Massimo Angelini, il filosofo della terra che ha reso libero lo scambio dei semi –

Filosofo della terra e della parola, Massimo Angelini ha incentrato gran parte delle sue attività sul mondo agricolo e sulla riscoperta della cultura contadina. Un’attenzione ed una passione che hanno portato a risultati straordinari, come una storica legge sullo scambio dei semi e la nascita di una Rete che oggi riunisce ben 40 associazioni impegnate per la custodia della biodiversità. Un essere umano, quando non si arrende, può davvero cambiare il mondo. Pacificamente.

Massimo Angelini… Massimo Angelini è una persona talmente speciale che non basta una storia per raccontarla e infatti abbiamo deciso di dedicargliene due. Massimo Angelini è un uomo che ha talmente tante cose da dire che l’ho dovuto intervistare tre volte prima di scrivere questo articolo. Massimo Angelini è un attore del cambiamento talmente poliedrico che è praticamente impossibile definirlo. Ma ci proverò lo stesso.

Partiamo dalla fine, ovvero dal nostro ultimo incontro: novembre 2018, Cagliari – Scirarindi. Io e il collega e amico Paolo Cignini lo intervistiamo nella hall del B&B in cui siamo ospitati. Massimo parla a bassa voce, come di sua consuetudine, eppure tu ti sforzi di non perdere nemmeno una parola quando lo ascolti perché ti rendi presto conto che nessuna sua parola è utilizzata a caso. E infatti Massimo si descrive come un “filosofo della terra e della parola”. E continua: “È difficile definirsi… siamo abituati a darci un’etichetta quando invece siamo diamanti e abbiamo moltissime sfaccettature ed è molto bello farle rilucere tutte quante anche se queste non comunicano tra di loro se non attraverso di noi”. 

E ha ragione. Tra una sfaccettatura e l’altra, Massimo – studioso di storia e filosofia – in questi anni ha (in ordine sparso e non cronologico) creato una casa editrice dedicata al mondo agricolo (Pentàgora), guidato la Rete Semi Rurali, curato il Bugiardino (il famoso almanacco rurale), cofondato il Mandillo dei semi e il Consorzio della Quarantina, ispirato la legge che oggi permette lo scambio di semi, nonché – ovviamente – scritto libri e tenuto decine di conferenze. Capite che tutto in un articolo o in un video non può stare, per cui oggi ci concentreremo sulle sue attività più legate al mondo agricolo e nella prossima puntata (che uscirà tra qualche settimana) approfondiremo la sua attività “culturale”, anche se mi rendo conto che è una decisione arbitraria e parziale. Sfaccettature. “Mi occupo da oltre trentacinque anni di studi legati al mondo rurale e alla cultura contadina – ci spiega Massimo – e da lì sono germinati tanti interessi: la mia attenzione verso le sementi, verso le biodifferenze (1), verso un’editoria attenta a questi mondi”.

Il consorzio della quarantina

“L’attenzione verso il mondo rurale mi ha portato a viaggiare per anni tra i contadini della montagna ligure e lì mi sono accorto (allora non si sapeva) che in passato i contadini si autoproducevano le sementi, mentre in quegli anni lo facevano solo i vecchi. Tra i ‘60 e gli ‘80, è come se si fosse saltata una generazione di conoscenze: i giovani questa autoproduzione non la facevano più”. 

“Andavo in giro – continua Angelini – e pur parlando in dialetto non venivo compreso dagli anziani. Non capivano come mai un ragazzo di 20 anni invece di uscire con la fidanzata andasse a chiedere dei semi: erano diffidenti e avevano ragione visto che i contadini sono sempre stati fregati da chi veniva dalla città. Dovevo quindi conquistarmi la loro fiducia. Inoltre non capivano l’interesse verso semi che loro stessi avevano abbandonato o in qualche modo dimenticato; li tenevano in qualche scantinato, ma erano fuori dall’orizzonte del loro sguardo. E quando una cosa è fuori dall’orizzonte dello sguardo presto tende ad uscire anche dalla memoria e dalla terra. Quindi mi ero organizzato! Usavo un’oretta per guadagnare la loro fiducia e una per fare domande ai contadini che piano piano ti parlavano della migrazione e della guerra. Ti offrivano il vino nel frattempo. Un vino che non era mai troppo buono, ma non potevi né dire che era buono (o eri percepito come ipocrita), né che era cattivo (perché risultavi maleducato). Così dicevo in genovese che ‘non era male’. E potevo andare avanti. Dopo vari tentativi, cominciavano ad aprirsi”. E con l’apertura arrivavano i racconti veri che spesso non seguivano logiche facili da comprendere per un ‘cittadino’.

“Ricordo ancora – ci confida Massimo – di un uomo nato nel secolo precedente che aveva tirato fuori un po’ di semini piccolini che teneva da più di 60 anni. Ovviamente pensai che fossero di qualche varietà speciale e lui invece mi spiegò che li teneva perché li aveva portati la moglie l’anno che si erano sposati, e ogni anno era come se rifacesse il matrimonio. 

Le sementi, infatti, le portavano le donne con il corredo”. 

Un aneddoto tra mille. E infatti Massimo ce ne racconta molti. Mentre parla traspare l’amore per queste genti e anche la gratitudine verso la loro ‘pazienza’. “Avevo voglia di restituire qualcosa a queste persone che mi avevano donato informazioni, tempo, emozioni. Non volevo agire secondo una sorta di ‘attività estrattiva’ nei loro confronti”. Da qui nasce l’idea del Consorzio della Quarantina (una particolare varietà di patate tipica di quelle zone). 

“Le patate sono una sorta di esperanto. Ognuno coltiva qualcosa di specifico, ma tutti coltivano le patate. Queste diventano un linguaggio comune a tutti. Ho quindi invitato una ventina di contadini della zona di Genova a non coltivare le patate ‘commerciali’ bensì qualche varietà locale. E così è nato il progetto del Consorzio. Una struttura associativa intorno a una varietà (e poi nel tempo di più) di patate, con lo scopo di creare un mercato protetto e dare la possibilità ai contadini di ottenere da queste varietà più reddito. Coltivando varietà specifiche, infatti, il mercato e il prezzo avremmo potuto stabilirli noi, uscendo da logiche subalterne insostenibili per un’agricoltura di montagna. Contestualmente si fermava l’abbandono di queste zone e i conseguenti danni che poi subisce anche chi abita in pianura!”.

La Rete Semi Rurali e una legge che cambia il mondo

Nel 1998 la comunità europea, con la direttiva 95, ha emesso le regole per riformare le leggi sementiere. E nel primo articolo veniva stabilito, tra le altre cose, che i semi si sarebbero potuti scambiare (anche gratuitamente) solo da soggetti iscritti ai registri sementieri nazionali. Questo comportava che le varietà non iscritte e che non rientravano nelle ‘caratteristiche di uniformità’, non potevano essere né vendute né regalate.  

“Il dono di una pannocchia o dei fagioli tipici diventava reato penale” – ci spiega Massimo. – Per questo nel 2000, insieme a Isabella Dalla Ragione, Oriana Porfiri e pochissime altre persone, abbiamo deciso di lanciare un coordinamento fra chi si occupava di questi argomenti per lavorare su una proposta di legge che permettesse all’Italia di andare in deroga rispetto a quella direttiva europea. Obiettivo raggiunto nel 2007 quando la proposta approda in Parlamento e diventa legge. Oggi, quindi, si possono scambiare le sementi purché esse ‘siano di varietà conservate da una famiglia nel corso delle generazioni’. 

Nel frattempo, e contestualmente, nasce la Rete Semi Rurali che si dà il compito di creare una sorta di coordinamento di secondo livello tra molte associazioni contadine. Massimo per un periodo è coordinatore nazionale. Oggi la rete è una struttura importante, che riunisce 40 associazioni, con uno staff di 10 persone che ci lavora a tempo pieno. La Rete – come spiega il sito – “sostiene, facilita, promuove il contatto, il dialogo, lo scambio e la condivisione di informazioni e iniziative tra quanti affermano i valori della biodiversità e dell’agricoltura contadina e si oppongono a ciò che genera erosione e perdita della diversità e all’agricoltura mineraria basata sulla monocoltura intensiva e/o sulle colture geneticamente modificate”.

Il mandillo dei semi

In seguito all’uscita della direttiva 98/95, che di fatto vietava lo scambio o dono dei semi, era nata una giornata di libero scambio di semi autoprodotti, del tutto fuorilegge. Ovviamente tra gli ideatori troviamo Massimo.  “Lo abbiamo fatto nel 2000 come azione di resistenza, di obiezione di coscienza. Lo abbiamo chiamato Mandillo (che in genovese vuol dire fazzoletto, con cui si conservano frutto e funghi, è un po’ l’antenato del sacchetto di plastica). Abbiamo invitato anche i media comunicando loro che ci autodenunciavamo facendo qualcosa di vietato ma allo stesso tempo espressione di un diritto originario, legato alla sussistenza, che non poteva quindi essere limitato o disciplinato. La sussistenza viene prima di ogni norma”. L’evento fu subito un successo. Il Mandillo dei semi si è ripetuto anno dopo anno. In particolare dopo l’approvazione della legge del 2007 c’è stata ‘l’esplosione’ degli scambi che tutt’ora continua.

Ribellarsi alla bruttezza

Ancora una volta un uomo che non si arrende, unitosi ad altri uomini e donne pronti come lui ad attivarsi, ha dimostrato che il mondo si può cambiare eccome, partendo da un piccolo seme e arrivando ad approvare leggi in parlamento.  

“La mia idea – conclude Massimo – è che se non ci ribelliamo, in modo attivo e partecipato, alla bruttezza arriviamo ad un’anestesia che ci fa precipitare nel privato con soluzioni che ci chiudono dentro di noi. È fondamentale riflettere sulla bellezza, intesa come la definivano nel primo millennio i padri di lingua greca, ovvero espressione della luce, la luce che si rivela con i colori. È bello ciò che è vario, che esprime luce, così come fanno gli occhi di una persona. Se richiamiamo alla bellezza e alla luce abbiamo la speranza di ritrovare un mondo bello, di reagire in modo gentile a ciò che è brutto. Questo può portarci a risvegliarci all’esterno e alla politica”. 

Continua…. 

1. “Meglio utilizzare la parola biodifferenze che biodiversità”, ci spiega Massimo. La parola biodiversità, infatti, contiene diversità che viene da divergere. Quindi qualcosa che allontana i soggetti in questione. Meglio dire biodifferenza, che è un termine che indica invece ricchezza. 

Intervista: Daniel Tarozzi e Paolo Cignini
Riprese intervista e montaggio: Paolo Cignini

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/05/massimo-angelini-filosofo-terra-reso-libero-scambio-semi-io-faccio-cosi-249/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Navdanya International: l’attivismo mondiale di Vandana Shiva che parte dall’Italia

È il ramo internazionale di Navdanya, l’associazione di Vandana Shiva in India, ed ha la sua stessa mission: sostenere le lotte per la transizione verso sistemi di produzione del cibo più sani per le persone e per il pianeta. Abbiamo intervistato Ruchi Shroff, direttrice di Navdanya International, che è stata fondata e ha sede a Roma. Sono in tanti a conoscere Vandana Shiva, scienziata, saggista e ambientalista indiana che da quasi 40 anni si batte per la difesa della sovranità alimentare, della biodiversità e dei diritti dei piccoli agricoltori in tutto il mondo. Alcuni conoscono l’associazione Navdanya  (letteralmente “nove semi”), il braccio operativo di Vandana Shiva in India. Ma sono certamente di meno quelli che sanno che Navdanya International – il ramo internazionale di Navdanya, che dell’associazione originaria condivide la missione – è stata fondata (nel 2011) e ha sede a Roma.

Intervistata da Italia che Cambia, Ruchi Shroff, che di Navdanya International è la direttrice, ci ha parlato delle tante attività della ONLUS, presente in maniera diretta o indiretta (ossia attraverso partnership), in più di 30 diversi Paesi: dalle campagne mondiali di sensibilizzazione alla promozione dell’agroecologia, dall’appoggio alle battaglie locali dei contadini alla formazione, fino alle pubblicazioni e all’organizzazione di incontri pubblici, attraverso i quali esperti di varie discipline vengono a contatto e lavorano insieme per trovare soluzioni alle tante crisi che le attività umane stanno generando sul pianeta e che sono tutte correlate fra loro e con i nostri sistemi di produzione, distribuzione e consumo del cibo. Quello della sensibilizzazione sul collegamento fra le crisi che viviamo – cambiamento climatico, perdita di biodiversità, diffusione di diverse malattie, deforestazione, degrado del suolo, inquinamento delle acque – e fra esse e i nostri stili alimentari, è una delle attività fondamentali dell’associazione. “Siamo tutti abituati a vedere queste crisi in maniera disgiunta; ecco perché noi lavoriamo per mostrarne le connessioni. Sia lavorando direttamente con la terra, sia nelle attività di sensibilizzazione, la nostra strategia è quella di creare reti per affrontare i problemi in maniera sistemica”, ci ribadisce più volte, perché “non riusciremo a risolvere le crisi se non facciamo rete fra i diversi attori che se ne occupano”. Non a caso, fra i membri di Navdanya, oltre a contadini, seed-saver e attivisti, ci sono agronomi, ricercatori e altri tecnici.

E i risultati di questo lavoro, sebbene non siano mai troppi, non mancano di arrivare. “Nonostante negli ultimi anni ci sono state convergenze e fusioni di lobby per aumentare il loro potere”, continua Ruchi, “si respira dappertutto una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. In India, per esempio, lo stato del Sikkim sta praticando la transizione al 100% verso il biologico. Un risultato inimmaginabile fino a pochi anni fa”. In Italia, che Ruchi considera culla della biodiversità, Navdanya lavora molto con i mercati contadini e, in generale, con l’agricoltura naturale. “Questo tipo di agricoltura è la soluzione più logica per rimediare alle crisi ambientali e anche per rigenerare le economie locali”, sottolinea. Molto forti sono, nel nostro Paese, le partnership di Navdanya con le comunità locali per progetti di conservazione della biodiversità e per l’organizzazione di eventi destinati alla sensibilizzazione e allo scambio di conoscenze. Un lavoro che, insieme a quello di altri soggetti con una missione simile, ha già dato diversi frutti in termini di consapevolezza dei consumatori italiani. In futuro, l’idea di Ruchi è quella di replicare anche in Italia la fattoria-laboratorio sperimentale attivata e gestita in India direttamente da Navdanya, attraverso la quale i contadini locali vengono formati all’agroecologia e alla conservazione, selezione, scambio e coltivazione di semi di varietà diverse di una stessa specie vegetale.

Vandana Shiva a Firenze

Navdanya International si finanzia talvolta attraverso contributi di enti pubblici europei, e soprattutto con donazioni da parte di privati, sia fondazioni che persone singole. Chiunque volesse contribuire al lavoro di Ruchi e degli altri attivisti impegnati a divulgare nel mondo il messaggio di Vandana Shiva, contribuendo così a sostenere i piccoli agricoltori e a diffondere la cultura del cibo locale basata sulla biodiversità e sul rispetto della natura, può farlo con una donazione attraverso il sito web della ONLUS.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/12/navdanya-international-attivismo-mondiale-di-vandana-shiva-io-faccio-cosi-233/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

In Liguria il libero scambio di semi e cultura

Il 14 e 15 gennaio nei pressi di Genova abbiamo potuto assistere ad una “due giorni” davvero fuori dal comune, caratterizzata dal premio Parole di Terra e dal Mandillo dei Semi. Tra interviste, conferenze di Giorgio Diritti e Massimo Angelini, scambio di semi e riunioni del consorzio la Quarantina, abbiamo potuto assaporare assaggi di un mondo che ci piace, un mondo in cui natura, cultura, coltura e relazioni siano davvero i protagonisti indiscussi del nostro presente e del nostro futuro. Nel 2012, mentre esploravo l’Italia in camper, ebbi il privilegio di incontrare a Genova Massimo Angelini, ruralista, filosofo della terra, “padre” del Mandillo dei Semi, della Rete Semi Rurali, della casa editrice Pentàgora  e tra i protagonisti della battaglia che ha permesso dal 2007 all’Italia di essere uno dei pochi Paesi europei in cui non è vietato lo scambio di semi.img_5215

Sì, sembra assurdo, ma prima anche da noi era vietato donare, scambiare e vendere i propri semi.
Angelini mi introdusse quindi a questi straordinari mondi e mi permise di scoprire che una volta all’anno, dal 2001, centinaia di persone si ritrovano nei pressi di Genova per scambiare semi (prevalentemente locali), esperienze, amicizie.

Quando un altro uomo speciale nonché agente del cambiamento ligure Davide Capone, pochi mesi fa ci ha proposto di partecipare al raduno di inizio 2017 non ho esitato un attimo ad urlare il mio entusiasmo. Ed è così che pochi giorni fa ho potuto toccare con mano, finalmente di persona, questo semplice, quasi banale e quindi straordinario evento di “pace”.IMG_5156.jpg

Massimo Angelini

“Quando nacque il Mandillo – mi spiega Massimo Angelini – in Italia eravamo praticamente gli unici a scambiare semi. C’eravamo solo noi e quelli della Fierucola di Firenze. Ora ci sono decine di eventi come questi, eppure ogni anno le presenze al nostro incontro aumentano. Non so dire se sia un segnale di aumento di consapevolezza o una moda”.

In un caso o nell’altro io trovo fantastico che questo tipo di incontri e di azioni stia avendo una diffusione così virale. Il 15 gennaio a Ronco Scrivia sono transitate, tra i banchi degli scambiatori di semi, oltre 2000 persone! Ma non è tutto. All’interno di questi due giorni, ho potuto assistere anche al premio letterario organizzato dall’Associazione Parole di Terra, che vedeva come ospite speciale il regista Giorgio Diritti. Ho assistito alla sua conferenza, ho apprezzato la proiezione di un suo documentario e soprattutto ho potuto conversare con lui e ne sono uscito ulteriormente arricchito.giorgio-diritti.jpg

Giorgio Diritti

Nel video che vi proponiamo, trovate un assaggio di tutto questo.
Nelle prossime settimane, avremo modo di approfondire gli incontri più significativi.
Buona visione!

Intervista e riprese: Daniel Tarozzi
Montaggio: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/01/liguria-libero-scambio-semi-cultura/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

A lezione nell’orto. Una guida pratica per adulti e piccini

“L’orto dei bimbi”, di Serena Bonura, è un manuale che fornisce con dovizia di dettagli tutta una serie di informazioni, consigli, schede di attività per vivere con i bambini l’esperienza dell’orto. Oltre 40 attività ludiche e didattiche per giocare, imparare e crescere con i semi, gli ortaggi, le erbe aromatiche e quant’altro la natura offre.ortodeibimbi

Sostenibilità, km0, orti sociali sono termini con i quali stiamo via via prendendo confidenza e che rappresentano modelli di vita alternativi a quelli dominanti, improntati a una nuova attenzione verso la natura e verso le esigenze più autentiche dell’essere umano. Essere guidati fin da bambini a ritrovare l’armonia con l’ambiente può rappresentare la chiave di volta, non solo per salvare il pianeta dagli scenari funesti di inquinamento e distruzione a cui le attuali politiche economiche sembrano averlo destinato, ma anche per recuperare uno stile di vita sicuramente più congeniale ai bisogni dell’individuo. A tal proposito è arrivata in libreria una bella guida pratica di un’esperta nel campo dell’ecologia applicata all’educazione e alla comunicazione, la sociologa e ortoterapeuta siciliana Serena Bonura. “L’orto dei bimbi” di Terra Nuova Edizioni è un manuale che fornisce con dovizia di dettagli tutta una serie di informazioni, consigli, schede di attività per vivere con i bambini l’esperienza dell’orto. Ha appena finito di attraversare la penisola, da sud a nord, il book tour in dieci tappe di presentazione del libro, in cui l’autrice ha convogliato la sua lunga esperienza di educatrice ambientale. Di questa esperienza fa parte il lavoro svolto con APE, Aula Permanente di Ecologia, una vera e propria aula didattica all’aperto realizzata nel borgo di Savoca, in provincia di Messina, in cui si coltiva un orto didattico insieme alle scuole del territorio. Innumerevoli gli spunti presenti nel libro, dai principi generali per progettare un orto a misura di bambino, in un giardino, su un terrazzo, ma anche su un davanzale o persino in una semplice bottiglia, alle attività ludiche per stimolare i sensi attraverso il contatto con la natura, sino alle ricette per cucinare con i bambini i prodotti dell’orto. Il tutto arricchito da coloratissime foto e illustrazioni, che rendono ancor più gradevole la lettura. L’idea di fondo è che l’orto sia il “microcosmo perfetto per la crescita di un bambino… una palestra vivace e colorata, piena di stimoli tattili, sonori e gustativi”, un’occasione unica per i bambini per scoprire il tempo ciclico, imparare a coordinare i movimenti, affinare le abilità tattili, sviluppare la capacità di lavorare in gruppo e, non ultimo, scoprire la dimensione spirituale. “L’orto per me è un po’ come il mondo. Ci trovi tutto quello che ti serve”, questa la definizione dell’orto data da un bambino di 10 anni durante un’attività didattica. Ed ecco così garantiti anche quei diritti naturali dei bambini, sintetizzati dal maestro ed ecologista Gianfranco Zavalloni e citati nel libro, come il diritto all’ozio, a sporcarsi, agli odori, all’uso delle mani, al selvaggio, al silenzio, così spesso negati nelle nostre città. I benefici del prendersi cura della natura non sono prerogativa solo dei più piccoli. Ormai numerosi sono gli studi scientifici che dimostrano come le attività legate all’orto e al giardinaggio abbiano un potente effetto terapeutico, nell’ambito psicofisico, comportamentale e relazionale, riducendo ad esempio disturbi oggi molto diffusi quali stress, aggressività, ansia e depressione. Non resta dunque che rimboccarsi le maniche, armarsi di paletta e toccare con mano la forza guaritrice di Madre Terra.

Fonte: ilcambiamento.it

L'Orto dei Bimbi

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Il micro-orto in autoproduzione, dai semi al frutto

Vi restano cipolle, sedani, patate, aglio, ananas o quant’altro dopo avere servito in tavola il vostro pasto? Non gettate nulla, gli ortaggi possono essere ripiantati e ricrescere, anche sul davanzale o sul balcone. Per poi tornare sulle vostre tavole: autoproduzione e risparmio.orto_autoproduzione

Vi restano cipolle, sedani, patate, aglio, ananas o quant’altro dopo avere servito in tavola il vostro pasto? Non gettate nulla, gli ortaggi possono essere ripiantati e ricrescere, anche sul davanzale o sul balcone. Per poi tornare sulle vostre tavole: autoproduzione e risparmio.

Non gettate gli scarti dei vostri ortaggi o quanto vi resta dopo avere consumato il vostro pasto. Molti di questi possono essere ripiantati e ricrescere, per poi fornirvi altri ortaggi per la vostra tavola. Vi proponiamo anche un utile video che mostra come fare nella pratica; a realizzarlo è stato Nutritional Anarchy, un gruppo il cui nome parla da sé.

– Le cipolle primaverili sono un’ottima scelta, sono facili da piantare e far crescere, ricrescono in circa una settimana e aggiungono sapore a tutti i piatti e le zuppe. Come fare è molto semplice: mettete la radice della cipolla in un vaso di vetro con dentro acqua e guardate crescere la vostra piantina.

– Anche il sedano può ricrescere dopo avere provveduto a fornirvi ottimi nutrienti in insalata o saltato in padella.

-Patate e igname sono tuberi che possono ricrescere molto bene dopo avere germogliato. Metteteli sul davanzale della finestra come mostrato nel video o in un sacchetto di carta al buio per attendere che germoglino. Fate attenzione che si trattai di tuberi biologici, altrimenti non germoglieranno, come accade a molte patate trattate.

– Zenzero e aglio: Attendete che abbiano germogliato, incoraggiateli mettendoli alla luce sul davanzale della finestra. Quando sono pronti, metteteli in terra e aspettate. Per lo zenzero potrebbero occorrere fino a 10 mesi, ma poi è molto facile da coltivare e ne vale la pena.

– Le cipolle comuni possono rigermogliare dalla base e ricrescere delle dimensioni usuali una volta messe a dimora nel terreno.

– Per l’ananas il lavoro è maggiore e può essere necessario molto tempo, anche diversi anni, prima di ottenere i frutti. Una volta germogliata, va piantata a terra e poi non resta che aspettare. L’importante comunque è provare e riprovare.

Queste tecniche possono essere usate anche da chi tiene un orto e vuole prolungare la produzione di ortaggi e magari farla durare anche tutto l’anno se dotato di serra o luoghi adatti e riparati. È anche un’attività divertente da fare con i bambini, per mostrare loro che il cibo che mangiamo non cresce…al supermercato! Impareranno a prenderci cura della terra e di ciò che si vedranno pii arrivare nel piatto come nutrimento. La riproduzione di ortaggi da altri ortaggi consente anche di risparmiare denaro e di avere ortaggi coltivati da voi in maniera naturale e da mangiare appena colti.

Volete provare e sperimentare? Avete idee e suggerimenti perché avete già sperimentato anche con altri ortaggi? Condividete qui le vostre conoscenze, inserendo i commenti o scrivendo a redazione@ilcambiamento.it, facendo partecipi tutti di quanto può essere utile sapere. Buona coltivazione!

Fonte: ilcambiamento.it

Come fare un orto domestico coinvolgendo i bimbi: ecco alcuni trucchi

Non è difficile organizzare un orto in casa propria. Basta avere un piccolo giardino, un terrazzo oppure un’aiuola, anche nello spazio condominiale, per poter dare vita ad un esperimento tutto naturale che coinvolga anche i bambini.Gazette_KatiesKrops-e1371799933883-400x250

Scegliere le piante, scavare il terreno nei punti giusti per piantare i semi, sporcarsi e veder crescere la vita da un giorno all’altro può essere un’esperienza incredibile, un momento coinvolgente da condividere in armonia con la propria famiglia, senza tralasciare il piacere di assaporare i frutti della terra, scusa utilissima per avvicinare i più piccini alla verdura! Di seguito vi esporremo alcuni semplici passi da seguire per allestire un piccolo ma lussureggiante orto domestico:

Rifornirsi di strumenti: prima di dare il via al proprio orto bisogna rifornirsi di alcuni attrezzi necessari per la cura e la manutenzione di base. Vi serviranno una zappa, un rastrello, una piccola pala e guanti da giardinaggio (di solito di cotone resistente). Poi, a seconda del tipo di orto, potranno essere necessari anche vasi e terriccio. Se volete far divertire i vostri figli e avete un minimo di manualità è facile trovare in rete le istruzioni per costruire un pratico annaffiatoio partendo da un grosso contenitore di succo di frutta.

Trovare la giusta posizione: è chiaro che se il giardino è grande non si avranno problemi a trovare la giusta collocazione all’orto, ma non è necessario vivere in campagna per iniziare. Basta un piccolo spazio condominiale e se non c’è si possono comprare diversi vasi di terracotta e destinare ognuno di essi ad un tipo unico di coltura. Se non si dispone di spazio in casa allora si può fare affidamento su una tendenza da poco arrivata anche in Italia ma che si è diffusa in poco tempo, l’orto urbano. Sono zone comunali – spesso aree cittadine dismesse –  da curare (magari durante il weekend) chiedendo un semplice permesso. Qualunque sia la partenza ricordate di fotografare il prima, il durante e il dopo; sarà divertente ed istruttivo vedere i cambiamenti radicali che solo la nascita delle piante sanno portare in un qualsiasi luogo.

 

Scelta dei semi:  per garantirsi il successo dell’orto bisogna saper scegliere i semi giusti a seconda dello spazio a disposizione, del clima e dell’esposizione solare. La cosa migliore da fare è affidarsi ai titolari di consorzi o dei vivai in cui si va a comprare i semi. L’esperienza sul clima e le piante adatte alla stagione degli addetti al settore può esservi ancora più utile se spiegate loro il tipo di orto che state cercando di organizzare, lo spazio a vostra disposizione e le ore di luce e di ombra a cui è esposto durante il giorno. Non dimenticate mai di dire che siete principianti, così il venditore potrà consigliarvi un tipo di coltura semplice da far crescere (pomodori, ravanelli, fagiolini e peperoncini dolci sono semplici da curare, mentre cavoli e mais possono essere una sfida facile da perdere). In fine, cercate di conciliare tutto questo con i gusti dei vostri figli, così che l’esperienza “orto domestico” sia divertente anche durante la cena.

 

Iniziare a piantare:  per i bambini questo è il momento più emozionante; possono giocare con la terra, imbrattarsi i vestiti  e le mani mentre imparano cos’è un seme. Curare l’orto per almeno un paio di pomeriggi a settimana, fotografando i vari cambiamenti, significherà per loro imparare come nasce la vita. Cogliere le piante mature per mangiarle impartirà una lezione sul rispetto che bisogna portare per ogni forma di vita.

 

Avere cura del proprio giardino: la cura del giardino è la parte più importante, anche di più del piantare. Se non le si dedica abbastanza tempo ci sono poche possibilità che ogni pianta prosperi e dia tanti frutti. Può essere utile portare sempre i bambini con voi, insegnargli a tastare la terra per capire se ha bisogno d’acqua e lasciare che siano loro ad innaffiare una piantina per volta. Fategli capire quali sono le erbacce e come estirparle, quando è il momento migliore per cogliere un frutto e mentre lo fate, le parole d’ordine saranno: divertirsi e rilassarsi guardando i propri figli che entrano in contatto con la Terra.

Il giardino dei ricordi: per rendere memorabile il tempo passato nell’orto e far si che non sia un momento passeggero ma un esperienza che si rinnova ogni anno si può organizzare una gara, ad esempio quella del vegetale più grande o dello zucchino più lungo. Saranno i bambini a giudicare il vincitore e potranno creare un album con le foto dei primi classificati di ogni stagione. Si può organizzare anche una  piccola festa per la premiazione invitando i compagni di scuola o gli amici più stretti.

Fonte: tuttogreen.it

Ecor presenta Alimenti ritrovati con semi patrimonio della biodiversità e del Made in Italy

Ecor presenta la linea Alimenti Ritrovati e porta sulle nostre tavole antiche varietà di semi, cerali e legumi autoctoni, ottenuti da agricoltura biologica e biodinamica

Mangiare alimenti di certa origine italiana con una filiera trasparente e controllata è possibile a patto di conoscere le aziende che hanno optato per queste forme di produzione. Ecor è una delle aziende italiane che ha deciso di concentrare la sua produzione su materie prime che provengono da un rigido sistema di produzione controllato e trasparente che usa semi autoctoni italiani ricorrendo a antiche varietà di cereali e legumi. Per fare ciò Ecor ha scelto, letteralmente sul campo agricolo, i coltivatori che usano semi di grano duro quali Simeto, Pietrafitta, Saragolla o Iride e che declinano la produzione verso sistemi di agricoltura biologica se non biodinamica. Il che tradotto vuol dire, niente pesticidi, senza resa intensiva e nel rispetto dei cicli di rotazione delle colture.foto-di-gruppo-620x350

Si innestano su questi principi i prodotti della linea Alimenti ritrovati che affina ulteriormente la materia prima presa da varietà locali e dunque da sementi slegate dalle logiche del profitto dei brevetti nelle mani delle multinazionali. Sono semi non ibridi che conservano nel loro patrimonio genetico millenni di sopravvivenza e di adattamento, vero patrimonio della biodiversità nel territorio e che dunque rispondono se non sovraccaricati, in maniera egregia alla coltivazione. Sono tutti coltivati secondo le tecniche dell’agricoltura biologica e sono il Farro monococco (confezione da 400 gr. 2,20 euro) o farro piccolo, il grano di Timilia (confezione di farina 400 gr. 1,80 euro), il grano tenero di Solina (farina confezione da 400 gr. 1,50 euro), la cicerchia (confezione da 400 gr. 3,89 euro), la roveja (confezione da 400 gr. 6,99 euro) e la lenticchia di Altamura (confezione da 400 gr.3,10 euro).

Prova le ricette con gli Alimenti ritrovati

Le proprietà dei cereali e legumi made in Italy proprio perché autoctoni e non figli del marketing sono particolarmente nobili: ad esempio il Farro monococco è considerato oggi una specie rara e sebbene fornisca resa ridotta è di elevato gusto e qualità; il grano duro Timilia è una varietà autoctona della Sicilia, se ne produce poco ma ha un gran sapore e veniva usato in passato per produrre il pane nero di Castelvetrano; il grano tenero di Solina è una varietà che cresce tra le montagne dell’Abruzzo, ha una produttività limitata ma è perfetto per i prodotti da forno; la cicerchia è un legume simile ai ceci perfetta per zuppe e minestre ma anche ideale per preparare gli hamburger vegani che assumo consistenza e sapore decisi; la roveja, invece, è un legume di cui nel tempo si è perso l’uso. Era parte integrante dell’alimentazione dei pastori e dei contadini e al gusto risulta delicato e saporito; infine, la lenticchia di Altamura è probabilmente la vera star della selezione Alimenti ritrovati salvata dal CNR e da agricoltori che hanno creduto in questo alimento. E’ da provare e gustare anche come semplice zuppa perché è davvero saporita.

Fonte: ecoblog.it

I vegetariani vivono più a lungo dei carnivori, un nuovo studio lo dimostra

I vegetariani vivono più a lungo dei carnivori. Questo il risultato dello studio pubblicato su JAMA Internal Medicineveggie1-620x350

Lo studio pubblicato su JAMA, Journal of the American Medical Association, rivela che i vegetariani vivono più a lungo dei carnivori. I medici sono giunti a questo risultato avendo seguito 73.308 membri della Chiesa avventista del settimo giorno per quasi sei anni. La chiesa è nota per la promozione di una dieta vegetariana (anche se non tutti seguono queste indicazioni) per cui si raccomanda:

l’uso generoso di pane di grano intero, cereali e pasta, un abbondante uso di verdure fresche e frutta, un uso moderato di legumi, noci e semi.

I ricercatori hanno diviso le persone in quattro grandi categorie: i non-vegetariani, i semi-vegetariani, ossia che mangiano carne più di una volta al mese ma meno di una volta alla settimana e poi i vegani che non mangiano carne, latte e tutti i derivati animali come le uova o il miele. Infine c’è chi mangia pesce ma non mangia carne, anche se consuma latticini e uova e i ricercatori hanno messo assieme quest’ultimo gruppo di persone sotto la voce “vegetariani”. I ricercatori hanno seguito le diete dei partecipanti al monitoraggio concentrandosi su vegetariani e non-vegetariani e hanno analizzato poi le cause della morte. Ebbene nel periodo di controllo è stato riscontrato il 12& di decessi in meno dei vegetariani. Dunque le scelte alimentari sembrano aver giocato un ruolo importante nel proteggere le persone da malattie cardiovascolari per cui i vegetariani hanno il 19% delle probabilità in meno di morire rispetto a coloro che assumono carne. Si sono riscontrati anche un numero inferiore di decessi legati a patologie quali diabete o insufficienza renale. L’apporto calorico non sembra avere importanza. I diversi gruppi partecipanti hanno introdotto circa la stessa quantità di calorie giornaliera e i ricercatori hanno riscontrato che i benefici dunque non erano legati alla quantità. Il vantaggio è apparso più consistente negli uomini rispetto alle donne, la cui dieta non sembra fare una sostanziale differenza. Mangiare cibi vegetali non sembra proteggere contro il cancro, che ha colpito sia i vegetariani sia i non-vegetariani approssimativamente in eguale misura. Lo studio è stato redatto dai ricercatori della Loma Linda University in California, è molto ampio e fa riferimento anche a ricerche precedenti. Nella ricerca viene spiegato che non si conosce ancora la causa per cui una dieta a base vegetariana abbia un effetto protettivo. Probabilmente la ragione riguarda la maggiore presenza di fibre e un basso contenuto di grassi saturi. I vegetariani tendono ad essere più sottili, altro fattore benefico e peraltro i partecipanti alla ricerca facevano scarso uso di alcool e tabacco. La dieta vegetariana in ogni caso è efficace se viene seguita correttamente, ossia con l’assunzione di tutte le sostante nutritive fondamentali quali ferro, zinco, calcio e vitamina B12.

Fonte:  WSJ

 

Vandana Shiva: “i piccoli siano custodi dei semi”

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“Ai bambini chiediamo di salvare il Pianeta e la biodiversità. Siano i piccoli custodi dei nostri semi”. Queste le parole di Vandana Shiva, considerata la più autorevole teorica dell’ecologia sociale, che alla mostra-convegno Terra Futura, presso la Fortezza da Basso a Firenze, ha presentato, sul tema dell’agricoltura sostenibile, il progetto ‘La legge del seme’. Lo scopo è quello di difendere il diritto alla biodiversità, per interrompere le manipolazioni tese a modificare geneticamente i prodotti naturali, con ricadute sulla libertà e capacità di reddito degli agricoltori e sulla tutela del patrimonio genetico naturale della varietà degli organismi. È un progetto importante che coinvolge anche i più piccoli, perché, spiega Shiva, “se il seme è il futuro, anche i bambini lo sono”. In questo periodo “di chiusura, ai bambini chiediamo di salvare il Pianeta e la biodiversità”, ribadisce la scienziata indiana premio Nobel per la pace nel 1993. “Dobbiamo lavorare con il cuore, con la mente e il corpo e cercare di potenziare le risorse che stiamo distruggendo”, sottolinea Shiva. La legge sui semi, quindi, rappresenta la “speranza per il futuro” e la speranza c’è “fino a che lotteremo contro le multinazionali che stanno opprimendo il mondo- conclude Shiva- uccidono la natura e i piccoli agricoltori, come abbiamo visto gli ogm non hanno sfamato il mondo”. Dopo il convegno Vandana Shiva, assieme ad una madrina d’eccezione, la conduttrice televisiva Serena Dandini, ha accompagnato i bambini ad un piccolo orto dove ha chiesto loro di prendere una piantina: “Promettetemi di proteggere le piante e una volta cresciute condividetele con gli altri”, solo così “si salverà il Pianeta”.

Fonte: Articolo tratto da Dire

ECCO COME SI FANNO LE BOMBE DI SEMI

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FATE AZIONI D’AMORE PARTENDO DA UN SEME

In questo articolo vi spieghiamo come fare una bomba di semi: da gettare ovunque e in ogni luogo!Mettete fiori nei cannoni: era un detto degli anni ’70, della Flower Power Generation. Oggi i figli dei fiori si sono trasformati in molteplici manifestazioni umane, come i guerriglieri del Guerrilla Gardening. Gli attivisti della semina selvaggia se ne vanno, a volto coperto nella notte, a seminare fiori e ortaggi nelle zone degradate della città, creano delle aiuole stupende e coloratissime, preparano bombe di terra e semi e le gettano dove ci sia un lenzuolo di terreno disponibile. Fanno cultura, celebrano la vita oltre la specie, credono in un’idea, sono pacifisti. Seminano Amore attraverso dei piccoli semini. Tutti noi possiamo fare la guerriglia dei semi, uscire alla sera o anche al mattino con un cestino pieno di bombe di semi e spargere la vita sulla terra.wbresize.aspx_22

CE LA VOGLIAMO ALLORA COSTRUIRE UN BOMBA DI SEMI? ECCO COME SI FA

1 Prendere una vaschetta di terriccio comune
2 Preparare un mix di semi (fiori di campo e trifoglio, varietà di fiori perduti, fiori e ortaggi e altri che ritenete adatti)
3 Procurarsi un poco d’acqua
4 Mischiare il terreno con i semi (per ogni due parti di terreno, una deve essere di semi)
5 Aggiungere acqua quanto basta per amalgamare il tutto
6 Impastare fino ad ottenere un composto omogeneo
7 Iniziare la pallina raccogliendo una piccola porzione di impasto nel palmo della mano
8 Lavorare il tutto fino ad ottenere una pallina come quella della foto

*Giulia Landini

Fonte: http://pianetablunews.wordpress.com/