la possibilità di sfruttare privatamente l’Isola di Budelli, ecco che il Parco della Maddalena esercita il diritto di prelazione ma il Ministero per la Difesa pensa di stoccare a S.Stefano le armi chimiche della Siriaisola-di-budelli1-620x350

Scade oggi il termine per far tornare l’Isola di Budelli allo Stato e il Parco della Maddalena ha esercitato il suo diritto di prelazione depositando gli atti presso il tribunale di Tempio Pausania. La copertura economica per gestire l’intera operazione di rientro e pari a 3 milioni di euro circa è stata finanziata attraverso un emendamento alla Legge di Stabilità approvato a fine dicembre al Senato. Giuseppe Bonanno presidente del Parco ha detto:

Un particolare ringraziamento va ai quasi 85 mila sottoscrittori della raccolta firme lanciata sulla piattaforma Change.org dalla Fondazione Univerde, con in prima linea l’ex Ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecorario Scanio, che si è attivato immediatamente per questa battaglia di civiltà e di principio. Un doveroso ringraziamento, inoltre, ai due primi firmatari dell’emendamento, i Senatori Loredana De Petris e Luciano Uras, e a tutta la Commissione Bilancio del Senato, che all’unanimità, e quindi in modo assolutamente trasversale, ha raccolto le istanze e le sollecitazioni provenienti da un’opinione pubblica fortemente motivata e interessata alla risoluzione della vicenda Budelli.

In effetti l’ex ministro Pecorario Scanio si è battuto come un leone attraverso la piattaforma per le petizioni on line Change.org e il suo appello è stato accolto da circa 100 mila sottoscrittori:

Questo è un successo per l’ambiente ma anche per la dignità nazionale di un’Italia che deve puntare sulle proprie eccellenze anche naturali .Ora mi aspetto che si superino le polemiche e si lavori ,con grande collaborazione istituzionale e civile ,a sostenere il Parco Nazionale negli ulteriori adempimenti e nella migliore tutela e valorizzazione di questa isola unica. Spero inoltre che questa sia un’occasione per richiamare l’attenzione sull’arcipelago della Maddalena che è stato truffato con gli scandali del mancato G8 e necessità di risorse adeguate per le bonifiche e un rilancio turistico sostenibile non certo ,come si teme proprio in questi giorni di vedersi destinate le armi chimiche siriane da smaltire dopo i decenni di servitù militari.

Ma La Maddalena però non sembra trovare pace poiché recenti voci sembrano insistere sulla possibilità che il Ministero della Difesa usi i bunker dell’Isola Santo Stefano per tenere in deposito 700 tonnellate di armi chimiche siriane per almeno due settimane. In pratica l’Italia si presterebbe a far effettuare il passaggio di 150 container contenenti armi chimiche siriane dalla nave militare che attualmente le trasporta e partita da Cirpo alla volta dell’Italia, alla “Cape Ray” cargo militare Usa che sarà nel Mediterraneo tra almeno due settimane e che porterà le armi in alto mare per distruggerle.

Il Presidente del Parco Giuseppe Bonanno si è affrettato a scrivere sia al ministro della Difesa sia al ministro degli Esteri lo scorso 31 dicembre per avere chiarimenti, ma nessuna risposta è stata ancora consegnata.

Fonte: ecoblog

Armi chimiche dalla Siria distrutte nel Mar Mediterraneo, il carico prelevato in Italia

Le armi chimiche sequestrate alla Siria, circa 700 tonnellate a base di gas nervino saranno smaltite nel Mar Mediterraneo a bordo della nave Cape Ray. A gestire l’intera operazione l’Opac Nobel per la Pace nel 2013cape-ray-armi-chimiche

Ci siamo: tra due settimane arriva in Italia forse all’Isola Santo Stefano nell’Arcipelago della Maddalena o forse in Sicilia,la nave cargo Cape Ray in prestito alla Marina Militare Usa per prelevare 700 tonnellate di armi chimiche. Già sono piovute interrogazioni parlamentari in merito verso il ministro degli Esteri Emma Bonino per chiedere conto di questa pericolosa operazione militare ancora top secret.

La Cape Ray , gli FDHS sono stati caricati a bordo

Il carico è di 1500 container che proteggono contenitori sigillati e a doppia camera stagna filtrata con carbone attivo per evitare che i gas letali come iprite o gas mostarda e sarin possano contaminare persone o ambiente fino a che non saranno resi inefficaci. Lo rende noto l’OPACl’Organizzazione per la proibizione delle Armi Chimiche Nobel per la Pace nel 2013 spiegando che il primo lotto è già stato trasferito dalla Siria su una nave danese. Il programma prevede che sulla base della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2118 (2013) e decisioni del Consiglio Direttivo OPCW, le armi chimiche della Siria devono essere distrutte entro il 30 giugno 2014. La nave danese ha lasciato il porto di Latakia il 7 gennaio e è diretta verso l’Italia in una destinazione nota solo al ministero della Difesa che si pensa possa essere l’Isola Santo Stefano nell’Arcipelago della Maddalena dove i veleni saranno trasbordati sulla nave americana Cape Ray. Nel mentre si attende l’arrivo della Cape Ray, che presumibilmente arriverà a la Maddalena tra non meno di due settimane, le sostanze chimiche saranno tenute a deposito in uno dei bunker dell’Isola Santo Stefano ex base per i sommergibili nucleari Usa fino al 2008. Il perché debbano essere trasferiti sulla Cape Ray è presto detto: su questa nave sono stati installati due sistemi Field Deployable idrolisi System (FDHS) per lo smaltimento degli agenti chimici pericolosi messo a punto per l’occasione dai militari americani dello US Army Edgewood Chemical Biological Center in Maryland. L’FDHS neutralizza gli agenti chimici mescolandoli con acqua ed altri reagenti come idrossido di sodio e ipoclorito di sodio e poi riscaldandoli fino a trasformare composti” non utilizzabili come armi e l’efficienza di distruzione sarebbe pari al 99,9 per cento. Il sistema è in uso da 10 anni presso la Difesa americana e ogni FDHS costa circa 5 milioni di dollari Usa. Come ha avuto modo di spiegare Frank Kendall direttore al ministero della Difesa e implicato nello scandalo dei magneti cinesi sugli F-35:

L’FDHS per 10 anni è stato usato per distruggere le nostre scorie chimiche.

L’FDHS è stato dunque caricato sulla M/V Cape Ray a Portsmouth in Virginia , ed è questa appunto la novità: le scorie chimiche non viaggeranno alla volta degli Stati Uniti o della Russia ma saranno smaltite direttamente sulla nave in una località, per ora ignota a noi, al centro del Mare Mediterraneo. A bordo della Cape Ray un contingente di 63 chimici specializzati che per la prima volta lavoreranno in mare aperto. Stati Uniti e Russia con altri 187 paesi hanno deciso di eliminare i loro arsenali con armi chimiche dopo la firma nel 1993 della Convenzione sulle armi chimiche (CWC). Nessuno dei due paesi, tuttavia, è riuscito a mantenere nei tempi previsti le scadenze di disattivazione, soprattutto a causa problemi tecnici, politici e ambientali. L’eliminazione totale delle armi chimiche in Russia sarà completata nel 2027 mentre negli Stai Uniti terminerà nel 2023. La Siria è uno dei sette paesi che non ha firmato l’accordo CWC e che ha continuato a produrre sarin, tabun, VX e gas mostarda. Il Segretario di Stato John Kerry ha recentemente dichiarato che gli agenti chimici della Siria sono pari a 1.000 tonnellate la maggior parte dei quali in serbatoi di stoccaggio non miscelato.

Fonte:  CNN, GizMag

Uranio impoverito in Siria: ecco cosa si rischia

Secondo il presidente dell’Anavafaf, Falco Accame, in un eventuale attacco americano potrebbero venire scaricate sulla Siria 84 tonnellate di uranio impoverito671356-543x350

L’Asia è sempre stato il “laboratorio” nel quale gli Stati Uniti hanno collaudato i nuovi armamenti. Le bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki nell’atto conclusivo della Seconda Guerra Mondiale, l’agente arancio, il napalm e altri agenti chimici in Vietnam poi, le armi con uranio impoverito in Kuwait e, successivamente, in Afghanistan e in Iraq. L’uranio ha lasciato un’eredità pesantissima, ma nonostante da oltre vent’anni i suoi effetti deleteri siano di dominio pubblico, il suo utilizzo continua a essere circondato da una cortina di fumo anche in virtù dei forti interessi economici che dalla sua commercializzazione vengono mossi. Ora che all’orizzonte si profila un nuovo conflitto nell’area mediorientale si torna a parlare del possibile impiego di armi con uranio impoverito. Secondo Falco Accame, presidente dell’Anavafaf (Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti) ed ex presidente della Commissione Difesa della Camera, in caso di attacco da parte delle forze armate statunitensi potrebbero piovere sulla Siria fino a 84 tonnellate di uranio impoverito:

Ognuno dei 280 missili Tomahawk, che dovrebbero essere utilizzati, contiene infatti 300 Kg di uranio impoverito negli impennaggi. Inestimabili i danni alla popolazione per i prossimi decenni. Cosa si aspetta a mettere al bando questo tipo di armi?

Già cosa si aspetta a mettere al bando queste armi. Una risoluzione dell’Onu datata 1978 aveva proposta di bandirle. E chi fu a proporla? Proprio gli Stati Uniti d’America che successivamente non firmarono i protocolli e usarono questo materiale altamente contaminante nei conflitti degli anni Novanta e del primo decennio del nuovo millennio.

Fonte:  Ansa