Accordo USA-UE sui dazi: importeremo soia OGM e shale gas dall’America?

Firmato ieri l’accordo tra Donald Trump e Jean-Claude Juncker per mettere fine alla guerra dei dazi, tra le conseguenze c’è la promessa dell’UE di importare più soia dagli USA.http _media.ecoblog.it_e_eb0_accordo-usa-ue-sui-dazi-auto-2

Raggiunto ieri l’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea che apre la strada alla pace commerciale tra le due aree economiche, che negli ultimi mesi si erano sfidate a suon di dazi e contro dazi. Dopo l’incontro tra il presidente USA Donald Trump e quello della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, infatti, è stata rilasciata una dichiarazione comune. In tale dichiarazione si legge che USA e UE si impegnano ad abbattere la gran parte delle barriere, sia tariffarie che non tariffarie, al commercio di tutti i prodotti industriali non rientranti nel settore delle automobili e dei componenti per automobili. Nella stessa dichiarazione si legge anche che l’Europa si impegna a comprare più semi di soia e più gas naturale dagli Stati Uniti.

Questa dichiarazione ha suscitato non poche perplessità in Europa, per due motivi. Il primo è che gran parte del gas naturale americano viene estratto con la ben nota tecnica del fracking, che devasta il sottosuolo in cerca del cosiddetto “shale gas“. Il problema, però, è più per gli americani che per gli europei. Diversa è la questione per quanto riguarda il secondo dei prodotti americani, i semi di soia. La perplessità degli europei sta nel fatto che quasi il 100% della soia prodotta negli USA è OGM. Di conseguenza Trump ha detto che la delegazione europea venuta a Washington per trattare la fine della guerra commerciale ha promesso di comprare soia OGM. Prima di gridare allo scandalo, però, è necessario vedere come stanno realmente le cose. Per quanto riguarda la soia ce le spiega Paul Donovan, economista di UBS, società svizzera di servizi finanziari con sede a Basilea e Zurigo:

Juncker wince nell’arte dell’accordo. Trump fa un passo indietro sulle minacce di tassare i consumatori auto americani. La UE è d’accordo a parlare (l’UE ama parlare). Le forze del mercato guidano le importazioni UE di soia, qualunque cosa Trump possa dire su Twitter.

L’Unione Europea, quindi, non può aumentare o ridurre gli acquisti di soia OGM americana.

Un concetto ribadito da Donovan anche sul suo blog: “Il presidente USA ha twittato che i dirigenti UE compreranno più semi di soia. I dirigenti UE non possono farlo. Gli Stati Uniti sono già il più grande esportatore di semi di soia in UE. Non ci sono sussidi, dazi o quote sui semi di soia in UE. I privati contadini decidono se comprare o meno più semi di soia“.

Le importazioni di soia dagli USA alla UE oggi ammontano a 4-6 milioni di tonnellate l’anno, come confermano sia i dati (tabella qui sotto) dell’USSEC (U.S. Soybean Export Council, organo che fa lobby per conto dei produttori americani di semi di soia, riconosciuto dall’Unione Europea) che quelli del Foreign Agricultural Service del Dipartimento dell’Agricoltura del Governo americano.http _media.ecoblog.it_b_bee_importazioni-di-soia-ogm-usa-in-europa-dati-ussec

Ma gli OGM non erano vietati (o comunque molto ristretti) in Unione Europea? Com’è possibile che ogni anno importiamo milioni di tonnellate di semi di soia palesemente OGM dagli Stati Uniti?

E’ più che possibile, visto che l’Europa permette l’ingresso di prodotti agricoli geneticamente modificati purché non siano destinati alla semina. In Europa, salvo rarissime eccezioni, è vietato solo seminare OGM e la grandissima parte della soia OGM che importiamo dagli Stati Uniti serve ad alimentare il bestiame allevato in territorio UE. Fino al dicembre scorso, ad esempio, l’Unione Europea ha confermato per altri dieci anni l’autorizzazione alla commercializzazione di sei prodotti agricoli OGM per mangimi e alimenti non destinati alla coltivazione: quattro tipi di soia, un tipo di colza e un tipo di mais. Con l’accordo sui semi di soia (che alla fine non è nulla di nuovo, come abbiamo visto) con l’Europa di Juncker il presidente Trump spera di tenere a bada i coltivatori americani di soia OGM che, recentemente, hanno dovuto subire la decisione della Cina di chiudere alle importazioni di soia americana come ritorsione, ancora una volta, ai dazi imposti da Trump su alcuni prodotti cinesi.

Fonte: ecoblog.it

Il Nobel Rubbia dice:”Rinnovabili troppo costose, meglio gli idrati di metano”

In Commissione ambiente il Nobel Carlo Rubbia ha spiegato come funzionano i cambiamenti climatici e perché secondo lui le rinnovabili sono ancora poco competitive. Avanza però una proposta sugli idrati di metano.

Carlo Rubbia, Nobel per la Fisica e Senatore, in audizione in Commissioni riunite Esteri e Ambiente di Camera e Senato su cambiamenti climatici e questione energetica, spiega che il clima sulla Terra è sempre cambiato e che non c’è da meravigliarsi. Aggiunge che per avere tutta l’energia di cui necessitiamo possiamo iniziare a sfruttare il metano. Il filmato dura appena 8 minuti e vale la pena di ascoltarlo dall’inizio sino alla fine perché smantella completamente la questione cambiamenti climatici e energie rinnovabili. In rete si hanno già le prime reazioni, innescate dal video di risposta di Carlo Martelli per il Movimento 5 stelle che però purtroppo dice che Rubbia è a favore dello shale gas, mentre nel filmato si sente una versione completamente diversa.

Le energie rinnovabili sono in una situazione estremamente difficile. Il gas naturale costa in America un quinto delle rinnovabili. Il gas naturale senza emissioni di CO2 si può ottenere prendendo le 4 parti di idrogeno e trasformando la parte carbone in grafite. Ci sono risorse assolutamente incredibili e non tanto dallo shale gas che è una soluzione a mio parere discutibile ma quanto dai clatrati.

Dunque Rubbia non è a favore del fracking per l’estrazione di shale gas e lo dice chiaramente ma punta a altro. Tant’è che chiede ai presenti, in quanti conoscano i clatrati. Ovviamente nessuno. Gli idrati di metano o clatrati sono un po’ la bestia nera dei climatologi. Ne scriveva qualche tempo fa Petrolio, spiegando come questa immensa riserva di gas metano giace dormiente sotto il fondo degli Oceani. Ci auguriamo che resti li poiché se mai tutto questo metano dovesse venir fuori. Giusto per spiegare bene la loro pericolosità c’è da dire che sembra siano stati causa dell’estinzione del Permiano. Commenta Giuseppe Onufrio direttore di Greenpeace Italia:

Sul clima dice una cosa incompleta: nel quinto rapporto si tratta anche il bilancio termico degli oceani che spiega il motivo per cui le temperature superficiali sono rimaste stabili o in leggero decremento; sullo shale gas non dice nulla sulle effettive riserve estraibili, ma dice che la tecnologia è discutibile; sui clatrati (idrati di metano) di cui ci sono ampie riserve nel fondo degli oceani, non si riesce ancora a estrarli per quanto ne so, in quando molecole instabili. Sono certo che il loro sfruttamento industriale non è ancora ritenuto fattibile. Come poi Rubbia pensi di usarlo a emissioni zero producendo grafite non l’ha detto, né se questo può farlo col metano ordinario.

Precisa Onufrio sui cambiamenti climatici a proposito dei dataset disponibili:

Il loro modello mostra che, alla superficie di continenti e mari, il tasso di riscaldamento è rallentato (ma non fermato, come riferito da Elena Dusi) da un maggior assorbimento di calore/energia nei primi 700 metri da parte degli oceani.

Noi vi raccontavamo lo scorso anno degli esperimenti del Giappone alla ricerca del metano offshore, ovvero dei clatrati e di come ENI, multinazionale nota per non essere esattamente dalla parte degli ambientalisti scrivesse:

Quello che è necessario evitare è che lo sfruttamento possa avvenire in modo irresponsabile: la liberazione di grandi quantità di metano potrebbe causare un aumento dell’effetto serra e, di conseguenza, un riscaldamento degli oceani. Inoltre i sedimenti delle scarpate continentali, in assenza di idrati, sarebbero costituiti da materiali incoerenti e instabili.1984 Nobel Prize Laureate in Physics Car

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Shale gas e trivellazioni tra gli 8 punti di Romano Prodi per la rinascita industriale

Romano Prodi propone tra gli 8 punti per riavviare l’industria l’uso dello shale gas e le trivellazioni per l’estrazione di petrolio lasciandosi alle spalle la turbofinanza. Ma forse l’industria che propone Prodi già non esiste più. Romano Prodi interviene in merito al rilancio dell’industria proponendo 8 punti che sono totalmente condivisi dal premier Matteo Renzi. Sono proposte, o meglio dire la lista degli interventi, affinché l’Italia si lasci alle spalle le crisi della turbofinanza e riprenda a fare industria pesante, come ha fatto nel trentennio 60-70-80. Ma le proposte di Prodi in merito all’approvvigionamento di energia da shale gas e trivellazioni di petrolio, scimmiottano la politica di Obama anche se l’Italia non è l’America dai vasti e sconfinati territorio e non abbiamo il petrolio migliore del mondo.RUSSIA-POLITICS-PUTIN

Ma ecco nel dettaglio cosa propone il nostalgico Romano Prodi che al punto 7 spiega:

Un settimo obiettivo riguarda gli orientamenti della politica energetica sia come fonte di investimenti e di occupazione sia come strumento di equilibrio della bilancia commerciale, che vede la nostra voce passiva più pesante nell’acquisto di materie prime e di fonti energetiche. Pochi mesi fa il Governo ha presentato un grande progetto per fare dell’Italia il più importante punto d’arrivo per il rifornimento energetico dell’intera Unione Europea. Subito sono partiti tutti i veti locali possibili e immaginabili, senza che il governo nazionale abbia potuto tenere conto dei nostri impegni e dei nostri interessi, pur essendo universalmente riconosciuto che le leggi italiane di protezione dell’ambiente nel settore energetico si collocano tra le più severe di tutto il pianeta.

Era il 29 luglio 2012 quando Romano Prodi spendeva la sua penna in favore dello shale gas; più recentemente però, siamo al 18 maggio 2014 entra nel merito delle trivellazioni spiegando che il nostro Paese è al primo posto in Europa per riserva di petrolio, esclusi i grandi produttori come Norvegia e UK (quindi competiamo con Francia, Spagna, Germania, Austria, Grecia ecc….fare un po’ voi se è sensato) e rincara la dose scrivendo:

Non intendo prendere in considerazione risorse energetiche che si trovano vicino alla costa e che potrebbero quindi provocare ipotetici danni agli equilibri geologici del territorio. Mi limito ai giacimenti in mare aperto, dove questo pericolo non sussiste. Il caso più clamoroso riguarda tutta la dorsale dell’Adriatico, così promettente da essere oggetto di un grandioso piano di sfruttamento da parte del governo croato, che ha recentemente chiamato a gara le grandi compagnie energetiche internazionali per sfruttare un giacimento che, come ha dichiarato il ministro degli esteri del paese a noi vicino, può fare della Croazia il “gigante energetico d’Europa“.

Le regioni italiane che affacciano sul mare Adriatico, stretto e chiuso, progettano un referendum per impedire le trivellazioni mentre in Sicilia da qualche mese sono state autorizzate le trivellazioni che come evidenzia Greenpeace non sono un affare per l’Italia. Ciò che resta incomprensibile è: come mai di fronte a una bacchettata sonora degli investitori stranieri che hanno puntato sulle rinnovabili in Italia, Prodi ancora tace? Come mai non risponde nel merito non di turbofinanza, ma di finanza reale smentita da un governo che passa per poco credibile all’estero? Prodi intanto abbraccia Putin…

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Accordi TTIP, in un documento segreto tra Usa e UE l’apertura a fracking e shale gas in Europa

L’HP ha pubblicato ieri un documento segreto che rientra nel Patto TTIP in cui USA e UE si accordano per liberalizzare lo shale gas e il fracking

Gli accordi TTIP che piacciono tanto all’Italia portano anche shale gas e fracking. Questo è infatti il contenuto del documento riservato e pubblicato ieri da HP dove si evince la pressione a cui è sottoposta l’Unione Europea da parte dell’amministrazione Obama affinché possano essere effettuate nuove trivellazioni alla ricerca di petrolio e gas naturale così. Il documento è in sostanza una prima bozza che prospetta la politica energetica che i negoziatori europei sperano di vedere adottata nell’ambito del TTIP- Transatlantic Trade and Investment Partnership in fase di negoziazione a Arligton in Virginia. Il testo è stato condiviso con funzionari americani nel mese di settembre e l’Ufficio del US Trade Representative ha rifiutato di commentare il documento. Gli Usa vogliono esportare il loro shale gas in Europa e anche petrolio. D’altronde Assoeletterica puntuale lo scorzo mese di marzo dopo il vertice sull’Energia presidente Obama così commentava:

In sostanza, il meta-messaggio di Obama agli europei è togliete la moratoria sullo shale gas. Altro che mulini a vento e raggi del sole, la questione energetica europea si riassume a prendere una posizione netta sul fracking, l’estrazione di gas attraverso la frantumazione delle rocce. Perché come riassume più liricamente, Paolo Scaroni, amministratore dell’Eni, “o siamo disposti come gli americani ad abbracciare lo shale gas, oppure saremo costretti ad abbracciare Putin”. Secondo le stime dell’ente statunitense Energy Information Administration, l’Europa avrebbe riserve per 450 trilioni di piedi cubi pari a circa 80% delle risorse disponibili nel sottosuolo americano. L’Europa però è spaccata e alla guidare di ciascun schieramento ci sono proprio i due paesi che concentrano il massimo delle risorse stimate. La Francia con 137 trilioni di piedi cubi ne ha vietato l’estrazione e la Polonia con 148 trilioni di piedi cubi che conta oltre 50 pozzi. Chi ha colto al balzo l’ammonimento di Obama per rilanciare sulla necessità di guadagnare l’indipendenza energetica per poter manovrare liberamente le leve della politica estera è David Cameron, che incontra notevoli resistenze a casa sua contro lo sviluppo estrattivo di shale gas anche dopo aver tolto la moratoria sul fracking nel dicembre 2012.

La questione non è prosaicamente ambientalisti contro petrolieri, ma essere sicuri che l’estrazione di shale gas non produca più danni che benefici non solo al suo ma anche al clima e le conoscenze che abbiamo ci portano a valutare che l’impatto ambientale è troppo pesante sia per il Pianeta sia per noi che lo abitiamo. Francia e Polonia hanno una struttura del suolo certamente diversa da quella statunitense e in più non sono altrettanto estese. Nel vecchio continente dovremmo affrontare molti più problemi. Ma in sostanza il succo del TTIP è tutto concentrato sulle politiche energetiche anche se poi analizza questioni che riguardano il comparto agroalimentare (l’oro italiano) ad esempio se i caseifici americani possono chiamare alcuni dei loro prodotti “Feta” o “Parmigiano”. Commentano così i francesi di France attac:BELGIUM-EU-US-TRADE

Questo documento non menziona le questioni climatiche o sfide in merito alla scarsità di risorse. Incoraggiare l’espansione del commercio dei combustibili fossili non fa altro che aumentare lo sfruttamento e il consumo sostenibile di idrocarburi e rafforza la nostra dipendenza. Tutto a spese del clima e di una vera transizione energetica e solo per un obsoleto fondamentalismo del libero mercato.

Insomma, leggendo il documento, il punto di vista americano è questo: se si incoraggiano le esportazioni dagli Usa all’Europa di greggio e shale gas allora si stimola anche la trivellazione in casa europea il che però scoraggerebbe lo sviluppo dell’Energia rinnovabile. Gli Stati Uniti hanno vietato le esportazioni di petrolio greggio nel 1975 e sono in atto una serie di restrizioni all’esportazione di gas scisto sia per ragioni di sicurezza economica e nazionale. Ma il presidente può rilasciare licenze speciali per esentare alcune esportazioni di greggio e il ministro dell’Energia Ernest Moniz ha detto questo mese che è intenzionato a valutarne la possibilità. A innescare la spinta a allentare i vincoli sulle esportazioni di gas naturale dagli Stati Uniti verso l’Europa il conflitto tra Russia e Ucraina ma le proposte non sembrano essere in linea con e norme ambientali europee che limitano lo sviluppo nel settore dei combustibili fossili .

Fonte: HuffingtonPost

© Foto Getty Images

Gas scisto più ecologico delle energie rinnovabili. Ma a dirlo è Bp

Christoph Ruehl, capo economista della British Petroleum sostiene che uno spostamento dell’1% dal carbone al gas farebbe risparmiare su scala globale quanto un aumento dell’11% delle rinnovabili

Il dibattito sul gas scisto resta aperto: la tecnica con la quale gli Stati Uniti vorrebbero svincolarsi dalla dipendenza energetica dal Medio Oriente (nel quale perdono giorno dopo giorno posizioni) è fortemente contestata dai gruppi di ambientalisti per gli effetti che provoca sulle falde acquifere e sulla stabilità dei terreni “trattati”. Eppure c’è chi è pronto a sostenere che il gas scisto sia più ecologico rispetto alle energie rinnovabili. Si tratta di Christoph Ruehl, il capo economista della British Petroleum, non propriamente la persona più equidistante e imparziale che possa discutere sull’argomento. Nel suo Energy Outlook 2035 che spinge il proprio sguardo oltre il prossimo ventennio si parla di uno shale gas che dovrebbe rappresentare il 21% di tutto il gas prodotto, contro l’8% del 2012. Ruehl sostiene che il gas scisto sia una soluzione “economicamente efficace” per ridurre le emissioni di gas che alterano il clima, teoria alla quale gli attivisti anti-fracking si oppongono sostenendo come l’utilizzo di prodotti chimici e la possibile emissione di metano rappresentino un potente gas serra. Secondo il capo economista della Bp la diffusione del gas scisto avrebbe un impatto benefico molto più veloce rispetto a quello dell’energia rinnovabile, perché il gas naturale emette la metà di carbonio di quella emessa dal carbone. Sempre secondo i numeri in mano al “guru” dell’economia di Bp, uno spostamento globale dal carbone al gas basterebbe a garantire un risparmio energetico pari a quello offerto da un aumento dell’11% delle energie rinnovabili a livello mondiale.

Fonte:  Reuters

Noam Chomsky contro il fracking e le sabbie bituminose

Il celebre linguista e attivista politico ritiene folle spremere scarse risorse di cattiva qualità provocando devastazioni ambientali e danni alla salute. E’ soddisfatto che siano i nativi americani ad avere assunto la leadership della protestaNoam-Chomsky-586x369

Noam Chomsky, il celebre linguista del MIT  nonchè il più influente attivista politico della sinistra libertaria USA ha preso duramente posizione contro lo sfruttamento canadese dello shale gas nel New Brunswick e delle sabbie bituminose in Alberta. In un intervista al Guardian ha detto  «Significa spremere ogni goccia di idrocarburi dal suolo  e cercare di distruggere l’ambiente il più rapidamente possibile, senza minimamente preoccuparsi di quale aspetto avrà il mondo dopo.» Fortunatamente le popolazioni native del Canada stanno assumendo la leadership delle battaglie contro i combustibili fossili e il cambiamento climatico. Il movimento Idle no more! si è diffuso rapidamente tra le 600 First Nations del Canada (1) ed ora è in prima linea contro lo sfruttamento delle sabbie bituminose, che a fronte di un ritorno energetico modesto è altamente inquinante e rappresenta un pericolo per la salute. «E’ abbastanza ironico che i cosiddetti “popoli meno sviluppati” sono quelli che stanno guidando la protesta nel tentativo di proteggerci tutti, mentre i più ricchi e potenti tra noi sono quelli che stanno cercando di portare la società alla distruzione» ha detto Chomsky. Secondo il ricercatore, i progressisti dovrebbero dare più spazio ai cambiamenti climatici nelle loro attività, ma in un modo che enfatizzi il fatto che affrontare il global warming può migliorare e non peggiorare le nostre vite: «Se è una profezia di sventura, smorza l’entusiasmo e la reazione delle persone sara, ok, mi godo questi ultimi anni finché ci sarà una possibilità. Ma se si tratta di una call to action, allora abbiamo ancora una possibilità, ad esempio, volete che i vostri figli e nipoti abbiano una vita soddisfacente e dignitosa?» Pur essendo un fautore della decrescita, ritenendo cioè fondamentale governare la sovraproduzione e il sovraconsumo delle nostre società, Chomsky considera il trasporto pubblico, l’agricoltura locale e l’efficienza energetica come esempi di come si possa crescere mitigando i cambiamenti climatici e migliorando la qualità della vita. «Se le banche sono state salvate dalla crisi del 2008», ha concluso «non ci può invece essere alcun bailout per l’ambiente»

(1) Le first nations sono gli oltre 600 popoli nativi del Canada, confinati dopo tre secoli di guerre coloniali europee in una miriade di minuscole riserve. Sono anche detti indiani, perpetuando nei secoli il grossolano errore geografico di Colombo.

Fonte: ecoblog

Una banca e una finanziaria sospendono investimenti alle compagnie petrolifere in Olanda e Norvegia

La campagna per convincere i gruppi finanziari a abbandonare le partecipazioni nelle aziende petrolifere ha ottenuto i suoi primi successi in Olanda e Norvegia162827314-594x350

La Campagna internazionale per convincere i grandi gruppi finanziari a abbandonare gli investimenti nelle compagnie petrolifere ha ottenuto i suoi primi due successi: la Rabobank ha annunciato che ha cessato i prestiti a progetti per le estrazione di shale gas a causa delle implicazioni ambientali e sociali mentre la Storebrand, un gruppo di servizi finanziari in Norvegia ha ritirato 13 finanziamenti in partecipazioni a aziende del carbone e 6 a aziende petrolifere. In un comunicato stampa Christine Tørklep Meisingset portavoce di Storebrand, ha detto:

Se le ambizioni globali per limitare il riscaldamento globale a meno di 2 gradi Celsius diventassero una realtà, molte risorse di combustibili fossili diventeranno non infiammabili e il loro valore finanziario sarà drasticamente ridotto.

Stessa prospettiva per la banca olandese Rabobank che ha annunciato la sospensione dei prestiti alle imprese che si occupano di estrazione di energia non convenzionale, compreso il gas di scisto, a causa delle implicazioni ambientali e sociali. La banca che è specializzata in finanziamenti per l’ agricoltura e imprese del settore alimentare e ha un focus sulla sostenibilità. La Banca è consapevole del fatto che il fracking per la ricerca di shale gas e petrolio dalle sabbie bituminose comporta rischi di contaminazione delle acque e del suolo a causa delle sostanze chimiche iniettate nella roccia shale per estrarre il gas. La restrizione sui mutui si applica anche agli agricoltori che decidono di affittare le loro terre alle compagnie energetiche per le operazioni di estrazione. La banca ha applicato le misure per rallentare la cosiddetta corsa al gas che sta avvenendo rapidamente, soprattutto negli USA. Un recente studio che ha esaminato 141 pozzi d’acqua potabile in Pennsylvania – dove la produzione di gas naturale è aumentato del 69% nel 2012 – ha trovato metano nell’ 82% dei campioni. Questo suggerisce che le perforazione che si svolgono nelle vicinanze hanno in qualche modo influito sulla qualità dell’acqua. Nel Regno Unito, il governo ha dato il via libera al fracking responsabile e le imprese di estrazione sono state incoraggiati dalle previsioni che stimano che le riserve di gas di scisto in Yorkshire e Lancashire potrebbero superare di gran lunga le stime precedenti. Tuttavia, i rischi che si prospettano, compresa la minaccia di terremoti, sono ancora poco chiari. Nel frattempo, la possibilità che lo shale gas possa fa abbassare le bollette energetiche dei consumatori è sostenuta. Ma l’AIE sostiene che energia eolica, solare e idroelettrica combinate assieme produrranno più energia del nucleare e del gas entro il 2016.

Fonte: Blueandgreen tomorrow, Euractiv

 

Lo shale gas in Europa non è conveniente come negli Usa

Il fracking per la produzione di shale gas in Europa? Forse non è così conveniente come sembra169558724-594x350

Robin Miege, director of strategy Environment Directorate-General della Commissione europea gela le possibilità dell’Europa di ottenere gas a prezzi bassi attraverso le estrazioni di shale gas. Anche se la consultazione pubblica in merito lanciata dal 20 dicembre 2012 al 23 marzo 2013 i cui risultati sono stati presentati lo scorso 7 giugno riporta che i cittadini europei (per la verità hanno votato 22.122 cittadini per lo più polacchi, francesi, rumeni, spagnoli e tedeschi) si sono espressi positivamente nei confronti dello sviluppo dello shale gas. La posizione Europea è la seguente e l’ha espressa Connie Hedegaard commissario europeo per l’azione per il clima che nel corso dell’European Business Summit dello scorso 15 maggio ha detto:

In Commissione europea non ci importa dello shale gas. Se gli Stati membri vogliono lo shale gas, possono farlo. La scelta del mix energetico spetta agli Stati membri. E se decidono per lo shale gas, gli esperti gli diranno che in UE non sarà possibile ottenere gli stessi prezzi degli Stati Uniti.

Anche secondo Miege, le condizioni in Europa sono piuttosto diverse e probabilmente non potranno essere replicate quelle di vantaggio ottenute negli Stati Uniti in merito all’abbassamento dei prezzi del gas. Il punto però è che con i prezzi per l’energia in Europa oltre il doppio dei livelli degli Stati Uniti, i combustibili fossili non convenzionali iniziano a essere considerati interessanti anche qui. Per Friend’s of Earth Europe la consultazione non dice che i cittadini europei,per lo più polacchi e direttamente interessati alle trivellazioni, siano favorevoli alle estrazioni di gas scisto, anzi viene posta l’attenzione su fatto che non esiste in merito una legislazione adeguata. In merito c’è molta cautela anche da parte dell’IEA, l’Agenzia internazionale per l’ambiente che avverte che i costi di produzione sui carburanti non convenzionali costano il doppio in Europa. Infatti, ci sono importanti differenze geologiche e geografiche tra Stati Uniti e Europa, così come la maggiore densità di popolazione e infrastruttura per il gas da sviluppare in alcuni paesi. Sostanzialmente ogni Stato membro può decidere ovviamente per se stesso ma nella consapevolezza che: a)estrarre gas scisto costerà troppo anche per l’ambiente con inquinamento delle acque e emissioni di CO2; b) non ci sono stime sufficienti rispetto alle possibili quantità di gas che si andranno a ottenere tali da giustificare le estrazioni; c) l’Europa non sembra essere troppo interessata.

Fonte: Euractiv

 

Le perdite e il flaring di shale gas potrebbero aggravare l’effetto serra

La febbre per il shale gas da fracking ha fatto crescere la produzione in modo troppo rapido, al punto che per gestire i flussi senza pericolo viene sprecato fino al 30% del gas estratto. L’emissione di metano o di CO2 sta aggravando l’effetto serra e potrebbe in un prossimo futuro annullare i benefici del gas rispetto al carboneGas-flaring-North-Dakota-586x361

Potrebbero chiamarla Flare city; da quando nel 2005 in North Dakota è scoppiata la corsa allo shale gas da fracking, le perdite intenzionali di metano in atmosfera sono salite dal 5 al 30% del metano estratto  come si vede dal grafico in fondo al post (1). Le luci notturne del flaring rivaleggiano infatti con quelle di Chiacago e Minneapolis. Poichè la crescita della produzione è stata tumultuosa, in perfetto stile old West, le infrastrutture non sono adeguate a gestire il flusso di gas e, per evitare problemi di sovrapressione negli impianti, il gas viene rilasciato nell’ambiente così com’è (vented) o viene fatto bruciare (flared). Con una certa dose di faccia tosta, i signori dei tubi affermano che quest’ultima pratica è più environmentally friendly(2) La maggior parte del gas dovrebbe essere bruciato, tuttavia secondo Breaking Energy, il North Dakota pratica il venting su una considerevole porzione del gas estratto. Su Ecoblog ne avevamo già parlato. Ci sono poi le perdite non intenzionali, dovute cioè a guasti o a scarsa manutenzione. E’ difficile avere statistiche precise intorno a queste perdite, ma il Center for Climate Change and Energy Solutions ritiene  che il sistema del gas naturale (produzione e distribuzione) sia responsabile del24% delle emissioni di Metano USA. Poichè gli USA pesano per il 29% sulle emissioni globali, significa che il 7% delle emissioni planetarie  (155 Mt Co2 eq) è dovuto a perdite di gas americano! L’EPA sostiene che le perdite rappresentano l’1,5% del gas circolante, ma studi indipendenti mostrano che le perdite potrebbero arrivare anche all’8%. L’aumento della produzione di gas ha permesso agli USA di ridurre del 12% i consumi di carbone tra il 2007 e il 2011 con conseguenti riduzione delle emissioni. Questo effetto positivo potrebbe però essere vanificato se la crescita tumultuosa e non regolamentata dello shale gas dovesse moltiplicare le perdite e le emissioni di metano.Immagine

(1) Ho ricontrollato più volte i dati dell’EIA  perché non credevo ai miei occhi: il 30% di perdite è una quantità mostruosa, visto che la media USA è intorno allo 0,70%. Tenendo conto che i pozzi di shale gas si esauriscono rapidamente, è comunque una follia sprecare tutto questo gas.

(2) Poichè il metano ha un Global Warming Potential 24 volte superiore al biossido di carbonio, è evidente che il meno peggio è emettere CO2 piuttosto che CH4, ma è demenziale parlare di environmental friendliness per emissioni dovute all’ingordigia che potrebbero essere evitate.

 

Fonte: ecoblog

Shale gas a buon mercato: una bolla che scoppierà fra due anni

L’attuale boom del gas di scisto, che ha inondato l’economia degli Stati Uniti di energia a buon mercato sarà presto un ricordo. Questa la previsione di David Hughes un ex geologo dell’industria del gas.169235636-594x350

L’Europa allo shale gas ha dedicato parte del Summit che si è svolto lo scorso 22 maggio a Bruxelles (la foto in alto) per fare il punto sulla situazione del gas di scisto la cui estrazione è in discussione anche in Ue. Secondo David Hughes, geologo ed ex capo della squadra sul gas non convenzionale per il Comitato Gas Potenziale canadese, il boom degli Stati Uniti su cui molti basano le loro aspettative si fonda su sabbie mobili. Così come ha avuto modo di dichiarare a Euractiv, spiegando:

La bolla dei prezzi a buon mercato [negli Stati Uniti] scoppierà entro due a quattro anni. Ad un prezzo abbastanza alto, la bolla di fornitura scoppierà forse 10 a 15 anni più tardi, quando le aree di perforazione diventeranno più rare. La fornitura può essere mantenuta per molti anni ma solo a prezzi molto più alti con un impatto ambientale sempre crescente a causa del numero crescente dei pozzi che dovrà essere forato.

L’importanza del gas di scisto a buon mercato per sostenere i prezzi dell’energia è diventata una costante nel discorso dell’UE. Nella sua presentazione al vertice europeo del 22 maggio, una delle prime diapositive mostrate dal Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha presentato la dinamica degli indici dei prezzi dell’energia 2005-2012. I prezzi del gas per l’industria sono saliti del 35% nell’UE mentre sono crollati del 66% negli Stati Uniti. Allo stesso modo, mentre l’indice dei prezzi dell’elettricità per l’industria dell’UE è aumentato del 38% negli ultimi sette anni, è caduto per i loro concorrenti statunitensi del 4%. Laura Parmigiani ricercatrice presso il centro energetico dell’Istituto Francese per le Relazioni Internazionali (IFRI), ha detto che mentre i prezzi dello shale gas e probabilmente aumenteranno nei prossimi due-tre anni. La Parmigiani valuta che Polonia, Danimarca e Regno Unito potrebbero entrare nel mercato dello shale gas tra il 2018 e il 2020:

Impossibile dire da quanto – o a che punto scoppierà la bolla dei prezzi scisto.E’ la domanda chiave, ma anche negli Stati Uniti l’industria non potrà mai rispondere. Più in generale, però non credo che [dello US shale gas] gli investimenti e la produzione siano in calo. L’equilibrio tra domanda e offerta in questo periodo è sempre stabile, in quanto entrambi sono in aumento.

Le conclusioni del Consiglio europeo dicono che la Commissione prevede di valutare:

un ricorso più sistematico alle fonti di energia al fine di un loro sfruttamento sicuro, sostenibile ed economicamente conveniente.

Tuttavia, pochi analisti si aspettano uno scenario di sviluppo dello shale gas sul modello americano da replicare nel Continente a causa di fattori che vanno dalla geologia ai maggiori costi di produzione, alla pianificazione urbana e a leggi ambientali più severe. Spiega Mónica Cristina consigliere di Shale Gas Europa, una coalizione di settore che l’effetto di shale gas sui prezzi dell’ energia in Europa:

Non sarà una panacea e non sarà una rivoluzione come lo è stata negli Stati Uniti a causa delle dimensioni della risorsa diversa da qui, il contesto normativo è diverso e la densità di popolazione in Europa è diverso. Ma potrebbe offrire un impatto positivo nel contribuire a far crescere alcuni Paesi che vivono di gas dipendenza.

Un rapporto dell’ Institute of Directors del Regno Unito ha pubblicato ha valutato che la scoperta di shale gas potrebbe creare 70.000 posti di lavoro e 4 miliardi di sterline di fatturato per l’industria. Altre analisi sono meno ottimiste. Bloomberg New Energy Finance stima che nel Regno Unito i costi di estrazione di gas shale sarebbero “significativamente superiori che negli Stati Uniti” ovvero tra i 7,10 dollari e i 12,20 dollari per MMBtu (milione di unità termiche britanniche), sostanzialmente simile ai prezzi del gas dell’Unione europea di oggi.

Fonte: Euractiv