L’importanza del noi in un mondo fatto di io

Con l’avvento delle tecnologie informatiche il mondo è in preda a un’overdose di ego. Basta vedere la mania dei selfie per capire dove è indirizzato lo sguardo e l’attenzione di ciascuno di noi: su noi stessi.Os Protagonistas - Conceito de Individualismo

La possibilità di farsi conoscere soprattutto attraverso la rete e avere i famosi cinque minuti di celebrità, facendo non importa cosa, è diventata una sorta di droga. Sembra che per  avere la sensazione di essere vivi occorra assolutamente emergere e qualsiasi altra persona può diventare utile o meno per il raggiungimento del nostro scopo, cioè appagare il nostro ego. L’anima della società basata sull’arrivismo, sull’individualismo che ha sancito la distruzione della comunità, fa leva proprio sull’io supremo che deve affermarsi in ogni modo. La concorrenza delle imprese che lottano fra loro spietatamente si è trasferita anche alle persone, in costante gara per primeggiare, ognuno deve diventare una impresa di se stesso. In una situazione del genere, non ci si deve certo stupire se stiamo perdendo tutti i diritti ottenuti a caro prezzo da chi aveva ancora un noi in mente.  Nella lotta alla competizione dove il proprio messaggio, la propria immagine deve risaltare a qualsiasi costo, l’altro è inteso come qualcuno che può essere utile al raggiungimento del proprio scopo. Quello che colpisce di queste persone è il pensare che chi sfruttano sia così stupido da non accorgersi della povertà di chi agisce in questo modo. Le persone non sono gradini da calpestare per arrivare non si sa bene dove, perché lassù si sarà da soli o al massimo circondati da gente come noi che calcolano esattamente quanto gli altri possano essere loro utili.  L’ego si scontra sempre con altri ego che vogliono lo stesso spazio, la stessa visibilità e quindi è difficile che questa gente trovi veri amici, vere e profonde relazioni perché tutto si basa sulla convenienza. E anche il mondo “dell’alternativo” inizia a essere molto frequentato da ultimi arrivati che magari hanno capito che nel mondo “normale” non sarebbero emersi e allora si portano dietro il loro cinismo, opportunismo anche nel mondo del cosiddetto cambiamento. Ma ce ne vuole per scrollarsi di dosso formazione e insegnamenti arrivisti e non basta cambiarsi di abito e parlare di cose nobili. C’è poi chi si stupisce che anche all’interno del mondo che dovrebbe rifuggire gli schemi convenzionali ci siano lotte intestine e meschinità assortite, soprattutto per conquistare il proprio spazio di visibilità e gloria ma ciò è assolutamente normale perché non c’è nessun mondo di alternativi, bensì un mondo diviso in opportunisti  e un mondo di persone che agisce in maniera diversa e queste ultime non abitano necessariamente dalle parti  di chi parla di concetti alti.  Puoi trovare persone corrette e oneste che non parlano di cambiare il mondo ma magari lo fanno lo stesso semplicemente con la loro pratica, con il loro esempio. E questi esempi e questa pratica valgono più di mille discorsi e mille trasformismi. Ci sono infatti ormai bravissimi professionisti della vendita di se stessi basata sul poco e niente, capaci di trasformare e vendere in oro qualsiasi cosa dicano o facciano. Tutta questa overdose di ego ha però una conseguenza negativa e cioè che si è incapaci di confrontarsi e collaborare con gli altri che potrebbero in qualche modo oscurare il proprio sacro io. E da qui si vede che le proposte di chi si inventa alternativo senza avere né una storia, né una credibilità, sono roba che regge poco. Persone del genere se un domani il mondo cambiasse davvero e fosse necessario cooperare con gli altri, sarebbero i primi che andrebbero in totale crisi. Probabilmente sono persone che non hanno superato lo stato adolescenziale e iper protettivo della famiglia e che mascherano le proprie debolezze e fragilità gonfiandosi a dismisura fino spesso a scoppiare. C’è invece bisogno di umiltà e credibilità non di ego spropositati bravissimi nella vendita di se stessi. Non abbiamo bisogno di tromboni, di persone che devono emergere a tutti i costi usando chiunque ma c’è bisogno di collaborazione sincera dove gli obiettivi sono l’arricchimento interiore e lo scambio che sono le premesse per una crescita reciproca. Se si pensa agli altri come qualcuno o qualcosa che ci possa servire perché dobbiamo raggiungere un traguardo non ci si accorge che non esistono traguardi da raggiungere nella crescita personale, esiste la bellezza dello stare assieme, la condivisione, la conoscenza, l’ascolto, l’apprendimento tutte cose che non fanno troppo spazio all’ego ma che rendono la vita e le relazioni degne di essere vissute. Nessun risultato o traguardo è più importante del sapere che dall’altra parte c’è qualcuno che ci considera e ci stima per i nostri valori, la nostra onestà e non per il nostro tornare utili a qualcosa.  Con un ritrovato noi si può pensare di cambiare in profondità la società e se stessi.  Tutto il resto è fatto di chiacchiere e vani tentativi.

Fonte: ilcambiamento.it

Pensare come le Montagne

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#Felfie, gli autoscatti social di agricoltori e allevatori su Farmingselfie.com

Un contadino dell’Essex ha lanciato un sito nel quale vengono raccolti i selfie degli agricoltori di tutto il mondo. Perché la rivoluzione social non sia soltanto urbanocentricaImmagine7-586x396

Il selfie (ahinoi una delle parole feticcio del 2013 secondo l’Oxford Dictionary) o, per i più autarchici, l’autoscatto non è soltanto pratica élitaria, metropolitana e giovanilistica. No, l’autoscatto esplode un po’ ovunque e nella pratica ormai quotidiana e condivisa della pubblicazione degli autoscatti sul proprio account di Facebook Twitter arrivano anche agricoltori allevatori che cliccano sui loro smartphone o sulle loro fotocamere per poi pubblicare sul web gli autoritratti che li vedono in posa accanto a mucche, buoi, pecore, capre, maiali, sui loro trattori, in mezzo ai campi di grano. L’idea di Farmingselfie.com è venuta a Will Wilson, un agricoltore inglese dell’Essex: raccogliere i #felfie, gli autoritratti dei colleghi agricoltori e allevatori inviati da tutto il mondo. La digitalizzazione delle aziende agricole è una realtà che si scontra con una banda larga che, anche nei Paesi maggiormente all’avanguardia, fa ancora molta fatica a diffondersi in maniera capillare nelle aree rurali. Nel marzo 2012, il consulente di aziende agricole Simon Haley ha lanciato #AgriChatUk un hashtag pensato come punto di incontro per gli agricoltori del Regno Unito. Risultato? Nell’ottobre dello stesso anno l’hashtag è finito nella top ten dei trend topic. E se una volta ci si confrontava al mercato del bestiame, ora lo scambio di vedute è globale e un contadino scozzese e uno neozelandese possono scambiarsi consigli sulla migliore alimentazione delle pecore. La rivoluzione social, per molti analisti soltanto urbanocentrica, contagia anche le campagne.

Fonte:  Farmingselfie