Vivere basso, pensare alto: è tempo di scelte

Solitamente nella società attuale chi ha privilegi li vuole mantenere, chi ha sicurezze le vuole per sempre, chi ha il posto di lavoro sicuro lo benedice. Eppure ultimamente, sempre più spesso, c’è chi invece questi aspetti inizia a metterli in discussione e ad intraprendere percorsi diversi. E’ quello che ha fatto Andrea Strozzi, ex manager che ha lasciato un lavoro ben pagato per scegliere la dimensione dell’essere e del diventare anziché quella dell’avere. Andrea si racconta nel suo libro, “Vivere basso, pensare alto…o sarà crisi vera”.viverebassopensarealto

Sono sempre di più coloro che iniziano a mettere in discussione modelli considerati sacri dalla società, dai parenti, dagli amici, perfino dai mariti e dalle mogli, preoccupati che qualcosa di irreparabile, scandaloso possa accadere se qualcuno improvvisamente imbocca un’altra strada. Come se sprecare la propria vita non fosse già di per sé qualcosa di scandaloso. A volte mi sento obiettare negli incontri in giro per l’Italia, quando parlo di Simone Perotti o di persone che pur avendo grandi sicurezze le hanno volontariamente abbandonate, che per loro è stato facile cambiare, lasciare tutto, perché avevano i soldi, erano benestanti, eccetera, come se poi il resto degli italiani vivesse in grotte o facesse la fame. Non credo che sia così facile cambiare per chi ha forti sicurezze materiali, anzi normalmente chi ha tanto da perdere si tiene ben stretto quello che ha, privilegi, soldi, carriera, onori, rispetto a chi ha poco o nulla da perdere. Quindi per cambiare non c’entrano il censo, i soldi, le stellette ma si tratta di scegliere di vivere e non di sopravvivere, di pensare anche a figli e nipoti, a chi verrà dopo di noi senza fare il tragico calcolo per il quale l’importante è fare sempre e solo i propri interessi, come se il resto non ci riguardasse, come se gli altri fossero ininfluenti. Ma i nodi vengono al pettine materialmente e spiritualmente. Il sistema attuale, che prometteva mari e monti, fa acqua da tutte le parti. La gente è sempre meno convinta che un sistema dove vige la legge del più forte, dove se fai il furbo e freghi gli altri sei un eroe e magari vai anche dritto in parlamento, possa essere una vera strada da percorrere. Queste logiche ci stanno portando in vicoli ciechi, ci fanno fare vite senza senso dove tutto il bello dell’esistenza si perde in una controproducente guerra di tutti contro tutti. Ma c’è chi abbandona queste dinamiche, c’è chi lascia le sicurezze per percorrere strade meno battute ma più avventurose, chi preferisce pensare alto e vivere basso come diceva profeticamente il grande Thoreau. Ed è facendo queste scelte che ci si apre al nuovo, alla scoperta che non siamo nati per fare le comparse della nostra vita. Dobbiamo e possiamo esserne i protagonisti e per esserlo bisogna scegliere, bisogna cambiare. E si può farlo sia da single che con cinque figli, sia da disoccupati che da direttori d’azienda. Andrea Strozzi nel suo libro ci illustra i perché della sua scelta, del suo percorso, delle sue idee e del suo futuro. Ha smesso di stare chiuso in un grigio ufficio a fare cose che non gli interessavano più, deleterie per gli altri e il mondo, trattandosi di una banca di quelle che non hanno altro obiettivo che il tornaconto di chi le gestisce. Ha rifiutato il sogno di tanti italiani, il mitico posto in banca, i privilegi, i soldi, le sicurezze, la carriera, i bonus, per invece costruirsi un suo sogno fatto di cose autentiche e semplici che danno sicurezza all’anima più che al portafoglio. Andrea sa bene che se ci si dà da fare, se si crede in quello che si fa, se si collabora con gli altri invece di pensare solo a se stessi come la società insegna, di sicuro di fame non si muore. E’ così fiducioso e speranzoso nelle capacità umane, che dopo essersi licenziato dalla banca ha deciso assieme alla moglie di avere un figlio. Senza lavoro tradizionale, senza “sicurezze”, la sua potrebbe essere una scelta di padre snaturato e invece la libertà e la prospettiva che si è dato sono il migliore regalo e il miglior gesto di attenzione che potesse fare verso chi arriverà. Nel libro Andrea ci dà importanti indicazioni per come felicemente vivere basso e pensare alto, così in alto che da lì si riesce a Pensare anche come le Montagne.

Andrea Strozzi sostiene Il Cambiamento: ascolta il suo videomessaggio

Fonte: ilcambiamento.it

L’appello di 22 scienziati a Matteo Renzi: stop alle trivelle dello Sblocca Italia

Da Bologna 22 scienziati chiedono al Premier di rivedere la politica energetica del governo contenuta nel decreto Sblocca Italia

Non solo le opposizioni ma ora anche la scienza prova a spiegare al Premier Matteo Renzi perché le scelte adottate in materia energetica nel decreto Sblocca Italia rappresentino un grave ostacolo allo sviluppo economico del nostro Paese. In una lettera firmata da 22 scienziati è contenuto l’appello accorato a ritirare le disposizioni per le trivellazioni off shore nei mari italiani. L’appello può essere sottoscritto da altri docenti e scienziati ma anche da semplici cittadini. In sostanza il comitato promotore composto dai 22 scienziati: Vincenzo Balzani (coordinatore), Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Università di Bologna; Nicola Armaroli Istituto ISOF-CNR; Alberto Bellini Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, Università di Bologna; Giacomo Bergamini, Dipartimento di Chimica “G. Ciamician” Università di Bologna; Enrico Bonatti, ISMAR-CNR; Alessandra Bonoli, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, dell’Ambiente e dei Materiali, Università di Bologna; Carlo Cacciamani, Servizio IdroMeteoClima, ARPA; Romano Camassi, INGV; Sergio Castellari, Divisione servizi climatici, CMCC e INGV; Daniela Cavalcoli, Dipartimento di Fisica ed Astronomia, Università di Bologna; Marco Cervino, ISAC-CNR; Maria Cristina Facchini, ISAC-CNR; Sandro Fuzzi, ISAC-CNR; Luigi Guerra, Dipartimento di Scienze dell’Educazione «Giovanni Maria Bertin», Università di Bologna; Giulio Marchesini Reggiani, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna; Vittorio Marletto, Servizio IdroMeteoClima, ARPA; Enrico Sangiorgi, Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi”, Università di Bologna; Leonardo Setti, Dipartimento di Chimica Industriale, Università di Bologna; Micol Todesco, INGV; Margherita Venturi, Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Università di Bologna; Stefano Zamagni, Scuola di Economia, Management e Statistica, Università di Bologna e Gabriele Zanini, UTVALAMB-ENEA scrive al Premier Renzi:

In particolare, il recente decreto Sblocca Italia agli articoli 36-38 facilita e addirittura incoraggia le attività di estrazione delle residue, marginali riserve di petrolio e gas in aree densamente popolate come l’Emilia-Romagna, in zone dove sono presenti città di inestimabile importanza storica, culturale ed artistica come Venezia e Ravenna, lungo tutta la costa del mare Adriatico dal Veneto al Gargano, le regioni del centro-sud e gran parte della SiciliaITALY-GOVERNMENT-RENZI

E suggeriscono al Premier Renzi la strategia da seguire:

L’Italia non ha carbone, ha pochissimo petrolio e gas, non ha uranio, ma ha tanto sole e le tecnologie solari altro non sono che industria manifatturiera, un settore dove il nostro Paese è sempre stato all’avanguardia. Sviluppando le energie rinnovabili e le tecnologie ad esse collegate il nostro Paese ha un’occasione straordinaria per trarre vantaggi in termini economici (sviluppo occupazionale) e ambientali dalla transizione energetica in atto.

Gli scienziati ricordano a Matteo Renzi che la vera fonte di energia risiede nel risparmio energetico purché sia adottato come strategia nazionale e non solo come iniziativa del singolo cittadino. Nella riqualificazione energetica degli edifici, nella riduzione dei limiti di velocità sulle autostrade, nel sostegno dell’uso delle biciclette e dei mezzi di trasporto pubblici si trovano inaspettate risorse energetiche da rivalutare e condividere, piuttosto che nelle trivellazioni alla ricerca di idrocarburi che rappresentano oramai i combustibili da archiviare e dismettere.

Fonte:  SpeziaPolis

© Foto Getty Images

Clima bene comune

Abbiamo intervistato Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, che ha scritto recentemente, insieme all’economista Alessandra Goria, un libro sul problema dei cambiamenti climatici in atto e sulle possibili soluzioni che è possibile adottare a livello individuale e sociale per arginare il problema, e stabilizzarlo a un livello accettabile per la sopravvivenza prima di tutto dell’Umanità e poi del maggior numero di specie animali e vegetali del pianetaluca_mercalli_foto

Luca Mercalli insieme ad Alessandra Goria ha scritto recentemente un nuovo libro sul cambiamento climatico e le sue problematiche (Clima bene comune, Bruno Mondadori, 2013). Mercalli è un climatologo e affronta la questione sollevando il velo delle errate informazioni sul tema e proponendo soluzioni individuali, sociali e istituzionali per fermare la pericolosa mutazione dei climi. Gli scenari e gli impatti attuali e futuri descritti nel suo testo, tutti documentati secondo le più recenti acquisizioni della ricerca scientifica internazionale, sono impressionanti e lo sono tanto più alla luce dei costi che imporranno alle nostre società opulente e all’umanità intera, sia dal punto di vista economico che sociale e umano. Tuttavia è ancora possibile agire per tentare di arginare il problema se ci si orienta verso un altro modo di vivere, sia a livello individuale che sociale. Abbiamo chiesto a Luca Mercalli il suo punto di vista, chiedendogli anche di aprirci spiragli sulle soluzioni possibili per un cambiamento di rotta.

V.P. – La questione del cambiamento climatico è sempre più impellente e lo vediamo (parlo delle persone ecologicamente sensibili) ormai con i nostri occhi (non sono più teorie) “grazie” agli eventi climatici drammatici cui ogni tanto anche le nostre regioni sono sottoposte. La domanda iniziale però è questa: qual è secondo te la percezione reale della gente comune? A tuo parere il cosiddetto uomo della strada crede nella possibilità di fare qualcosa per arginare questo pericoloso disordine del clima?

L.M. – Innanzitutto va detto che il problema del cambiamento climatico è di una complessità enorme. Non si possono ad esempio trarre conclusioni generali da fenomeni locali e siamo costretti a fare i conti con molte incertezze. Tanto più che spesso ci sono concause dovute ad altri fattori. Nell’ultimo grave episodio alluvionale in Sardegna, il 18 novembre 2013, una parte consistente del problema è stato generato da un cattivo uso del territorio, da abuso edilizio e da una scarsa conoscenza delle norme di protezione civile più sicuramente una certa percentuale dovuta a una nuova strutturazione climatica, che tuttavia non siamo in grado di quantificare. In ogni caso, molti altri sintomi generali di cambiamento in atto li abbiamo già. L’aumento della temperatura del globo è infatti un fatto ormai inequivocabile, così come è accertato che ciò sia di origine umana. Il recente quinto Rapporto dell’ONU-IPCC sul clima effettua una diagnosi della tendenza termica all’aumento che non lascia dubbi in questo senso. E ci sono accadimenti importantissimi come la fusione dei ghiacciai e della banchisa polare che sono drammatici.

V.P. – Come mai, nonostante appunto concreti esempi di stravolgimenti stagionali ed eccessi di manifestazioni atmosferiche in molti luoghi del pianeta, i capi di stato e le istituzioni internazionali che dovrebbero essere i soggetti maggiormente coinvolti e artefici di piani difesa e di riconversione delle abitudini umane che concorrono al riscaldamento terrestre, si ostinano a negare, ignorare o a ridimensionare tali cambiamenti in atto? Alcuni sostengono che questi cambiamenti ci sono sempre stati, altri che non è colpa dell’uomo se ora si stanno verificando e altri ancora, seppure li ammettono e capiscono, di fatto non danno luogo ad azioni collettive concrete.

L.M. – Ci sono due grandi ostacoli che congelano qualsiasi percorso di cambio di direzione societario rispetto al problema del clima. Il primo è quello economico. C’è una lobby molto forte che preme a tutti i livelli per impedire che non ci siano penalizzazioni sul fronte del consumo energetico e della crescita economica. Il mercato del carbone e del petrolio è uno dei mercati più grandi al mondo con una potenza di fuoco e capacità di corruzione politica impareggiabile. Lo stesso Obama, un capo di stato di un paese di importanza fondamentale a livello mondiale, e che ha consapevolezza del problema, ha dimostrato di non avere possibilità di manovra perché la lobby dei petrolieri staunitensi è potentissima. Ma anche altri grandi paesi in via di sviluppo come l’India o la Cina non hanno alcun interesse a fermare la loro corsa, rimpallando semmai la questione agli stati occidentali che sono partiti prima e che hanno maggiori responsabilità nella faccenda. Il secondo ostacolo è invece di tipo culturale: l’uomo non è attento alle problematiche che si manifestano nel lungo termine. Se lo fosse, dovrebbe scommettere sulla credibilità della scienza e sul futuro, e in generale a nessuno interessa farlo. La metafora del fumo di tabacco e dei suoi effetti nocivi risaputi è assolutamente calzante. Anche in quel caso, nessuno o quasi si preoccupa del fatto che dopo vent’anni di fumo potrebbe sviluppare con grandissime probabilità un tumore al polmone e quindi tutti continuano a fumare, rischiando per un piccolo piacere sicuro oggi una grave ma incerta conseguenza domani. Allo stesso tempo, le lobby produttrici di tabacco fanno il loro lavoro per continuare a produrre e vendere in santa pace il loro prodotto. La stessa cosa avviene nel caso dei cambiamenti climatici e dell’uso irresponsabile delle energie fossili e quant’altro.

V.P. – Se non ci saranno azioni individuali e collettive per modificare questo andamento, cosa ci potremo aspettare e in che tempi?

L.M. – Sicuramente si tratta di un cambiamento epocale per la storia umana. Dalla metà di questo secolo in poi l’evoluzione climatica e ambientale entrerà in un territorio inesplorato dove tutto potrà capitare e si vedranno cose mai viste. Un adattamento di tutte le specie a quello che avverrà è impossibile. Batteri e insetti certamente si adatteranno meglio, ma per le altre specie ci saranno difficoltà notevoli. Ci vorrebbe un formidabile salto culturale di visione del futuro per arrivare a comprendere che stiamo scherzando col fuoco.

V.P. – Su questo giornale parliamo spesso del ruolo delle scelte individuali per un mondo migliore, ovviamente anche sul piano del riscaldamento del pianeta. Ma dal punto di vista istituzionale e sociale collettivo cosa pensi sia possibile fare? In generale hai delle proposte?

L.M. – Prima di tutto occorre prendere coscienza che una parte di cambiamento climatico ormai è in atto e non si può più invertire. Un aumento di un paio di gradi della temperatura media dell’atmosfera terrestre entro questo secolo è quindi irreversibile, con i suoi scompensi e mutamenti che stiamo vedendo e che vedremo ancor più nei prossimi anni. Tuttavia non fare più nulla per mitigare la situazione e continuare a spingere le emissioni climalteranti senza limite significa anche che potremmo andare verso un cambiamento equivalente a 5 gradi di aumento che sono moltissimi. Cinque gradi a livello globale significa che in certe aree si può arrivare a punte di 10 gradi di differenza rispetto al presente. Con conseguenze sull’agricoltura, sull’innalzamento del livello dei mari e quindi sulle migrazioni dei popoli di portata eccezionale. Un fronte su cui agire è sicuramente un’evoluzione tecnologica che ci porti a sganciarci dalle energie fossili e a puntare verso quelle rinnovabili per contenerci entro i 2-3 gradi, i quali, ripeto, sono purtroppo ormai assodati come futura situazione che dovremo vivere. Al momento, quindi, abbiamo questo spazio di manovra per non oltrepassare questo limite, che ha già i suoi notevoli problemi per l’equilibrio del pianeta, ma più si aspetta e più questo spazio si riduce. Proprio per questo ho pensato di scrivere questo libro a quattro mani insieme a una economista come Alessandra Goria. Occorre dare un messaggio forte che esistono linee di coesistenza con l’ambiente e socialità umane diverse anche dal punto di vista economico e che l’economia predatoria che oggi regge il pianeta, può cambiare. Anzi, sebbene non emerga, esiste già un’economia diversa, che potrebbe far fronte a queste problematiche e svelarci un percorso verso rapporti societari ed ecologici più equilibrati, più rispettosi del necessario e meno inclini al superfluo, più sobri nei consumi e più attenti verso il riciclo degli scarti. Queste sono le prospettive che illustriamo nel libro e che speriamo stimolino l’azione concreta di quante più persone e istituzioni possibili.

Fonte: il cambiamento

Clima Bene Comune - Libro
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