Sacchetti, i proventi delle multe alle Tesorerie Provinciali

Sanzioni per chi distribuisce o vende sacchetti di plastica usa e getta: salvo ulteriori precisazioni, i proventi delle multe applicate ai trasgressori del bando andranno alla Tesoreria Provinciale dello Stato, e l’autorità competente a valutare eventuali ricorsi è la Camera di Commercio380180

Sacchetti sanzioni, non saranno i Comuni ad incassare i proventi delle multe ai trasgressori del bando, ma le Tesorerie Provinciali dello Stato, le cui funzioni sono svolte dalla Banca d’Italia. Come ricordato, il testo della legge non prevede destinazioni d’uso specifiche per le somme incassate, che non sono quindi vincolate a nessun intervento di sostenibilità ambientale, come invece accade per gli introiti delle multe per divieto di sosta.
Vigili Urbani sono tenuti ad effettuare controlli d’ordinanza per accertare il rispetto della legge e le eventuali segnalazioni seguiranno l’iter tradizionale:ricevimento/verifica/controllo/accertamento infrazioni. Nel caso in cui i trasgressori multati decidessero di presentare ricorso, gli scritti difensivi verranno valutati dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

Fonte: ecodallecitta.it

Efficienza energetica: Italia condannata dalla Corte di giustizia Ue, ma per ora niente sanzioni

I giudici del Lussemburgo hanno condannato l’Italia per due inadempienze in materia di certificazione energetica degli edifici. Giudicati tardivi i provvedimenti correttivi varati dal Governo nel tentativo di evitare la sentenza. Il provvedimento, comunque, non prevede pene pecuniarie, a parte l’obbligo di pagare le spese375347

La Corte europea ha condannato l’Italia per non aver recepito correttamente la direttiva 2002/91/CE in materia di efficienza energetica degli edifici. La sentenza C-345/12 della sez. X, del 13 giugno 2013 (vedi allegato), in particolare, è stata emessa per il mancato rispetto dell’obbligo di dotare dell’Attestato di prestazione energetica (Ape) gli edifici nuovi e quelli di vecchia costruzione in caso di affitto, nonché per la possibilità, ora revocata, di autocertificare la classe energetica per gli immobili più energivori. Per cercare di scongiurare la condanna, il Governo Letta aveva inserito alcune misure nel Dl 63/2013, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 6 giugno, rendendo obbligatorio l’Ape (in sostituzione del vecchio Attestato di certificazione energetica) anche nei casi di immobili in affitto. Mancando il decreto attuativo, però, la misura non è ancora in vigore e non è bastata a convincere la Corte Ue. Su questo punto è arrivata la precisazione di Confedilizia, che ha chiarito che il pronunciamento riguarda «una situazione pregressa, già sanata dall’Italia prima del deposito della decisione», sottolineando la necessità di procedere al più presto all’applicazione del decreto legge 63/2013 approvato dal Governo. Nel dettaglio, la sentenza «constata che la deroga, contenuta nella legislazione italiana, all’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico in caso di locazione di un immobile ancora privo dello stesso al momento della firma del contratto, non rispetta la direttiva 2002/91 (articolo 7, paragrafo 1), che non prevede una deroga simile». Proprio su questo punto è intervenuto il Dl 63/2013, che ha reso obbligatorio l’Ape, di durata decennale, anche per gli immobili da affittare, ad eccezione di: edifici e monumenti protetti, luoghi esclusivi di culto e attività religiose, costruzioni temporanee per destinazione d’uso uguale o inferiore a due anni, edifici o parti di edifici isolati con meno di 50 metri quadri e gli edifici usati meno di quattro mesi all’anno, oltre a quelli con Ace in corso di validità e rilasciato conformemente alla direttiva 2002/91/CE. L’Ape, di durata decennale, dovrà essere rilasciato da esperti qualificati e indipendenti, insieme a raccomandazioni e suggerimenti per il miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio stesso. Condannata dai giudici del Lussemburgo anche la possibilità, da poco eliminata, di autocertificazione della classe energetica da parte dei proprietari di edifici aventi un rendimento energetico molto basso, ovvero quelli in classe G, definita «in contrasto con la direttiva (articolo 7, paragrafi 1 e 2 e articolo 10) che non prevede tale deroga». Anche questo rilievo era noto da tempo, da quando cioè la Commissione europea aveva aperto ai danni del nostro Paese una procedura di infrazione proprio per queste due irregolarità, sanate successivamente dal Governo italiano. Troppo tardi, evidentemente. «La Repubblica italiana – si legge nella sentenza – è condannata alle spese». Ma come mai non sono state previste altre sanzioni? «La Corte è stata adita con un cosiddetto ricorso per inadempimento: suo compito, in questo tipo di procedura, è quello di stabilire se lo Stato italiano abbia o meno adempiuto correttamente agli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Unione Europea – spiega l’avvocato Paola Tafuro, esperta in diritto comunitario – Qualora riconosca l’esistenza dell’inadempimento, la Corte pronuncia, come in questo caso, una prima sentenza, indicando le misure che lo Stato membro avrebbe dovuto adottare per rimediare alla situazione». A questo punto, però, il Governo nazionale chiamato in causa deve davvero varare gli opportuni correttivi, se non vuole incorrere in successive sanzioni. «In seguito, se ritiene che lo Stato membro non abbia preso le misure necessarie, la Commissione può adire una seconda volta la Corte di giustizia – aggiunge Tafuro – Se in questo secondo giudizio la Corte riconosce che lo Stato membro non si è conformato alla sua prima sentenza,può comminargli il pagamento di una penalità». Una possibilità che in questo caso non dovrebbe concretizzarsi, dal momento che nel frattempo l’Italia è già corsa ai ripari. «In questo caso – conclude l’avvocato – non ci saranno sanzioni, se, di fatto l’Italia ha adempiuto, ovvero se ha adottato le misure adeguate per uniformarsi alla Direttiva». Di qui l’urgenza di adottare il decreto attuativo del Dl 63/2013, che finalmente porrà termine alla querelle. In ogni caso, resta il peso “politico” della sentenza, che arriva a circa due anni dall’apertura della procedura d’infrazione da parte di Bruxelles.

Fonte: eco dalle città

 

Sacchetti, è ancora la Gran Bretagna a opporsi al bando italiano: la decisione slitta a settembre

La Gran Bretagna ha formalmente depositato presso la Commissione Europea un parere motivato in opposizione alla legge italiana 28 del 2012 che mette al bando i sacchetti di plastica non biodegradabili. Il termine ultimo per esprimersi sul bando slitta quindi a settembre 2013375028

La Gran Bretagna lo rifà: dopo le obiezioni sollevate a luglio 2011 quando il “decreto sacchetti” era stato presentato a Bruxelles per la prima volta, ora è tornata alla carica: il 17 maggio 2013 sui tavoli della Commissione Europea è arrivato un parere motivato contro il bando italiano, che fa slittare di altri 90 giorni il periodo di sospensione dell’entrata in vigore del decreto.

La Commissione ha tempo ora fino al 13 settembre per esprimersi. Parallelamente, slitta anche l’entrata in vigore delle sanzioni, che non potranno essere applicate prima dello scadere dell’ier procedurale.

Fonte: eco dalle città