Alessandria, veleni nelle falde e nel sangue. Denuncia di Medicina democratica

La Sezione di Medicina democratica di Alessandria ha condotto una campagna nazionale per la messa al bando del PFOA (perfluorurato) scaricato nel Bormida fino alla foce del Po, denunciando anche ai massimi livelli sanitari la presenza del veleno nel sangue dei lavoratori, a loro volta addirittura donatori di sangue. «Sul nostro blog – dice Medicina Democratica – sono archiviati almeno 50 interventi sulle questioni. Il libro “Ambiente Delitto Perfetto” ne parla diffusamente».solvay

Medicina Democratica ha denunciato, oltre al perfluorurato, «la presenza nel sangue dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria) di ADV e C6O4, a vario titolo sostanze tossiche/cancerogene/mutagene/teratogene e ha rivendicato l’intervento dell’ASL e del sindaco a tutela dei lavoratori nonchè dei cittadini tutti». Inoltre ha chiesto a Paolo Marforio direttore generale dell’ASL di Alessandria, ad Antonino Saitta assessore alla Sanità della Regione Piemonte e al ministro Beatrice Lorenzin di «impedire su tutto il territorio nazionale trasfusioni di sangue contenenti tali veleni». Il documento è stato inviato alla Procura, a tutti i sindaci della provincia, a tutti gli ospedali, Arpa e Avis. «A tutt’oggi nel territorio alessandrino non hanno riscontro in ambito Asl e Arpa analisi e interventi ispettivi che invece si stanno svolgendo in Veneto – spiega Medicina Democratica – Qui si parla di sottoporre ad analisi 250 mila persone tra le 400 mila a rischio di PFAS (perfluorurato) fra Vicenza, Verona e Padova. L’Istituto Superiore della Sanità ha già dichiarato che sono contaminati più di 60 mila residenti. E’ allarme generale». «Di contro, l’inerzia e il silenzio di Asl e Arpa alessandrini ai nostri esposti rappresentano uno scandalo che colpisce la salute della cittadinanza non sappiamo in quale entità».

«L’ASL ha la responsabilità di provvedere direttamente alle analisi del sangue dei lavoratori, di verificare quelle fornite ai lavoratori da Solvay, la quale non può essere controllata e controllore di se stessa, nonché di procedere ai referti della popolazione a rischio, in merito particolare alla presenza di queste sostanze pericolose, fornendo delle stesse completi parametri tossicologici e sanitari di concerto con ARPA. Sottolineiamo che per Medicina democratica i valori limite devono essere zero». «Chiediamo nuovamente che i risultati delle rilevazioni siano portati a conoscenza individuale degli interessati e della collettività tutta: tale riteniamo sia l’obbligo del sindaco di Alessandria, peraltro già insolvente del Referto epidemiologico e dell’Indagine epidemiologica della Fraschetta».

«Il risultato della nostra campagna nazionale è stata l’eliminazione del PFOA dalle lavorazioni della Solvay di Spinetta Marengo e la sua sostituzione con il C6O4: sale ammonico inodore, scarsamente biodegradabile, corrosivo, tossico per ingestione inalazione e contatto, principale organo bersaglio il fegato, le polveri fini derivate possono infiammare ed esplodere, in caso di incendio o surriscaldamento genera per decomposizione termica come sottoprodotti tossici o cancerogeni fluoruro di idrogeno anidro, fluorofosgene, difluoruro di carbonile, ammoniaca, anidride carbonica, fluorocarburi ecc. Per quanto riguarda l‘esposizione prolungata o ripetuta sono tragicamente carenti ovvero nascoste informazioni scientifiche tossicologiche, soprattutto come cancerogeno, mutageno e teratogeno. Criticità nel trattamento rifiuti per la neutralizzazione e il recupero di acido fluoridrico».

«Abbiamo chiesto all’ARPA campionamenti: silenzio. Sindaco e assessore all’ambiente: silenzio». «Stesso discorso per l’ADV della Solvay: incolore, inodore, insapore, letale se ingerito o inalato, letale per contatto, indegradabile in acqua, bioaccumulabile, è tossico e corrosivo in degradazione termica nei suoi sottoprodotti (fluoruro d’idrogeno anidro, fluorofosgene, cloruro d’idrogeno ecc.) già in fase acuta. Per la fase cronica le informazioni scientifiche tossicologiche sono drammaticamente carenti ovvero nascoste, soprattutto per la cancerogenicità, come in generale lo sono per tutto ciò che riguarda salute, sicurezza e ambiente, compreso lo smaltimento dei rifiuti pregni di acido fluoridrico».

QUI la lettera aperta

Fonte: ilcambiamento.it

Smog, nuovo studio sull’esposizione ai diesel: “Gravissimi cambiamenti nel sangue”

University of British Columbia, 16 volontari asmatici chiusi in una stanza a respirare emissioni diesel paragonabili a una strada di Pechino: “In poche ore abbiamo osservato cambiamenti del sangue che potrebbero avere un impatto a lungo termine. L’impatto sull’organismo è stato molto più forte di quanto previsto” | Lo studio381561

Basterebbero due ore di esposizione ai gas diesel per causare danni significativi – e a lungo termine – al corpo umano. Le particelle inquinanti sarebbero in grado di alterare l’espressione genica nell’uomo, secondo uno studio canadese della University of British Columbia (UBC), realizzato da un gruppo di ricercatori guidati da Chris Carlsten e pubblicato sulla rivista ‘Particle and Fibre Toxicology‘.
Nel corso della ricerca, 16 volontari adulti non fumatori ma asmatici sono stati invitati a stare in una stanza chiusa. Hanno quindi respirato aria filtrata o scarico di motori diesel, con un inquinamento del livello di una strada a Pechino. L’impatto sull’organismo e’ stato molto più forte di quanto previsto dagli scienziati. “In poche ore – ha detto Carlsten – abbiamo osservato cambiamenti del sangue che potrebbero avere un impatto a lungo termine“. Secondo gli scienziati, infatti, l’esposizione a particolato altera un meccanismo chimico che influisce sul Dna umano.
Il passo successivo per i ricercatori sarà quello di trovare un modo per riparare il danno. “Quando si riesce a dimostrare l’esistenza di cambiamenti che si verificano troppo in fretta spesso significa che è possibile invertire gli effetti osservati sia con una terapia, un cambiamento nell’ambiente o addirittura una dieta”, ha detto Carlsten.
Lo studio: Short-term diesel exhaust inhalation in a controlled human crossover study is associated with changes in DNA methylation of circulating mononuclear cells in asthmatics

Fonte: ecodallecitta.it

Forni a microonde: dove sta la verità?

È una discussione che non pare avere fine quella sui forni a microonde; ma cosa ancora più preoccupante, una questione sulla quale la scienza ha cercato ben poche risposte, se non quelle adatte a rassicurare i consumatori. Eppure ci sono parecchi elementi che dovrebbero indurre a capirne di più.forno_microonde_rischi

Chi ricorda lo scienziato svizzero Hans Hulrich Hertel? Questo ricercatore, recentemente scomparso, ha combattuto negli anni ’90 del secolo scorso una strenua battaglia giudiziaria per poter pubblicare i risultati dei suoi studi (1) sul forno a microonde. È stato costretto a ricorrere persino alla Corte europea per i diritti umani, ma alla fine l’ha spuntata. E quanto emerso era tutt’altro che rassicurante. Purtroppo quello studio è stato condotto su un numero molto piccolo di individui e avrebbe dovuto essere ripetuto, visti gli esiti allarmanti, con urgenza su numeri molto più ampi per avere ulteriori risposte. Invece la “scienza” si è fermata lì, studi simili non sono mai più stati condotti. Forse la questione è troppo spinosa, tocca troppi interessi, ha troppe implicazioni scomode…meglio lasciar perdere. Non prima però di avere cercato di screditare il lavoro di Hertel e lui stesso. È andata così e, se ci si pensa, è legittimo chiedersi cosa un simile atteggiamento abbia a che fare con la vera scienza. Sulla questione è uscito di recente un libro che offre una panoramica del problema, “Forno a microonde? No grazie”(Macro Edizioni). Se anche il titolo lascia intuire la direzione intrapresa dall’autore Saverio Pipitone, è vero però che tutto è ampiamente documentato e permette di raccogliere le idee su una questione che sicuramente merita di essere approfondita. Ma cosa aveva scoperto Hertel? Per due mesi aveva studiato otto volontari che seguivano una determinata dieta, analizzando il sangue prima e dopo il consumo di otto tipi di alimenti, alcuni dei quali cotti o scongelati nel microonde e altri crudi o cotti in modi convenzionali. Il risultato fu che l’energia delle microonde assorbita dal cibo si trasferiva nel sangue dei soggetti studiati, «fenomeno governato dalle leggi della fisica e confermato in letteratura» si leggeva nel suo rapporto. Gli effetti misurabili comprendevano «anche modifiche nel sangue compatibili con lo stadio iniziale di un processo patologico simile a quello che si osserva all’inizio di una condizione cancerosa». La rivista trimestrale svizzera Journal Franz Weber dedicò grande attenzione a questo tema nel numero 19 del 1992, proponendo e sostenendo la ricerca di Hertel e del suo collega Blanc. A scrivere un lungo articolo che richiamava gli esiti dello studio, fu Renè d’Ombresson dello staff editoriale della rivista. «Il cibo trattato con le microonde ha causato modifiche significative nel sangue dei volontari (riduzione evidente dei livelli di emoglobina, aumento dell’ematocrito, dei leucociti e del colesterolo soprattutto HDL e LDL)» scriveva D’Ombresson. E ancora: «Le radiazioni assorbite dal cibo cotto con le microonde possono trasferirsi nell’organismo di chi consuma quel cibo? Per rispondere a questa domanda cruciale, i ricercatori hanno utilizzato un nuovo metodo di bioluminescenza batterica che permette di individuare il livello di stimolazione o inibizione dei batteri nel sangue. I risultati hanno mostrato con chiarezza che il cibo irradiato irradia a sua volta e questo effetto prolungato sul sangue deve essere preso in seria considerazione poiché ci si viene a trovare di fronte ad una irradiazione diretta». D’Ombresson aveva poi aggiunto: « Oltre agli effetti termici delle microonde, ci sono anche effetti non termici, malgrado la scienza ufficiale vi presti scarsa attenzione. Sotto questa doppia influenza, le molecole vengono frantumate, la loro struttura si deforma e le loro naturali funzioni risultano alterate». In conclusione si leggeva: «Se perdura lo stress indotto dalle microonde, i meccanismi riparatori saltano e le cellule, in cerca di energia, passano alla respirazione anaerobica (senza ossigeno). Al posto di H2O e CO2 (respirazione aerobica), si hanno elementi tossici, H2O2 e CO, come si osserva nelle cellule cancerose. Come si può vedere, le scoperte del professor Blanc e del dottor Hertel sono sufficientemente allarmanti per indurre la rapida messa al bando dei forni a microonde, lo stop alla produzione e alla vendita e la rottamazione di tutti quelli in attività. Ne va della salute pubblica». Il numero della rivista riportava poi lo studio integrale di Blanc e Hertel, dove si spiegava come «attraverso l’irradiazione del cibo la struttura delle molecole viene sgretolata e deformata e si formano nuove sostanze con effetti duraturi sulle quali la scienza sa ben poco», inoltre «sulla base di un ben noto processo elettromagnetico, quel cibo diventerà fonte e vettore della radiazione». Veniva quindi illustrato l’abbassamento della concentrazione di emoglobina e l’aumento dell’ematocrito con consumo di vegetali cotti con questa tecnica, segnali rispettivamente, sosteneva Hertel, di una tendenza all’anemia e di un avvelenamento acuto. Hertel aveva poi registrato un aumento dei leucociti e del colesterolo, soprattutto HDL e LDL, e una diminuzione dei linfociti. Il quadro complessivo lo aveva indotto a concludere che si trattava di modifiche compatibili con disturbi patogeni e con una iniziale evoluzione cancerosa, problemi simili agli effetti delle deformazioni osservate in cellule viventi sottoposte a irradiazione con microonde. Inoltre la luminescenza dei batteri entrati in contatto con il siero dei volontari che avevano mangiato cibo irradiato era molto più alta di quella riscontrata nel sangue dei volontari che avevano mangiato cibo cotto con altre tecniche, a dimostrazione di un possibile trasferimento di energia radiante. Con la pubblicazione di quello studio Hertel si guadagnò gli strali di enti, istituzioni e produttori di elettrodomestici. Ne seguì una battaglia fatta di udienze e sentenze di vario grado, fino alla Corte Europea. Lo studio di Hertel era all’epoca pressochè unico nel suo genere e tale è rimasto. Sebbene condotto su un campione molto piccolo di soggetti e non indicizzato dalla banda dati medica Med-Line, ha fornito elementi interessanti. Eppure il mondo accademico non ha raccolto l’input, non sono state eseguite ricerche su larga scala per verificare cosa accade all’organismo dopo l’ingestione di cibo trattato con microonde. Si è scelto di lasciarsi alle spalle il dubbio, di ignorare quegli elementi di preoccupazione. Ma sapete quanti forni a microonde si producono ogni anno? Ben 25 milioni. Sarebbe proprio il caso di andare a fondo. Ad approfondire la tematica è proprio il libro di Pipitone, fresco di stampa. «Descrivo la nascita, l’evoluzione e la diffusione del microonde nelle cucine del mondo e riporto studi o pareri di esperti sulla sua pericolosità, compresa la vicenda di Hertel»  spiega l’autore. Il cibo in questi apparecchi viene cotto tramite microonde che si diffondono all’interno, rimbalzano sulle pareti propagandosi in tutte le direzioni e vengono quindi assorbite dagli alimenti. Le molecole di acqua nei cibi vibrano quando assorbono l’energia delle microonde e la frizione tra di esse genera il calore che cuoce l’alimento. Ma i grassi e l’acqua si riscaldano in tempi diversi rispetto ai carboidrati e alle proteine e questo crea disomogeneità con aree più fredde dove i batteri possono sopravvivere. Siccome la cottura non risulta sempre uniforme, molti produttori hanno inserito una piastra mobile che fa ruotare il cibo in modo che venga colpito da più parti. «Nel dopoguerra, i produttori dei primi forni a microonde dovettero precisare che si trattava di un  Radarange, da radar+range, per cuocere i cibi mediante radar che fino a quel momento era conosciuto solo per faccende militari – prosegue Pipitone – Nel 1949 la Raytheon Com­pany, titolare del brevetto della cottura a microonde e adesso azienda di difesa missilistica, noleggiò uno dei primi forni per 5 dollari al giorno all’Hotel Roosevelt. Erano gli anni in cui il mondo veniva diviso in due blocchi ideologici: da un lato i comunisti dell’Unione Sovietica con la smania della ricerca scientifica che incluse anche i radar militari per studiare eventuali sintomi cancerogeni sull’uomo; dall’altro lato i capitalisti degli Stati Uniti con la furia di un’economia di mercato che portò i radar in cucina per sostenere nuovi stili di vita sempre più rapidi con la parallela diffusione di cibi industrialmente modificati. Con la fine delle ideologie, è rimasto solo il fastconsumo che ha riunito il mondo in un grasso globo massificato modellandolo nell’aspetto di un “junk food and obesity” con un accelerazione tecnica,  sociale ed umana che si ripercuote sull’alimentazione provocando una destruttura­zione nella regolarità dei pasti, consumati in continuazione e spesso senza trarre alcun piacere. Peraltro esistono già sistemi di cottura tecnologicamente evoluti con contenitori o pentole in grado di scaldare i cibi con onde elettromagnetiche di tipo wireless, delineando così un futuro sempre più legato a un’energia che immergerà ed affogherà l’essere umano in uno spettrale campo magnetico invisibile, inodore, intoccabile e altamente nocivo».

Al documento viene dato il titolo: Vergleichende Untersuchungen über die Beeinflussung des Menschen durch konventionell und im Mikrowellenofen aufbereitete Nahrung(“Studio comparativo degli effetti sugli esseri umani del cibo preparato nei modi convenzionali o con il forno a microonde”)

 

Fonte: ilcambiamento.it

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Cambogia: l’esercito sopprime nel sangue la manifestazione dei 500 mila operai del tessile

Phnom Penh capitale della Cambogia è stata teatro oggi di una cruda repressione su 500 mila manifestanti, tutti operai del settore tessile che chiedono un salario più elevato, ma l’esercito ha soppresso la manifestazione nel sangue sparando sulla folla dei lavoratorimanifestazioni-in-cambogia-3

 

Oggi a Phnom Penh è stata una giornata di sangue: l’esercito ha soppresso la manifestazione dei 500 mila operai del tessile sparando sulla folla. Il settore tessile è la fonte principale di reddito per questo paese che offre la sua manodopera a un costo più basso di quella cinese alle multinazionali dell’abbigliamento e anche alle grandi firme. I lavoratori tessili protestano affinché gli sia riconosciuto il raddoppio del salario minimo, ossia ottenere almeno 160 dollari usa mensili contro gli attuali 80 dollari mensili Usa, ma il governo cambogiano ha offerto un aumento di circa 100 dollari Usa mensili. Il portavoce della polizia militare Kheng Tito ha detto alla AFP che la polizia ha posto un giro di vite sui manifestanti dopo che nove poliziotti sono rimasti feriti negli scontri:

Avevamo paura per la sicurezza e quindi abbiamo dovuto reprimere la manifestazione … Se gli permettiamo loro di continuare lo sciopero diventerà l’anarchia.

Gli scontri segnano una svolta violenta dopo due settimane di scioperi relativamente pacifici con marce e dimostrazioni a cui hanno preso parte un gran numero di lavoratori e senza precedenti in Cambogia con le forze di sicurezza, che hanno una reputazione di tolleranza pari zero, che fino a stamane si erano mantenute moderate. I lavoratori tessili, la cui industria fornisce un contributo del valore di 5 miliardi di dollari all’anno per l’economia, si sono uniti nelle proteste coordinati dal partito dell’opposizione il CNRP, ovvero il Cambogia Rescue National Party (CNRP , che sostiene di essere stato vittima di brogli elettorali e di essere stato privato di oltre 2 milioni di voti alle elezioni dello scorso luglio. Gap, Adidas, Nike e Puma sono tra i grandi marchi che hanno delocalizzato la produzione di calzature e abbigliamento alle fabbriche cambogiane, in parte per la maggiore convenienza rispetto alla Cina. Per cui quando acquisteremo un prodotto straniero controlliamo l’etichetta e se c’è scritto Made in Cambodia, mettiamoci una mano sulla Coscienza.

Fonte:  BBC, Reuters

Ilva, a Taranto il piombo è nel sangue dei bambini

Da recenti analisi effettuate su alcuni bambini che vivono a ridosso della vasta area industriale di Taranto, che comprende anche l’ILVA, sono state riscontrate preoccupanti concentrazioni di piombo nel sangue. I cittadini chiedono di conoscere le emissioni di piombo provenienti dall’ILVA e una valutazione del danno sanitario.

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Da recenti analisi effettuate su alcuni bambini che vivono nei pressi della vasta area industriale di Taranto, che comprende anche l’ILVA, sono state riscontrate elevate concentrazioni di piombo nel sangue, tali da suscitare la preoccupazione dei pediatri dell’Associazione Culturale Pediatri Puglia e Basilicata (ACP). Le analisi del sangue dei bambini sono state commissionate e finanziate dalle Associazioni “Fondo Antidiossina Taranto” e PeaceLink, al fine di raccogliere indizi su un’eventuale esposizione al piombo dei bambini che vivono a ridosso dell’area industriale tarantina. I pediatri dell’ACP hanno valutato la piombemia (indicatore di esposizione al piombo) di nove bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni, tutti residenti nel Comune di Statte – cittadina di 14.000 abitanti che confina direttamente con la vasta zona che comprende l’ILVA. Lo hanno reso noto, questa settimana, la stessa ACP, attraverso due portavoce, la dott.ssa Annamaria Moschetti (Responsabile della sezione “Ambiente e Salute Infantile” dell’ACP) e il dott. Piero Minardi (Pediatra di famiglia del Comune di Statte (Taranto). “I bambini – spiegano i pediatri – avevano valori che andavano tra 22 e i 36 microgrammi/dl di piombo nel sangue. È la prima volta che viene effettuato un simile controllo sul sangue dei bambini residenti vicino all’area industriale di Taranto”. Questi valori destano forte preoccupazione nei medici, perché il piombo è tra i metalli che hanno gli effetti più negativi sulla salute umana. Il piombo è un metallo tossico che può danneggiare seriamente il cervello e il sistema nervoso (specialmente nei bambini) e causare malattie renali e del sangue. Inoltre, può provocare aborti spontanei ed entrare nel feto attraverso la placenta della madre, causando seri danni al cervello e al sistema nervoso del nascituro. Nei bambini, in modo particolare, può lesionare le capacità cognitive e di apprendimento e causare seri disturbi comportamentali, quali aggressività e iperattività. La piombemia valutata dall’ACP ha confermato che i bambini di Statte sono stati certamente esposti di recente alla sostanza tossica, ma non indica un’eventuale presenza o accumulo di piombo all’interno dei tessuti. Si tratta di un campanello d’allarme che non va sottovalutato, infatti i pediatri sottolineano il fatto che “pur trattandosi di un campione non significativo della popolazione generale e di numerosità ridotta, e pur non potendo, pertanto, generalizzare i dati all’intera popolazione infantile stattese e tarantina, non ci si può esimere dal fare le seguenti considerazioni”:

1) “tali valori non possono che destare preoccupazione per la possibile esposizione di questi bambini a fonti di piombo presenti nell’ambiente, che necessitano – con la massima premura – di essere individuate ed eliminate, secondo quanto indicato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) nel 2012” (l’organismo di controllo sulla sanità pubblica USA, che ha il compito di monitorare, prevenire e suggerire gli interventi più appropriati in caso di epidemia e contagio, n.d.a.);

2) ”poiché la piombemia è un affidabile indicatore di esposizione e potrebbe indicare un’esposizione molto recente (nelle settimane precedenti), come affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i bambini potrebbero essere esposti attualmente ad una sorgente agente nel territorio”;

3) “a fronte del fatto che non esistono valori sicuri di piombemia per l’infanzia e che qualunque livello è associato a possibili esiti neuropsichici, non si può non osservare come tali valori siano di livello tale da destare preoccupazione e da richiedere interventi urgenti a tutela della salute infantile ed uno screening sulla popolazione infantile in generale”.

Per tutti questi motivi, le Associazioni “Fondo Antidiossina Taranto” e Peacelink hanno raccolto l’appello dell’ACP e hanno scritto al Garante dell’AIA-ILVA (Autorizzazione Integrata Ambientale), Vitaliano Esposito, una lettera nella quale “chiedono di conoscere quali siano le emissioni di piombo provenienti dagli impianti dell’Ilva di Taranto, misurate dalle autorità di controllo competenti, e se sia stata effettuata una valutazione dell’eventuale impatto sanitario di tali emissioni” nell’ambiente. Nel frattempo, la cittadinanza tarantina si è mobilitata ancora una volta. Dopo l’imponente manifestazione di domenica scorsa a Taranto, una delegazione di associazioni è giunta a Roma, due giorni fa, per manifestare davanti a Montecitorio. Tra loro c’era anche Paola D’Andria, presidente dell’AIL (Associazione Italiana Lotta alle Leucemie) di Taranto e conosciuta come “la donna-metallo”, perché è una dei cittadini ai quali è stato riscontrato il più alto quantitativo di piombo nell’organismo. Le elevate concentrazioni di piombo nel sangue dei bambini di Statte, quindi, sono un’ulteriore conferma della presenza eccessiva di piombo a Taranto, soprattutto nel quartiere Tamburi e nelle zone adiacenti all’ILVA. Eppure, di fronte a questo disastro ambientale e sanitario, la Corte Costituzionale ha appena dichiarato inammissibili e infondati i ricorsi contro la Legge 231/2012 o Salva-ILVA proposti dalla magistratura tarantina. Il GIP di Taranto, Patrizia Todisco, aveva riscontrato ben 17 vizi di costituzionalità, ma per la Consulta il Decreto Salva-ILVA è “costituzionale”. Di fatto, la Corte Costituzionale ha sancito che il diritto alla salute passa in secondo piano rispetto al diritto al lavoro, trasformando il provvedimento amministrativo AIA in una Legge dello Stato e autorizzando la fabbrica dei Riva a continuare a produrre, inquinare (nonché a vendere 1.700.000 tonnellate di acciaio sequestrate lo scorso anno). Ma le analisi sui bambini di Statte confermano la gravità della situazione e la necessità di abrogare la legge 231/2012 (meglio nota come “Salva-Ilva”), perché, come hanno ribadito ancora una volta i cittadini di Taranto a Montecitorio, “La nostra vita ha un valore inestimabile”.

Fonte: il cambiamento

Taranto. Riscontrati valori di piombo nel sangue di 9 bambini. Preoccupazione dei pediatri

Il campione non è significativo ma desta preoccupazione. E’ stata rilevata la presenza di piombo nel sangue di 9 bambini che vivono vicino all’area industriale di Taranto. Sottolineano i pediatri Annamaria Moschetti e Piero Minardi – “Pur non potendosi generalizzare i dati alla intera popolazione infantile tali valori non possono che destare preoccupazione”374489

Il 24 luglio scorso era stato lanciato il primo allarme da Peacelink. Eppure per l’Arpa Puglia erano “Inutili allarmismi, il piombo urinario è un indicatore grossolano di esposizione”. “A parte l’ovvia considerazione” – spiegava Giorgio Assennato direttore dell’Arpa Puglia che “il piombo è un metallo presente nelle urine di tutti gli abitanti del pianeta, il piombo urinario è un indicatore grossolano di esposizione che non è utilizzato ai fini della valutazione del livello al quale non si manifesta alcun effetto avverso” e che “i valori limite della Società italiana per i valori di riferimento (S.I.V.R.) non sono predittivi di eventi sanitari ma sono definiti su criteri puramente statistici, riferiti a concentrazioni misurate in campioni di popolazione ed hanno pertanto carattere esclusivamente descrittivo”.

Ma questa volta l’analisi non riguarda le urine di donne e uomini adulti ma il sangue di 9 bambini
Per Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink: “E’ in atto una pandemia silenziosa “Secondo ISDE (Medici per l’ambiente) il fallimento nel controllo delle sostanze chimiche ha dato luogo a consistenti deficit a livello di quoziente intellettivo e attenzione nei bambini”. Scrivono la dottoressa Annamaria Moschetti e il Dott. Piero Minardi, rispettivamente Responsabile per “Ambiente e Salute Infantile” e Pediatra di famiglia Statte (TA, entrambi iscritti all’Associazione Culturale Pediatri di Puglia e di Basilicata: “Allo scopo di avere un indizio sulla esposizione al piombo dei bambini che vivono nell’area industriale di Taranto è stata valutata la piombemia di nove bambini tra i 3 e i 6 anni di età residenti a Statte. I bambini avevano valori che andavano tra 22 e i 36 microgrammi/dl di piombo nel sangue. E la prima volta che viene effettuato un simile controllo sul sangue dei bambini residenti vicino all’area industriale di Taranto. Pur trattandosi di un campione non significativo della popolazione generale e di numerosità ridotta e pur non potendosi pertanto generalizzare i dati alla intera popolazione infantile stattese e tarantina, non ci si può esimere dal fare le seguenti considerazioni:

– tali valori non possono che destare preoccupazione per la possibile esposizione di questi bambini a fonti di piombo presenti in ambiente che necessitano con la massima premura di essere individuate ed eliminate secondo quanto indicato dal Centers for Disease Control and Prevention nel 2012 (1);

– poiché la piombemia è un affidabile indicatore di esposizione e potrebbe indicare una esposizione recente (settimane precedenti) (2) come affermato dalla OMS (3), si sottolinea che i bambini potrebbero essere esposti attualmente ad una sorgente agente nel territorio; 

– a fronte del fatto che non esistono valori sicuri di piombemia per l’infanzia e che qualunque livello è associato a possibili esiti neuropsichici(4) non si può non osservare come tali valori siano di livello tale da destare preoccupazione ed a richiedere interventi urgenti a tutela della salute infantile ed uno screening sulla popolazione generale infantile. In una prossima conferenza stampa daremo tutti i dettagli di queste analisi.

Riguardo a questa analisi, Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink Fabio Matacchiera, Presidente Fondo Antidiossina Taranto onlus hanno scritto a Vitaliano Esposito, Garante dell’AIA Ilva di Taranto, ai mezzi di informazione per conoscere quali siano le emissioni di piombo provenienti dagli impianti dell’Ilva di Taranto, misurate dalle autorità di controllo competenti, e se sia stata effettuata una valutazione dell’eventuale impatto sanitario di tali emissioni.

Fonte: eco dalle città