Biometano per auto dagli scarichi fognari: a Milano sono pronti

Ottenere dai depuratori biometano a km 0, un esempio di vera economia circolare. Valeria Albizzati, FCA: “l’impatto ambientale di un’auto a biometano da acque reflue è persino inferiore a quello di una vettura elettrica”386395_1

340.000. Sono i cittadini serviti dal depuratore milanese di Bresso-Seveso sud – Niguarda, a nord di Milano, l’impianto che tratta gli scarichi fognari di una parte di Milano nord (Niguarda) e dei comuni di Bresso, Cinisello Balsamo, Cormano, Cusano Milanino e Paderno Dugnano. Da uno dei maggiori depuratori gestiti dal Gruppo Cap, la realtà industriale pubblica che gestisce il servizio idrico integrato in provincia di Milano, Monza e Brianza, Pavia, Varese, Como, sta nascendo un innovativo progetto in grado di ottenere biometano dai reflui fognari, che potrebbe produrre 341 tonnellate di questo biogas, sufficienti ad alimentare circa 420 veicoli che percorrono 20.000 km l’anno. In sostanza, vorrebbe dire fare il pieno di carburante con acqua (sporca).386395_2

Il “biometano” deriva dal biogas prodotto dalla digestione anaerobica (in assenza di ossigeno) di biomasse in ambiente controllato (digestore) o in discarica, in seguito alla decomposizione dei rifiuti, o dal gas derivante dalla gassificazione delle biomasse. In questo caso, lo si ottiene dai fanghi risultanti dalla depurazione delle acque nere.
Il promettente progetto d’innovazione del Gruppo CAP è stato illustrato il 29 settembre, durante l’ultima presentazione del Bilancio di Sostenibilità e del Bilancio ambientale dell’utility milanese, presso la sede di Lifegate. Una collaborazione che vede, come partner del settore automobilistico, il gruppo FCA. Una Panda a metano, è stata già alimentata con il carburante prodotto dai reflui fognari trattati nel depuratore di Niguarda-Bresso. Per l’azienda che gestisce acquedotto, fognatura e depurazione nella Città Metropolitana di Milano, si tratta di un ottimo esempio di economia circolare che sta spingendo il gruppo a trasformare i principali dei suoi circa 60 depuratori in bioraffinerie, in grado di produrre ricchezza dalle acque di scarto. Significativi anche i risparmi, con un costo di produzione del biometano di 0,58 €/kg, sensibilmente inferiore ai circa 0,9 €/kg a cui il metano è oggi acquistabile sul mercato. Insomma, sarebbe un immenso potenziale energetico, disponibile, ma attualmente non ancora sfruttato.

La strada della produzione di biometano dal biogas offre una serie di altri vantaggi: lotta al cambiamento climatico, perchè il metano ottenuto dal biogas è in grado di sostituire perfettamente quello di origine fossile e può così contribuire alla riduzione dei gas serra; riduzione della dipendenza dalle importazioni perchè l’Italia, secondo importatore al mondo di gas naturale, ne importa 70 miliardi di metri cubi, e il biometano potrebbe compensare il progressivo esaurimento del metano di estrazione nazionale, che rappresenta circa il 10% del consumo; sviluppo dell’economia locale, perchè la produzione di biogas crea posti di lavoro, nella logistica, nella progettazione e costruzione di impianti.

Alla presentazione del progetto hanno partecipato diversi esponenti che hanno dimostrato l’attenzione verso l’ambiente e il loro impegno nella lotta al riscaldamento globale nei loro ambiti: oltre a Lifegate, il Kyoto Club, la Fondazione Triulza e l’agenzia fotografica Contrasto.

Secondo Valeria Albizzati, sustainable mobility manager del gruppo automobilistico Fca, “viaggiare con un mezzo alimentato a metano porta già a un risparmio economico fino al 60 per cento e a un taglio della CO2 fino al 20 per cento rispetto a un veicolo a benzina. Ma l’impatto ambientale di una vettura alimentata a biometano prodotto dalle acque reflue delle città è persino inferiore rispetto a quello di una vettura elettrica la cui energia deve pur essere prodotta in qualche modo, spesso attraverso fonti non rinnovabili. Ecco perché questo biometano è l’esempio perfetto di economia circolare: non sfrutta le risorse, non usa materie prime e rimette in circolo ciò che viene ‘rifiutato’”.

In Italia ci sono già più di 1.100 distributori a metano e il numero è destinato a crescere soprattutto grazie alla ricerca verso la produzione di biocarburanti. Il biometano per auto da scarichi fognari è un’innovazione che ora è in attesa delle norme necessarie che le consentano di svilupparsi e di raggiungere il consumatore finale. Secondo molti esponenti del settore, “uno dei numerosi casi in cui il legislatore è in ritardo rispetto alla sperimentazione e alla ricerca”.

“Puntare sulla sostenibilità per una grande azienda pubblica come CAP significa prima di tutto innovare, sperimentare e progettare il futuro delle nostre città. Un futuro in cui l’acqua e l’energia saranno sempre più preziose – ha dichiarato Alessandro Russo, Presidente di Gruppo CAP – Trasformare i depuratori in bioraffinerie in cui dall’acqua sporca nascono nuovi prodotti, riaprire i canali e le rogge costruiti nel medioevo per ridurre l’impatto delle bombe d’acqua, mettere in campo le tecnologie più avveniristiche per il controllo dell’acqua potabile e della falda, sono tutte tessere del mosaico di sostenibilità che CAP sta componendo con la grande collaborazione delle istituzioni e degli stakeholder. Questa bellissima giornata in cui tutti insieme presentiamo il frutto di questo lavoro appassionante ci riempie di orgoglio.”

di Stefano D’Adda

fonte : ecodallecitta.it

Mare, l’allarme di Goletta Verde: un punto inquinato ogni 57 km di costa italiana

Le analisi di Legambiente confermano l’aumento dell’inquinamento delle spiagge italiane: c’è un punto inquinato ogni 57 chilometri di costa.foce-arno-pisa

Sono almeno 130 i punti inquinati dalla presenza di scarichi fognari non depurati sulle coste italiane,uno ogni 57 chilometri. E’ questo il triste bilancio dello studio condotto da Goletta Verde di Legambiente in questi ultimi due mesi, 60 giorni in cui gli esperti hanno girato il Paese in lungo e largo e effettuato 263 analisi microbiologiche in altrettanti punti costieri. Quasi il 50% dei punti monitorati negli oltre 7.400 chilometri di costa è risultato inquinato e oltre l’80% – parliamo di 104 punti costieri – è stato giudicato fortemente inquinato con picchi che presentavano una concentrazione di batteri fecali di oltre il doppio rispetto a quanto consentito. Tra le cause principali di questo aumento dell’inquinamento delle nostre acque ci sono la maladepurazione, le estrazioni petrolifere, l’abusivismo, il consumo di suolo costiero, le grandi navi e le bonifiche da attività militari. I punti più critici sono risultati essere le foci di fiumi, dei torrenti e dei canali, dove l’imbarcazione ambientalista ha rilevato il 90% dei punti critici. I 130 punti inquinati sono sparsi più o meno equamente in tutte le regioni costiere: 19 sono in Campania, 17 in Puglia, Calabria e Lazio, 12 in Sicilia e 11 in Liguria (11). E la situazione non più che peggiorare, in special modo nel Mezzogiorno. Come precisato da Legambiente,

Si rischia di perdere ben 1,7 miliardi di euro dei fondi Cipe destinati alla costruzione e all’adeguamento degli impianti che sono in scadenza a dicembre. Come se non bastasse, inoltre, ci prepariamo anche a far pagare ai cittadini italiani multe milionarie da parte dell’Unione europea per l’incapacità di gestire il ciclo delle acque reflue. Soldi che invece potrebbero essere investiti per aprire nuovi cantieri per la depurazione.

Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, ha precisato che le soluzioni esistito, è l’impegno politico che manca:

Realizzare sistemi efficienti e moderni deve trasformarsi in una priorità nell’agenda politica italiana. E’ l’ennesima vergogna che questo Paese non merita. Non si tratta più soltanto di difendere fiumi e mari, vera grande risorsa di questa nazione, ma ne va dell’intera economia nazionale, buona parte della quale e’ basata sul turismo.

L’allarme acquista ancor più valore se consideriamo che tra i punti più critici emersi dall’analisi di Legambiente molti di questi vengono presi d’assalto dai bagnanti, ignari del reale livello di inquinamento delle acque in cui si immergono:

Il 35% dei punti presi in analisi, inoltre, risultano del tutto non campionati dalle autorità preposte anche se spesso questi tratti, pur trovandosi in corrispondenza di foci e canali, sono comunque frequentati da bagnanti. Motivo per cui è imperativo che le autorità introducano o intensifichino i controlli anche in prossimità di queste possibili fonti di inquinamento.

Fonte: Goletta Verde