Scuola parentale: come, con chi e perché? Facciamo chiarezza!

Con la pedagogista Cecilia Fazioli e l’avvocato Gabriele Bordoni ci addentriamo nel mondo della scuola parentale, provando a dare una risposta ai dubbi e agli aspetti meno conosciuti di questa scelta educativa. Parallelamente, cerchiamo di capire cos’è che non funziona nella scuola pubblica e quali sono i margini di miglioramento.

Cecilia Fazioli – pedagogista, counselor, formatrice – e l’avvocato Gabriele Bordoni, esperto di tematiche legali associate alla scuola parentale, hanno approfondito – ospiti di ATuxTu condotto dal nostro Paolo Cignini – il grande tema delle proposte alternative alla scuola convenzionale.

Cecilia Fazioli

Cecilia ha pubblicato per Terra Nuova Edizioni il libro “La scuola parentale: Come farla diventare una vera opportunità formativa per bambini e ragazzi”. Si tratta di una guida pratica per capire come strutturare, passo dopo passo, una proposta alternativa alla scuola statale, un approccio che ponga al centro i bisogni dei ragazzi. Il libro nasce per colmare un vuoto in questo ambito ancora poco conosciuto e per risolvere la confusione creatasi attorno all’argomento. L’autrice ha lavorato nella scuola pubblica, si occupa di sostegno alla genitorialità ed è co-fondatrice di una scuola parentale. Partendo dalla riflessione che la scuola pubblica italiana risulta essere debole e insufficiente nell’affrontare i cambiamenti sociali e culturali, è lecito chiedersi quali sono le possibilità di scelta di un’educazione “alternativa”. Cecilia risponde partendo dalla definizione di scuola parentale, descrivendola come «un gruppo di famiglie che inizia un progetto educativo in comune, in collaborazione anche con educatori esterni, in cui si vive una dimensione collettiva, di comunità».

La scuola parentale può essere una valida alternativa, ma bisogna sapere come fare: «Chi vuole percorre questa strada – prosegue – deve affrontarla con i giusti strumenti e un’adeguata formazione. Altrimenti si rischia, pur avendo le migliori intenzioni, di non ottenere il risultato sperato. È una scelta di responsabilità del genitore che deve essere fatta in modo consapevole, a partire da una profonda indagine personale».cecilia fazioli

Ma quali sono gli ingredienti necessari per avviare una scuola parentale? Si parte prima di tutto dall’identità del progetto che deve essere «chiara e condivisa da tutti i genitori coinvolti, perché inevitabilmente la dimensione del desiderio individuale si intreccia e si scontra con la dimensione collettiva. Nelle mie consulenze parto proprio da qui e non è semplice perché si mettono in gioco le identità e i valori dei singoli genitori. Questa fase richiede tanta volontà di ascoltarsi, di interagire con gli altri, di essere aperti all’incontro con l’altro e nutrire il pensiero del gruppo, attraverso il confronto. Le famiglie sono tanti microcosmi che si uniscono e interagiscono per dare vita a una identità collettiva».

Un altro ingrediente fondamentale è la responsabilità. «Questo approccio all’educazione – sottolinea Cecilia in proposito – non si basa sulla delega. La scuola parentale non può vivere, resistere e crescere se non c’è un atteggiamento partecipativo. Tutti i componenti devono contribuire in modo attivo. Ogni giorno la scuola prevede attività, mansioni e non esistono figure come il bidello, l’insegnante o il dirigente. Tutti sono coinvolti e responsabili nel portare avanti la struttura».

Il modello della scuola pubblica è rimasto granitico. Non si è evoluto con le esigenze delle persone. Nella scuola si predispone un protocollo che deve andare bene per tutti, ma è evidente che qualcuno rimarrà fuori. «Chi non è conforme non è sbagliato, anche se passa questa idea. Siamo noi che abbiamo creato un ambiente che non è in grado di gestire la pluralità», spiega la Fazioli. «La scuola parentale invece offre l’opportunità di guardare il bambino per come è fatto e si muove per trovare un modo per cui si possa esprimere secondo i suoi talenti».

«Da qui è importante saper coltivare il dubbio nel suo significato di stare dentro i processi, interrogarsi e indagare. Il dubbio dovrebbe essere presente in tutti gli ambiti della vita e in particolare nell’ambito educativo perché implica muoversi verso l’altro, vederlo, mettendo in discussione le proprie certezze e riconoscendo gli eventuali errori». Un dialogo e un continuo confronto da coltivare anche verso l’esterno con le realtà del territorio, con altre scuole e con le istituzioni, poiché è importante per i bambini non rimanere chiusi dentro la propria situazione, per evitare anche di essere percepiti come elitari. Anche gli aspetti pratici sono centrali e da pianificare con attenzione: scegliere un luogo idoneo, darsi delle regole e una forma giuridica chiara e ordinata. A tal proposito interviene l’avvocato Gabriele Bordoni, curatore di un capitolo del libro proprio dedicato alle questioni legali: «La costituzione contiene delle norme che prevedono la libertà di istruzione e di educazione dei figli nel rispetto di alcuni parametri fondamentali per la crescita dei ragazzi. Esiste una gamma molto estesa di forme giuridiche che può assumere la scuola parentale. Viene definito un ambito spaziale in cui si va ad operare con delle caratteristiche di sicurezza, di igiene e pensato per evitare l’esposizione al rischio. In base alle dimensioni del progetto e alle intenzioni, si decide quale strada prendere, ad esempio creando un’associazione, una società di persone o una cooperativa sociale. Le possibilità sono tante, da esperienze ristrette ad altre molto più strutturate. L’intento è di proteggere l’asse educativo sia dall’interno che dall’esterno».

Oltre agli obblighi esistono anche agevolazioni fiscali. L’importante è avere consapevolezza di cosa si sta facendo: lasciare al caso o essere superficiali è dannoso perché si rischia di essere poi dequalificati, perdere di credibilità anche come realtà alternativa di scuola parentale. È un’esperienza complessa e gli aspetti pedagogici si intrecciano con quelli giuridici: «Tengo a dire – prosegue il legale – che non si tratta di una competizione tra scuola pubblica e scuola parentale. Ci vorrebbero collaborazione, confronto e contaminazione tra le due strutture così da avere un arricchimento e un miglioramento reciproco. Credo sia fondamentale recuperare l’aspetto umanistico dell’educazione. La scarsa capacità di confrontarsi, di aiutarsi, dello scambio di idee, di collaborare ha sicuramente una responsabilità nella scuola che non ha la capacità di indirizzare e arginare questa deriva pessima che si riscontra nel mondo giovanile».

Il quadro sembra dunque delinearsi più chiaramente e ulteriori dubbi sono fugati dalla riflessione conclusiva di Cecilia: «Bisogna capire il senso educativo più in profondità, ragionare su domande che hanno a che fare con la nostra esistenza, il tempo di oggi ce lo sta chiedendo. La scuola pubblica non riesce a dare queste risposte, non si pone nemmeno le domande. La scuola parentale può essere portatrice di un pensiero rinnovato con un’attenzione agli aspetti umanistici, che oggi purtroppo sono lasciati da parte».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/03/scuola-parentale-facciamo-chiarezza/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

La Vita al Centro, la scuola parentale immersa nel verde.

Scuola parentale e biocentrica con micronido, giardino d’infanzia, elementari e medie. La Vita al Centro è una realtà educativa dove, al centro, c’è la vita di bambini e bambine che in questo luogo magico imparano nella natura e dalla natura. Ci racconta il progetto Tiziana Coda-Zabet, la sua fondatrice, testimoniando che un’educazione diversa è possibile. Le fiabe che preferivo da bambina erano quelle ambientate nella natura. Boschi incantati e creature magiche erano i protagonisti di un mondo avvincente e avventuroso, a metà fra realtà e magia. Mai più avrei pensato di rivivere quelle sensazioni fino a quando siamo andati a conoscere il progetto della scuola “La vita al Centro“, che ha risvegliato in me quelle sensazioni da lungo tempo assopite. E proprio qui, sulla collina torinese a due passi dalla città, la scuola nasce dal sogno di un’associazione culturale di educatori e genitori che vogliono dimostrare che un nuovo tipo di educazione, basato sulla curiosità, l’affettività e la consapevolezza, è possibile.

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Questo è un luogo dove la vita viene celebrata ogni giorno, dove la natura e le sue creature si trasformano in sagge insegnanti, dove il tempo è vissuto come un dono prezioso da custodire e condividere e dove l’esperienza è la lezione più grande da cui apprendere. Giunti a destinazione ci accorgiamo che qui tutto è scuola: dalle classi al giardino coi giochi, dall’enorme parco verdeggiante al bosco limitrofo. Incontriamo Tiziana Coda-Zabet, fondatrice del progetto. Come ci racconta nel video, all’inizio la scuola contava soltanto tre bambini, che ora hanno raggiunto il centinaio.

«Non ci aspettavamo una risposta del genere e questo dimostra che c’è una forte ricerca da parte dei genitori di un’educazione diversa». Per questo motivo nasce la scuola parentale, dal desiderio comune dei genitori di offrire un’educazione alternativa ai propri figli. E mentre Tiziana ci parla, siamo circondati da bambini e bambine che incuriositi ascoltano la nostra intervista, come il miglior pubblico che si possa desiderare, mentre i loro compagni corrono liberi coprendo quasi completamente le nostre voci con le loro risate e gioia di vivere. Come ci racconta Tiziana, si tratta di un’esperienza simile all’home schooling ma, in questo caso, i genitori scelgono una struttura e degli accompagnatori per la crescita dei loro figli. Al termine di ogni anno viene effettuato un esame finale monitorando il percorso di apprendimento e fornendo regolarmente ai bambini e alle bambine le certificazioni. La Cooperativa “La Rete della Vita al Centro” qui gestisce tutte le attività didattiche: dal micronido, alla materna, alle elementari, ad una classe di medie. Uno degli elementi fondanti della scuola è che si basa su un’educazione biocentrica. Come ci spiega Tiziana, si tratta di una visione che vede l’uomo abitante del pianeta alla stessa stregua di ogni altra forma vivente e quindi è tenuto a rispettarla e vivere in armonia con essa.Non si tratta quindi di un’educazione individualista ma di un’educazione alla socialità che supera la visione antropocentrica che è stata alla base delle metodologie pedagogiche occidentali degli ultimi secoli. Formulata dallo psicologo cileno Rolando Toro Araneda, fondatore della biodanza, insegna che tutti gli esseri viventi, nessuno escluso, appartengono ad un’unica grande “rete della vita”.

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All’interno della scuola la biodanza è materia curricolare: «Praticandola, conduce bambini e bambine a conoscere meglio se stessi, a entrare in relazione armoniosa con ciò che li circonda e con le proprie emozioni e ad esprimere ciò che sentono». E durante le lezioni non mancano momenti in cui grandi e piccoli praticano la biodanza insieme, facendo ciò che vi è di più bello: prendersi cura reciprocamente. La presenza della natura diventa l’habitat perfetto dove crescere: qui si è liberi di poter sbagliare e di imparare dalle proprie esperienze. Ma non solo. Durante le lezioni si fa ogni giorno amicizia con l’ambiente circostante. «Entrando nel parco i bambini hanno individuato due grandi querce, che per loro sono le guardiane del bosco. Sotto alle chiome degli alberi suoniamo i djembe, facciamo poesia guardandoci negli occhi» ci spiega Tiziana nel video. «Insegniamo che il bosco cambia a seconda delle stagioni, invitiamo bambini e bambine all’osservazione della natura che si trasforma ogni giorno, stimolandoli ad attivare i sensi perché sono proprio i nostri sensi la porta che permette al mondo di entrare dentro di noi».

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Oggi la scuola conta una ventina di insegnanti ed educatori. Oltre alle lezioni si svolgono laboratori creativi come storytelling, yoga, circo e teatro. «Quest’anno abbiamo anche introdotto nelle nostre lezioni la permacultura. Abbiamo costruito insieme ai bambini una compostiera per mostrare loro il valore degli avanzi di cucina e il fatto che in natura non c’è mai spreco».  L’alimentazione, poi, è parte integrante dell’apprendimento. L’istituto ha scelto di seguire una linea vegetariana e biologica aderendo a un Gas, con alimenti sani e naturali, forniti dai piccoli produttori locali. Tiziana ci spiega che l’obiettivo ora è diventare una scuola aperta a tutti. Per coloro che hanno difficoltà economica sono possibili delle rette agevolate che vengono scambiate con lavoro, cercando di renderla accessibile a chiunque. Diversi genitori, in questo modo, danno il loro contributo in attività che sono molto importanti per la sopravvivenza del progetto.

«Per noi il valore del singolo è fondamentale. All’interno della scuola conosciamo uno ad uno tutti i bambini e le bambine, li vediamo crescere, evolvere, ci confrontiamo sui problemi che possono attraversare nelle loro vite, cerchiamo, come adulti, di essere sempre presenti ma non sostituendoci mai a loro».

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In compagnia di Tiziana il tempo è volato ma ci soffermiamo ancora un attimo per farci raccontare quella che per lei è la sua più grande vittoria.

«Per noi è una grande vittoria il fatto che alle nostre riunioni partecipino insegnanti delle scuole statali. Questo significa che è in atto una contaminazione positiva che si sta trasformando in un’influenza reciproca, proprio come è avvenuto con la scuola nella quale abbiamo svolto per diversi anni l’esame finale e che ora si è trasformata in una “scuola senza zaino”. La vita al centro è per noi uno studio continuo. Il nostro sogno è portare un nuovo metodo nelle scuole, esportando la visione biocentrica che qui sperimentiamo e trasformandola in uno strumento positivo per la crescita di tutti i bambini». Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/01/vita-centro-scuola-parentale-immersa-verde/?utm_source=newsletter&utm_medium=email