5G: l’impegno dei sindaci in difesa della salute pubblica

Al convegno alla Camera dei Deputati sindaci, amministratori e avvocati raccontano cosa è stato fatto finora e cosa è possibile fare per chiedere maggior cautela nell’espansione del 5G in attesa di studi scientifici che ne confermino l’innocuità. Emerge un panorama di cittadinanza attiva consapevole delle proprie responsabilità e che vuole coinvolgere maggiormente la collettività nelle scelte politiche. Il convegno internazionale organizzato dall’Alleanza Stop 5G alla Camera dei Deputati ci ha permesso di fare il punto della situazione italiana ed internazionale. Degli aspetti scientifici, medici e normativi sui rischi per la salute dei campi elettromagnetici abbiamo già parlato. Qui vogliamo riferire delle azioni messe in campo per il diritto alla tutela della salute e di poter scegliere se e come accogliere l’offerta commerciale delle compagnie delle telecomunicazioni per il 5G. Emblematico il racconto del sindaco di Marsaglia, dell’Alta Langa, anche presidente dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani (ANPCI): Franca Biglio. Un intervento che descrive chiaramente come le decisioni vengano calate dall’alto e imposte senza che i cittadini e i propri amministratori siano informati e possano far rispettare le normali cautele per la sicurezza dei propri cittadini di cui sono responsabili per legge.

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Racconta Franca Biglio che iniziò a sentir parlare dell’arrivo del 5G, nelle proprie zone, da giornali locali. Si parlava di un sorteggio di alcuni comuni per la sperimentazione 5G. Poi un articolo su La Stampa spiegava che l’AGCom (Autorità per le Garanzie delle Telecomunicazioni) obbligava l’estensione del servizio oltre al comune di Torino (una delle Smart Cities scelte per la sperimentazione) anche ad altri 120 comuni di cui 29 in Piemonte. Ecco il suo accorato racconto: «Dai giornali inizio a leggere cose a cui non sapevo dare una spiegazione; ad esempio cittadini che stavano insinuando quale contropartita avessero accettato i sindaci per partecipare a questa sperimentazione sulla cittadinanza. Ma chi mai ha dato il consenso? Nessuna comunicazione, informazione o richiesta era mai arrivata. Ho iniziato a chiedere informazioni preoccupata e ho scritto al Prefetto affinché mettesse in atto tutte le procedure tecnico-giuridiche necessarie per la tutela della salute. Nessuna risposta. Quindi cominciamo ad allertarci e mandiamo a tutti gli altri sindaci una richiesta di informazioni per capire cosa stesse succedendo, quali garanzie ci venissero fornite e chi altro fosse coinvolto. Per uscire dall’isolamento e metterci in rete aderiamo al comitato cittadino di tutela dal 5G e vado ad incontrare diversi esponenti attivi a livello nazionale come il Senatore Saverio De Bonis (Gruppo Misto) che da anni sostiene le cause per i diritti di tutela ambientale e della salute.

Adottiamo la moratoria con delibera del comune e l’ordinanza per chiedere la sospensione del servizio fino a che non ci fossero adeguate informazioni sulla sicurezza per la salute dei cittadini. Il prefetto ci risponde che la richiesta ha un difetto di procedura burocratica e non la accoglie. Per informarmi meglio partecipo al convegno in Abruzzo e la preoccupazione aumenta, sento la responsabilità verso i nostri cittadini. Ricevo una telefonata da Asstel (Assotelecomunicazioni) e vengono ad incontrarmi. Mi spiegano che non è stato un sorteggio ma una vera e propria scelta per il “grave divario digitale” in cui versava il mio comune e cerca di rassicurarmi: il 5G è una opportunità e non ci sono dati scientifici che provino un rischio per la salute». Questo è vero, perché proprio nessuno, né governi, né aziende ha mai stanziato un euro per verificarne i rischi. Quindi il problema è chi chiede grazia di innocuità prima dell’installazione o chi in assenza di verifiche scientifiche dichiara che il servizio è sicuro? Chi deve portare le prove?

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L’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente) è un organo deputato al controllo del rispetto dei limiti di legge, ma alla richiesta di informazioni della sindaca Biglio dichiarano di non avere informazioni. Ora L’ANPCI sta per sottoscrivere con lo studio di avvocati che da anni partecipa alle dispute legali sulla tutela della salute, un accordo di programma per offrire una possibilità di tutela a garanzia legale ai piccoli comuni con agevolazioni a livello finanziario.

Sul tema dell’assenza di studi sui rischi per la salute, il consigliere comunale di Trento, Andrea Maschio (5 stelle), interviene al convegno per annunciare che Trento è il primo comune in Italia dove è stata approvata una mozione per lo stanziamento di un finanziamento sulla sperimentazione sui rischi del 5G per salute. «Attraverso un emendamento al bilancio abbiamo creato una quota economica per lo studio scientifico: il comune stanzierà 30.000 euro in due anni, 0,255 centesimi ad abitante. Ovvio che lo studio costerebbe più di 2 milioni di euro ma se ogni comune si attivasse con le stesse cifre procapite avremmo il primo studio italiano e indipendente».

Oggi, tra delibere, determine e ordinanze sindacali 76 comuni hanno preso ufficialmente posizione cautelative e di contrasto netto per la tutela salute ma il numero è destinato a crescere. Inoltre, aumentano i cittadini che attraverso petizioni e diffide ai propri sindaci e ai ministri cercano di sensibilizzare i propri concittadini. Così anche fuori dall’Italia. Già un anno e mezzo fa 300 sindaci negli USA fecero una maxi denuncia alla Commissione Federale delle Comunicazioni bloccando l’installazione delle antenne nei propri comuni. Molto atteso l’intervento dell’avvocato Stefano Bertone dello studio legale torinese Ambrosio&Commodo. Esperto di cause civili e contenziosi in questa materia, collabora da anni con associazioni come la A.P.P.L.E di Padova (Associazione Per la Prevenzione e la lotta all’Elettrosmog) e con il professor Levis, già cattedratico di Mutagenesi Ambientale all’Università di Padova, un luminare riconosciuto a livello internazionale.

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«Noi applichiamo nei processi, già da 10 anni, le evidenze scientifiche che l’esposizione alle radiazioni del 3G e 4G sono collegate ai tumori cerebrali e ad altre manifestazioni cliniche. Tante cause sono state vinte anche se non ancora in via definitiva perché impugnate; l’iter è lungo». Continua l’avvocato: «una causa a Firenze è stata vinta proprio dall’attuale ministro Bonafede che quindi è bene informato in materia».

Ma cosa possono fare i comuni e le amministrazioni? «Lo stato definisce i parametri ma i comuni hanno il dovere di minimizzare le esposizioni tenendo conto dell’agente fisico; si può chiedere di bloccarlo sottoponendolo a moratoria perché esistono elementi di possibile rischio non contrastati da prove di innocuità.

Lo stato è in grado di garantire che onde 5G sono innocue per salute pubblica? Se non lo può fare, si assume la responsabilità civile e penale? Si può continuare a dire che sono sicure?

Anche per questioni di ricaduta legale sull’amministrazione pubblica bisogna riconsiderare il significato di servizio pubblico in merito alle comunicazioni e alla connettività che lo stato deve assicurare. Il diritto all’internet delle cose, al controllo a distanza di apparecchi anche medicali, a nuovi servizi fino a che punto può essere spinta? Con quale grado di consenso della collettività? La copertura cumulativa, continuativa e simultanea di raggi che seguono ogni microchip che indosseremo non potrà non investire anche i più esposti, bambini e donne incinte. Vale la pena di ripensare a cosa vuol dire servizio pubblico, quali diritti chiedere, definirne i valori».

Un ulteriore motivo di preoccupazione sono gli scandali PhoneGate negli Usa e in Francia: le aziende produttrici di cellulari hanno dichiarato emissioni, dai dispositivi mobili, molto inferiori a quelle consentite attraverso test di assorbimento che avvenivano ad una distanza dai 25 ai 15 mm dal corpo. Questo ha portato al ritiro di centinaia di migliaia di cellulari.Racconta il dott. Mark Arazi che proprio in questi giorni, in seguito allo scandalo PhoneGate Alert, il governo Francese è stato costretto a rendere pubblici i risultati dei test che incriminavano 9 tipologie di telefonini su 10 studiati, di superare, di molte volte, le soglie di radiazione consentita. Tali documenti sono stati tenuti nascosti per 3 anni e ora il governo ha iniziato ad informare la cittadinanza sull’uso del cellulare.

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Franca Biglio, Sindaco di Marsaglia

Ad esempio mai usare il telefonino a contatto con il corpo! Ogni centimetro in meno dal corpo aumenta esponenzialmente l’indice di assorbimento, quindi neanche in tasca ed è necessario usare sempre auricolari e con i fili e mai il wireless. Wifi da usare il meno possibile, quindi attenzione ai treni ad alta velocità dove per ogni vagone rimbalzano all’interno delle lamiere le radiazioni anche di 100 cellulari contemporaneamente in funzione!

Conclude il convegno l’Onorevole Sara Cunial (Gruppo Misto). In questi anni ha sostenuto i cittadini coinvolti nei diversi conflitti ambientali e a tutela della salute aprendo le “porte del palazzo” e permettendo le conferenze stampa a chi volesse porre questioni di solito inascoltate dalla politica. «Dare voce ai sindaci per il diritto all’autodeterminazione, non solo sul 5G, fa parte di un disegno più ampio per difendersi dalle imposizioni calate dall’alto. Bisogna unirsi per contrastare i continui attacchi; riprendersi il diritto di scegliere come vogliamo vivere. Io vengo da Vicenza devastata dallo scandalo industriale per lo sversamento di PFAS, fino a poco tempo fa sconosciute. Nel 2013, andati all’Istituto Superiore di Sanità con le prime analisi, siamo stati derisi. Tutto in nome del profitto a favore di pochi ma a discapito della salute pubblica. Ormai le armi sono smussate, la società civile e suoi portavoce, i sindaci, gli assessori, i consiglieri sono la speranza per il futuro». Poi cita Primo Levi: “I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere…”.

Per vedere l’intero convegno clicca qui.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2019/11/5g-impegno-sindaci-difesa-salute-pubblica/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

I sindaci della Val di Susa scrivono al governo francese

Quest’opera non s’ha da fare: è in sintesi il messaggio che la Val di Susa manda al governo francese con un documento articolato inviato nei giorni scorsi.«Anche perché, se la Francia dichiarerà di volerla realizzare, la maggioranza dei costi li pagherà l’Italia…» aggiungono dal Piemonte.9729-10503

La Francia svelerà presto il futuro della Lione-Torino. A questo fine la Ministra francese dei Trasporti Elisabeth Borne ha affidato al Conseil d’Orientation des Infrastructures – COI, presieduto da Philippe Duron il compito di “definire entro la fine di gennaio 2018 una strategia sostenibile e una programmazione delle azioni da realizzare nel prossimo decennio”. Questa programmazione indicherà, tra gli altri progetti, il futuro della linea.
In questo contesto il Presidente dell’Unione Montana Valle Susa Sandro Plano ha inviato alcuni giorni fa un articolato documento a Philippe Duron che conferma che “questo progetto avrebbe un impatto fortemente negativo sulla Valle Susa e sul bilancio dello Stato italiano”. Questo atto si è reso necessario «in quanto il COI non ha consultato ufficialmente alcun soggetto italiano favorevole o contrario al progetto Torino-Lione – spiegano dalla Valle Susa – Tra gli altri è stato ascoltato il Presidente di TELT, società mista franco-italiana, che però non ha titolo ad esprimere un parere franco e disinteressato sull’opportunità di realizzare questo progetto, dato che la sua missione è unicamente quella di portare avanti tutti gli atti indicati nelle istruzioni che le sono comunicate dai Governi italiano e francese, come precisato nel suo Statuto di TELT». La decisione dell’Unione Montana della Valle Susa di scrivere direttamente al Governo francese è «un atto politico che rafforza l’unità dell’opposizione alla Torino-Lione». La lettera rende note «al Conseil d’orientation des infrastructures alcune valutazioni economiche e trasportistiche che consigliano di non procedere alla realizzazione del progetto Lyon-Turin, confermate dal gruppo di esperti altamente qualificati che integrano la Commissione tecnica dei Comuni della Valle Susa e di Torino». Il Presidente Plano ricorda che: «Nel primo accordo di Torino 29 gennaio 2001 Francia e Italia avevano saggiamente deciso che il progetto avrebbe dovuto essere realizzato alla saturazione della linea esistente: oggi questa linea, completamente ammodernata è utilizzata al 15%. Allo stato delle conoscenze, la prevedibilità della sua saturazione è impossibile da valutare. Siamo dunque ben lontani dalla necessità di dover iniziare lo scavo del tunnel abbandonando il tunnel esistente.” La Pausa può dunque continuare ancora per molti anni nel rispetto di questa decisione anche perché, al momento attuale, né la Francia né l’Italia sono in grado di rispettare la fondamentale clausola dell’Accordo del 2012 (art. 16) che impone ai due Stati “di mettere a disposizione del progetto tutti i fondi nazionali necessari alla sua completa esecuzione prima di iniziare lo scavo del tunnel”».

Il Presidente Plano ha inoltre richiesto che “una nuova analisi socio-economica europea sia realizzata per confermare l’inutilità della nuova relazione ferroviaria”. Nel documento si afferma inoltre che: “Le nostre analisi indicano che i costi di gestione del nuovo tunnel saranno moto elevati e prevediamo che, a causa della concorrenza dei tunnel di base realizzati dalla Svizzera, il gestore TELT dovrà ricevere delle importanti sovvenzioni dall’Italia e dalla Francia per evitare il fallimento”. Circa i costi del tunnel, sono in gran parte a carico del bilancio italiano. «L’Accordo di Roma del 30 gennaio 2012 (art.18) ha infatti previsto l’iniqua ripartizione del costo, per ora previsto in 8,6 miliardi di euro: al netto del contributo europeo del 40%, le quote nazionali italiana e francese ammontano a 5,16 miliardi» aggiungono dalla Valle Susa.
L’Italia dovrebbe pagare ben il 58% di questa fattura. E, data la prevalente collocazione del tunnel nel territorio francese (45 km in Francia contro i 12 km in Italia), ogni chilometro italiano del tunnel costerebbe 245 milioni di euro, mentre ogni chilometro francese solo 48 milioni. Il Presidente Plano ha affermato che “gli accordi sono modificabili alla luce di nuove e più approfondite valutazioni economiche e stime dettagliate dei traffici” e ha auspicato che “la riflessione del Conseil d’orientation des infrastructures non si basi unicamente sulle pregresse decisioni contenute negli accordi internazionali tra Francia e Italia”. Nel documento viene ricordato al Presidente Duron che l’opposizione dei cittadini italiani a questo faraonico progetto è iniziata nel 1989 e prosegue senza sosta nonostante il dispiegamento da parte dello Stato italiano di un dispositivo di controllo militare del territorio mai visto nella storia italiana dal dopo guerra ad oggi. L’opposizione alla Torino-Lione è politicamente sostenuta dalle amministrazioni della maggioranza dei Comuni della Valle Susa e della Città di Torino, non ostante quanto affermato dai media, dal Presidente dell’Osservatorio tecnico e dal Commissario straordinario del Governo italiano. In conclusione il Presidente Plano informa il Governo francese che l’Italia ha unilateralmente modificato l’Accordo del 2012 (art. 4), che stabiliva che il progetto dovrebbe essere realizzato in fasi funzionali, introducendo nella legge di ratifica di questo accordo il principio dei “lotti costruttivi” che permetterà all’Italia di non dovere assicurare il finanziamento integrale del progetto attraverso una legge pluriennale, rendendo così indeterminata la data di completamento dei lavori (si vede in questa decisione la ripetizione della Salerno Reggio Calabria).

Ecco il testo inviato a Duron.

Bussoleno, 4 gennaio 2018
Egregio Signor Philippe DURON
Presidente del Conseil d’Orientation des Infrastructures
Ministère de la transition écologique et solidaire
244 Boulevard Saint-Germain
75007 PARIS
Oggetto: Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione: parte comune franco-italiana
Egregio Presidente,
L’Unione Montana Valle Susa (Italia)[1] è l’associazione dei Comuni della Bassa Valle Susa, un territorio che inizia a circa 15 chilometri da Torino e confina ad ovest con la Francia.
L’Unione Montana Valle Susa ha preso atto e apprezza il buon senso della decisione del Governo francese di “fare una pausa” sul progetto ferroviario Torino-Lione e in particolare sul nuovo tunnel transfrontaliero. Consideriamo che questo progetto avrebbe un impatto fortemente negativo sulla Valle Susa e sul bilancio dello Stato italiano.
Il Conseil d’Orientation des Infrastructures, del quale Lei è Presidente, consegnerà alla fine di gennaio 2018 il risultato della sua riflessione e delle sue proposte per una pianificazione degli investimenti francesi in materia di trasporti e in particolare le su raccomandazioni sul progetto Torino-Lione per la sezione transfrontaliera e gli “accessi” della parte francese.
A tale scopo, le Conseil d’Orientation des Infrastructures ha svolto l’audizione di oltre cinquanta persone e organizzazioni francesi. Data la natura internazionale di questo collegamento, queste proposte avranno conseguenze dirette per la parte italiana del progetto.
Desideriamo contribuire alla riflessione in corso e portare alla vostra attenzione alcuni elementi di analisi.
Auspichiamo che la riflessione del Conseil d’orientation des infrastructures non si basi unicamente sulle pregresse decisioni contenute negli accordi internazionali tra Francia e Italia.
Crediamo che gli accordi siano modificabili alla luce di nuove e più approfondite valutazioni economiche e stime dettagliate dei traffici.
Avete audito[2] il Presidente di TELT, Promotore Pubblico responsabile della realizzazione e della gestione della sezione transfrontaliera della futura linea ferroviaria merci e passeggeri Torino-Lione. Crediamo che TELT non abbia titolo ad esprimere un parere franco e disinteressato sull’opportunità di realizzare questo progetto. In effetti la sua missione è unicamente quella di portare avanti tutti gli atti indicati nelle istruzioni che le sono comunicate dai Governi italiano e francese, ai sensi dell’articolo 2 dello Statuto di TELT.[3]
L’opposizione dei cittadini e degli eletti
L’opposizione dei cittadini italiani a questo faraonico progetto è iniziata nel 1989 e da allora prosegue senza sosta, nonostante il dispiegamento da parte dello Stato italiano di un dispositivo di controllo militare del territorio mai visto nella storia italiana dal dopo guerra ad oggi.
L’opposizione alla Torino-Lione è politicamente sostenuta dalle amministrazioni della maggioranza dei Comuni della Valle Susa e della Città di Torino, non ostante quanto affermato dai media e dal Presidente dell’Osservatorio tecnico e Commissario straordinario del Governo italiano.
Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione europea, dai media, dai rappresentanti della Commissione Intergovernativa franco italiana, dalla Transalpine, Presidente dell’Osservatorio tecnico, dal Commissario governativo italiano e da TELT, l’opposizione pacifica e non violenta dei cittadini e dei loro eletti è stata in questi anni tanto efficace da ritardare le attività di LTF/TELT al punto che solo gli studi e i lavori di carattere geognostico sono stati parzialmente terminate quest’anno a 17 anni dal primo Accordo di Torino.
Ricordiamo che le previsioni ufficiali fatte al momento della firma del primo accordo del 2001 affermavano che il tunnel sarebbe stato aperto al traffico ferroviario nel 2012.
La nostra valutazione
Da molti anni analizziamo questo progetto con professionalità e lo conosciamo in modo approfondito.
Abbiamo inoltre chiesto al gruppo di esperti altamente qualificati che compone la Commissione Tecnica [4] dei Comuni della Valle Susa e di Torino di validare la nostra opposizione con valutazioni economiche e trasportistiche.
Desideriamo di conseguenza rendere noti in modo sintetico al Conseil d’orientation des infrastructures alcuni elementi della nostra expertise che consigliano di non procedere alla realizzazione del progetto Lyon-Turin.
Inutilità del progetto
Per ciò che concerne l’ambiente, siamo convinti che la linea ferroviaria esistente ha la capacità di permettere da subito il riporto modale su questa direttrice così contribuendo alla riduzione dei gas ad effetto serra.
Il bilancio tra l’ipotetica diminuzione dei gas a effetto serra nell’esercizio della nuova linea ferroviaria e le emissioni dei cantieri per la sua costruzione è previsto nella migliore delle ipotesi molto oltre l’anno 2058.[5]
La linea esistente, totalmente rinnovata con un investimento di più di €400 milioni, ha una capacità di oltre 20 milioni di tonnellate ossia di più di sei volte la domanda di traffico attuale, mentre secondo l’Osservatorio Tecnico presso il Governo italiano la sua capacità può arrivare fino a 32 milioni di tonnellate.[6].
Il tempo di percorrenza tra Parigi e Milano può essere effettuato in 5 ore e 15’, utilizzando la linea esistente. Mentre il tempo di 4 ore presentato da TELT è calcolato da Parigi a Milano senza effettuare alcuna fermata.
Auspichiamo che una nuova analisi socio-economica europea sia realizzata per confermare l’inutilità della nuova relazione ferroviaria.
Circa la qualità del servizio e l’efficienza, il progetto non contribuisce alla riduzione della congestione dei nodi ferroviari, e i colli di bottiglia (circonvallazione di Lione, Chambéry e Torino) sono molto distanti dal tunnel transfrontaliero.
Le nostre analisi indicano che i costi di gestione del nuovo tunnel saranno moto elevati e prevediamo che, a causa della concorrenza dei tunnel di base realizzati dalla Svizzera, il gestore TELT dovrà ricevere delle importanti sovvenzioni dall’Italia e dalla Francia per evitare il fallimento, come è stato il caso dell’impresa incaricata di gestire il tunnel Figueras-Perpignan[7], di fronte ad un traffico insufficiente.
L’Unione Europea assegna la priorità dei suoi finanziamenti a progetti che hanno “un valore aggiunto europeo e vantaggi significativi per la società e non riceve un finanziamento adeguato dal mercato”.[8] [9]
Questi criteri sono assenti dal progetto di Torino Lione. Il nuovo tunnel sostituirà quello esistente, quindi non crea un collegamento mancante. Il collegamento non elimina i colli di bottiglia della circonvallazione settentrionale di Lione e di Torino e non aumenta l’interoperabilità ferroviaria già attiva sulla linea esistente.
L’Analisi Costi Benefici del progetto mostra un risultato molto debolmente positivo attraverso l’introduzione di elementi di costo fuorvianti (incidentalità dei mezzi pesanti) ed è stata realizzata prima dell’accordo per il primo finanziamento europeo quando avrebbe dovuto essere realizzata prima della domanda del finanziamento.
Inoltre si tratta di un’analisi non affidabile in quanto è stata eseguita da Oliviero Baccelli, docente non accademico della Bocconi, che è membro del Consiglio di Amministrazione di TELT e ha quindi un conflitto di interessi nello svolgimento di questa perizia.[10]
Il finanziamento europeo in corso scade nel 2019 ed è relativo ad una limitata porzione dei lavori sulla parte comune franco-italiana della sezione internazionale.
Gli impegni di Francia e Italia
Desideriamo ricordare alcuni degli impegni sottoscritti da Francia e Italia e una modifica unilaterale dell’Italia che non permettono la realizzabilità del progetto.
Nel primo accordo del 2001[11] Francia e Italia avevano saggiamente deciso che il progetto avrebbe dovuto essere realizzato alla saturazione della linea esistente: oggi questa linea, completamente ammodernata con un investimento italiano e francese di circa €400 milioni è utilizzata al 15%. Allo stato delle conoscenze, la prevedibilità della sua saturazione è impossibile da valutare. Siamo dunque ben lontani dalla necessità di dover iniziare lo scavo del tunnel abbandonando il tunnel esistente.
La Pausa può dunque continuare ancora per molti anni nel rispetto di questa decisione.
Con il secondo accordo del 2012[12] Francia e Italia, – vista i ritardi nella realizzazione dell’opera e al fine di rendere la sua esecuzione certa e celere, si erano accordate attraverso l’art. 16 di mettere a disposizione del progetto tutti i fondi nazionali necessari alla sua completa esecuzione prima di iniziare lo scavo del tunnel.
I finanziamenti francese e italiano per l’insieme dei lavori definitivi del tunnel non sono attualmente disponibili.
Allo stato, Francia e Italia non rispettano questa clausola fondamentale. In attesa della Legge sull’orientamento delle mobilità, TELT non dovrebbe essere autorizzata di impegnare i lavori definitivi sui cantieri in Francia e in Italia.
Allo stesso tempo Francia e Italia si sono impegnate a non richiedere all’Unione europea fondi supplementari oltre al costo certificato (art. 18 dell’acordo del 2012) e l’Unione europea non ha stanziato fondi per attività che dovessero essere realizzate oltre il 2019. Il finanziamento europeo presuppone che la Francia sia in grado di finanziare la sua parte.
Il progetto dovrebbe essere realizzato in diverse fasi funzionali, come dettagliatamente indicato nell’art. 4 dell’accordo del 2012[13]. Ma l’Italia ha modificato unilateralmente questa modalità di realizzazione dei lavori introducendo il concetto di lotti costruttivi nella Legge di Ratifica[14] dell’accordo del 2015[15], che permetterà all’Italia di non dovere assicurare il finanziamento integrale del progetto attraverso una legge pluriennale, rendendo così indeterminata la data di completamento dei lavori.
Augurandoci che il nostro contributo sia considerato nella vostra riflessione, vi preghiamo di accettare, Signor Presidente e egregi membri del Conseil d’orientation des infrastructures, l’espressione della nostra più alta considerazione.
ing. Sandro Plano
Presidente
Unione Montana Valle Susa
[1] http://www.unionemontanavallesusa.it/
[2] Hubert du Mesnil, Presidente di TELT, audito il 22 novembre 2017
[3] Statuto di TELT http://www.telt-sas.com/wp-content/uploads/2016/11/Statuts-TELT_010716.pdf
[4] Scienziati, professori universitari e tecnici che prestano la loro attività a titolo gratuito.
[5] Impatto ambien­tale della Nuova Linea Fer­ro­via­ria Torino-Lione M. Cle­rico, L. Giunti, L. Mercalli, M. Ponti, A. Tar­ta­glia, S. Ulgiati, M. Zuc­chetti (2014) http://www.notav.info/post/impatto-ambientale-della-nuova-linea-torino-lione-3/
[6] http://www.ambientevalsusa.it/PresentTartagliaTAV-01-12-07.pdf
http://presidenza.governo.it/osservatorio_torino_lione/quaderni/Quaderno1.pdf

[7] https://www.lesechos.fr/16/09/2016/LesEchos/22278-076-ECH_tgv—Perpignan–Figueras–une-ligne-en-faillite.htm#
[8] Art. 3 del Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013
[9] Art. 4 del Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013
[10] http://www.gruppoclas.com/it/news_dett.asp?cat=notiz&id=436
[11] Accordo di Torino 29.1.2001, it Articolo 1. Objet Les Gouvernements français et italien s’engagent par le présent accord à construire ou à faire construire les ouvrages de la partie commune franco-italienne, nécessaires à la réalisation d’une nouvelle liaison ferroviaire mixte marchandises-voyageurs entre Lyon et Turin et dont la mise en service devrait intervenir à la date de saturation des ouvrages existants.
[12] Accordo di Roma 30 gennaio 2012. Articolo 16 – Principes Le présent titre a pour but de préciser les modalités de financement entre les Parties des prestations réalisées pendant la construction des ouvrages définitifs de la partie commune franco-italienne. La disponibilité du financement sera un préalable au lancement des travaux des différentes phases de la partie commune franco-italienne de la section internationale. Les Parties solliciteront l’Union européenne pour obtenir une subvention au taux maximum possible pour ces réalisations.
[13] Accordo di Roma 30 gennaio 2012. Articolo 4 – La Partie commune franco-italienne de la nouvelle liaison ferroviaire Lyon-Turin est composée, suivant le plan figurant en annexe 1 au présent Accord (cette annexe faisant partie intégrante du présent Accord) : a) en France, d’une section de 33 kilomètres environ franchissant le massif de Belledonne et comprenant les tunnels à double tube de Belledonne et du Glandon ; b) d’un tunnel à double tube de 57 kilomètres environ entre Saint-Jean-de-Maurienne, en France, et Suse – Bussoleno, en Italie, creusé dans les Alpes, sur les territoires français et italien et incluant trois sites de sécurité à La Praz, Modane et Clarea ; c) d’une section à l’air libre d’environ 3 kilomètres en territoire italien à Suse ; d) d’un tunnel à double tube d’environ 19,5 kilomètres situé sur le territoire italien entre Suse et Chiusa San Michele ; e) en France et en Italie, des ouvrages de raccordement à la ligne historique ; f) ainsi que des ouvrages annexes (gares, installations électriques, etc.) nécessaires à l’exploitation ferroviaire et de ceux dont les Parties conviendraient ultérieurement qu’ils doivent être inclus dans cette partie commune franco-italienne. Ces ouvrages seront réalisés en plusieurs phases fonctionnelles.
[14] Legge 5 gennaio 2017 n. 1 (cfr. Art. 3) : Ratificazione dell’Accordo di Parigi 2015, Protocollo addizionale firmato a Venezia l’8 marzo 2016, Regolamento dei contratti adottato a Torino il 7 giugno 2016.
[15] Accordo di Parigi 24 febbraio 2015

Fonte: ilcambiamento.it

 

 

Clima ed energia: Roma fa sul serio

Lo scorso 14 novembre l’Assemblea Capitolina ha approvato l’adesione di Roma al Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia, la principale iniziativa a livello europeo che coinvolge le città nella lotta al cambiamento climatico.9696-10471

Dopo un passaggio in Giunta Comunale (memoria numero 62 del 9 ottobre) e l’approvazione in Commissione Ambiente (3 novembre), l’atto è stato sancito ufficialmente dall’Assemblea Capitolina, terminando quindi il suo iter procedurale. Ora ci si concentrerà nella redazione del Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC), lo strumento operativo che dovrà dimostrare, in pratica, come la città di Roma intende raggiungere gli obiettivi che si è prefissata con l’adesione al Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia e ben sapendo che l’obiettivo minimo da raggiungere è una riduzione del 40% delle emissioni di gas climalteranti sul territorio della città entro il 2030. Oltre alla riduzione delle emissioni (mitigazione), il PAESC dovrà contenere anche una valutazione preliminare di resilienza, propedeutica ad una vera e propria Strategia per l’Adattamento. La Commissione Europea concede due anni dalla data di adesione, quindi Roma dovrà presentare il proprio PAESC entro il 14 novembre 2019. Ricordiamo che Roma aveva già aderito al Patto dei Sindaci nel 2009 e il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) che fu adottato nel 2013, in realtà non fu mai attuato e le azioni in esso contenute furono presto dimenticate. Le Amministrazioni che si sono succedute tra il 2009 e il 2015, evidentemente, non hanno creduto nell’importanza di questo percorso. La Giunta Raggi, presa visione della situazione e del ritardo accumulato dalle precedenti Amministrazioni, ha deciso di proporre la revoca del precedente PAES, consapevole che ciò che non fu fatto in 10-12 anni non avrebbe potuto farsi in 3-4 (tanti ne rimanevano al 2020, orizzonte temporale per il PAES). La revoca è stata necessaria anche per un’altra ragione, prettamente politica, è cioè il fatto che il precedente PAES non rispondeva alla visione di città sostenibile che la nuova Amministrazione intendeva portare avanti. Nel nuovo PAESC, che ha un orizzonte temporale al 2030 in quanto si riferisce alle città che hanno aderito al Patto dei Sindaci dopo il 2015, confluiranno le visioni e le strategie settoriali già in atto con la nuova Amministrazione, a cominciare dal Piano per la gestione dei Materiali Post-Consumo (PMPC) che sarà di supporto al fine di calcolare la riduzione delle emissioni, con la nuova politica, nell’ambito del ciclo dei rifiuti; tema quello dei rifiuti che era stato escluso nel precedente PAES. Inoltre, il Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile (PUMS) che contribuirà nel PAESC per quanto riguarda il settore dei trasporti e un pacchetto di azioni sono state già identificate. Ancora, le Linee di indirizzo per Smart City che daranno un contributo importante al PAESC al fine di rendere la nostra città più vivibile e inclusiva. Questi e altri piani di settore strategici comporranno il PAESC che darà una fotografia omogenea e olistica della città al 2030, ma partendo da adesso, con azioni che sono già in campo. Ridurre le emissioni di gas climalteranti significa risparmiare energia, soprattutto quella da fonte fossile. Risparmiare energia significa liberare risorse economiche che possono essere utilizzate per altri scopi. Le azioni che saranno inserite nei Piani settoriali e, in ultima analisi, nel PAESC, saranno azioni credibili e fattibili, con un piano economico-finanziario ben delineato. La sfida è enorme, Roma ha una superficie che è dieci volte Parigi e diversi Municipi sono più grandi e popolati di città come Genova, Reggio Emilia e tante altre città italiane. Per questo si lavorerà tutti insieme: Roma Capitale, Municipi, Cittadini, Associazioni di categoria ed imprese con un unico obiettivo: rendere Roma una città sostenibile e resiliente.

 

Fonte: ilcambiamento.it

Patto dei Sindaci: PAES collettivo per 12 piccoli comuni del Veneto

Le 12 amministrazioni hanno aderito al Patto dei Sindaci, elaborando il primo PAES d’area del Veneto. Promosso dall’IPA, sostenuto dalla Camera di Commercio e realizzato con il Consorzio per lo Sviluppo della Bioedilizia, il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile programma gli interventi di efficientamento energetico dell’intero territorio377902

Porta la firma di 12 sindaci della Pedemontana del Grappa l’importante convenzione che segna l’avvio del primo PAES territoriale del Veneto. Firmando insieme il Patto dei Sindaci, le amministrazioni si sono impegnate a realizzare il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile in forma aggregata, segnando un’innovazione di sistema che coinvolge Borso del Grappa, Castelcucco, Cavaso del Tomba, Crespano del Grappa, Fonte, Maser, Monfumo, Mussolente, Paderno del Grappa, Pederobba, Possagno e San Zenone degli Ezzelini, in qualità di capofila. I primi cittadini hanno scelto di superare i confini comunali e pianificare in modo condiviso gli interventi destinati all’efficientamento energetico e alla lotta ai cambiamenti climatici. Per realizzare il PAES d’area sarà effettuata una mappatura delle emissioni di CO2 e dei consumi energetici utile a definire e programmare gli interventi relativi alla gestione delle fonti energetiche, ma anche all’edilizia, alla mobilità, alla pianificazione urbana, alle tecnologie di informazione e comunicazione, agli appalti pubblici. L’obiettivo finale è molto concreto: con il Patto dei Sindaci, stipulato direttamente con l’Europa, i primi cittadini si impegnano a ridurre le emissioni e i consumi energetici, ad aumentare l’uso delle rinnovabili di oltre il 20% entro il 2020.
Nonostante l’ampio spettro di soggetti coinvolti e la novità della proposta, l’intesa è stata raggiunta in pochi mesi, a seguito di un proficuo confronto tra i sindaci che hanno deciso di aprirsi a questa sfida. A promuovere l’aggregazione, l’Intesa Programmatica d’area della Pedemontana del Grappa e dell’Asolano, ente di concertazione e programmazione dello sviluppo territoriale, di cui tutti i Comuni fanno parte. Fra le novità della visione di sviluppo indicata dal PAES, anche la partecipazione attiva dei privati. “Le scelte strategiche per lo sviluppo del territorio non possono che essere definite su orizzonti condivisi e in piena collaborazione con i privati, imprese e cittadini – dichiara Italo Bosa, presidente del Tavolo di Coordinamento dell’IPA – Questo percorso ha l’obiettivo di coordinare la programmazione degli interventi, facilitare l’acquisizione dei finanziamenti per la loro realizzazione e incidere direttamente sulla gestione efficiente delle risorse”.  L’IPA ha investito 10.000 euro per la realizzazione del PAES e la Camera di Commercio ha garantito un contributo di ulteriori 10.000 euro, a sostegno di tutte le amministrazioni comunali che partecipano direttamente in quota parte. Il budget complessivo del Piano, quasi 90.000 euro, è destinato alla rilevazione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 nel territorio, alla gestione del percorso di partecipazione con stakeholder e cittadini per la concertazione delle priorità su cui agire, fino alla definizione del piano di interventi e all’attività di accompagnamento delle amministrazioni per la verifica di accessibilità ai fondi europei. San Zenone degli Ezzelini è il comune capofila e a nome di tutti, il sindaco Luigi Mazzaro ribadisce la scelta improrogabile dell’aggregazione. “L’area dei 12 comuni che rappresentiamo ospita oltre 55.000 abitanti ed un sistema produttivo importante. Ai cittadini e alle imprese dobbiamo garantire risposte qualificate. Le ricadute del PAES saranno significative e di lungo raggio: da qui al 2020 il piano è destinato a mobilitare investimenti pubblici e privati nel territorio”. “Si tratta di un’iniziativa – spiega il presidente della Camera di Commercio di Treviso Nicola Tognana – che deve rappresentare un modello anche per altre realtà del nostro territorio e non solo: un’esperienza che ci insegna a “fare sistema”. Unire insieme le forze e le energie di diversi enti pubblici, ma anche del tessuto imprenditoriale e sociale, è la strada maestra per uscire dalla crisi”. Il Consorzio per lo Sviluppo della Bioedilizia è il partner tecnico del Piano, mentre la Regione Veneto è stata identificata come ente di supporto nei rapporti con l’Europa. “L’adesione al Patto dei Sindaci mette il territorio nelle condizioni di accedere ai fondi che incentivano un percorso di efficientamento oramai obbligato – afferma Michele Noal, presidente del Consorzio – da sempre ci impegniamo perché questo processo di innovazione sia una occasione di lavoro e di crescita di competenze per le nostre aziende.”  Il coinvolgimento dei cittadini, delle imprese e delle categorie economiche e sociali verrà realizzato attraverso un percorso partecipativo che prevede incontri di informazione e sensibilizzazione, per arrivare alla definizione condivisa delle scelte strategiche da adottare e quindi degli interventi da inserire nel Piano. Con il PAES d’area realizzato dai 12 comuni, che verrà integrato con quello già adottato dal Comune di Asolo, si consolida il percorso di innovazione del sistema produttivo e sociale dell’area, già imboccato dai sindaci dell’IPA, nella comune convinzione che la sfida dello sviluppo sostenibile possa essere affrontata solo accettando di superare la logica dei campanili.

Fonte: ecodallecittà

Mille sindaci a spreco zero, forum europeo degli amministratori locali

Dove: Padova, Teatro Verdigreenweek

 “MILLE SINDACI A SPRECO ZERO”, il Forum europeo degli amministratori locali impegnati nella riduzione degli sprechi alimentari ed energetici. Il Forum, promosso da Last Minute Market e Nordesteuropa Editore, in collaborazione con il Comune di Padova ed il Comune di Trieste, costituirà l’evento di inaugurazione della Green Week delle Venezie

Il 20 maggio 2013 si terrà a Padova, presso il Teatro Verdi “MILLE SINDACI A SPRECO ZERO”, il Forum europeo degli amministratori locali impegnati nella riduzione degli sprechi alimentari ed energetici. Il Forum, promosso da Last Minute Market e Nordesteuropa Editore, in collaborazione con il Comune di Padova ed il Comune di Trieste, costituirà l’evento di inaugurazione della Green Week delle Venezie, una manifestazione dedicata ai temi dello sviluppo sostenibile e alla green economy che si svolgerà in contemporanea in diversi comuni del Nordest dal 20 al 26 maggio 2013. L’appuntamento di Padova sarà tappa centrale della campagna europea Un anno contro lo spreco 2013, dedicata a Spreco Zero, promossa da Last Minute Market, spin-off accademico dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, per la direzione scientifica del prof. Andrea Segrè, direttore del Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna. Le iniziative della campagna europea ruoteranno per questa edizione 2013 intorno alla Carta Spreco Zero, presentata in occasione dell’anteprima delle Giornate contro lo Spreco 2012 a Trieste Next – Salone Europeo della Ricerca Scientifica. Sarà anche l’occasione per presentare il progetto internazionale Fusions, nato in seno alla Commissione Europea, dedicato alla lotta contro gli sprechi alimentari e rappresentato, per l’Italia, da Last Minute Market e dall’Università di Bologna. “MILLE SINDACI A SPRECO ZERO”, evento di portata internazionale, vedrà l’intervento di istituzioni pubbliche, private ed aziende attualmente impegnate nella riduzione degli sprechi energetici ed alimentari e costituirà un momento di dibattito e di scambio di best practices sul tema ed occasione per persuadere nuove pubbliche amministrazioni locali- italiane ed europee- a firmare la Carta Spreco Zero. Infohttp://www.veneziegreen.it/

Fonte. Eco dalle città