Vivere felicemente nella semplicità: Etain Addey e il bioregionalismo

Vivere felicemente nella semplicità. Etain Addey è l’incarnazione di uno stile di vita che segue solo i ritmi della natura e di un tempo ancestrale regolato dai luoghi e non dall’uomo.

Oggi molte persone – soprattutto giovani – stanno immaginando, progettando e realizzando un ritorno alla campagna e alla vita contadina. Etain Addey questo ricongiungimento lo ha realizzato nei lontani anni ’80 quando, dopo aver vissuto a Roma per molto tempo, ha cominciato ad avere la sensazione di “vivere in un mondo”, come spiega lei stessa, “in cui tutto si può comprare”. Quando Etain ha deciso di cambiare vita e seguire l’obiettivo di un sostentamento autosufficiente, non sapeva ancora nulla del mondo contadino. “All’inizio non riconoscevo un’erbaccia da un pomodoro” – scherza – ma questo fa parte della vita, il processo è lungo, ci vuole pazienza”. Non si può avere fretta, per vivere in armonia con il luogo  è necessario prendere coscienza del luogo stesso, diventare “nativi”. Per noi oggi è molto più difficile riscoprire le logiche di questo tipo di vita, perché siamo bombardati dalla cultura del consumo che ci ha abituato a pensare che tutto ci è dovuto.8473388543_b64c29dcc9_b

“Quando vivi un luogo in maniera profonda” – spiega Etain – “cominci a renderti conto che non sei l’unico essere vivente e che tutti gli altri intorno a te hanno bisogno delle stesse cose di cui ha bisogno tu”. Questa consapevolezza ti porta a rispettare il laghetto più vicino alla tua abitazione, perché non è solo il tuo orto ad avere bisogno di acqua ma tutto l’ecosistema che vive grazie a quel lago. Oggi abbiamo perso la cultura del limite, non sappiamo riconoscere i contorni che prima eravamo in grado di sentire istintivamente. Anche gli animali le hanno insegnato molto, come la capretta che ogni giorno riusciva a trovare un buco nel recinto per scappare e andare a pascolare quando e dove voleva lei. “Era molto ironica. Ci faceva capire che non avevamo nessun autorità per tenerla chiusa lì dentro”.8474476704_c51f44ee04_b

I primi anni in cui Etain Addey aveva cominciato a seguire questo stile di vita non sapeva cosa fosse il bioregionalismo (vedi box a destra), ma superata la fase iniziale in cui poteva dedicarsi solo ad imparare i principi dei lavori manuali che sono alla base dell’agricoltura e dell’allevamento, si è potuta concedere le letture per conoscere la filosofia che è alla base di tutto questo. Ha incontrato Giuseppe Moretti, uno dei padri del bioregionalismo italiano, e ha comprato tutti i libri di Gary Snyder. In quel periodo si è resa conto che molti in Italia, come lei, seguivano la strada del bioregionalismo senza saperlo. Per questo ha sia iniziato a tradurre in italiano i testi stranieri sia a scrivere lei stessa delle teorie bioregionali.8474478288_8df05e2101_b

Lo spazio di Etain è però più ristretto rispetto a quello tradizionalmente contenuto all’interno di una bioregione. “Mi sposto solo quando è davvero necessario ma non vado molto lontano”. A parte le visite ai suoi figli e nipoti in Inghilterra, ad Etain non piace allontanarsi dalla “sua” terra. Sia perché non può lasciare molto a lungo il lavoro nei campi e gli animali, sia perché non le piace invadere uno spazio che non conosce e in cui quindi potrebbe provocare turbamenti. Il turismo crea molti danni all’equilibrio di un luogo, non solo per l’inquinamento provocato dai mezzi di trasporto ma anche per gli shock culturali che provochiamo abitualmente a molte popolazioni che non hanno nulla a che vedere con i nostri modelli e stili di vita. Il viaggio ha senso se lo si fa per un motivo.8473386819_705a1f675b_h

Per questo Etain accoglie nella sua casa di legno le tante persone che si recano da lei per i motivi più svariati. Porta l’esempio di una sua amica che doveva operarsi di cancro e aveva bisogno di allontanarsi dalla sua famiglia per stare sola con sé stessa ed essere in grado di superare una prova tanto difficile. “Il viaggio acquista importanza se diventa un motore di incontro e di scambio”, spiega. Confessa che è normale scendere a compromessi, ma l’importante è fare delle scelte secondo coscienza. Anche il rifiuto della tecnologia trova i suoi limiti. Etain vive senza lavatrice né lavastoviglie ma da qualche tempo si è concessa una vecchia automobile per riuscire a risalire dal fiume quando si incontra con i suoi amici. Anche internet le ha risolto parecchi problemi “soprattutto perché mi è capitato” – racconta – “di andare in un ufficio postale che non aveva francobolli”. Vivere secondo coscienza, la propria, significa insomma mettere in dubbio le proprie abitudini e saper scegliere senza perdere la componente spirituale che permette di percepire il limite, mantenendo la consapevolezza che è il luogo a contenere l’uomo e non viceversa.

Elena Risi

Fonte: italiachecambia.org

A volte bisogna essere bambini per vedere il mondo differentemente

“Ci si trova di fronte alla semplicità spiazzante della loro tenerezza e si rimane inerti e senza parole davanti alla scoperta delle loro verità, tanto evidenti e logiche quanto scomode e, a tendere, potenzialmente pericolose per il sistema”. Le riflessioni di Dario Lo Scalzo sulla saggezza dei bambini.bambina_animali

Siamo la società che vive in automatico e in automatico rispondiamo ‘presente’ ai modelli che pochi benpensanti hanno pensato di propinarci. In genere questi opinion leader sono coloro che da secoli, ormai, conducono il teatrino del liberalismo e del consumismo, che, tradotto in soldoni, conducono per mano, direttamente o indirettamente, le masse popolari. Capita così che, sebbene individualmente, si pensi di essere astuti, svegli e liberi di pensiero, allo stato dei fatti, spesso ci mostriamo degli esseri poco pensanti , in balia delle interferenze esterne, dei moduli precostituiti e raramente si è davvero in grado, o si ha la voglia, di confrontarsi con gli standard sociali. Diveniamo vittime sociali, tutti per necessità uguali, e, assai frequentemente, in fin dei conti, abbandoniamo o sotterriamo le capacità individuali di riflessione e il nostro potenziale intellettivo. Si va in automatico, seguendo le mode, i sistemi educativi che ci vengono imposti e prontamente stacchiamo la spina alla mente, lasciandoci condurre dal cosiddetto sistema, dalla sua mano invisibile; tutto ciò su svariati fronti, su parecchie tematiche ed ambiti del modus vivendi quotidiano. Ed ecco che, per esempio, seppur tantissimi si dichiarino animalisti, malgrado si provveda a dare cure e attenzione agli animali domestici, benché tali esseri vengano anche adorati e, in breve, dall’alto del nostro dichiarato elevato amore per gli animali, nella concretezza del quotidiano dimentichiamo abbastanza sistematicamente che li indossiamo e che per di più ce ne cibiamo. È il modello sociale che ci è stato veicolato da secoli, è il cammino educativo impostoci ed è il paradigma by default che la stragrande maggioranza delle popolazioni civilizzate ha accettato senza neppure mai averlo messo in discussione, neppure nella configurazione cerebrale degli individui che lo costituiscono.animali_disney

D’altro canto, è lo stesso medesimo percorso che ci porta ad avvicinare gli animali ai bambini attraverso i cartoni animali, i fumetti, gli innumerevoli gadget e giocattoli che riproducono animali. Alcuni animali diventano persino idoli e miti positivi dei nostri figli con i quali essi interagiscono, parlano, manifestano affetto e immaginano mille avventure. Abbiamo poi gli animali sempre sorridenti e felici delle pubblicità, per intenderci, quelle in stile Mulino Bianco, quelli che saldano e consolidano il trio famiglia, natura e animali in cui tutti quanti vivono in una simbiosi armonica, quasi nell’equilibrio perfetto della felicità. Mi chiedo ma quando, nel ciclo dell’esistenza di ognuno di noi, consumatori privi di curiosità e menti che avanzano come automi, ci si trova di fronte invece al “passaggio della verità”? Quando, al bambino o all’adolescente, qualcuno, nel corso della vita, spiega cosa accade a quegli stessi animali con i quali si è cresciuti, si è entrati in empatia, con i quali si è dormito, sognato, giocato, parlato, riso, pianto? Mi chiedo in che momento gli educatori, i genitori, le istituzioni, la TV e gli altri canali mediatici che, per una fase della crescita delle giovani generazioni e del loro processo educativo, pompano ed esaltano la sensibilità degli animali e di tutti esseri viventi, raccontano della loro generosità, del loro amore, del loro altruismo, della loro fedeltà e di tanto altro ancora, quando, dicevo, decideranno di svelare a quel nutrito pubblico di consumatori e alle loro disattente famiglie la verità, il destino di quegli eroi sorridenti ad affabili? Quando ci verrà detto che i simpatici e carismatici eroi di Walt Disney sono in realtà quotidianamente seviziati, torturati, dopati, uccisi, spellati, mangiati, indossati, vivisezionati? Semplicemente mai! Il cerchio dunque non si chiude. Ma si chiude quello del mio contorto ragionamento: andiamo in automatico, tutto è acquisito ed accettato. Non si riflette a sufficienza, non ci si chiede, non si ha neppure il bisogno di andare oltre l’apparenza e oltre lo stato di fatto e i pacchetti confezionati che ci vengono rifilati. La società va avanti con il pilota automatico e raramente le masse provano a mettere in questione ciò che è considerato predefinito, impacchettato. Raramente provano ad approfondire su potenziali strade alternative, per esempio sulla riduzione dei consumi di esseri viventi, o su modifiche anche minime dei comportamenti quotidiani, degli stili di vita, sulle troppe abitudini sprecone a volte insensate che ci vengono trasmesse e dettate dal modello sociale.bambino_cane

Ma, a volte, ci pensano i più puri ed ingenui a aprire il cuore e gli occhi, davanti al mondo, i bimbi. Sì, proprio quelli che, sin dalla tenera età, cerchiamo a tutti i costi di “incarognire” alla vita con le nostre devianze risultanti da un utilizzo delle intelligenze a senso unico, da una scarsa sensibilità e dalla crisi di Amore. Ci si trova di fronte alla semplicità spiazzante della loro tenerezza e si rimane inerti e senza parole davanti alla scoperta delle loro verità, tanto evidenti e logiche quanto scomode e, a tendere, potenzialmente pericolose per il sistema. L’invito di oggi è quello di guardare questo brevissimo video che non necessita di nessun tipo di commento, che commuove per la sua tenerezza e semplicità e che fa sprofondare, almeno per qualche istante, nel silenzio della riflessione e, forse, nella riappropriazione momentanea dell’indipendenza intellettiva individuale. La saggezza è dei bambini.

Fonte: il cambiamento