Perché camminare? Ecco l’esperienza di Elisa: da archeologa a guida escursionistica

Perché fa bene camminare? Quali sono i benefici di questa attività per adulti, bambini e adolescenti? Ne parliamo con Elisa Leger, guida escursionistica con un passato da archeologa storica. Oggi collabora con Compagnia dei Cammini, per cui conduce diversi viaggi in Italia e all’estero, sempre a piedi.

Savona – Elisa Leger è la protagonista della storia che vi racconto quest’oggi. Una storia fatta di cambiamenti, viaggi, ma anche molta normalità. La sua professionalità nasce come archeologa, ma dopo aver lavorato diversi anni all’estero rientra in Italia e diventa guida escursionistica. Oggi collabora con Compagnia dei Cammini, per cui conduce diversi viaggi a piedi. Ci ha raccontato la sua storia, ma soprattutto fatto conoscere da vicino chi partecipa a questi viaggi e perché. E il suo racconto inizia così: «Dopo essermi laureata in archeologia preistorica, ho lavorato in giro per l’Europa per diversi anni».

«Ero un’archeologa di grandi scavi, come metanodotti e autostrade, oppure di ricerca in grotta», prosegue. «Mi è servito moltissimo per imparare nozioni sulla natura e saperi antichi, ad esempio, come orientarsi negli spostamenti, le mappe preistoriche, ma anche le abilità manuali, riconoscere e usare le erbe. Quindi partendo dalla storia di noi tutti ho appreso tantissime cose che ora porto con me nella mia vita e in ciò che faccio».

Dopo anni Elisa ha capito che stava crescendo dentro di lei una forte necessità di trovare una base, un luogo dove creare un progetto personale più stazionario: un cane, un orto, quelle cose semplici che viaggiando tanto le mancavano. Decide quindi insieme al suo compagno di ristabilirsi in Italia e di aprire un’azienda agricola sopra a Varazze (SV), dove recupera terreni abbandonati e li converte a produzione di ortaggi, ma anche apicoltura, uliveti.

Qui il primo grande cambiamento: da archeologa ricercatrice e viaggiatrice assume le vesti di contadina e artigiana. Infatti Elisa inizia a lavorare insieme al compagno anche il legno, utilizzando il materiale delle potature, con cui crea ad esempio le prese per pareti di arrampicata.

LA GIOIA DI CAMMINARE

«Non ho sempre camminato, ma ho scoperto man mano che era un qualcosa che mi faceva star bene. La scintilla è scattata alla fine delle superiori, durante un corso di speleologia. Scoprii allora l’amore per il selvatico, per la natura, le escursioni e per questi luoghi così ancora misteriosi e in gran parte inesplorati». Da lì Elisa inizia ad andare spesso in montagna a camminare quando le è possibile, sia per brevi uscite che per periodi più lunghi in tenda.

«Ho amato tantissimo poter viaggiare a piedi, con lo zaino in spalla e la tenda pronta per essere sistemata dove volevo quando volevo. Mi faceva sentire molto libera. Avevo vissuto molte difficoltà famigliari e a posteriori ho capito che quei momenti solo miei erano stati curativi, mi avevano permesso di trovare le risorse dentro di me per affrontare ciò che mi stava accadendo intorno». E così anni dopo, con questa consapevolezza acquisita decide di intraprendere il percorso per diventare guida escursionista ambientale.

L’IMPATTO TERAPEUTICO

Elisa mi racconta che ha compreso con il passare del tempo, partendo proprio dalla sua esperienza, che il camminare ha un forte valore terapeutico, soprattutto se fatto per più giorni: «È un’attività che può essere fatta da chiunque, perché esistono percorsi con difficoltà differenti. Credo fortemente che il camminare permetta di allontanarsi dalla nostra identità, dai ruoli che ogni giorno siamo tenuti a ricoprire in casa, dal lavoro, dalla società

Elisa vive il cammino come uno strumento per uscire da sé stessa, per poter entrare in contatto con il suo “io” più profondo. Mi spiega infatti che quando si cammina, non esistono passato e futuro. Si vive un presente pieno, talmente denso e reale dare accesso a uno stato di consapevolezza maggiore. E se è vero che al proprio rientro a casa si ritorna a indossare i ruoli che si erano lasciati nel preparare le valigie, lo si farà comunque con una lucidità maggiore, con una distanza acquisita che è difficile da ignorare.

LA DIFFICOLTÀ A DISCONNETTERSI

Quando chiedo a Elisa chi partecipa alle escursioni da lei guidate, la risposta non tarda ad arrivare: «I partecipanti sono molto diversi tra loro e lo fanno per motivi molto differenti. In alcuni casi hanno già avuto esperienze simili, ne hanno trovato benefici e continuano a farlo. Per altri è una ricerca che li muove: ci sono infatti spesso persone che percepiscono un malessere, un disagio, e stanno trovando la loro via per uscirne e stare meglio».

Qualunque sia il motivo che li porta sulla strada, «io chiedo sempre a inizio cammino di tenere staccato il telefono, per poter vivere a pieno l’esperienza: tanti accettano con serenità, ma altrettanti fanno davvero tanta fatica a disconnettersi dal mondo virtuale e social. Vorrebbero, ma in alcuni casi ne sono proprio dipendenti. E nella maggior parte dei casi sono persone sopra i trent’anni e non adolescenti, come spesso siamo portati a credere. Ma quando riescono a farlo, si permettono davvero di vivere fino in fondo quell’esperienza».

DIVERSE ETÀ, VISSUTI SIMILI

Elisa opera come guida escursionistica ambientale per la Compagnia dei Cammini e, su richiesta, organizza gite ed escursioni, didattiche e non. Lavora a contatto dunque per periodi più o meno lunghi con persone delle più differenti età: alle escursioni giornaliere partecipano spesso anche bambini piccoli, mentre nelle escursioni di più giorni sono principalmente persone adulte a iscriversi.

Ma vi è un’esperienza che l’ha lasciata piacevolmente più colpita di altre: «Qualche mese fa mi sono trovata a condurre un’esperienza in libertà di più giorni con ragazzi e ragazze tra i 12 e i 15 anni. Prima di partire ero preoccupata: avevo un’idea pessima di quella fascia di età, forse legata ai miei ricordi dell’adolescenza. Durante quei giorni trascorsi insieme a camminare e dormire in tenda, ho potuto avere il privilegio di vedere da vicino i complessi contrasti che hanno dentro».

«Emergeva da un lato la parte che si sente ancora bambina, che ha voglia di giocare e ha necessità di figure di riferimento, e dall’altro lato vedevo futuri uomini e donne che stavano cercando la loro via per diventarlo», racconta Elisa. Inoltre rispetto ai camminatori dipendenti da telefoni, i ragazzi e le ragazze di questa età non avevano problemi a spegnerlo, andando ad abbattere un altro luogo comune diffuso.

Tra le altre convinzioni, spostandosi di un decennio indietro di età, c’è quella che per i bambini sotto l’età scolare sarebbe meglio non fargli vivere esperienze in natura troppo lunghe per evitarne i possibili pericoli e paure. Elisa ci tiene a sfatare anche questo falso mito, condividendo proprio la sua esperienza: «Ho un bambino di cinque anni e quando posso lo porto con me in viaggi a piedi con la tenda».

Lui si diverte tantissimo ed è molto attento a seguire le indicazioni di sua mamma: «Ogni volta che torna a casa, noto come per giorni sia molto più sereno e faccia molti meno capricci. Inoltre sta imparando sempre più a gestire la fatica ed è molto bello stargli accanto in ogni sua piccola conquista».

Elisa è convinta che camminare sia rigenerante e salutare per tutti: fa parte di noi e percorrendo sentieri fisici si ha la possibilità di trovare anche vie smarrite interne. Parola di un’archeologa camminatrice.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/12/camminare-guida-escursionistica/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

A Zuccarello due mamme si battono per il doposcuola outdoor e lo autofinanziano

Due mamme, un piccolo borgo della provincia di Savona – Zuccarello – e l’esigenza di tante famiglie di avere un maggiore supporto da parte della scuola. Da qui nasce un progetto di doposcuola diverso, con gruppi di lavoro trasversali e con un pomeriggio outdoor. Ecco la loro storia.

Savona – Questa è la storia di Valentina, che con il suo progetto educativo è riuscita a intrecciare il suo passato di educatrice, il suo presente di mamma e la sua viscerale passione per il territorio. Lei vive a Castelvecchio di Rocca Barbena insieme alla famiglia e le sue figlie vanno a scuola a Zuccarello, un piccolo borgo dell’entroterra di Albenga che conta circa 300 abitanti. Nell’unica scuola primaria del paese, orientata ai principi della Scuola del Bosco, si coltiva un orto-giardino in cui i bambini sperimentano la semina di erbe aromatiche e la raccolta di prodotti tipici del territorio. Una bella realtà educativa con una piccola “lacuna”: «Alla fine dello scorso anno scolastico – racconta Valentina – è emersa l’esigenza di molte famiglie di avere un sostegno in più. La scuola infatti prevede solo due rientri pomeridiani, lasciando scoperti tre pomeriggi».

Da qui il progetto di outdoor education di Valentina: «Ho subito incontrato le insegnanti per proporre la mia idea, che inizialmente riguardava solo le attività educative nel bosco, e il Comune di Zuccarello, che mi ha aiutato con i questionari da sottoporre alle famiglie». È subita emersa la forte risposta dalle famiglie e l’approvazione e il sostegno da parte sia della scuola che del Comune. Nei mesi estivi il progetto si amplia, aggiungendo una parte dedicata al doposcuola e una nuova “testa”. Strada facendo Valentina conosce Mabel, una mamma appena arrivata nella scuola di Zuccarello, che non solo ha sposato il progetto, ma l’ha arricchito. «Lei abita ad Alto, poco distante da qui, e fa parte di Altopia, l’associazione che ora ci fa da cornice».

Mabel e Valentina a Zuccarello

LA STORIA

Al lancio del progetto mancava però ancora una parte di finanziamento, che il Comune di Zuccarello si era impegnato a reperire. Dopo qualche tempo arriva finalmente il “sì” da parte di un’azienda locale, ma Valentina e Mabel decidono di rifiutare. «La proposta proveniva da una azienda sul territorio che non riteniamo coerente con i principi di tutela e salvaguardia dell’ambiente che vogliamo divulgare».

Decidono di percorrere quindi la via dell’autofinanziamento. «Dal momento del rifiuto abbiamo trovato tutte le porte aperte e ci sono arrivate proposte da tante realtà locali che condividono la nostra scelta e il nostro progetto». Un gruppo di cittadini di un paese limitrofo che da anni si batte contro l’inquinamento, per esempio, sta per stanziare 900 euro, così come negozi e piccole aziende. E alcune realtà hanno deciso di offrire un supporto “materiale”, non solo economico. Tante modalità di sostegno di un progetto educativo che guarda al futuro.

IL PROGETTO CHE INSEGNA AI BAMBINI AD “APPRENDERE DALLA NATURA”

Sta per nascere quindi uno spazio dove per due pomeriggi a settimana gli alunni della scuola primaria potranno potenziare l’attività didattica del mattino, fianco a fianco con i loro compagni e con il supporto degli educatori, creando dei gruppi di lavoro trasversali, dove i più grandi aiutano i piccoli. Ma potranno anche affacciarsi fuori, non per “sbirciare” dalla finestra le nuvole che scorrono, ma per abbracciare la natura e imparare dal bosco. «Con un pugno di more si imparano le divisioni e con un giro nel bosco si possono affrontare davvero tutte le materie scolastiche».

Quello di Zuccarello è un doposcuola con una marcia in più: il venerdì sarà il “green day”, in cui verranno proposte diverse attività legate alla conoscenza della flora e della fauna locale. «Coinvolgeremo i ragazzi in un percorso di osservazione, classificazione e utilizzo delle erbe spontanee, sia in cucina che in cosmesi, per far sì che possano prendere contatto e coscienza con gli elementi naturali che ci circondano», spiega Valentina.

Il soppalco per l’area lettura nel teatro di Zuccarello

L’idea è inoltre quella di creare una rete con le realtà associative e non del territorio di Zuccarello, facendo tesoro del tempo, delle competenze e delle tradizioni che verranno trasmesse da ogni collaborazione che nascerà. «Il Comune ci ha anche messo a disposizione un’area del teatro comunale: su un soppalco stiamo allestendo uno spazio dedicato alla lettura, grazie alla libreria Albero Azzurro di Albenga, che ci ha regalato una borsata piena di libri meravigliosi, tutti inerenti alla natura».

COSA MANCA?

«Abbiamo voluto dividere in due tranche i 10.000 euro del servizio annuale. Per il via ufficiale del progetto, però, dobbiamo raccogliere ancora 2.000 euro, dei primi 5.000 del primo quadrimestre».

Chiunque volesse diventare “mecenate” di questo progetto educativo, può inviare un contributo al conto corrente dell’associazione Altopia: IBAN IT 71 E 05018 0100 0000016840647 – Banca Etica.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/10/zuccarello-doposcuola-outdoor/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Serafina e Maurizio di Urbebnb: “Non lavoriamo più per vivere, viviamo lavorando”

Lasciare la città per trasferirsi in Appennino, circondati dalla natura: quello che per molti è un sogno nel cassetto, per Serafina e Maurizio è diventato realtà. A Urbe, tra “le montagne del mare”, hanno rallentato il ritmo della loro vita, aperto un b&b diffuso e sono felici.

Savona – Aria e acque pure, inquinamento acustico e luminoso inesistenti. Addentrandosi nei boschi o camminando lungo i ruscelli, la natura offre esperienze sensoriali sconosciute allo sguardo cittadino. Ci troviamo a Urbe, in alta Val d’Orba: è proprio qui che Serafina e Maurizio hanno scelto di trasferirsi per assecondare le proprie aspirazioni di vita. Hanno lasciato l’ufficio e la città per rifugiarsi in un angolo incontaminato dell’entroterra savonese tra l’Alta via dei Monti liguri e il Monferrato, in cui è ancora possibile vivere seguendo i ritmi della natura dedicandosi a ospitalità, agricoltura e autoproduzione. Hanno restaurato un vecchio casale che, a eccezione di qualche ritocco, è rimasto com’era. Hanno però ripulito il bosco e ridato vita a orti in campi che un tempo erano coltivati e che da chissà quanto tempo erano stati abbandonati: piccoli ma grandi interventi per dare la priorità alla cura di ciò che la natura ha messo a disposizione. Nell’estatico turbinio delle decisioni, ha bussato alla porta anche il desiderio di condividere con altre persone questo spazio di libertà che Serafina e Maurizio si stavano costruendo. Da qui la scelta di aprire la propria casa, dedicando due camere agli ospiti. Nasce il loro B&B La Scellana, che, insieme al B&B Andrè, fa parte di Urbebnb, l’ospitalità diffusa a Urbe che già da quest’estate ha visto coinvolti anche altri proprietari del paese, i quali hanno affittato le proprie case che, diversamente, vengono occupate solo poche settimane all’anno.

La Scellana – Urbe

IL BISOGNO DI UN CAMBIO VITA

«Avevamo bisogno di staccarci da un modello di vita basato basato solamente su lavoro e consumi», raccontano Serafina e Maurizio. «Un lavoro che solitamente ti detta dei tempi sempre più dilatati che tendono a sconfinare anche nella vita privata. Allora ti manca l’aria, non c’è spazio per i tuoi sogni, ti senti in trappola e molto insoddisfatto. Cerchi di appagare l’insoddisfazione cedendo alle lusinghe dell’ultimo gadget tecnologico, del viaggio last minute, del ristorantino sul mare». Così, però, si aggiungono spese su spese e si evidenzia ulteriormente la necessità di lavorare ancora di più per riuscire a sostenere il ritmo.

«Quando si è insoddisfatti della propria vita non bisogna pensare a cosa aggiungere, bensì a cosa togliere. Da qui la scelta di lasciare la città per andare a vivere in campagna: così saremmo riusciti ad abbassare i costi della vita di ogni giorno». Serafina e Maurizio si trasferiscono a Urbe, mettendo in atto quella che loro chiamano “una piccola rivoluzione del pensiero”: non più lavorare per vivere, ma vivere lavorando. Iniziano, quindi, a dedicarsi alla produzione di beni essenziali e a una vita di semplicità, bypassando la grande distribuzione. Poche necessità: un orto da coltivare, prati e boschi in cui raccogliere erbe selvatiche, un forno a legna dove preparare il pane. L’obiettivo? Sviluppare nuove capacità per fare da sé. «Ma davvero pensate che siamo venuti al mondo per prestare il nostro tempo di vita (magari 40 anni) a un lavoro puntiforme avaro di soddisfazioni? Davvero pensiamo di non essere capaci di fare altro? No, non è così», sottolineano.

IL NUOVO QUOTIDIANO

La quotidianità di Serafina e Maurizio è cambiata radicalmente. «Ci siamo ripresi il nostro tempo, così tutto il tempo perso è diventato tempo per noi. Abbiamo sempre parecchie cose da fare, ma con i tempi che nella gran parte dell’anno sono dettati da noi. Nei periodi di maggior flusso turistico ovviamente cresce l’impegno, ma l’ospitalità è un’esperienza appagante sia per noi che per gli ospiti, a cui cerchiamo di far percepire il distacco dai frenetici tempi della città, per offrire loro una vera pausa di tranquillità».

E raccontano che i benefici in termini di benessere fisico e psicofisico a seguito di questa scelta sono notevoli: poter portare avanti attività che piacciono, con i propri tempi, fa bene sia al corpo che allo spirito. «Dal punto di vista economico, il tenore di vita comunemente inteso si è ridotto drasticamente, ma quello che non abbiamo è quello che non ci manca».

URBEBNB E LA RISCOPERTA DEL TURISMO LENTO

Chi si avvicina all’alta Val d’Orba? «Chi giunge qui è spesso attratto dalle bellezze naturali di Urbe e della sua valle e dalla possibilità di scegliere tra le diverse opzioni di attività outdoor da praticare»: dal trekking alla mountain bike, passando per le ciaspolate sulla neve, il nordic walking e il kajak.

«Certo, ci sono anche quelli che vengono qui perché siamo in Liguria, che è comunque una regione di mare. I grandi portali di prenotazione online tendono a portare in valle ospiti che cercano strutture vicine al mare, soprattutto nei periodi di picco. Questo, secondo noi, potrebbe essere evitato se da parte degli enti interessati si intraprendesse una politica turistica mirata a far conoscere anche l’entroterra. D’altronde, la Liguria non è solo mare: noi abbiamo le montagne del mare!».

E sono tanti i turisti nordeuropei che, finiti quasi casualmente in Val d’Orba, restano colpiti dalle peculiarità di un luogo in cui è facile raggiungere uno stato meditativo. «Qui il verde e l’aria ricca di ossigeno ci aiutano a disintossicarci dalle tossine. Il respiro si allunga e il battito del cuore rallenta. Il silenzio permette di sentire finalmente noi stessi. In riva ad un torrente si ascolta la vita che scorre, immaginando di sciacquare la mente dai pensieri stagnanti. Ci si lascia rinvigorire dagli spruzzi d’acqua di una gelida cascata o si gioca con i riflessi di luce di un laghetto color smeraldo».

La storia di Serafina e Maurizio racconta una verità semplice, ma che spesso non vediamo: a volte basta semplicemente chiudere gli occhi e ascoltare i suoni della natura per prendere consapevolezza di chi siamo e di dove vogliamo andare.

La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia”. Carl Gustav Jung

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/09/urbebnb-vivere/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

“Insegniamo alle nuove generazioni che il territorio del Beigua è un patrimonio da tutelare”

Greta è una guida escursionistica e una biologa ambientale. All’interno del parco naturale del Beigua accompagna i più piccoli alla scoperta degli animali che abitano questo straordinario territorio. E i bambini imparano che qui è la natura la vera insegnante, capace di mostrare, a chi sa osservarla, il suo fascino in ogni stagione, con un panorama a cavallo tra mare e montagna in continuo cambiamento.

Savona – «Maneggio api, scruto i pipistrelli, ascolto i canti notturni, leggo favole sotto i faggi, osservo i rettili, saluto gli uccelli migratori, esamino insetti». Così Greta Pastorino descrive il suo lavoro di guida ambientale escursionistica e divulgatrice scientifica. Nata trentadue anni a fa a Mele, un piccolo comune sulle alture di Voltri, Greta ha iniziato a coltivare sin da bambina il suo amore viscerale per tutta quella microscopica vita che brulica nella natura che circonda la sua casa natale. E negli anni quella fiamma non si è spenta. Si laurea in Scienze Naturali a Genova con una tesi sul barbagianni e prosegue il percorso accademico a Torino con una laurea magistrale in Biologia dell’Ambiente. Ogni volta che ha un giorno libero va a camminare, perché «ciò che amo fare di più è quello che faccio anche quando lavoro e spesso sono una meravigliosa cosa sola».

Greta – Parco Beigua

Pur lavorando in tutta la Liguria, oggi il parco naturale del Beigua è la sua seconda casa: è proprio qui, sullo spettacolare balcone di montagne che si affacciano sul mare, che Greta, insieme allo staff di guide ambientali del Parco, accompagna i più piccoli ad analizzare i messaggi dei nostri avi interpretando le incisioni rupestri sulle rocce, ad ascoltare i versi degli animali notturni e a salutare il passaggio dei gruccioni. Attività outdoor, originali ed esperienziali, per appassionare alla natura le nuove generazioni: il parco offre più di cento proposte a tema geologia, biodiversità, sviluppo sostenibile, storia e tradizioni, specifiche per fascia di età e di apprendimento, dalla scuola dell’infanzia sino alle superiori.

Ho intervistato Greta per saperne di più del suo lavoro nel parco e del suo percorso.

Quando hai iniziato ad appassionarti alla natura e quando hai deciso di diventare guida escursionistica?

Amo stare in mezzo alla natura da quando sono nata: da piccola trascorrevo il tempo a osservare tutti gli animaletti che vivevano nel mio giardino, ma anche in montagna e nel mare. Questa è un’attrazione che hanno molti bimbi e che io ho mantenuto nel tempo. Ho deciso di diventare guida escursionistica nel 2012, una volta finita l’università, quando ho preso coscienza che potevo combinare le mie passioni per la natura e il trekking con la mia formazione accademica, trasformandole in una professione.

Oltre all’importanza di acquisire nozioni e conoscenze sul proprio territorio, ritieni che la socializzazione in natura stia portando ai più piccoli benefici emotivi, soprattutto in questo momento storico?

Senza alcun dubbio. Sono numerosi gli studi che dimostrano come lo stare in mezzo alla natura nutra anche la mente oltre che il fisico. All’aperto i bimbi sono stimolati, curiosi, attenti. E lontani da telefoni e televisione tornano a chiacchierare con i coetanei, imparano ad ascoltare i suoni del bosco, osservano il mondo che li circonda, anziché concentrarsi solo su loro stessi. E poi imparano ad aiutarsi l’un l’altro, senza lasciare indietro nessuno.

Durante l’avvistamento dei gruccioni – Parco del Beigua

Parlaci del parco del Beigua e del suo territorio: secondo te ci sono aspetti che andrebbero valorizzati?

Quello del Beigua è un territorio straordinario, ricco di biodiversità per la quantità incredibile di ambienti diversi che lo caratterizzano, dai versanti ripidi e assolati nella parte a sud del parco – versante tirrenico – ai verdi pascoli dei dolci versanti padani. E poi torbiere, importantissime e protette, oltre a postazioni ottime e riconosciute in tutta Europa per il passaggio degli uccelli migratori. La geodiversità, con rocce, paesaggi e fossili che rendono il Beigua l’unico geoparco della Liguria tutelato dall’UNESCO. E poi ancora l’aspetto storico, con la Badia di Tiglieto ad esempio, e preistorico, con le numerose incisioni rupestri. C’è poi la tradizione enogastronomica: questo territorio vanta diverse eccellenze del marchio “Gustosi per Natura“, come lo zafferano, i canestrelli, gli amaretti, la birra e le formaggette, solo per citarne alcuni. Come guide, facciamo il possibile per valorizzarlo, sottolineando tutte queste peculiarità.

Da tempo il territorio del Beigua è in allarme perché si vocifera la possibilità di costruire proprio sul Monte Tarinè, uno splendido luogo naturale, per buona parte entro i confini del parco, una miniera per l’estrazione di un minerale, il rutilo, contenente titanio. Tu cosa ne pensi?

Naturalmente sono contrarissima: sarebbe la fine del Parco, del territorio e di anni di sforzi per andare nella direzione opposta.

Hai modo, insieme alla cooperativa Dafne con cui lavori, di fare rete con altre realtà locali?

Sì, stiamo collaborando con diverse realtà, in primis con le scuole del territorio e non solo. Abbiamo creato una buona sinergia con l’Associazione Didattica Museale durante il Festival della Scienza, ma anche con Legambiente, durante le attività di sensibilizzazione ambientale.

Cosa ti porti a casa dopo ogni escursione?

Tanta “rumenta” raccolta sui sentieri (sorride: in genovese il termine “rumenta” significa spazzatura, ndr). Dal punto di vista emotivo mi porto a casa tanta soddisfazione per aver trasmesso ai miei uditori almeno un po’ della mia passione e soprattutto tanta gioia, per aver trascorso il mio tempo dove più amo stare. Tra alberi e ruscelli.

Crescere un bambino legato alla natura è crescere un ribelle, un sognatore, un innovatore, qualcuno che seguirà il proprio percorso verdeggiante e tortuoso“. Nicolette Sowder

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/09/beigua-parco-guida/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Altravia, da Torino a Savona un viaggio lento per scoprire terre inesplorate

AltraVia è un progetto che nasce dal basso, dalla scommessa di due amici, Giovanni Amerio e Dario Corradino: insieme hanno dato vita a un percorso che si può compiere sia a piedi che in bicicletta che percorre due regioni, il Piemonte e la Liguria. Il sogno è diventare, assieme a tanti altri meravigliosi cammini italiani, un modo per tornare a vivere e far vivere i territori e le persone che li abitano.

Savona – “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuovi orizzonti ma nell’avere nuovi occhi”, osservò Marcel Proust in un suo scritto. Da questa ispirazione e dalla scommessa di due amici nasce Altravia, un percorso che unisce Piemonte e Liguria, dove il cammino lento diventa il punto di arrivo e di partenza. Parliamo di Giovanni Amerio, che da sempre lavora in ambito sanitario, e Dario Corradino, giornalista. Compagni di avventure e viaggi che un giorno si sono chiesti: «Può esistere un altro modo di raggiungere il mar Ligure da un territorio di pianura come quello torinese?». Si badi bene. Come loro specificano, non un modo per forza migliore, ma diverso, altro. Così hanno materializzato il loro sognotracciare un’altra via. Una via che unisca, percorrendoli lentamente, territori eterogenei: grandi città e piccoli paesi, centri abitati e borghi sconosciuti, aree coltivate e rinomate a livello internazionale per le loro eccellenze e angoli di mondo selvaggi e impervi, poco noti persino a chi in quei luoghi ci abita da lunga data.

AltraVia è un progetto che nasce dal basso, dalla scommessa di due amici, Giovanni Amerio e Dario Corradino: insieme hanno dato vita a un percorso che si può compiere sia a piedi che in bicicletta che percorre due regioni, il Piemonte e la Liguria. Il sogno è diventare, assieme a tanti altri meravigliosi cammini italiani, un modo per tornare a vivere e far vivere i territori e le persone che li abitano.

Savona – “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuovi orizzonti ma nell’avere nuovi occhi”, osservò Marcel Proust in un suo scritto. Da questa ispirazione e dalla scommessa di due amici nasce Altravia, un percorso che unisce Piemonte e Liguria, dove il cammino lento diventa il punto di arrivo e di partenza. Parliamo di Giovanni Amerio, che da sempre lavora in ambito sanitario, e Dario Corradino, giornalista. Compagni di avventure e viaggi che un giorno si sono chiesti: «Può esistere un altro modo di raggiungere il mar Ligure da un territorio di pianura come quello torinese?». Si badi bene. Come loro specificano, non un modo per forza migliore, ma diverso, altro. Così hanno materializzato il loro sognotracciare un’altra via. Una via che unisca, percorrendoli lentamente, territori eterogenei: grandi città e piccoli paesi, centri abitati e borghi sconosciuti, aree coltivate e rinomate a livello internazionale per le loro eccellenze e angoli di mondo selvaggi e impervi, poco noti persino a chi in quei luoghi ci abita da lunga data.

Come scrivono, «il turismo lento, sia esso praticato a piedi o sulle due ruote, solitamente privilegia località alpine oppure percorsi attraverso territori poco popolati. Si potevano trovare strade e sentieri fruibili e interessanti, che conducessero a scoprire aspetti e volti nuovi, inaspettati e sorprendenti, di un territorio all’apparenza conosciuto, per andare da Torino a Savona?».

Altravia, a oggi, è un itinerario non ancora ufficiale, bensì un progetto in fase di realizzazione che sta seguendo tutte le procedure affinché possa a breve divenirlo. Come spiegano Giovanni e Dario, si tratta di un percorso «pensato incoscientemente prima della pandemia, testato durante con tutte le inevitabili difficoltà e, speriamo, goduto in pieno dopo».

Sono numerosi coloro che ne hanno già percorso il tracciato e che, in una sezione dedicata sul sito, hanno lasciato le loro foto e testimonianze, contribuendo a creare un viaggio fatto a più voci. Quello di Altravia è un percorso che nasce come atto di speranza: «Vogliamo pensare che saremo nuovamente liberi. È un atto di amore verso terre uniche, dal cuore grande. Un atto a favore di tanti che credono nel proprio lavoro e lo svolgono con passione, ma rischiano di non farcela più».

Come scrivono, «il turismo lento, sia esso praticato a piedi o sulle due ruote, solitamente privilegia località alpine oppure percorsi attraverso territori poco popolati. Si potevano trovare strade e sentieri fruibili e interessanti, che conducessero a scoprire aspetti e volti nuovi, inaspettati e sorprendenti, di un territorio all’apparenza conosciuto, per andare da Torino a Savona?».

Altravia, a oggi, è un itinerario non ancora ufficiale, bensì un progetto in fase di realizzazione che sta seguendo tutte le procedure affinché possa a breve divenirlo. Come spiegano Giovanni e Dario, si tratta di un percorso «pensato incoscientemente prima della pandemia, testato durante con tutte le inevitabili difficoltà e, speriamo, goduto in pieno dopo».

Sono numerosi coloro che ne hanno già percorso il tracciato e che, in una sezione dedicata sul sito, hanno lasciato le loro foto e testimonianze, contribuendo a creare un viaggio fatto a più voci. Quello di Altravia è un percorso che nasce come atto di speranza: «Vogliamo pensare che saremo nuovamente liberi. È un atto di amore verso terre uniche, dal cuore grande. Un atto a favore di tanti che credono nel proprio lavoro e lo svolgono con passione, ma rischiano di non farcela più».

Nel pensare il percorso, inizialmente, il sistema più rapido sarebbe stato quello di seguire il tracciato autostradale della A6, ovvero l’Autostrada dei Fiori, quella che collega Torino a Savona. Invece, almeno fino a Ceva, ma anche nel tratto successivo, Dario e Giovanni hanno optato per una scelta completamente diversa: allungando di due tappe il percorso ipoteticamente più breve. Così hanno tracciato un itinerario assolutamente inedito, privo di tratti in pianura, che attraversa la collina di Torino, il Monferrato, il Roero, le Langhe, per affrontare poi in tre tappe finali le Alpi Liguri, che alla fine divengono Appennino.

Il sentiero di Altravia è stato pensato per essere percorso a piedi e, con opportune varianti, in bicicletta. Attualmente sono in fase di allestimento punti di appoggio e servizi, sono disponibili servizi cartografici oltre a una parziale segnaletica e alla pubblicazione delle tracce GPS, da considerarsi per ora indicative. Ma non solo: Dario e Giovanni hanno anche realizzato una guida dedicata che permetterà di conoscere e immergersi ancora più profondamente nelle realtà locali. Il non dover seguire un percorso prestabilito ha poi permesso di creare tappe sostanzialmente omogenee in termini di percorrenza e ricercando, ove possibile, strade bianche o sentieri, molto sovente ombreggiati.

Nel pensare il percorso, inizialmente, il sistema più rapido sarebbe stato quello di seguire il tracciato autostradale della A6, ovvero l’Autostrada dei Fiori, quella che collega Torino a Savona. Invece, almeno fino a Ceva, ma anche nel tratto successivo, Dario e Giovanni hanno optato per una scelta completamente diversa: allungando di due tappe il percorso ipoteticamente più breve. Così hanno tracciato un itinerario assolutamente inedito, privo di tratti in pianura, che attraversa la collina di Torino, il Monferrato, il Roero, le Langhe, per affrontare poi in tre tappe finali le Alpi Liguri, che alla fine divengono Appennino.

Il sentiero di Altravia è stato pensato per essere percorso a piedi e, con opportune varianti, in bicicletta. Attualmente sono in fase di allestimento punti di appoggio e servizi, sono disponibili servizi cartografici oltre a una parziale segnaletica e alla pubblicazione delle tracce GPS, da considerarsi per ora indicative. Ma non solo: Dario e Giovanni hanno anche realizzato una guida dedicata che permetterà di conoscere e immergersi ancora più profondamente nelle realtà locali. Il non dover seguire un percorso prestabilito ha poi permesso di creare tappe sostanzialmente omogenee in termini di percorrenza e ricercando, ove possibile, strade bianche o sentieri, molto sovente ombreggiati.

Quello che Giovanni e Dario propongono è un viaggio fuori dagli schemi che percorrerà più di 200 chilometri tra Piemonte e Liguria, attraversando 4 province e 49 comuni. In Piemonte, lungo Altravia «transiteremo attraverso città come Torino, Alba, Savona, borghi storici come San Damiano d’Asti e Millesimo, territori patrimoni dell’Unesco come il Monferrato e le Langhe, eppure per molti tratti sembrerà di entrare in un’altra dimensione, fatta di luoghi e di tempi remoti, inghiottiti da un paesaggio e da una natura che ci sorprenderà, perfino se siamo originari o frequentatori di queste terre».

In un’alternarsi tra città e campagna, soste e partenze, si giungerà in Liguria. «Una Liguria dove attraverseremo torrenti dal sapore alpino e in certi periodi dell’anno potremo essere bloccati da una nevicata. Ogni tappa sarà profondamente diversa dalla precedente, ricca di sorprese e scoperte. Scopriremo il rifugio di una principessa e del suo innamorato, usciremo dal centro di una città di un milione di abitanti fermandoci a un solo semaforo, conosceremo la storia di una mongolfiera arrivata dall’America» . Così, passo dopo passo Altravia attraversa le Alpi per giungere agli Appennini e infine raggiunge il mare.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/08/altravia-torino-savona/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Metrogranda, Cuneo e le sue “sorelle” unite in un percorso circolare

Il progetto coinvolgerebbe il capoluogo insieme a Saluzzo, Savigliano, Fossano, Cavalermaggiore, Bra, Cherasco, Bastia e Mondovì. A qualche giorno dalla vista di Matteo Renzi al cantiere Tav di Chiomonte, in Piemonte si parla di un progetto in tutto e per tutto speculare all’Alta Velocità, nato per iniziativa del Politecnico di Torino è battezzato Metrogranda. Il progetto è innovativo e i suoi costi sarebbero davvero irrisori, con grandi benefici per la popolazione della Provincia di Cuneo, la cosiddetta “Granda” come il nome Metrogranda sottintende. L’idea è creare una “metropolitana” provinciale unendo in un viaggio circolare Cuneo alle altre città della pianura della Provincia Granda: partendo dal capoluogo il treno andrebbe a Saluzzo, quindi a SaviglianoFossanoCavallermaggioreBraCherasco,Bastia e Mondovì per poi rientrare su Cuneo. In tutto 150 chilometri di percorso con un breve tratto di “ramo secco” da rivitalizzare, quello che andava – fino alla terribile alluvione del 1994 – da Bra a Mondovì passando per Bastia Mondovì. L’anello di Metrogranda permetterebbe un’agevole connessione con altre linee ferroviarie piemontesi, interconnettendosi con la Torino-Savona, la Torino-Alba-Asti e la Torino-Ventimiglia. Qualche anno fa si era ipotizzato di riconvertire il “ramo secco” in una pista ciclabile, ora, in controtendenza con le politiche di trasporto di una Regione Piemonte che negli anni dell’amministrazione Cota ha tagliato treni e tratte soprattutto nella provincia più grande del Piemonte, un gruppo di lavoro del Poli torinese presenta un progetto teso al recupero della mobilità sostenibile. Sabato 13 settembre il comitato che sostiene Metrogranda ha organizzato una camminata da Bra a Cherasco per portare attenzione su questo interessante progetto di recupero della mobilità dolce.metrogranda-620x641

Fonte:  Salviamo il Paesaggio