Eccellenze del servizio pubblico. Intervista a Ezio Orzes: “I rifiuti? Non esistono!”

Il mito della privatizzazione dei servizi pubblici tramonta, al contrario si affermano le eccellenze dei risultati delle società pubbliche italiane che gestiscono i servizi di raccolta dei rifiuti che primeggiano anche sulle performance europee. Intervista a Ezio Orzes, coautore insieme a Marco Boschini, del libro “I Rifiuti? Non esistono”380934

Il libro “I rifiuti? Non esistono!”, stampato su carta paglia (casa editrice Emi) si divide in quattro capitoli e si presenta in una edizione pratica da sfogliare con taglio comunicativo e agevole da leggere, senza però rinunciare a fornire dati e notizie qualificate. Il libro sfata molti luoghi comuni sui rifiuti (c’è il capitolo: il paese dei “si dice”) e racconta delle eccellenze mondiali – di tipo pubblico – che si trovano in Italia. Alcuni temi trattati (anche nell’intervista): la pratica della raccolta porta a porta con altissime percentuali di differenziata, l’eccellenza dei servizi pubblici e l’esistenza di virtuose realtà aziendali che si occupano di riciclo. Ma in Italia il Governo, al contrario, propone i vecchi modelli della privatizzazione del servizio pubblico. Eppure l’emblema di questa buona gestione pubblica parte proprio da Ponte nelle Alpi, comune passato dal 23% all’80% di raccolta differenziata in un solo mese, fino ad arrivare al 91,5% di adesso, in cui ogni cittadino produce mediamente in un anno solo 28 chili di rifiuto secco, contro i 350 della media nazionale. Il risparmio economico? Ben 430 mila euro all’anno, investiti in lavoro, occupazione e servizi. Ma questo comune virtuoso non è l’unico. Secondo i dati presentati, da più di dieci anni, due milioni e mezzo di italiani sono regolati da eccellenti servizi pubblici che riescono a raggiungere una media del 75% di raccolta differenziata di rifiuti a costi che sono sotto la media nazionale. E questa volta non siamo in Centro o Nord Europa: siamo in Italia.
Le persone che acquisteranno on line il libro sul sito della casa editrice EMI(http://www.emi.it/rifiuti-d-italia-boschini-orzes) potranno scaricare e leggere l’intervista che Orzes ha realizzato ad Antonio Diana, figlio di Mario, ucciso dalla Camorra nel 1985 per non cedere il passo alle cosche dei Casalesi. Oggi Antonio Diana è titolare della Erreplast, un’azienda del casertano che trasforma le bottiglie recuperate con la raccolta differenziata.
Buonasera Ezio Orses, due assessori all’ambiente dei comuni di Ponte nelle Alpi e di Colorno, Lei e Marco Boschini, si mettono insieme e scrivono un libro “I rifiuti? Non esistono!”. Il titolo del libro è un paradosso o è una affermazione di principio.

E’ un paradosso che va contro quelli che sono i luoghi comuni più utilizzati dalla quella parte della politica che non vuole decidere. Infatti il primo capitolo del libro è: Il paese dei “si dice”. Nella realtà dei rifiuti spesso si dice che fare il porta a porta è complicato ma in realtà si tratta di chiedere ai cittadini di mettere trenta cose nel posto giusto. Oppure spesso si dice che la raccolta domiciliare può funzionare in alcune parti del paese oppure in territori a bassa densità abitativa, ma la realtà dimostra che ci sono comuni di quartieri di grandi città e metropoli che hanno raggiunto ottimi risultati.
Le grandi città a questo punto non hanno più alibi per non fare la riaccolta differenziata porta a porta. Questo è un aspetto che avete trattato nel libro?

Certo, ma non solo. Nel capitolo “Bravi da morire” si racconta una cosa che in realtà non si conosce. Molto spesso pensiamo che l’eccellenza della gestione dei rifiuti faccia riferimento solo ad alcuni paesi del Centro-Nord Europa (altro luogo comune), siamo abituati a individuare quei paesi come l’eccellenza per la gestione dei servizi pubblici. In realtà lo sono per alcuni servizi, ma forse è anche giunto il momento di imparare a dirci che l’eccellenza non solo europea ma mondiale per gestione dei servizi di raccolta differenziata, è tutta italiana: perchè in Europa non c’è nessun paese dove il cittadino come a Ponte nelle Alpi produca meno di 28 chilogrammi procapite al’anno. Oppure non c’è nessuno, e penso alla realtà al consorzio Priula Contarina spa, società pubblica che gestisce oramai 550 mila abitanti, con l’84% di raccolta differenziata. E parliamo di una eccellenza mondiale.
Riguardo alla gestione dei rifiuti in Italia le eccellenze sono pubbliche o private?

L’altra realtà che emerge è questa: In Italia nella gestione delle raccolta dei servizi di igiene urbana l’eccellenza è esclusivamente pubblica. Tutti i livelli di eccellenza di gestione (comprensori o singoli comuni che raggiungono questi risultati) sono pubblici. L’Italia, paradossalmente, continua invece negli anni a riproporre norme che tendono verso la privatizzazione dei servizi: in realtà abbiamo degli esempi straordinari di gestione dei servizi pubblici, sia dal punto di vista che dei costi e delle performance dei risultati.

Può fornirci qualche esempio

Riguardo alla raccolta differenziata, grazie allo studio coordinato dal Consorzio Intercomunale Priula di Treviso, ci siamo resi conto, che alcune tra le migliori società pubbliche (che attualmente gestiscono il servizio di raccolta differenziata per quasi due milioni e mezzo di cittadini) avevano una raccolta differenziata del 73,5% a fronte della media nazionale del 35% del 2012! Ben oltre i limiti di legge (65%): lo studio dei dati ha messo in evidenza che i cittadini hanno nel tempo ridotto anche la loro produzione totale di rifiuti fino a 414 kg per abitante all’anno rispetto ai 532 della media italiana. Ciò che va a finire in discarica è poco meno di 92 chilogrammi per persona all’anno, contro i 346 della media del paese! E non costa di più di altri luoghi in cui le raccolte sono ferme ancora al 5% di RD. Il costo medio per abitante/anno delle gestioni pubbliche virtuose è di 107 euro contro i 175 della media italiana e ogni famiglia paga in media 162 euro di bolletta all’anno al posto dei 240 euro che è il costo medio delle bollette italiane. E questa volta non siamo in Centro o Nord Europa: siamo in Italia.

Si sfata dunque, anche in questo campo, il mito della privatizzazione dei servizi pubblici

In Italia c’è il luogo comune che “privato è meglio” e che solo questo riesce a mettere nel sistema “know how” e efficienza. Ma in realtà al contrario le eccellenze di cui abbiamo parlato sono soltanto pubbliche. Dal punto di vista gestionale, se ci allontaniamo da questi luoghi comuni, a parità di servizi, la gestione di questi deve essere sempre di tipo pubblico. Perchè il privato, a parità di rischio di impresa, ha comunque l’obiettivo di perseguire l’utile di impresa. L’obiettivo delle società pubbliche (società erogatrici di servizi) non è quello di fare utili ma bensì di dare dei servizi di qualità i cittadini, reinvestendo gli utili conseguiti nel miglioramento di questi, raggiungendo a latere gli obiettivi al minor costo possibile. Qui in Italia, c’è una politica che invece tende a spostare verso ambiti diversi: e cioè verso la privatizzazione e non c’è un ragionevole motivo. Le evidenze e le esperienze oramai ci sono in molti parti del paese e penso a Ponte nelle Alpi, Trento, Treviso, ma ce ne sono tante altre raccontate nel libro.
In alcune regioni del paese (soprattutto al sud) manca ancora sia nel pubblico che nel privato, una imprenditorialità di questo tipo. Cosa possiamo dire invece di quelle aziende pubbliche che non hanno superato gli obiettivi:

Nelle conclusione del capitolo il messaggio che lanciamo non è che il pubblico funziona “per forza” in ogni luogo: qui in Italia, se ci pensiamo, abbiamo paradossalmente il migliore e contemporaneamente forse il peggiore servizio pubblico di gestione relativo alla raccolta dei rifiuti. Qual è allora il tema? Perchè si vuole togliere il soggetto pubblico anche in regime di concorrenza da questo tipo di gestione? E non si individuano degli indicatori di qualità? In Germania ci sono tremila gestioni “in house”, cioè gestioni pubbliche. Ma hanno un tipo di legislazione che punisce i cattivi risultati. Non è che il comune è obbligato a mantenere una gestione di tipo pubblico: ad esempio se l’azienda pubblica non ha raggiunto gli obiettivi minimi per legge (percentuali di raccolta differenziata e riduzione dei rifiuti) entro un certo periodo di tempo, se non ha un bilancio in utile o pari a zero, se ha un costo dei servizi superiore rispetto alla media nazionale, deve andare a casa perché non è in grado di svolgere il suo lavoro. In Italia una legge di questo tipo finora nessun Governo (persino il governo dei tecnici) l’ha voluta attuare.

Fonte: ecodallecitta.it

A Helsinki stop alle auto di proprietà, dal 2025 mobilità on demand

La Capitale della Finlandia ha annunciato che dal 2025 la mobilità cittadina sarà on demand e dunque l’auto di proprietà sarà destinata a essere sostituita da servizi pubblici

L’amministrazione di Helsinki ha annunciato che dal 2025 la mobilità della Capitale sarà basata su un nuovo sviluppo volto a eliminate l’auto di proprietà. In pratica Helsinki mira a consentire alle persone di acquistare la mobilità in tempo reale, direttamente dal proprio smartphone. La speranza è quella di fornire autisti con una serie di opzioni a buon mercato, flessibili e ben coordinati, tali da diventare competitivi con le auto di proprietà privata non solo sui costi, ma proprio per convenienza e facilità d’uso. Gli abbonati dunque richiedono una destinazione e attraverso un’applicazione su smarthphone viene pianificato il viaggio ,con pagamento incluso, di tutti i mezzi che sono a disposizione: dalle auto, agli autobus, alle biciclette in bike sharing, ai traghetti. L’ambizione è rendere servizi come Citymapper fuso con il noleggio di biciclette o con i taxi, come Hailo o Uber, effettuando un solo pagamento cumulativo, il tutto però sotto la forma di servizio pubblico: ecco che risulta più chiaro il tipo di rivoluzione che stanno progettando a Helsinki. La Capitale finlandese però non parte da zero e ha già al suo attivo, attraverso l’Autorità Regionale dei Trasporti di Helsinki, il servizio Kutsuplus con minibus che raccolgono passeggeri organizzati in percorsi di viaggio simili e aggregati da una app su smartphone. La risposta al servizio sembra già eccellente poiché rivolta a una generazione che già si muove in rete e ben consapevole dell’ impronta ecologica del trasporto tradizionale con le auto. Peraltro sondaggi sembrano confermare che proprio questi utenti non siano particolarmente interessati alle gioie della proprietà dell’auto privata. Kutsuplus piace perché offre la libertà del point-to-point pari a quella di una vettura privata ma senza i costi ambientali e finanziari onerosi che la proprietà richiede.456042401-620x350

Veniamo ai prezzi del servizio, dettaglio da non sottovalutare: Kutsuplus costa più di un viaggio tradizionale in autobus ma meno di un taxi sulla stessa distanza. I fornitori di trasporto pubblico, però, hanno l’obbligo inerente a servire tutta la cittadinanza, non solo il segmento che possono permettersi uno smartphone e sono abituati al suo utilizzo. Resta da vedere, anche se il sistema può funzionare in modo efficace non solo il centro urbano ma anche per i comuni a bassa densità abitativa tanto da alleggerire autostrade e tangenziali del traffico di autovetture. A Helsinki non si propone di muoversi completamente senza auto, ma certamente la mobilità urbana necessita di essere rivista sopratutto nell’era dei pensolari e Helsinki ha il merito di progettare un nuovo futuro per le automobili e il trasporto pubblico.

Fonte:  The Guardian

BASCHI (TR) – INAUGURATA LA “CASA DELL’ACQUA”

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Baschi (TR) 23/04/2014 – Plantinox Sud Srl ha  inaugurato questa mattina a Baschi il distributore pubblico diacqua potabile comunale in piazza Giovanni Paolo II. E’ la rivisitazione moderna dell’antica fontana con il vantaggio di erogare acqua filtrata e debatterizzata, oltre ad essere controllata attraverso periodiche analisi di laboratoricertificati. Gli utilizzatori potranno scegliere tra acqua naturale, refrigerata e refrigerata-gassata al prezzo di 5 centesimi al litro, pari a 1 euro per ben 20 litri d’acqua. Un progetto futuristico e ambizioso dai molteplici benefici, che non si limita soltanto ad offrire una nuova esperienza di acquisto dell’acqua e un servizio pubblico innovativo di altissima qualità, ma soprattutto un nuovo lifestyle in cui dinamismo, tutela della salute sia umana che ambientale e attenzione al risparmio economico  diventano un must.  Si tratta di un servizio a chilometro zero poiché l’acqua viene fornita direttamente dalla rete idrica locale, con la conseguente riduzione di emissioni di CO2  provenienti dai mezzi di trasporto delle bottiglie di PET e dal loro processo produttivo, nonché l’abbattimento dei costi di smaltimento delle stesse.

 

“ L’Acqua a Km Zero è la strada giusta da seguire verso l’impegno e la partecipazione collettiva per il bene pubblico comune, una meta per troppo tempo ignorata che finalmente cattura l’attenzione e la sensibilità sia degli adulti che dei bambini. Un ritorno all’essenzialismo,  in cui la sostanza si  sostituisce alla forma rinnegando il ruolo persuasivo del packaging tra marketing e consumo, a favore di una visione più pragmatica che si fonda sulla semplice consapevolezza che quando l’acqua è pura fa bene alla salute, che berne 2 litri  al giorno come suggerito dai medici costa soltanto 10 centesimi,  e che è possibile farlo riducendo l’inquinamento ambientale.” – afferma Massimo Saviane, direttore commerciale Plantinox Sud Srl

 

Il servizio è automatico, dotato di un design moderno e di un semplicissimo sistema di prelievo dell’acqua che funziona con monete, schede o chiavette elettroniche prepagate, acquistabili presso gli appositi rivenditori autorizzati. Il distributore è attivo 24 ore su 24 e il suo sistema di illuminazione ne consente un agevole utilizzo anche nelle ore serali e notturne.

Fonte: platinox sud srl

Acqua pubblica: l’energia per gestirla costa più dell’illuminazione stradale

Il consumo energetico per gli acquedotti supera stabilmente quello per l’illuminazione pubblica: gli acquedotti comunali hanno bisogno di immense quantità di energia per le attività di sollevamento, potabilizzazione, depurazione e alimentazione delle condotte adduttrici cittadine 73080889-586x390

Gestire le acque pubbliche costa caro e la bolletta energetica è sempre più salata. Per Alleanza per il Clima (la più grande rete europea di enti locali e territoriali impegnati per una politica di energia intelligente e favorevole al clima) il tema della spesa energetica necessaria per portare l’acqua ai nostri rubinetti è un tema da affrontare con estrema urgenza.

I comuni aderenti al Patto dei Sindaci (il network della Commissione europea per raggiungere e superare gli obiettivi del 20-20-20 del quale fanno parte quasi 2.500 comuni italiani, ndr), nella redazione dei loro Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile sono chiamati a dar conto dei propri consumi energetici anche in riferimento ai consumi delle infrastrutture di servizio pubblico, direttamente o indirettamente attribuibili alla competenza comunale. Tra questi è emerso evidente il peso e il relativo potenziale di risparmio energetico delle infrastrutture pubbliche del servizio idrico, voce che in molti bilanci energetici comunali ha addirittura superato quella relativa ai consumi per la pubblica illuminazione,

si legge in una nota di Alleanza per il Clima. Secondo i dati di Terna Spa relativi al quinquennio 2007-2011, in Italia, il consumo energetico per gli acquedotti ha superato stabilmente quello per l’illuminazione pubblica. L’ingente spesa energetica è dovuta alle immense quantità di energia necessarie per sollevare, potabilizzare, depurare e alimentare le condutture adduttrici cittadine. Inoltre non va trascurato il problema della dispersione idrica che, in quest’ottica, è un doppio spreco: di acqua e dell’energia utilizzata per veicolarla. Ma mentre l’acqua dispersa (in Puglia, Sardegna, Molise e Abruzzo e più del 50% di quella intubata) torna nel ciclo naturale, l’energia elettrica è persa con la relativa CO2 emessa inutilmente in atmosfera. Un problema da risolvere al più presto con interventi decisi sulle infrastrutture.

Fonte: Comunicato stampa 

ISFORT: Ci si sposta meno per lavoro. E sempre meno in bici e a piedi.

Isfort analizza gli spostamenti per lavoro degli italiani: nell’ultimo anno 1 italiano su 4 non è uscito di casa in un giorno medio feriale. Nonostante la crisi, 3 spostamenti lavorativi su 4 sono con l’auto privata, e a calare di più sarebbero i tragitti in bicicletta e a piedi: gli unici gratuiti…375311

Ci si muove sempre meno, e sempre meno per lavoro: una fotografia triste e nota quella dell’Osservatorio Mobilità di ISFORT, che tuttavia segnala anche alcuni aspetti su cui vale la pena riflettere. Perché in tempi di crisi così acuta, si sceglie sempre meno di andare al lavoro a piedi o in bicicletta? Almeno apparentemente, perché si va sempre più lontano. Sul totale degli spostamenti dovuti al lavoro la percentuale di quelli che prevedono l’allontanamento dal comune in cui si vive sono aumentati e raggiungono oggi il 52,3% del totale. Solo due anni fa erano il 46,2%: un salto di 6,1punti percentuali. Eppure resta pur sempre un 47,7% di persone che lavorano nel comune di residenza, e che percorrono circa 7 km di media: un tragitto che secondo Isfort viene coperto in un tempo che varia tra i 15 e i 19 minuti ad una velocità media inferiore ai 30  km/h. Apparentemente le condizioni ideali per scegliere la bicicletta, escludendo le categorie di lavoratori che necessitano obbligatoriamente del proprio veicolo per il trasporto merci. Nonostante le premesse, la percentuale di spostamenti totali a piedi o in bici è calata fino al 7,8%. Era il 10% nel 2006. Un calo che è più accentuato di quello che proporzionalmente ci si attenderebbe dato l’aumento della distanza tra casa e luogo di lavoro. (Facendo i calcoli, la percentuale dovrebbe essere almeno all’8,8%). Pur con tutte le cautele d’obbligo vista la metodologia del sondaggio (Ricordiamo che Isfort si avvale di campionamenti telefonici su una base di circa 15.000 intervistati), l’impressione è che il risparmio economico non sia una priorità nella scelta del mezzo con cui muoversi. “Tra i mezzi utilizzati per andare al lavoro – scrivono i ricercatori – il distacco è evidente: 3 spostamenti su 4 sono con l’auto privata. In tempi di crisi il mezzo pubblico conquista circa 4 punti percentuali passando dal 9,7% del 2006 al 13% del 2012, ma in realtà l’aumento delle quote percentuali del trasporto pubblico è(prevalentemente)dovuto ad una forte diminuzione, in termini assoluti, dell’uso dell’auto privata. Infatti, nel 2006 per andare al lavoro si registrano 16,5 milioni di spostamenti con il mezzo privato e 2,1 con il mezzo pubblico; nel 2012 quest’ultimi passano a 2,2 milioni, mentre quelli con l’auto privata crollano a 12,4 milioni”. Insomma, nonostante la crisi e il caro carburante, gli Italiani continuano a scegliere prevalentemente l’auto. Servizio pubblico devastato dai tagli o problema culturale?

fonte: eco dalle città